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Traumi cranici nei ciclisti: scopri l’allarmante aumento e le conseguenze psicologiche

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  • Aumento dei traumi cranici: a maggio si contano 18 decessi, in luglio ben 34.
  • Nel 2023, l'Osservatorio Ciclisti ASAPS ha registrato 164 decessi.
  • I traumi cranici possono ridurre il volume dell'ippocampo.

Negli ultimi periodi si sono registrati sul territorio numerosi incidenti riguardanti i ciclisti che hanno portato conseguenze gravi a livello della testa. Proprio nei giorni scorsi è giunta la notizia che presso l’ospedale è arrivato un ciclista colpito da trauma cranico, vittima di una collisione fra automobile e bicicletta nelle vicinanze di Trevignano. Circa quindici giorni orsono il bilancio parla anche della gravità subita da un cinquantasettenne durante una serie d’incidenti avvenuti nel comune di Monfalcone; non molto tempo fa era accaduta la stessa cosa per un sessantanovenne , costretto al trasporto ospedaliero dopo essersi scontrato con il terreno nella zona di Candelo. Allo stesso modo aumentano i report sul fenomeno riguardante le casistiche d’infortuni; all’interno troviamo l’impatto brutale che ha coinvolto una signora settantaduenne ad Arcore , sopravvissuta grazie all’intervento dell’elicottero ma contrassegnata da particolari danni ai tessuti cerebrali! Infine vi segnaliamo anche quanto accaduto nella città triestina ove aveva avuto luogo uno scontro fra biciclette dei neonati scooteristi ed uno scarso ferimento registrandone ugualmente il caso concernente uccisione accidentale da parte di un uomo. Inoltre ricerche passate mostrano già tracce desolanti intervenute su ben cinque vittime rovinose già cancellando totalmente inferiori, succesorie antercedenti a una incontrollabile riacutizzazione di eventi precedenti, quindi effettuando concertazioni settoriali sotto pressione comparativa. Ancora a marzo, un ciclista di 51 anni investito a Giarre è stato ricoverato in trauma cranico, mentre a febbraio, a Rovello Porro, lo scontro tra due ciclisti in un sottopasso ha causato gravi condizioni a un 60enne che ha battuto la testa. Sempre a febbraio, un ciclista di 53 anni è stato investito in via Cigna a Torino, riportando un trauma cranico grave.

Mese Numero di decessi Note
Gennaio 10
Febbraio 5
Marzo 7
Aprile 14
Maggio 18
Giugno 22
Julio 34 Record di decessi
Agosto 21
Settembre 19
Ottobre 17
Statistiche recenti: Nel 2023, l’Osservatorio Ciclisti di ASAPS ha registrato 164 decessi, con un miglioramento rispetto agli anni precedenti.
Nota: Le statistiche non includono i feriti gravi che potrebbero non sopravvivere in ospedale.

Questi eventi, seppur con dinamiche diverse, mettono in luce un problema di sicurezza stradale e urbana a cui è necessario prestare la massima attenzione. La fragilità del ciclista rispetto ai veicoli a motore rende le conseguenze di un impatto spesso severe, con il trauma cranico che si configura come una delle lesioni più frequenti e preoccupanti. La potenziale gravità di queste lesioni impone una riflessione non solo sulla prevenzione degli incidenti in sé, ma anche sulle ricadute a lungo termine sulla salute delle persone coinvolte.


Le conseguenze psicologiche a lungo termine del trauma cranico

Al di là delle lesioni fisiche immediate, un trauma cranico può avere ripercussioni significative sulla sfera psicologica, manifestandosi a distanza di settimane, mesi o addirittura anni dall’evento traumatico. Le ricerche indicano che i danni cerebrali, anche quelli apparentemente lievi come una commozione cerebrale, possono alterare il funzionamento delle aree cerebrali responsabili del controllo emotivo, della regolazione del comportamento e delle funzioni cognitive superiori. Queste alterazioni possono tradursi in una serie di manifestazioni cliniche che impattano profondamente sulla vita quotidiana dell’individuo e dei suoi familiari.

Risultati di studi recenti: Gli studi dimostrano che il trauma cranico può portare a una riduzione del volume dell’ippocampo, vitale per la memoria e l’apprendimento, con effetti duraturi sul benessere psicologico e comportamentale dei soggetti coinvolti. Per maggiori informazioni sui risultati, consulta l’articolo di State of Mind.

