- Tra gennaio e febbraio 2025, si sono verificati 2.527 infortuni a Trieste.
- L'incidenza degli infortuni è aumentata del 7.9% rispetto all'anno precedente.
- Silvio P. ha atteso 22 anni per ottenere giustizia dopo un incidente sul lavoro.
- Stanziati 12 milioni di euro per indennizzi alle vittime di infortuni nel 2025.
- Sindaca Cisint: «Un altro incidente sul lavoro in Fincantieri, non possiamo più tacere».
L’invisibile problema degli incidenti lavorativi a Trieste: una panoramica allarmante e la vulnerabilità dei ‘lavoratori irregolari’
Trieste ha vissuto nei primi mesi dell’anno 2025 uno sviluppo allarmante riguardante gli incidenti sul lavoro; questa realtà critica coinvolge non soltanto dati numerici ma penetra nei settori più delicati della comunità locale. Tra gennaio e febbraio sono stati riportati ben 2.527; questa cifra segna l’aggiunta imminente di quasi duecento eventi rispetto allo scorso anno,
- traducendo questo intervento anche a un’incidenza pari al 7.9%. Colpita negativamente da ciò è giustificabile l’importanza della nostra regione che appare seconda per incrementi su scala nazionale superando traguardi battuti da altre zone come il Trentino (+8%); così propedeutica conclusiva detta -> conseguentemente Malvinia. Oltre c’è poi da specificare <> all’interno D'(biennale) scosti 49307 oniciolt»
Un’immagine radicalmente diversa emerge dalle statistiche relative alle malattie professionali: notevoli contrasti rispetto ai dati nazionali, diffusamente contributivi. Un incremento significativo è registrato nel settore laboristico, gestito con assestamento e metodologie appropriate.
Le cronache degli ultimi mesi hanno spesso acceso i riflettori su gravi incidenti, alcuni dei quali hanno interessato lavoratori operanti in condizioni di irregolarità, i cosiddetti “lavoratori in nero”. Un episodio emblematico si è verificato di recente a Servola, dove un giovane operaio triestino è precipitato da un solaio, riportando gravi traumi al costato e a una gamba. Questo incidente, oltre a evidenziare la piaga del lavoro sommerso, solleva interrogativi sulla vulnerabilità di categorie di lavoratori che, per necessità, si espongono a rischi elevati senza adeguate protezioni e tutele. La mancanza di un contratto regolare non solo priva il lavoratore di diritti fondamentali, ma lo rende anche estremamente esposto a condizioni di elevato pericolo, spesso in ambienti non conformi alle normative di sicurezza.
Un altro incidente, risalente a due settimane fa, ha coinvolto un operaio a Fincantieri a Monfalcone, il quale ha rischiato l’amputazione di un piede. Questo evento ha riacceso le discussioni sulla sicurezza nei cantieri navali, un settore ad alto rischio. Diverse voci, tra cui quella della sindaca Anna Cisint, hanno espresso forte preoccupazione per l’escalation di tali episodi, sottolineando l’urgenza di misure preventive e di controlli più stringenti. Questi incidenti non sono eventi isolati, ma tasselli di un mosaico più ampio che descrive una realtà lavorativa dove la sicurezza non è sempre prioritaria.

- È positivo che si stiano stanziando fondi per gli indennizzi... 👍...
- L'aumento degli infortuni è inaccettabile e rivela... 😡...
- Invece di concentrarci solo sui numeri, dovremmo considerare... 🤔...
Trauma, dolore e risarcimento negato: l’odissea giudiziaria di Silvio P.
Il dolore fisico e le cicatrici emotive lasciate da un incidente sul lavoro sono spesso solo l’inizio di un percorso ad ostacoli, specialmente quando si tratta di ottenere giustizia e un risarcimento adeguato. La vicenda di Silvio P., un operaio di Ronchi dei Legionari, rappresenta un esempio lampante di come la burocrazia e la “negligenza inescusabile” del sistema giudiziario possano trasformare un trauma fisico in una vera e propria odissea personale. Nel lontano 2003, all’età di 27 anni, Silvio P. subì l’amputazione di un braccio in un incidente sul lavoro. Sebbene il Tribunale di Gorizia avesse riconosciuto il suo diritto all’indennizzo, dedotto quanto già erogato dall’INAIL per un’invalidità del 50%, la quantificazione del danno da lucro cessante – ovvero la perdita di guadagno dovuta alla menomazione – si trasformò in un calvario legale durato oltre vent’anni.
