Strage di Erba e falsi ricordi: come la memoria ci inganna (e cosa sapere)

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  • Il caso della strage di Erba solleva dubbi sull'attendibilità della testimonianza di Mario Frigerio.
  • Elizabeth Loftus ha dimostrato come variazioni nel linguaggio alterino la rievocazione degli eventi.
  • Uno studio ha rilevato che il 70% dei partecipanti ha evocato un falso ricordo di furto in contesti suggestivi.
  • L'Effetto Mandela mostra come disinformazione crei ricordi condivisi non reali.
  • I pazienti con DOC possono essere tormentati da falsi ricordi, generando dubbi costanti.

Il tramonto della certezza assoluta nella memoria umana getta lunghe ombre su ambiti cruciali della nostra società, dalla giustizia alla salute mentale. Il recente dibattito sul caso della strage di Erba, dove il procuratore Cuno Tarfusser ha sollevato dubbi sull’attendibilità della testimonianza chiave di Mario Frigerio, ipotizzando la formazione di “falsi ricordi” indotti, riaccende i riflettori su un fenomeno psicologico complesso e dalle implicazioni profonde. La memoria, lungi dall’essere un mero registratore di eventi, si rivela un processo dinamico e ricostruttivo, suscettibile di alterazioni da molteplici fattori, interni ed esterni.

“La memoria non è affatto una macchina fotografica, ma un pentolone dove finiscono e vengono rimescolati molti ingredienti della nostra vita.”

Questo scenario ci spinge a una riflessione stringente sulla fragilità della percezione e sulla facilità con cui la nostra mente può forgiare narrazioni inesistenti, ma percepite come indiscutibilmente vere.

A dramatic sunset over a courtroom, symbolizing justice and memory, with deep orange and purple hues.

Il concetto di falso ricordo*, o false memory, ci porta nel cuore della psicologia cognitiva, rivelando come il nostro cervello, pur essendo un organo straordinariamente complesso, sia anche malleabile e vulnerabile a condizionamenti. Secondo studi approfonditi, si tratta di un fenomeno per cui si richiamano alla mente accadimenti mai avvenuti o dettagli inesatti di un evento realmente vissuto. Elizabeth Loftus, una delle massime esperte mondiali in questo campo e pioniera delle neuroscienze della memoria, ha dimostrato con decenni di ricerca come sia possibile impiantare veri e veri propri ricordi falsi nella mente delle persone. La sua celebre ricerca sugli incidenti automobilistici degli anni ’70 ha messo in luce come una singola variazione nel linguaggio utilizzato per le domande, ad esempio usando “colpita” o “distrutta” per descrivere un impatto, potesse alterare radicalmente la rievocazione dell’evento, influenzando persino la stima della velocità dei veicoli.

“La memoria non è una registrazione fedele, ma una ricostruzione influenzata anche da informazioni successive.”

Questi esperimenti hanno rivelato che la memoria non è una registrazione fedele, ma una ricostruzione influenzata anche da informazioni successive. La stessa Loftus ha raccontato un’esperienza personale esemplare di falso ricordo, in cui, trent’anni dopo la morte per annegamento della madre, lo zio le raccontò di essere stato il primo a trovarla, e lei, rielaborando il ricordo, lo “vide” con sorprendente chiarezza, salvo poi scoprire che la realtà era differente: fu la zia a trovare il corpo. Questo episodio personale sottolinea ulteriormente la pervasività e la forza dei falsi ricordi.

