- Il 17% dei bambini prova ansia senza dispositivi digitali (OCSE).
- Nel 2024, l'Università di Oxford conia il termine “brain rot”.
- Casi di cyberbullismo +12% nel 2024, soprattutto tra i 14 e i 17 anni.
- Il 32,6% dei bambini tra 6 e 10 anni usa lo smartphone quotidianamente.
- L'Oms raccomanda massimo 1 ora di utilizzo tra i 2 e i 4 anni.
Nel vasto e sconfinato oceano del digitale, dove i confini tra reale e virtuale si assottigliano con una rapidità vertiginosa, emerge prepotentemente una questione che attraversa con impeto le mura domestiche, le aule scolastiche e gli studi di ricerca: l’influenza pervasiva e ancora poco compresa dei dispositivi digitali e dei social media sullo sviluppo neurocognitivo dei bambini. L’allarme non è più un flebile sussurro confinato tra gli specialisti, ma un coro crescente che si alza da diverse parti del mondo, alimentato da studi e osservazioni che dipingono un quadro complesso e a tratti inquietante, rendendo questa tematica di rilevanza cruciale nel panorama della psicologia cognitiva, comportamentale, della salute mentale e della medicina moderna.
L’età digitale e l’ansia silenziosa dei più piccoli
I segnali, sottili ma persistenti, affiorano con una chiarezza che richiama l’attenzione. Un recente rapporto dell’OCSE ha messo in luce una realtà preoccupante: il 17% dei bambini sperimenta nervosismo o ansia quando viene privato dei propri dispositivi digitali, siano essi smartphone, tablet o schermi. Questo dato non è frutto di un’osservazione isolata, ma si inserisce in un contesto più ampio di studi che rivelano una vulnerabilità crescente delle nuove generazioni nei confronti di una dipendenza digitale che assume contorni sempre più definiti. Il fenomeno del “brain rot”, termine eletto dall’Università di Oxford per rappresentare il 2024, evoca una suggestione quasi distopica, descrivendo un presunto deterioramento dello stato mentale o intellettuale dovuto a un consumo eccessivo di contenuti online considerati banali o poco impegnativi. Sebbene l’associazione con sostanze stupefacenti possa apparire esagerata, il meccanismo sottostante, quello della dipendenza, presente in entrambi i fenomeni, merita una profonda riflessione.
Ciò che emerge con forza è la sostituzione di attività fondamentali per lo sviluppo infantile con il tempo trascorso online. La lettura, l’esercizio fisico, la socializzazione in presenza con i coetanei – pilastri essenziali per la crescita cognitiva ed emotivo-sociale – vengono sacrificati sull’altare di un’iper-connessione che, se non gestita con consapevolezza, rischia di sottrarre ai bambini esperienze irrinunciabili. Si osserva, parallelamente, un incremento del cyberbullismo, un’ulteriore conferma dei rischi che si annidano nel mondo digitale, e una minoranza significativa di bambini che riporta un uso problematico dei social media. L’accesso precoce a questi strumenti, spesso con finalità di distrazione o “pacificatori”, come nel caso del 30% dei genitori italiani che li impiegano già nel primo anno di vita dei figli, si traduce in dati allarmanti. Otto bambini su dieci, tra i 3 e i 5 anni, mostrano una dimestichezza con lo smartphone dei genitori, e un’ampia percentuale di adolescenti trascorre dalle 3 alle 6 ore al giorno con il dispositivo. Tale uso prolungato e spesso incontrollato è collegato a problematiche quali la dipendenza da internet, manifestata con sbalzi d’umore, perdita di controllo, ansia e depressione in caso di privazione, e l’isolamento sociale, un fenomeno che in Italia, come nel resto del mondo, sta portando un numero crescente di giovani a ritirarsi nella propria stanza, sostituendo le relazioni reali con una frenetica attività online.
Nel 2024, i casi di cyberbullismo trattati dalla Polizia Postale sono aumentati del 12%, passando da 284 nel 2023 a 319 lo scorso anno, con una netta prevalenza tra i giovani di età compresa tra i 14 e i 17 anni.
