Ricordi inquinati: perché confondiamo film e realtà?

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  • La nostra mente scambia immagini da media per ricordi personali: errore di monitoraggio della fonte.
  • Neuroni nella corteccia entorinale laterale incrementano l'attività nel richiamo della memoria episodica.
  • Il sonno non-REM è cruciale per rielaborare e integrare nuovi ricordi.

Il confine tra realtà e immaginazione è più labile di quanto si possa credere, soprattutto quando si parla di memoria. Un recente studio ha riportato come la nostra mente possa talvolta scambiare immagini tratte da film, videogiochi o altre fonti mediatiche per ricordi personali, un fenomeno che sottolinea la complessità e la fragilità dei meccanismi mnemonici. Questa confusione, nota nel campo delle neuroscienze come errore di monitoraggio della fonte, evidenzia le notevoli differenze nell’impatto di ciò che “ci rimane in mente” a seconda dell’origine della stimolazione. Non si tratta di un semplice dimenticare, ma di una vera e propria alterazione della percezione della provenienza delle informazioni, che può portare a credere di aver vissuto un evento che in realtà è stato solo visto o letto.

Questo tema è di grande rilevanza nel panorama attuale, dove la proliferazione di contenuti digitali e la loro accessibilità costante espongono la nostra mente a un flusso ininterrotto di immagini e narrazioni. Un’analisi recentemente effettuata dall’Istituto di neuroscienze del CNR, i cui risultati sono stati resi noti in una pubblicazione su Cell Reports, ha rivelato come la corteccia entorinale laterale assuma una funzione fondamentale all’interno del sistema cerebrale dedicato alla memoria e al processo di recupero dei ricordi. [Cell Reports]. La nostra memoria, lungi dall’essere una registrazione oggettiva della realtà, è un processo dinamico e costruttivo, vulnerabile a distorsioni e influenze esterne.

Le basi neurali della memoria e le sue vulnerabilità

Per comprendere come avvenga questa “contaminazione” dei ricordi, è fondamentale analizzare i meccanismi neurali sottostanti alla memoria. La neuropsicologia, la disciplina che studia le relazioni tra cervello, comportamento e funzioni cognitive, ha dimostrato che la memoria non è un’entità monolitica, ma un insieme di sistemi interconnessi, ciascuno con correlati neurali specifici. Tra le strutture cerebrali più studiate per il loro ruolo nella memoria vi sono l’ippocampo e la corteccia prefrontale.

L’ippocampo, parte integrante del sistema limbico, è cruciale per la formazione della memoria a lungo termine dichiarativa/esplicita, che comprende la memoria episodica (eventi personali) e semantica (conoscenze generali). Svolge un ruolo fondamentale nella trasformazione della memoria a breve termine in memoria a lungo termine e nella navigazione spaziale. Recenti ricerche, come quelle condotte da un team dell’Istituto di neuroscienze del CNR, continuano a fare luce su dove risiedano i nostri ricordi episodici e su come si formino le onde di attività nelle aree cerebrali responsabili della memoria nelle primissime fasi dello sviluppo. In base ai risultati di una ricerca effettuata e pubblicata nel 2024, è emerso che i neuroni localizzati nella corteccia entorinale laterale, coinvolti nel processo di richiamo della memoria episodica, presentano un incremento della loro attività. Al contrario, l’inibizione di tali neuroni risulta dannosa per l’efficacia delle prestazioni mnemoniche. [Cell Reports]. In modo parallelo, emerge che l’area prefrontale corticale, sede principale delle funzioni esecutive, si occupa di operazioni vitali come pianificare strategie, prendere decisioni consapevoli e gestire attivamente la propria memoria operativa. In effetti, è proprio nella porzione dorsolaterale di tale area che risiede il meccanismo deputato al detection of memory sources: pertanto è evidente come eventuali danni a questo distretto possano dar vita alla nota condizione definita come amnesia della sorgente dei ricordi.

Detto ciò, mentre l’ippocampo gioca un ruolo decisivo nell’acquisizione dei dati mnestici così come nel loro recupero integrativo, non può trascurarsi il fatto che tocca alla corteccia prefrontale svolgere una funzione cruciale per associare questi dati mnemonici alle originarie fonti da cui provengono; ciò consente dunque di distinguere le esperienze autentiche da quelle solamente lette o figmentali. L’evidenza empirica prodotta negli studi del 2017 e 2023 ha chiarito ulteriormente quanto sia vitale questa interconnessione tra corteccia prefrontale e altre aree coinvolte nei processi riguardanti tanto i ricordi quanto le emozioni. [Neuroscienze: come il sonno consolida la memoria]. In aggiunta, è emersa la rilevanza del sonno nel processo di consolidamento delle memorie; specialmente il sonno non-REM, che svolge una funzione cruciale nella rielaborazione e integrazione dei nuovi ricordi con quelli già esistenti. [Studi sulla memoria episodica].

