Engrammi e neuroplasticità: possiamo davvero riprogrammare il cervello dopo un trauma?

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  • Gli engrammi sono i circuiti neuronali che codificano i ricordi, ma il trauma li altera.
  • La neuroplasticità adulta è essenziale per il recupero post-traumatico.
  • L'EMDR ha un tasso di successo dell’84% nella gestione dei disturbi post-traumatici.

Le recenti scoperte nel campo delle neuroscienze e della psicologia stanno gettando nuova luce sulla complessa relazione tra il cervello, i ricordi e il trauma psicologico. Al centro di questa indagine vi sono i cosiddetti engrammi, ovvero i circuiti neuronali specifici che codificano le esperienze e ne consentono il richiamo. Questi “neuroni della memoria” si attivano per sostenere il processo di rievocazione. Studi su modello animale, come quello citato in una ricerca del 2020, hanno dimostrato come le cellule engramma nell’ippocampo si illuminino durante la formazione e il richiamo di un ricordo. Tuttavia, il trauma psicologico può alterare profondamente il modo in cui questi engrammi vengono formati e processati, portando alla persistenza di memorie traumatiche disturbanti.

La ricerca, pubblicata su Nature e menzionata in un articolo del 2019 discute come i neuroni che codificano ricordi sia positivi che negativi possano essere “riprogrammati”. La neuroplasticità costituisce una funzione fondamentale attraverso cui il cervello può adattarsi modificando le sue strutture e funzioni; questo fenomeno si rivela essenziale sia per interpretare che per affrontare gli effetti delle esperienze traumatiche. I ricordi – soprattutto quelli densi di emozione – coinvolgono aree cerebrali cruciali quali l’amigdala ed altre regioni associate al ragionamento emotivo delineate dalla corteccia prefrontale. È proprio questa permanenza delle memorie legate al trauma che ha una correlazione diretta con la solidità dei suddetti engrammi disfunzionali.

Un documento recente datato 2023 sottolinea pertanto che gli engrammi costituiscono effettivamente la basi fondamentale da cui trae origine tale persistenza mnemonica traumatica. L’analisi approfondita della complessità inerente agli engrammi, così come dell’intreccio tra questi ultimi e i comportamenti reattivi alle emozioni successivi a eventi traumatici, rappresenta uno step imprescindibile nella direzione necessaria per procedere verso lo sviluppo di interventi terapeutici realmente efficaci. Nell’ambito della ricerca scientifica contemporanea emerge anche una serie crescente di risultati relativi ai meccanismi cellulari capaci di trattare i ricordi duraturi associati ai traumi: l’analisi condotta in uno studio pubblicato nel 2023 propone quindi sfide stimolanti dal punto di vista clinico, fornendo allo stesso tempo prospettive innovative in questo settore così dinamico. La prospettiva di poter attivare neuroni correlati a emozioni contrapposte, rispetto ai sentimenti negativi sperimentati durante l’evento traumatico al fine di rielaborare la memoria, rappresenta una manifestazione tangibile delle opportunità derivanti dalla comprensione della dinamica degli engrammi. Sebbene si tratti di un ambito che necessiti ancora di ampie indagini, i fondamenti appaiono notevolmente innovativi. Si sta delineando un percorso capace di condurre verso una significativa trasformazione paradigmatica, radicalmente diverso nell’affrontare le ripercussioni neurologiche legate ai traumi.

Neuroplasticità adulta e recupero: il ruolo delle terapie avanzate

La neuroplasticità adulta, ovvero la capacità del cervello di modificarsi strutturalmente e funzionalmente anche in età adulta, è una componente essenziale nel processo di recupero post-traumatico. Questa intrinseca malleabilità cerebrale consente al sistema nervoso di adattarsi, apprendere e, criticamente, di riorganizzarsi in risposta a esperienze avverse. Secondo una ricerca pubblicata nel 2024, la neurogenesi, sebbene limitata in alcune aree, può contribuire al recupero. Questa nascita di nuovi neuroni, in particolare nell’ippocampo, può rafforzare la capacità di recupero in situazioni stressanti e influenzare persino i disturbi dell’umore.

La possibilità di riprogrammare il cervello dopo un trauma, come riportato in un articolo del 2025, è direttamente collegata a questa straordinaria plasticità. Le terapie basate sulla neuroplasticità mirano a facilitare la rielaborazione delle memorie traumatiche e a ristabilire l’equilibrio nel sistema nervoso. L’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR) insieme alla Psicoterapia Sensomotoria rappresentano due metodologie terapeutiche innovative che mirano a sfruttare attivamente i meccanismi della neuroplasticità per trattare le conseguenze psicologiche legate al trauma. Specificamente sull’EMDR si fa riferimento in diversi testi accademici (2019, 2021); questa modalità terapeutica è fondata su principi relativi al processamento dell’informazione ed è focalizzata sulle esperienze mnestiche negative di ciascun individuo. Mediante tecniche di stimolazione bilaterale, essa si propone di ottenere una desensibilizzazione agli eventi traumatici vissuti dal paziente e favorire successivi processi di ristrutturazione cognitiva. D’altra parte, la Psicoterapia Sensomotoria viene analizzata nei documenti risalenti al 2017 e al 2022: essa agisce direttamente sulla fisiologia del trauma, riorganizzando le dinamiche interne relative alla disregolazione neurologica e alle sofferenze derivanti da tali disordini; anche qui frequentemente è impiegata la stimolazione bilaterale.

