- In Italia, ci sono 82 milioni di schede SIM attive, più della popolazione.
- Il 17% dei giovani online mostra sintomi di dipendenza dai social.
- Il 32,6% dei bambini tra 6 e 10 anni usa lo smartphone quotidianamente.
- Il 40% degli adolescenti italiani ha ridotto l'uso dei dispositivi mobili.
Il miraggio digitale: quando lo smartphone diventa una protesi
Nell’ambito frenetico del nostro tempo contemporaneo, il telefono intelligente ha superato il suo ruolo tradizionale diventando un prolungamento quasi vitale delle nostre vite quotidiane; si configura infatti come un alleato costante nel marcare il passo delle nostre attività giornaliere. Questo cambiamento epocale suscita interrogativi fondamentali riguardo ai confini sottili tra utilizzo consapevole e dipendenza maladattiva; questo è particolarmente vero nel contesto socioculturale odierno caratterizzato da profonde interconnessioni globali. In tale scenario l’Italia emerge come simbolo emblematico dell’iperconnessione: già nel gennaio del 2025 si registrano ben 82 milioni di schede SIM attive – cifra che supera nettamente quella della popolazione nazionale.
Le evidenze fornite dal Global Digital Report (2023) offrono uno spaccato inquietante: per ciascun adolescente la permanenza online si attesta mediamente su oltre 5 ore, mentre alcune rilevazioni raggiungono punte estreme fino a 9 ore. È preoccupante notare come circa il 17% dei giovani presenti sul web manifestino sintomi clinici riconducibili alla dipendenza dai social network. L’incessante ricerca di nuove gratificazioni digitali viene confermata da ricerche illustri; per esempio, uno studio pubblicato su Archives of Disease in Childhood (2021) testimonia comportamenti da addiction veri e propri: alcuni utenti controllano i loro dispositivi più di 300 volte al giorno, fenomeno accentuato soprattutto nelle ragazze fra i tredici e diciassette anni. Ogni singola vibrazione del dispositivo mobile ed ogni allerta visiva che compare sugli schermi genera il senso di un’imminente promessa, avviando così una perpetua ricerca verso l’ignoto. Si attua quindi un ciclo incessante di distrazione.
In Italia risulta che più di un bambino su tre nella fascia d’età compresa tra i 6 e i 10 anni (il 32,6%) accede quotidianamente allo smartphone; questa pratica è caratterizzata da un trend ascendente nei recenti periodi storici. Tale fenomeno appare particolarmente accentuato nel Mezzogiorno e nelle Isole italiane, dove la percentuale raggiunge addirittura il 44,4%. [Save the Children]. All’interno del documento “Educare al digitale” emergono dati significativi riguardanti l’urgenza di un’educazione digitale consapevole; ciò risulta particolarmente pertinente alla luce dei recenti episodi legati al cyberbullismo e ad altre manifestazioni violente sul web dirette verso i più giovani. Si evidenzia come la rete offra enormi opportunità per l’apprendimento e la socializzazione; tuttavia risulta fondamentale sostenere i minori nel loro percorso educativo affinché apprendano a districarsi in questo ambiente complesso con capacità adeguata e senso critico.
Una valutazione completa di tale situazione richiede una prospettiva storica estesa oltre le mere decadi: occorre considerare millenni. Il nostro cervello – formato dai ritmi cadenzati delle savane antiche – adesso è immerso in una realtà caratterizzata da incessanti stimoli digitali; viaggiando tra interazioni spezzettate ed esperienze perpetue d’attivazione nervosa. Un organo ancestrale quale il nostro si scontra ora con sfide provenienti da contesti completamente nuovi rispetto a quelli affrontati nell’arco degli ultimi 250.000 anni circa. Come afferma Jaak Panksepp – pioniere nello studio delle neuroscienze affettive – esistono dentro ciascuno di noi istinti motivazionali primari quali quello denominato SEEKING, dedicato alla ricerca attiva della novità. Non si tratta della ricerca di un risultato specifico, ma della ricerca in sé, l’impulso ad esplorare e a muoverci verso ciò che potrebbe portarci nutrimento, relazione, significato. È la spinta dopaminergica che ci sprona ad affrontare ogni nuovo giorno nella speranza di scoprire qualcosa di bello. Tuttavia, in quest’era digitale, questo sistema è spesso iperstimolato e svuotato di senso.