– Dati Save the Children 2023: il 32,6% dei bambini tra i 6 e i 10 anni usa lo smartphone quotidianamente, con una prevalenza di utilizzo nel Sud Italia (44,4%).
– Il 62,3% dei preadolescenti ha almeno un account social, nonostante i limiti legali.
- Ottimo articolo! Finalmente qualcuno che affronta seriamente......
- Sono in disaccordo, demonizzare la tecnologia è eccessivo......
- E se invece di proteggere i bambini, li preparassimo... 🤔...
L’impronta digitale sul cervello in crescita: meccanismi neurocognitivi e alterazioni potenziali
Il fenomeno dell’impronta digitale, tanto discutibile quanto in aumento, pone interrogativi fondamentali riguardo ai processi neurocognitivi e alle possibili alterazioni che ne derivano. Chiavi di lettura recenti hanno messo in evidenza come l’esposizione prolungata a strumenti digitali non solo modifichi i meccanismi cerebrali, ma incida anche sul funzionamento generale della mente. Le conseguenze di tali trasformazioni potrebbero rivelarsi significative, sia in ambito comportamentale che per la salute psicologica della popolazione. Il fenomeno della diffusione pervasiva delle tecnologie digitali ha dato vita a un’intensa ricerca nel campo delle neuroscienze, finalizzata a esplorare come queste innovazioni influenzino l’architettura e il funzionamento del cervello in fase di sviluppo. Attraverso studi di neurofisiologia e neuroimaging, sia strutturale che funzionale, si è cominciato a delineare un quadro delle aree cerebrali che potrebbero essere colpite dall’uso degli smartphone e dai social media.
Si sospetta che un impiego prolungato di tali dispositivi possa ostacolare il corretto sviluppo di strutture cerebrali essenziali come l’amigdala, che gioca un ruolo chiave nell’assegnazione di significato emotivo alle esperienze, e la corteccia prefrontale, determinante per il controllo degli impulsi, le interazioni sociali e l’equilibrio emotivo. Inoltre, un’attenzione particolare è riservata alle aree associate al sistema di motivazione e ricompensa, tra cui lo striato ventrale, la corteccia prefrontale ventromediale e l’area tegmentale ventrale, che sono anch’esse collegate allo sviluppo delle dipendenze.
Una linea di ricerca ha esplorato le modificazioni dell’attività elettrica cerebrale indotte dagli schermi touchscreen. Studi condotti tramite elettroencefalografia hanno mostrato, in utenti “touchscreen”, un aumento statisticamente significativo dei potenziali corticali derivanti dal contatto delle dita con lo schermo, suggerendo una possibile espansione della rappresentazione corticale di queste aree anatomiche a scapito di altre capacità motorie. Questo dato, sebbene preliminare, apre uno spiraglio sulla plasticità cerebrale e sulle sue risposte all’interazione costante con i dispositivi. Gli studi di risonanza magnetica (RM) encefalica hanno approfondito lo sviluppo delle aree corticali del linguaggio in bambini in età prescolare esposti a un uso intensivo e precoce dello schermo. È stata rilevata una chiara correlazione tra l’uso intensivo dei media digitali nella prima infanzia e una minore integrità microstrutturale dei tratti di sostanza bianca, in particolare tra le aree di Broca e Wernicke, deputate alla produzione e comprensione del linguaggio. Sono state altresì osservate ridotte capacità esecutive e nei processi di alfabetizzazione e lettura.
Il progetto ABCD (Adolescent Brain Cognitive DevelopmentSM Study), il più ambizioso studio longitudinale in corso sullo sviluppo cerebrale di bambini e adolescenti, ha già reclutato oltre 11.000 soggetti e ha fornito dati significativi riguardo le modifiche strutturali cerebrali collegate all’uso prolungato degli schermi.