- Indennizzo temporaneo: da 30 euro a 36 euro al giorno
- Invalidità permanente: da 5.800 euro a 170.000 euro
- Rimborso spese mediche: massimo 10.000 euro
- Indennizzo in caso di morte: minimo 52.000 euro per il coniuge
Il primo intoppo sorse dal Giudice del Lavoro, il quale, nell’applicare le tabelle di un regio decreto del 1922, confuse il punto con la virgola, scambiando un coefficiente di 18,377 per un importo di 18.377 lire. Questa errata interpretazione lo portò a una conversione in euro completamente sballata, ottenendo una cifra di 9,49 euro. Moltiplicando questa somma per lo stipendio dell’epoca e la percentuale di invalidità, si arrivò a un risultato di 70.846,975 euro. Poiché questa cifra era inferiore a quanto già versato dall’INAIL, la sottrazione generò addirittura un differenziale negativo. La Corte d’Appello di Bologna in seguito stigmatizzò questo errore, definendolo “grave perché contrario alle basilari nozioni aritmetiche costituenti patrimonio comune e imprescindibile”.
Ma l’errore non si fermò qui. Anche la Corte d’Appello di Trieste, nel valutare l’impugnazione di Silvio P., commise a sua volta un errore simile. I tre giudici d’appello rifecero i conti utilizzando un coefficiente più del doppio rispetto al precedente, ma giunsero sconcertantemente a un risultato analogo: 70.086,47 euro. Inoltre, fu frainteso il senso del verdetto di Gorizia, ritenendo che il danno fosse già stato riconosciuto, quando in realtà la domanda era stata di fatto rigettata. Queste vicende condussero Silvio P. a continue delusioni e richieste rigettate, culminate in due approdi in Cassazione e una domanda di revocazione respinta.
La svolta arrivò solo in secondo grado, grazie ai magistrati di Bologna, che conclusero che “l’errore è lampante ed è inescusabile”, definendo lo scivolone dei giudici di Trieste “unicamente frutto di una ingiustificatamente disattenta lettura, tanto della motivazione quanto del dispositivo della sentenza di primo grado, il cui contenuto era assolutamente chiaro a una semplice lettura”. Per corroborare la tesi, l’avvocato Alessandra Gracis presentò in aula un “eloquente tabellone” che riepilogava la sequenza di errori.
La sentenza, depositata di recente, ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri a versare a Silvio P. oltre 136.563,58 euro più interessi per la responsabilità civile dei magistrati, oltre a 1.951,50 euro per le spese processuali e 24.000 euro per i compensi professionali. Questo rappresenta forse la prima applicazione della legge Vassalli sulla responsabilità civile delle toghe nel Nordest, con Palazzo Chigi che potrà comunque rivalersi parzialmente sui tre giudici, che sono assicurati. Il racconto che segue è stato trasmesso a Silvio P. nel giorno in cui celebrava il suo quarantanovesimo compleanno e rappresenta la conclusione di un lungo viaggio giudiziario durato quasi 22 anni dall’evento tragico avvenuto. Questo episodio si configura come un tragico esempio del modo in cui talvolta le dinamiche sistemiche possano ritardare, se non addirittura complicare, l’accesso alla giustizia.
Trieste, da Fincantieri agli incidenti stradali: un’allerta costante per la sicurezza
La questione della sicurezza sul lavoro, come abbiamo visto, non si esaurisce negli stabili complessi cantieristici o nelle cadute dai solai, ma presenta un panorama articolato e, a tratti, paradossale. Incrociando le notizie recenti, emergono altre facce di una medaglia che riflette una sicurezza precaria, non solo nei luoghi di produzione, ma anche nelle infrastrutture che quotidianamente connettono i lavoratori ai loro impieghi. A Trieste, il 1° marzo 2025, un operaio di 56 anni, nato nel 1969, è caduto dal terzo piano di un edificio in via Commerciale, a seguito di un infortunio sul lavoro. Questo ennesimo episodio, riportato dalle cronache locali, ripropone la questione delle protezioni individuali e collettive e del costante monitoraggio degli ambienti di lavoro, specialmente in contesti edili, dove l’altezza rappresenta un fattore di rischio intrinseco.
- Infortuni mortali (Trimestre 2025): 3 in totale
- Trieste (mortalità): 0 decessi
- Pordenone: alta incidenza di incidenti, in contesto industriale
La frequenza degli incidenti ha sollevato interrogativi anche sulle condizioni lavorative in settori chiave. Due settimane fa, alla Fincantieri di Monfalcone, un altro infortunio grave ha coinvolto un operaio che ha rischiato seriamente l’amputazione di un piede. Le parole della sindaca Cisint, che ha denunciato la situazione dichiarando: “Un altro incidente sul lavoro in Fincantieri, non possiamo più tacere”, sottolineano la necessità di un’azione non solo reattiva, ma proattiva e preventiva. Questo non è l’unico incidente rilevante che ha riguardato il porto di Trieste. Il 6 febbraio 2025, due infortuni distinti hanno scosso l’area portuale, lasciando due feriti, uno dei quali in condizioni gravi. Il caso più allarmante ha avuto luogo nel laminatoio Arvedi, dove un camionista è caduto dal cassone del suo Tir, finendo in coma. Un altro episodio si è verificato al Trieste Marine Terminal, con dettagli ancora da approfondire, ma che conferma la preoccupante tendenza.