Lo smartphone, anziché essere un semplice strumento, si è trasformato in una vera e propria protesi motivazionale. Il gesto compulsivo di scorrere lo schermo non mira a trovare qualcosa di preciso, ma a mantenere attiva quella tensione, in attesa di una gratificazione che raramente arriva. È dopamina senza destinazione, attivazione senza soddisfazione. Questa condizione, descritta dalla teoria della “incentive sensitization” (Robinson & Berridge, 2001), spiega come una stimolazione dopaminergica cronica, priva di un reale soddisfacimento, porti a un aumento del desiderio ma a una diminuzione del piacere, innescando un circolo vizioso che sfocia in dipendenza, frustrazione e disorientamento motivazionale.
Secondo Antonio Damasio, nel suo “L’errore di Cartesio”, il sistema SEEKING è intrinsecamente legato al corpo. La motivazione non scaturisce da ragionamenti puramente razionali, ma da segnali viscerali, da quei “marcatori somatici” che orientano le nostre scelte quotidiane. Il cervello non è una macchina isolata, ma un sistema incarnato, profondamente influenzato dalle emozioni e dalle esperienze. Quando i giovani sono costantemente immersi in ambienti digitali iperattivanti, ma carenti di sicurezza emotiva e di relazioni autentiche e fisiche, questi marcatori somatici si confondono. Si dissolve il confine tra stimolo e risposta, tra bisogno e gratificazione immediata, aprendo la strada a nuove forme di dipendenza.
Il design persuasivo e le trappole della dopamina
Il design degli smartphone e delle applicazioni è diventato un campo di battaglia dove l’ingegneria psicologica incontra la tecnologia, creando meccanismi che incentivano un uso prolungato e spesso patologico. Al centro di questa strategia vi è il rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore cruciale per il sistema di ricompensa del cervello. È stato dimostrato che ogni nuova notifica, ogni “like” o commento, produce un picco dopaminergico, un’esperienza simile a quella osservata nei giocatori d’azzardo. Questo “rinforzo positivo” spinge l’utente a replicare il comportamento, trasformando l’atto di controllare il telefono in un’abitudine compulsiva.
Un esempio lampante di design persuasivo è l’infinite scrolling: la possibilità di scorrere contenuti all’infinito senza incontrare un punto finale. Questo meccanismo elimina i segnali naturali di completamento di un’attività, trasformando la navigazione in un flusso continuo e ipnotico. La nostra attenzione viene catturata non solo da stimoli piacevoli come foto o meme, ma anche da notizie negative o avversi. Il cervello umano, evolutosi per dare priorità agli stimoli rilevanti per la sopravvivenza, ci spinge a cercare sempre più informazioni di fronte a una “cattiva notizia”, innescando un meccanismo di rinforzo negativo in cui lo scrolling diventa una via di fuga rapida da emozioni sgradevoli come l’ansia, la paura o la rabbia. Questa dinamica è particolarmente evidente in momenti di stress collettivo, come la pandemia da Covid-19, in cui molti si sono ritrovati a scorrere compulsivamente siti e social alla ricerca spasmodica di aggiornamenti.
Oltre allo scrolling infinito, le notifiche push rivestono un ruolo fondamentale nel mantenere l’utente agganciato. Non si tratta solo di avvisi di chiamate o messaggi cruciali, ma di un flusso costante di stimoli che ci riportano all’applicazione. Anche il design visivo delle app gioca un ruolo chiave: layout, colori e contenuti sono studiati per essere accattivanti e massimizzare il tempo di permanenza sullo schermo. La semplicità delle interfacce utente, che non richiede sforzi cognitivi significativi, contribuisce a rendere l’esperienza utente fluida e quasi inconscia.
I giochi per smartphone, in particolare, adottano strategie assimilabili a quelle dei giochi d’azzardo, come il “variable ratio reinforcement schedule”, in cui le vincite – nel contesto dei giochi, un bonus o un avanzamento di livello – sono imprevedibili ma sufficientemente frequenti da mantenere alto l’engagement. Molti di questi giochi sono distribuiti con il modello “freemium”, che consente il download gratuito ma incentiva l’acquisto di contenuti extra o “vite” per continuare a giocare senza interruzioni. Questa dinamica, unita all’illusione di controllo che viene spesso promossa, è un fattore di rischio significativo per lo sviluppo della dipendenza.