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  • 🧠💡 Interessante come l'articolo evidenzia la fragilità della memoria......
  • 🤔 Ma siamo sicuri che questa "contaminazione" sia sempre negativa...?...
  • 😱😨 Questa confusione tra realtà e finzione è davvero inquietante......

Implicazioni cliniche e forensi dei falsi ricordi

La questione della contaminazione della memoria assume un’importanza critica non solo a livello teorico, ma anche pratico, con significative implicazioni in ambito clinico e forense. I falsi ricordi, ossia memorie di eventi mai accaduti o distorti rispetto alla realtà, possono avere conseguenze devastanti.

Le false memorie sono state al centro di dibattiti in contesti giudiziari, dove la validità delle testimonianze basate su ricordi, soprattutto se supportate da tecniche come l’ipnosi o alcune forme di psicoterapia, è stata messa in discussione. Ad esempio, il caso Bibbiano ha sollevato interrogativi sull’uso della terapia come strumento per “confermare le ipotesi di abuso”, portando a dibattiti su come i documenti e le testimonianze potessero essere stati influenzati. Alcune sentenze hanno persino prosciolto imputati, sostenendo che la psicoanalisi avesse “creato falsi ricordi” in chi testimoniava, come riportato dal Corriere Fiorentino in un caso del 2021.

I falsi ricordi possono manifestarsi più frequentemente in corrispondenza di alterazioni o malattie cerebrali; a volte, le persone raccontano di essere state in un certo luogo, senza mai averlo visto, o di provare la sensazione di avere già vissuto una certa situazione (esperienze definite come dèjà vu). Pur rappresentando uno strumento valido per apportare modifiche alle emozioni disfunzionali, la psicoterapia richiede una gestione attenta; infatti, l’applicazione scorretta delle tecniche terapeutiche può indurre alla nascita di ricordi erronei. Pertanto, è fondamentale mettere a punto protocolli rigorosi e fondati su dati concreti, affinché si minimizzi il pericolo di produrre memorie non autentiche nel contesto delle testimonianze e dei percorsi terapeutici.

Riflessioni sulla resilienza della memoria nell’era digitale

In un mondo sempre più immerso nella tecnologia, la nostra memoria è sottoposta a sfide inedite. L’uso continuo di dispositivi e l’esposizione a un flusso costante di informazioni, spesso non filtrate, possono influenzare significativamente la nostra attenzione e, di conseguenza, la nostra capacità mnemonica. Se da un lato l’IA e le tecnologie avanzate possono rivoluzionare la ricerca e la diagnosi in campo medico, dall’altro, la dipendenza eccessiva da strumenti esterni per l’archiviazione delle informazioni potrebbe ridurre la nostra “memoria intrinseca”.

La memoria, nel suo significato più fondamentale, non è semplicemente una scatola dove si accumulano dati, ma un processo attivo di ricostruzione. Ogni volta che richiamiamo un ricordo, lo stiamo, in qualche misura, ricostruendo, e in questo processo possiamo involontariamente inserire elementi nuovi o alterarne di vecchi. Questa innata propensione alla malleabilità della memoria è un principio chiave della psicologia cognitiva. Un concetto di maggior complessità si riferisce alla consolidazione della memoria, un meccanismo attraverso il quale i ricordi, che all’inizio risultano fragili, trovano una loro stabilizzazione e sono assimilati nelle reti neurali.

A tal proposito, un’indagine ha evidenziato come il sonno assuma un’importanza fondamentale nel processo di consolidamento della memoria; esso funge da strumento per rielaborare e integrare nuovi ricordi insieme a quelli già esistenti. [Neuroscienze: come il sonno consolida la memoria]. Questo scenario ha profonde implicazioni per la nostra comprensione della memoria e per la salute mentale. È fondamentale sviluppare una maggiore consapevolezza critica sulla provenienza delle informazioni e sulla natura costruttiva dei nostri ricordi. Questo ci invita a una riflessione personale profonda: in che misura i nostri ricordi più cari sono davvero espressione della nostra esperienza personale, e quanto invece sono stati influenzati dalle narrazioni, dalle immagini e dai suoni che popolano il nostro panorama culturale?

Glossario:

  • Errore di monitoraggio della fonte: il fenomeno mnemonico in cui si scambia la provenienza di un ricordo.
  • Amnesia dissociativa: un tipo di amnesia in cui il ricordo di eventi traumatici è bloccato.
  • Neuroplasticità: la capacità del cervello di riorganizzarsi e adattarsi in risposta a nuovi apprendimenti o esperienze.

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