Linee guida e sfide per un futuro più sano
Di fronte a questi scenari, la necessità di linee guida chiare e di un’azione coordinata diventa impellente. La Società Italiana di Pediatria (SIP), in linea con le raccomandazioni internazionali, ha espresso indicazioni precise per limitare l’esposizione dei bambini ai dispositivi multimediali. La raccomandazione è netta: assenza di smartphone e tablet prima dei due anni di età, durante i pasti e prima di andare a dormire. Per la fascia d’età tra i 2 e i 5 anni, l’uso dovrebbe essere limitato a un massimo di 1 ora al giorno, che sale a 2 ore per i bambini tra i 5 e gli 8 anni. Si sconsiglia vivamente l’uso degli schermi come strategia per calmare o distrarre i bambini, poiché ciò può compromettere lo sviluppo del gioco “fisico”, dell’immaginazione e della capacità di gestire la noia e le proprie emozioni.
Il ruolo dei genitori è cruciale. Non solo nel far rispettare queste regole, ma anche nel fornire un modello positivo, limitando il proprio ricorso ai media a favore di interazioni volontarie e significative con i figli, riconosciute come la migliore strategia per una crescita sana. Il dialogo aperto, l’ascolto e l’educazione emotiva sono strumenti indispensabili per guidare i bambini a un uso critico e consapevole del web, promuovendo la protezione della privacy online e la comprensione delle sue potenzialità costruttive.
- Assenza di schermate per i bambini sotto un anno.
- Massimo 1 ora di utilizzo tra i 2 e i 4 anni.
- Un’ora di utilizzo al giorno per i bambini tra 5 e 8 anni.
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito, basandosi su studi internazionali che evidenziano una correlazione diretta tra l’uso dei cellulari in classe e la diminuzione del livello degli apprendimenti, ha disposto il divieto di utilizzo del telefono cellulare in classe per gli alunni dalla scuola dell’infanzia fino alla secondaria di primo grado.
Tuttavia, tra i rischi e le preoccupazioni, è fondamentale riconoscere anche i benefici che la tecnologia, se usata in modo appropriato, può apportare. La diffusione degli smartphone e di internet ha reso possibile una comunicazione istantanea e globale, oltre a offrire una quantità illimitata di opzioni di intrattenimento, costituendo anche strumenti vitali per l’apprendimento e l’attività lavorativa. Taluni software e videogiochi non solo rivestono un ruolo ludico, ma si rivelano efficaci nel potenziare la memoria, le abilità di multitasking e l’intelligenza fluida, stimolando particolari circuiti neurali e contribuendo alla diminuzione dell’ansia.
Riappropriamoci delle nostre menti: riflessioni sul cammino da percorrere
In un’epoca in cui la tecnologia si intreccia inestricabilmente con le fibre stesse della nostra esistenza, diventa imperativo fermarsi a riflettere. Non si tratta di una crociata contro il progresso, ma di una necessaria ricalibrazione, un atto di consapevolezza che ci permetta di non smarrire l’essenza della nostra umanità nel labirinto digitale.
Le capacità attentive e le funzioni esecutive si sviluppano progressivamente durante l’infanzia e l’adolescenza, e l’esposizione costante a stimoli rapidi può indebolire la capacità di mantenere l’attenzione su attività complesse.
Approfondendo la psicologia comportamentale, possiamo considerare il concetto di rinforzo intermittente, potente meccanismo che alimenta la dipendenza. Le notifiche, i “mi piace” e le ricompense sociali sui social media non arrivano con regolarità prevedibile, ma in modo intermittente e imprevedibile.
Dovremmo interrogarci: stiamo forse delegando alla tecnologia il ruolo di narratori delle storie dei nostri figli, quelle stesse storie che un giorno definiranno la loro memoria e la loro identità? In un mondo che corre sempre più veloce, forse è nel rallentare, nel riappropriarci del tempo e degli spazi di silenzio e di autentico contatto, che possiamo trovare le risposte. È in quei momenti di gioco non strutturato, nella lettura di un libro con la voce calda di un genitore, in una passeggiata senza meta nel verde, che le sinapsi si connettono in modo diverso, più profondo, più resiliente.
- Cyberbullismo: uso intenzionale e ripetuto di violenza nei confronti di un individuo via internet o tecnologie digitali.
- ADHD: Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, un disturbo del neuro-sviluppo che influisce sulla capacità di prestare attenzione e controllare comportamenti impulsivi.