In questo intricato panorama, la dipendenza da smartphone (“Smartphone Addiction”, SPA) è equiparata a disturbi comportamentali come il gioco d’azzardo patologico e l’Internet Gaming Disorder (IGD). Entrambe le condizioni sono caratterizzate da alterazioni nelle regioni cerebrali deputate alla regolazione delle emozioni, al controllo degli impulsi e al sistema di ricompensa, con un coinvolgimento di aree prefrontali, insulari e parietali. Le ricerche evidenziano una sottile ma rilevante correlazione tra l’utilizzo degli smartphone e i disturbi di natura cognitiva. Questo è stato ampiamente documentato nel report elaborato dalla Fondazione Veronesi, la quale sostiene che un utilizzo intensivo di tali apparecchi possa portare a significativi deficit nelle abilità cognitive e nei rapporti sociali. [Fondazione Veronesi].

Un corpo antico in un mondo nuovo: le neuroscienze e l’impatto sul cervello
L’interazione quotidiana e spesso eccessiva con gli smartphone modella non solo i nostri comportamenti, ma anche la struttura e la funzionalità del nostro cervello, un organo plasmato dall’evoluzione ma costantemente sollecitato da stimoli per i quali non è stato originariamente concepito. La ricerca scientifica ha evidenziato profonde analogie tra l’uso problematico dello smartphone e le dipendenze comportamentali riconosciute, come il disturbo da gioco d’azzardo (Gambling Disorder) e l’Internet Gaming Disorder (IGD). Tali similitudini giustificano l’introduzione del termine di “dipendenza da smartphone” (SPA), una condizione in cui l’uso del dispositivo diventa eccessivo e disfunzionale.
Studi recenti indicano che il 60% dei bambini tra i 10 e gli 11 anni possiede già uno smartphone, e questo trend continua a crescere, mostrando come l’accessibilità ai dispositivi digitali abbia ripercussioni significative sul loro sviluppo cognitivo e sociale [Deloitte]. Di conseguenza, è cruciale tenere sotto osservazione sia l’d’intensità d’uso sia l’efficacia delle relazioni che i giovani sviluppano con le tecnologie digitali.
Misuratori psicometrici quali la SAS (Smartphone Addiction Scale) e lo SPAI (Smartphone Addiction Inventory), costruiti fondandosi sui parametri diagnostici dell’IDG, rilevano una diffusione della SPA variabile dal 12% al 28%, registrando una particolare incidenza tra gli allievi. Ricerche condotte attraverso neuroimaging hanno messo in luce cambiamenti neurali specificamente associati alle persone affette da SPA, dimostrando chiaramente che un uso massivo di dispositivi elettronici può alterare negativamente le aree del cervello dedicate al linguaggio e alla cognizione. [Fondazione Veronesi]. L’influsso dello smartphone sullo sviluppo del cervello presenta molteplici sfaccettature ed evidenze concrete stabiliscono connessioni significative fra un uso intensivo e problematiche quali difficoltà nell’attenzione, compromissioni cognitive, nonché una diminuzione delle competenze sociali nei giovani. Un chiaro esempio risiede nella relazione tra l’aumento dell’engagement con i social media e la diminuzione della materia grigia in zone cerebrali responsabili della gestione delle emozioni e del controllo degli impulsi. Questa constatazione indica come tale esposizione possa avere ripercussioni rilevanti sulle abilità decisionali e interpersonali degli adolescenti. [Fondazione Veronesi]. La situazione si complica ancor più se prendiamo in esame il legame fra l’impiego del dispositivo mobile e i disturbi associati a stati d’animo quali la depressione o l’ansia. Sono emerse evidenze che mostrano una notevole correlazione fra l’intensità dell’uso compulsivo degli smartphone e le valutazioni ricavate dalla scala della depressione di Beck. Tale circostanza suggerisce che, pur in mancanza di un quadro diagnostico chiaro riguardante la depressione, anche manifestazioni depressive leggermente accentuate possono contribuire a un utilizzo problematico del telefono intelligente. [Fondazione Veronesi].
- Neuroscienze affettive: branca delle neuroscienze che studia le emozioni e il loro impatto sul comportamento.
- Dopamina: neurotrasmettitore coinvolto nei processi di ricompensa e piacere.
- Smartphone Addiction Scale (SAS): strumento utilizzato per misurare la dipendenza da smartphone.