Tra le conseguenze psicologiche più frequentemente riportate vi sono l’aumento dell’irritabilità, una riduzione del controllo degli impulsi e una generale instabilità emotiva. Questi cambiamenti possono rendere difficile la gestione delle relazioni interpersonali e l’adattamento alle situazioni sociali. Inoltre, gli studi evidenziano un incremento del rischio di sviluppare stati depressivi, anche in soggetti che non presentavano una storia pregressa di disturbi dell’umore. La depressione post-traumatica può manifestarsi con sintomi quali tristezza persistente, perdita di interesse per le attività abituali, alterazioni del sonno e dell’appetito, e pensieri negativi ricorrenti. La comparsa di questi sintomi può essere ritardata rispetto all’evento traumatico, rendendo talvolta difficile la correlazione tra il trauma e il disturbo psicologico insorgente.

Le conseguenze possono estendersi anche alla sfera cognitiva. Le persone che sopravvivono a un trauma cranico possono manifestare vari sintomi, tra cui deficit di memoria, accompagnati da una sensazione di disorientamento. Tali individui frequentemente affrontano sfide significative nell’assimilazione di nuove informazioni, oltre che nel ricordo degli avvenimenti passati. La loro capacità di mantenere l’attenzione o concentrarsi può risultare seriamente alterata; ciò si traduce in ripercussioni sulle performance lavorative, nonché nelle attività quotidiane necessitanti uno sforzo cognitivo prolungato. Ulteriormente, si possono osservare difficoltà legate al linguaggio, insieme a cambiamenti nella propria personalità: gli individui potrebbero mostrarsi apatici oppure sviluppare un’impulsività crescente, persino ad arrivare ad atteggiamenti aggressivi. È importante mettere in rilievo come il tipo e il livello delle conseguenze psicologiche siano modulati da molteplici fattori; questi includono tanto la severità del trauma cranico quanto l’area cerebrale coinvolta dalla lesione stessa ed anche tratti distintivi dell’individuo colpito.

Cosa ne pensi?
  • 🚴 La sicurezza dei ciclisti è fondamentale... ...
  • 😡 Troppi incidenti, serve più prevenzione... ...
  • 🧠 Trauma cranico: non solo fisico, ma anche... ...

La neuropsicologia e la riabilitazione: un percorso necessario

“Il trauma cranico è definito come un’alterazione del funzionamento del cervello causata da una forza esterna.” – María Teresa Cuesta

Di fronte alle complesse conseguenze dei traumi cranici, la neuropsicologia assume un ruolo cruciale sia nella valutazione che nell’intervento. La valutazione neuropsicologica consente di identificare e quantificare i deficit cognitivi e comportamentali residui, fornendo una mappatura dettagliata delle aree di difficoltà dell’individuo. Questa valutazione è fondamentale per la successiva pianificazione di un percorso di riabilitazione personalizzato.

L’importanzadella neuropsicologia: La neuropsicologia è essenziale per la progettazione di programmi di riabilitazione cognitiva che mirano a migliorare la funzionalità dei pazienti con trauma cranico, attraverso un approccio cognitivo e personalizzato.

La riabilitazione neuropsicologica ha come scopo principale quello di potenziare le abilità cognitive danneggiate dal trauma. Diversi approcci possono essere adottati per conseguire tali obiettivi tramite una varietà di strategie metodologiche. In particolare, i metodi definiti come restitutivi si pongono l’obiettivo primario di agire sulle funzioni alterate, facendo leva sulla plasticità neurale, quella peculiare attitudine cerebrale a subire trasformazioni e riconfigurazioni in reazione a specifici stimoli esterni. Ciò potrebbe comprendere sia il ricorso a software avanzati per la riabilitazione che una serie di esercizi altamente specializzati e ripetitivi progettati per attivare le zone cerebrali danneggiate o favorire meccanismi compensatori.I metodi compensativi, in contrasto, concentrandosi sull’apprendimento analogodi alternative strategiche tendono ad eludere il deficit stesso; essi fanno uso delle capacità rimasterisponibili oppure delle opportunità presenti nell’ambiente circostante.

L’intento ultimo è quello di attenuare l’influenza negativa del deficit sull’indipendenza funzionale dell’individuo nel quotidiano.

Centrale nel processo riabilitativo è proprio il concetto di integrazione tra vari tipi di approccio: fare affidamento su una singola metodologia rischierebbe infatti non solo di ostacolare ma anche reprimere la possibilità che le competenze sviluppate possano essere trasferite efficacemente oltre i confini dell’ambito terapeutico stesso. Risulta pertanto essenziale elaborare undisegno interventistico globale ed estremamente personalizzato che tenga conto delle necessità specifiche insite nella condizione individuale dello stesso soggetto trattato.