I meccanismi attraverso cui si formano questi ricordi alterati sono molteplici. A livello cerebrale, il processo di apprendimento e richiamo si articola in tre fasi: codifica, consolidamento e recupero. La codifica, ovvero la registrazione iniziale dell’informazione, è già influenzata da fattori come l’attenzione e la profondità di elaborazione. Durante il consolidamento e, soprattutto, il recupero, la memoria può essere distorta. I “vuoti” informativi nel ricordo originale possono essere colmati dalla mente con dettagli verosimili ma inesistenti. L’interferenza, sia proattiva (ricordi passati che influenzano quelli presenti) che retroattiva (esperienze recenti che modificano quelle passate), gioca un ruolo significativo. La disinformazione, intenzionale o meno, è un fattore potentissimo, specialmente in contesti dove la veridicità è essenziale, come quello giuridico. L’errata attribuzione, che porta a unire frammenti di esperienze diverse in un’unica narrazione, o la teoria del “fuzzy trace”, che suggerisce come la sovrapposizione di significati di eventi mai accaduti con esperienze reali possa generare falsi ricordi, sono altre chiavi di lettura. Infine, l’emozione e la temporalità sono fattori cruciali. Eventi emotivamente intensi possono essere difficili da ricordare con precisione, e l’incidenza di falsi ricordi è spesso proporzionale al livello di eccitazione vissuta. Inoltre, il tempo è il peggior nemico della memoria: più il ricordo è datato, maggiore è la probabilità che venga alterato e distorto. Questo ci porta a comprendere come, anche le persone più intelligenti, istruite ed esperte, non siano immuni alla creazione di falsi ricordi.

“Il nostro cervello è plastico, e come tale risulta essere malleabile e soggetto alle suggestioni e alle modificazioni.”

Falsi ricordi e il ruolo dei media

Nella cosiddetta “epoca della post-verità”, dove la disinformazione galoppa sui canali digitali e la linea tra realtà e finzione si fa sempre più labile, il ruolo dei media nella formazione dei falsi ricordi assume una rilevanza senza precedenti. I mezzi di comunicazione, da quelli tradizionali ai social network, hanno la capacità di plasmare la nostra memoria individuale e collettiva, non solo attraverso la diffusione di notizie false, ma anche tramite la ripetuta esposizione a informazioni che, seppur inventate, acquisiscono una parvenza di verità.

A visual representation of cognitive psychology, illustrating the brain's processes of memory encoding, consolidation, and retrieval, with colorful pathways connecting different areas of the brain.

Un’ulteriore conferma della capacità dei media di influenzare la memoria è stata fornita da uno studio che ha coinvolto un campione di partecipanti esposti a notizie politiche inventate. I risultati hanno evidenziato che la ripetuta esposizione a informazioni di verità illusoria può aumentare la veridicità percepita di tali informazioni, andando di conseguenza ad alterare il ricordo. Un’analisi condotta da O’Connor et al. ha evidenziato come la velocità di condivisione delle informazioni nei social media favoreggi la sedimentazione di falsi ricordi collettivi, in particolare in contesti emotivamente carichi. L’algoritmo della menzogna, come quello utilizzato per la diffusione di fake news in campagne politiche, sfrutta proprio la psicologia della memoria per condizionare l’opinione pubblica e, in ultima analisi, il comportamento individuale.

Il fenomeno dell’Effetto Mandela, che si riferisce a un ricordo collettivo errato di un evento o di un dettaglio, rappresenta un esempio lampante di come la disinformazione e la suggestione mediatica possano creare ricordi condivisi che non corrispondono alla realtà. Il caso iconico del “tank man” in Piazza Tienanmen, ricordato da molti come ucciso dai carri armati quando in realtà non lo fu, è una dimostrazione di come una narrazione mediata, pur distorta, possa cristallizzarsi nella memoria collettiva. Similmente, il celebre neurologo Oliver Sacks ha raccontato di un suo vivido ricordo dell’esplosione di una bomba incendiaria nel giardino di casa sua durante la Seconda Guerra Mondiale, salvo poi scoprire anni dopo che lui e il fratello si trovavano in un collegio.

“I social media non si limitano a diffondere contenuti falsi: ne creano le condizioni ottimali di sedimentazione nella memoria collettiva.”

Ancora, l’ex presidente statunitense Ronald Reagan raccontò più volte, con commozione, la storia di un pilota eroico durante la Seconda Guerra Mondiale, senza rendersi conto che stava rievocando la trama di un film. Questi aneddoti mettono in luce la sottile linea tra la realtà percepita e il ricordo costruito, spesso alimentata da narrazioni esterne.