Un’indagine recente ha evidenziato come l’implementazione dell’EMDR riesca a raggiungere un impressionante tasso di successo pari all’84%, rivelandosi così particolarmente efficace nella gestione dei disturbi post-traumatici da stress. [EMDR Italia]. Le due metodologie concordano sull’essenziale ruolo di lavorare con il corpo, fondamentale nell’affrontare il trauma e nel mettere in correlazione le esperienze corporee all’interno della terapia. Scopo primario risiede nell’assistere il paziente nell’integrare le parti del sé, frammentate a causa del trauma, al fine di ricostruire un’senso coeso e armonico interno. L’efficacia dell’EMDR è stata ampiamente documentata nella cura dei disturbi post-traumatici da stress; infatti, un documento redatto nel 2023 qualifica tale tecnica come una psicoterapia valida ed efficiente per la gestione delle memorie traumatiche persistenti. La fusione tra strategie cognitive e corporee si dimostra straordinariamente utile non solo per affrontare i sintomi ma anche nel favorire attivamente la neuroplasticità indispensabile al processo di guarigione.

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Implicazioni cliniche e prospettive future

Recenti avanzamenti nella comprensione degli engrammi, così come nello studio della neuroplasticità nell’età adulta, insieme alle comprovate risultanze delle terapie quali l’EMDR e la Psicoterapia Sensomotoria, rivelano oggi avere ripercussioni estremamente significative in ambito clinico riguardo alla gestione dei traumi psicologici. Esaminando le modalità cellulari attraverso cui si formano e vengono elaborati i ricordi traumatici, viene fornita agli operatori sanitari una solida basi scientifiche, permettendo loro di implementare interventi terapeutici ben orientati. Il concetto stesso che consente ai professionisti della salute mentale di poter attuare strategie per “riprogrammare” delle reti neuronali che conservano esperienze fortemente emotive è particolarmente innovativo.

Attraverso il suo schema finalizzato al processamento dell’informazione mediata da stimolazioni bilaterali, l’EMDR rappresenta un procedimento chiaramente definito volto ad affrontare memorie ansiogene. Sottolineando la capacità dell’approccio nel contribuire alla “desensibilizzazione” dell’individuo oltre a rendere possibile la rimodulazione cognitivo-analitica (“cognitive restructuring”). [Linee guida APA 2025]. Concentrandosi sulle sensazioni corporee legate a eventi traumatici e sulla necessità di una corretta regolazione del sistema nervoso, la Psicoterapia Sensomotoria si presenta come un complemento efficace all’EMDR. Questa sinergia è stata esplorata in un articolo datato 2022, dove si sottolinea come l’integrazione delle due tecniche permetta di affrontare il trauma da molteplici angolazioni, toccando tanto gli aspetti cognitivi quanto quelli somatici, rendendo l’approccio terapeutico decisamente più completo.

Riscrivere la storia: il potenziale trasformativo della guarigione

Comprendere come i neuroni della memoria memorizzano il trauma e come la neuroplasticità adulta offre vie di recupero è fondamentale per chiunque abbia vissuto esperienze difficili. Nella psicologia cognitiva, un concetto base riguarda l’organizzazione delle informazioni nella memoria: i ricordi non sono archivi statici, ma costruzioni dinamiche che possono essere influenzate e modificate nel tempo. Un trauma, con la sua intensità emotiva, tende a “fissarsi” in engrammi resilienti, creando un ricordo che può essere vivido, intrusivo e difficile da integrare. Nella psicologia comportamentale, un’idea centrale è che i comportamenti e le risposte emotive sono appresi, e quindi possono essere “disimparati” o modificati attraverso nuove esperienze corrective. Le terapie basate sulla neuroplasticità offrono proprio questa opportunità: creare nuove connessioni neurali e rafforzare percorsi che permettano una diversa elaborazione del ricordo.

Una nozione più avanzata applicabile a questo tema è quella della consolidazione della memoria durante il sonno e del suo ruolo nel “trasferimento” dei ricordi dall’ippocampo alla corteccia. Il trauma può disturbare questo processo, portando alla persistenza di ricordi “non elaborati” nell’ippocampo, che rimangono emotivamente carichi e facilmente riattivabili. Terapie come l’EMDR sembrano facilitare una sorta di desensibilizzazione e di riorganizzazione di questi ricordi, forse simulando in parte il processo di elaborazione che avviene fisiologicamente durante il sonno REM.

La possibilità di attivamente facilitare questa integrazione, permettendo al ricordo traumatico di essere archiviato in modo meno angosciante e più contestualizzato, è enormemente significativa. Riflettendo su questo, possiamo considerare come le nostre storie personali, segnate anche da momenti difficili, non siano immutabili sentenze. La capacità del nostro cervello di cambiare e di riorganizzarsi ci offre la notevole opportunità di riscrivere (metaforicamente) il modo in cui viviamo le nostre esperienze passate. Non si tratta di cancellare ciò che è accaduto, ma di modificare l’impatto emotivo e il significato che attribuiamo a quegli eventi.

È un potente messaggio di speranza: anche di fronte al dolore più profondo, esiste una via verso la guarigione e una maggiore integrazione del sé. Riconoscere la plasticità del nostro sistema nervoso ci invita a considerare il potenziale trasformativo insito in ciascuno di noi e a cercare attivamente percorsi che favoriscano la resilience e la crescita.

Glossario:

  • Engrammi: Circuiti neuronali che codificano e richiamano specifiche esperienze.
  • Neuroplasticità: Capacità del cervello di modificarsi in risposta alle esperienze.
  • EMDR: Eye Movement Desensitization and Reprocessing, terapia per il trattamento del trauma.
  • PTSD: Disturbo da Stress Post-Traumatico, condizione legata a esperienze traumatiche.

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