È indiscutibile che nella pratica della riabilitazione si debbano considerare anche gli aspetti emozionalia aspetti emozionali e ifattori comportamentali. Tali aspetti hanno il potere di incidere notevolmente sulla motivazione dei pazienti, così come sulla loro disponibilità a seguire le terapie previste; questo può avere ripercussioni dirette sui risultatiottenuti. È quindi essenziale adottare un approccio che includa il supporto psicologico mirato a affinare le competenze legate alla regolazione emotiva, ad affrontare l’impulsività o a gestire eventuali lacune motivazionali al fine di ottimizzare l’efficacia dell’intervento terapeutico. La tempistica necessaria per completare il percorso riabilitativo è variabile: essa dipende dal grado di severità del trauma subito dal paziente nonchédalle peculiarità individuali riscontrate; talipersorsi possono estendersi per mesio persinosuperare annualmente incrircostanze eccezionali. Un’adeguata mobiliazzazioneprecoce nelprocessonel processusosorilabilitativo portageneralmente ad una restitiones superioredelle abilità motoriei cognitive.

Le operazioni diagnostico-professionali nell’ambito della neuropsicologia sono svolte esclusivamente da specialisti laureati regolarmente iscritti all’Albo professionale pertinente.

Oltre il danno visibile: la complessità della guarigione

Quando pensiamo a un incidente, soprattutto uno con un trauma cranico, la nostra attenzione si concentra spesso sulle lesioni fisiche immediate: fratture, ferite, ecchimosi. E indubbiamente, affrontare e curare questi aspetti è cruciale e salvavita. Ma l’articolo che abbiamo esplorato ci ricorda, con una lucidità a tratti disarmante, che il danno può nascondersi, celarsi all’occhio esterno, e manifestarsi in modi sottili ma devastanti sul lungo periodo. La psicologia cognitiva e comportamentale, così come la medicina correlata alla salute mentale, ci insegnano che il cervello non è un semplice organo separato dal resto del corpo e dalla nostra esperienza soggettiva, ma un sistema complesso intrinsecamente legato alle nostre emozioni, ai nostri comportamenti, alla nostra stessa identità. Un trauma cranico non è solo una “botta alla testa”; è un evento che può alterare la connettività neurale, modificare le delicate architetture cerebrali e, di conseguenza, ristrutturare, a volte in modo imprevedibile, il modo in cui pensiamo, sentiamo e ci relazioniamo con il mondo.

Effetti del trauma cranico sulla funzione cerebrale

I traumi cranio encefalici (TCE) sono un problema critico di salute pubblica, sia per l’alto tasso di mortalità sia per le disabilità che i pazienti che vi sopravvivono presentano.

Classificazione della gravità del trauma cranico: – Traumi leggeri: punteggi GCS 14-15 – Traumi gravi: punteggi GCS <= 8

Un altro aspetto importante da considerare è il danno assonale diffuso, che può non essere immediatamente visibile nelle scansioni standard. Questo tipo di danno, che coinvolge le lunghe fibre nervose che collegano diverse aree del cervello, può avere conseguenze significative per la comunicazione tra le varie regioni cerebrali, spiegando alcuni deficit cognitivi e comportamentali non immediatamente attribuibili a lesioni focali. Comprendere la complessità di questi meccanismi è fondamentale per non banalizzare le conseguenze di un trauma cranico. Questo scenario ci spinge a una riflessione personale. Quante volte tendiamo a minimizzare un colpo alla testa, nostro o di qualcun altro? Quante volte liquidiamo cambiamenti di umore o difficoltà cognitive in qualcuno che ha subito un trauma come “passerà”? L’articolo ci invita a guardare oltre la superficie, a considerare che un trauma cranico è un evento potenzialmente trasformativo per l’esistenza di una persona. Ci ricorda l’importanza di non lasciare soli coloro che vivono queste complesse conseguenze, di essere pazienti e comprensivi di fronte a manifestazioni che potrebbero sembrare inspiegabili o caratteriali. La guarigione da un trauma cranico non è un percorso lineare o prevedibile; è un viaggio che richiede tempo, supporto specialistico e una rete sociale solida e informata. La vera guarigione, quella che include anche la sfera psicologica, è spesso un processo lento e faticoso, che necessita di una profonda comprensione e accettazione, sia da parte del paziente che di chi gli sta accanto.


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