- Internet Gaming Disorder (IGD): disturbo caratterizzato dall’uso problematico dei videogiochi online.
Esplorare, cercare, legarsi: una via per la rinascita
L’attenzione crescente agli effetti dilaganti della dipendenza da smartphone e ludopatia dovrebbe trasformarsi non in un’accusa generica contro la tecnologia stessa, ma piuttosto fungere da stimolo per rivalutare il nostro legame con essa. Non è lo strumento tecnologico il reale problema; al contrario, l’abuso rappresenta una condizione largamente riconosciuta che solleva interrogativi sulla nostra abilità nel creare contesti favorevoli alla nostra essenza umana. Secondo quanto osservato da Panksepp, infatti, il sistema PLAY, dedicato al gioco e all’interazione reciproca tra individui, può attivarsi solo all’interno di un ambiente sicuro.
In mancanza dell’adeguato senso di protezione emergono reazioni quali chiusura emotiva o comportamenti difensivi fino alla fuga; nei casi estremi si verifica quella che viene definita impotenza appresa – concetto messo a fuoco dagli studi condotti da Martin Seligman negli anni ’60. Quando gli individui sono costantemente soggetti ad esperienze incontrollabili, perdono progressivamente la motivazione a cercare delle alternative pratiche ai loro problemi; ciò trova riscontro soprattutto tra i più giovani: malgrado siano collegati come mai prima d’ora alle altre persone, si percepiscono sempre più isolati, aumentando così l’esposizione verso forme distorte di dipendenza capaci d’intaccarne seriamente il benessere psicologico. Dati freschi mettono in luce come una percentuale pari al 40% degli adolescenti italiani abbia scelto di ridurre l’uso dei dispositivi mobili. Questo fenomeno indica inequivocabilmente un aumento della consapevolezza. [Kultur Jam]. Questo cosiddetto atto di ribellione segna un tentativo di prendere il controllo su una parte della propria vita che rischia di diventare invadente. Tale consapevolezza è fondamentale non solo per promuovere un uso più equilibrato e consapevole della tecnologia, ma anche per stimolare conversazioni significative tra genitori e figli riguardo all’uso della tecnologia e all’importanza delle relazioni interpersonali autentiche.
La presenza fisica, l’affetto autentico e la reciprocità vissuta nel corpo e nello sguardo sono gli unici catalizzatori in grado di attivare i nostri sistemi affettivi più profondi, nutrendo il SEEKING, il PLAY e il CARE, e regolando paura, rabbia e separazione. Il nostro compito educativo non è proibire, ma rileggere il fenomeno, non punire l’uso, ma accompagnare a riconoscere l’abuso. Si tratta di aiutare bambini e adolescenti a riconnettersi con il proprio corpo, a costruire significati duraturi e relazioni lente. In un’ottica di psicologia cognitiva e comportamentale, la dipendenza da smartphone può essere inquadrata come un condizionamento operante, dove il comportamento (l’uso dello smartphone) è rinforzato da stimoli piacevoli (notifiche, “like”) o dalla rimozione di stimoli spiacevoli (noia, ansia). Comprendere questi meccanismi rappresenta indubbiamente l’inizio essenziale per promuovere una trasformazione reale.
Riflettendo sul proprio aspetto in quel lucido schermo spento dello smartphone emerge una sottile demarcazione fra aspirazioni genuine e le loro eco distorte. Non bisogna affatto considerare con biasimo i progressi tecnologici; piuttosto ci si deve sforzare di ascoltare quella melodia ancestrale custodita nei recessi della nostra mente: essa reclama l’intimità derivante da relazioni autentiche, lenti momenti d’indagine vera ed esperienze dirette libere dall’interferenza dei dispositivi digitali. Si invita a riallacciare i legami con se stessi e col mondo esterno; così facendo si potrà riscoprire la gioia insita nella ricerca senza meta assieme alla connessione profonda, appropriandosi del proprio tempo prezioso e delle attenzioni disperse. La tecnologia può offrire riparo ai nostri animi inquieti; tuttavia occorre fare in modo che non diventi un confinamento forzato. Occorre dunque salvaguardare tre elementi cardine: esplorate nuove vie, trova ciò che cerchi, costruisci rapporti significativi affinché nel domani la tecnologia supporti pienamente la nostra essenza umana anziché sovvertirla.