L’intelligenza artificiale stessa non è immune alla creazione di falsi ricordi, con allarmi che suggeriscono la possibilità di manipolare bot AI per deviare fondi in criptovalute, sfruttando memorie alterate. Questo scenario apre nuove frontiere di vulnerabilità, non solo per la sicurezza digitale, ma anche per la capacità dell’intelligenza di elaborare e conservare informazioni in modo affidabile. La costante esposizione a stimoli visivi e narrativi veicolati da piattaforme digitali, film o videogiochi può contribuire, in modo inconscio, a plasmare la nostra percezione degli eventi, rendendo sempre più difficile discernere ciò che è realmente accaduto da ciò che è stato “impiantato” nella nostra mente.

“La memoria non è sempre efficace, ma anzi la non informazione circa questi ‘effetti’ può determinare un campo fertile in cui l’individuo facilmente può diventare un soggetto influenzabile.”

Cosa ne pensi?
  • Articolo illuminante! 💡 Finalmente chiarezza sui falsi ricordi......
  • Davvero inquietante 😟 come la nostra mente possa ingannarci......
  • E se i falsi ricordi fossero un meccanismo di difesa? 🤔 Forse......

Implicazioni legali e cliniche dei falsi ricordi

Le ramificazioni dei falsi ricordi si estendono ben oltre il singolo individuo, giungendo fino alle aule dei tribunali e agli studi di terapia, con implicazioni etiche e pratiche di enorme portata. In ambito legale, l’attendibilità della prova testimoniale, da sempre considerata la “regina delle prove”, viene messa in discussione dalla crescente consapevolezza della malleabilità della memoria. La possibilità che un testimone, anche in perfetta buona fede, possa aver costruito o alterato un ricordo, crea un serio freno all’efficacia del processo penale. Il nostro ordinamento giuridico, ancorato a concetti tradizionali, stenta a contemplare appieno la complessità del fenomeno dei falsi ricordi o dei ricordi inconsapevolmente indotti, come dimostrato in studi dove il 70% dei partecipanti ha evocato un falso ricordo di furto e aggressione a mano armata in contesti suggestivi.

Un caso emblematico è quello di Bibbiano, che ha sollevato interrogativi sulla possibilità che fossero stati “fabbricati” falsi ricordi di abusi in bambini. Questi casi, purtroppo non isolati, sottolineano l’urgenza di una maggiore consapevolezza scientifica e psicologica nell’approccio alle testimonianze, specialmente quando coinvolgono soggetti vulnerabili come i minori. Nuove tecniche neuroscientifiche promettono di svelare la natura dei falsi ricordi in tribunale, ma il dibattito sulla loro ammissibilità e accuratezza è ancora aperto.

Sul fronte clinico, la gestione dei falsi ricordi è altrettanto delicata e complessa. La Sindrome da Falsa Memoria (False Memory Syndrome) si manifesta quando un individuo sviluppa la convinzione profonda e apparentemente autentica di aver vissuto eventi traumatici, spesso abusi infantili, che in realtà non sono mai accaduti. Questi ricordi, pur essendo costruiti, sono vissuti con la stessa intensità e sicurezza di quelli reali, generando sofferenza e implicazioni significative per la salute mentale. Come ben riportato,

“Gli schemi cognitivi preesistenti possono influenzare la codifica e il recupero dei ricordi, portando a interpretazioni errate.”

La letteratura ha esplorato ampiamente come la psicoterapia, pur non potendo alterare la storia del paziente o creare eventi inesistenti, debba navigare con estrema attenzione il terreno della memoria e del trauma.

Il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) è un’altra area in cui la relazione tra memoria e falsi ricordi è particolarmente insidiosa. I pazienti con DOC possono essere tormentati da falsi ricordi, temendo di aver compiuto un’azione negativa o di averla rimossa dalla propria mente, generando dubbi costanti che alimentano il circolo vizioso delle ossessioni. Distinguere un falso ricordo da uno vero è una delle sfide più grandi, sia per il medico che per il paziente stesso. La ricerca ha dimostrato che i falsi ricordi possono essere descritti con la stessa sicurezza, ricchezza di dettagli ed emozione dei ricordi veri, rendendo la distinzione estremamente ardua.