Oltre ai rischi diretti sul posto di lavoro, la quotidianità dei lavoratori è esposta a ulteriori insidie, come dimostra un incidente sul raccordo autostradale Trieste/A4, avvenuto il 27 agosto, che ha causato code per 10 chilometri in direzione Venezia. Sebbene non direttamente connesso a dinamiche lavorative immediate, un incidente stradale come questo può avere ripercussioni significative sulla mobilità e sulla presenza dei lavoratori, generando ulteriori stress e disagi. La stessa area, il bivio di Miramare, è stata teatro di un tragico incidente il 26 luglio 2025, in cui uno scooterista ha perso la vita. La vittima, un uomo che lavorava in porto e amava gli animali, è stata ricordata dagli amici come una persona eccezionale e un “superlavoratore”. La denuncia dei residenti, che affermano: “Qui corrono tutti come matti”, aggiunge un ulteriore tassello all’analisi della sicurezza, estendendola al contesto urbano e stradale che precede e segue l’orario di lavoro. Questi avvenimenti, seppur diversi nelle loro cause ed esiti, dipingono un quadro in cui la vulnerabilità dei lavoratori è una costante tragica, sia nelle aree chiuse e controllate delle fabbriche, sia negli spazi aperti e condivisi delle strade.
La risonanza del trauma: una dimensione oltre le statistiche
Gli episodi tragici legati al lavoro costituiscono una realtà inquietante che va oltre i meri dati statistici; essi rappresentano anche un coro silenzioso di esperienze umane. Traumi come quelli associati a incidenti lavorativi trascendono l’idea riduttiva del semplice ricordo doloroso; piuttosto si configurano come eventi capaci di rimodellare le strutture mentali e emotive dell’individuo, influendo sulla propria autopercezione e sulle dinamiche relazionali. L’impatto devastante causato da infortuni improvvisi genera paura per la vita stessa o per l’eventualità di incorrere in disabilità durature; inoltre, fa emergere una brusca consapevolezza della fragilità personale proprio quando ci si aspetterebbe sicurezza.
La situazione dei lavoratori irregolari, esemplificata dal caso del giovane operaio caduto dal solaio a Servola, sottolinea ulteriormente tale vulnerabilità già critica. Non solo costoro subiscono le conseguenze fisiche e psicologiche degli eventi traumatici; vivono altresì nell’angosciosa condizione dettata dal peso della clandestinità, dove il timore delle denunce si sovrappone alla consapevolezza dell’assenza delle opportune tutele legali. Questo si ricollega a una nozione psicologica importante: il trauma complesso. Diversamente dal trauma singolo, che è la reazione a un evento acuto, il trauma complesso si sviluppa a seguito di esposizioni ripetute o prolungate a esperienze avverse, spesso in contesti di dipendenza e con una percezione limitata della fuga.
La condizione del lavoratore in nero, privo di diritti, esposto a sfruttamento e con la continua paura di essere scoperto, crea un terreno fertile per un trauma complesso, laddove l’incidente sul lavoro diventa il culmine di una serie di violazioni a lungo termine della sicurezza e della dignità. Questo scenario amplifica gli effetti psicologici dell’evento traumatico, rendendo il recupero ancora più arduo. La mancanza di supporto sociale e istituzionale, la paura di perdere quel poco che si ha, anche se precario, la sensazione di essere invisibili e sacrificabili, sono tutti fattori che aggravano la condizione mentale dei lavoratori irregolari.
La storia di Silvio P., nella sua lunga battaglia giuridica protrattasi per oltre vent’anni, pone in evidenza come il concetto autentico di giustizia trascenda i meri aspetti economici; essa abbraccia l’accettazione del dolore umano, sottolineando l’importanza della dignità individuale e della sofferenza persistente anche dopo aver ricevuto cure mediche. Dovremmo impegnarci seriamente nel creare strutture sociali innovative capaci di offrire supporto: la sicurezza deve essere vista non solo come beneficenza, ma come diritto fondamentale; nel contempo vale dare voce ai traumi invisibili, cercando modi per restituire loro ascolto attivo.*Solo attraverso questa evoluzione possiamo intraprendere azioni significative verso una comprensione veramente empatica degli individui coinvolti.*
- INAIL: Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro, ente pubblico italiano di previdenza sociale.
- Indennizzo: Rimborso o compenso riconosciuto a un lavoratore in seguito a danno o infortunio.
- Trauma complesso: Reazione psicologica a esposizioni multiple e prolungate a esperienze traumatiche.