“La consapevolezza di questa malleabilità è il primo passo per proteggerci dalle sue insidie e per affrontare con maggiore precisione le implicazioni in campo legale e clinico. I meccanismi cognitivi coinvolti nella memoria, pur mostrando un livello di efficienza notevole, manifestano una vulnerabilità intrinseca. Gli studi scientifici rivelano che la cosiddetta “verità” della memoria non è affatto immutabile; piuttosto si presenta come un’elaborazione in continua evoluzione. Fattori quali l’attenzione focalizzata, le emozioni sperimentate e il contesto circostante si dimostrano fondamentali, insieme ad altre variabili esterne, nel determinare ciò che ricordiamo.”

Verso una comprensione più profonda della memoria umana

Il viaggio attraverso i meccanismi dei falsi ricordi ci conduce a una comprensione più sfumata e complessa della memoria umana, un organo non sempre affidabile come un archivio inviolabile, ma piuttosto come un artista che, pur lavorando con materiali reali, li riassembla, modifica e reinterpreta in ogni nuova rievocazione. Questa visione, lontana dall’idea di una memoria fotografica, ci invita a una riflessione più profonda sulla natura stessa della nostra esperienza e della nostra identità.

A livello di psicologia cognitiva di base, è fondamentale comprendere che la memoria non è un magazzino statico, ma un processo dinamico di costruzione e ricostruzione. Ogni volta che richiamiamo un ricordo, non stiamo semplicemente “riproducendo” una registrazione fedele, ma stiamo attivamente “ricostruendo” quell’evento, unendo frammenti di informazioni e riempiendo i vuoti, spesso in modo inconsapevole. Questo spiega perché un ricordo può modificarsi leggermente ogni volta che viene evocato, o perché dettagli apparentemente insignificanti possono cambiare nel tempo. A livelli più sofisticati dell’indagine psicologica comportamentale si apprende come le reazioni emotive e intellettuali generate da un evento siano condizionate non soltanto dall’evento medesimo ma anche dalle narrazioni costruite attorno ad esso. Ad esempio, la capacità di recupero dai traumi è influenzata sia dalla serietà del fatto accaduto sia dal metodo con il quale, assimilando tale esperienza, si integra nel complesso vissuto individuale. Le pratiche terapeutiche, come quella della psicoterapia cognitivo-comportamentale, offrono ai soggetti l’opportunità di riconfigurare i loro pensieri ed elaborazioni riguardanti esperienze traumatiche passate; questo facilita processi d’integrazione piuttosto che stati d’animo tesi alla soppressione o alla distorsione delle memorie.

Riconoscere l’adattabilità intrinseca della memoria porta inevitabilmente all’emergere di interrogativi personali fondamentali: quali certezze abbiamo realmente riguardo ai nostri trascorsi? In quale misura riusciamo a difenderci dalle pressioni esterne capaci di alterare il nostro giudizio sui fatti passati? Rendersi conto che perfino le menti più brillanti possono essere oggetto d’influenza sulle proprie reminiscenze richiede da parte nostra una maggiore modestia nelle assunzioni conoscitive, oltre a uno slancio perpetuo verso il pensiero critico. Dobbiamo imparare a mettere in discussione non solo le informazioni che riceviamo, ma anche quelle che crediamo di possedere in quanto parte della nostra storia personale. Questo non significa cadere nella paralisi del dubbio, ma sviluppare una salutare curiosità sulla natura della nostra esperienza e della nostra percezione del mondo, rafforzando la nostra capacità di discernere e di costruire una narrazione più autentica e consapevole della nostra vita.

A scene depicting the concept of false memory through a split image: one side showing a vivid recollection of a childhood memory filled with joy, and the other side showing the actual event which appears normal or mundane.

Glossario:

  • Falso ricordo: ricordo non autentico, che può derivare da diverse influenze e interpretazioni errate di eventi vissuti o immaginati.
  • Effetto Mandela: fenomeno psicologico in cui gruppi di persone condividono ricordi distorti di eventi passati.
  • Sindrome da Falsa Memoria: è una particolare condizione di natura psicologica nella quale una persona è convinta di aver sperimentato eventi traumatici che, al contrario, non si sono mai verificati.
  • Neuroscienze della memoria: settore scientifico dedicato all’analisi dei processi attraverso i quali il cervello struttura, immagazzina e richiama le memorie.

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