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Mental health: is Italy finally taking it seriously?

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  • Circa il 24% della popolazione italiana soffre di disturbi mentali.
  • Dopo la pandemia, il 68% degli adolescenti ha problemi psicologici.
  • Stanziati quasi 600 milioni di euro per i servizi sociali.

In Italia sta emergendo un’attenzione crescente nei confronti della salute mentale, superando le tradizionali limitazioni sanitarie per abbracciare tematiche afferenti alle politiche sociali ed economiche. La connessione tra il benessere psicologico – sia a livello individuale sia collettivo – è ora riconosciuta come strettamente interconnessa a diversi fattori esterni: dall’ambiente abitativo alle condizioni occupazionali fino alla rete di supporto sociale disponibile. Pertanto, l’approccio contemporaneo alla salute mentale richiede una revisione delle modalità operative; occorre non soltanto fornire assistenza terapeutica o programmi riabilitativi, ma sviluppare sistematicamente iniziative mirate alla promozione del benessere psicosociale.

Recentemente si stima che circa uno dei sei cittadini italiani presenti disturbi mentali; ansia e depressione risultano essere tra i problemi prevalenti. È rilevante notare come oltre il 64% delle persone colpite da tali disturbi appartenga a categorie attive nel mondo del lavoro. Le ripercussioni vanno al di là della sfera individuale: incidono pesantemente anche sull’economia complessiva della nazione attraverso fenomeni quali l’assenteismo o la riduzione della produttività; ciò risulta particolarmente evidente per coloro che rientrano nella categoria dei NEET (Not in Education, Employment or Training), ostacolati nell’ingresso nel mercato del lavoro. Questo scenario evidenzia come la salute mentale sia un fattore strategico per lo sviluppo socio-economico del paese.
La consapevolezza di questa interconnessione sta portando a un cambiamento di prospettiva a livello istituzionale e nella società civile. Le istituzioni e le organizzazioni non si limitano più a considerare la salute mentale come un problema esclusivamente medico, ma la riconoscono come un aspetto intrinsecamente legato al welfare e alle politiche sociali. Le ricerche in questi ambiti sottolineano la necessità di interventi integrati e multisettoriali, che coinvolgano sanità, istruzione, lavoro e politiche sociali per garantire un supporto diffuso e capillare sul territorio.

Statistiche Recenti sulla Salute Mentale in Italia (2023):
– Circa il 24% della popolazione italiana soffre di almeno un disturbo mentale.
– Circa 854.000 pazienti sono stati trattati presso reparti di salute mentale.
– Una porzione considerevole delle persone che affrontano disturbi psicologici come depressione e ansia è composta da donne.

Un approccio globale e multisettoriale

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) da tempo sostiene che per trasformare l’agenda della salute mentale non è sufficiente migliorare l’accesso ai servizi e alle cure, ma è indispensabile un maggiore investimento per affrontare le realtà sociali ed economiche che influenzano il benessere psicologico. Il rapporto “World mental health report: transforming mental health for all” dell’OMS collega esplicitamente le riforme necessarie per migliorare la salute mentale ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite, dimostrando come i progressi verso il raggiungimento degli SDGs contribuiscano a promuovere la salute mentale e, viceversa, come il miglioramento della salute mentale sia cruciale per la piena realizzazione degli SDGs e la costruzione di un futuro più sostenibile.

Anche l’OCSE ha evidenziato la necessità di un nuovo framework per le performance in salute mentale, basato sulla costruzione di sistemi di cura individualizzati, accessibili, integrati e multisettoriali. Questo approccio richiede che la salute mentale sia una priorità nell’agenda nazionale e che vengano adottati parametri di riferimento per valutare come i paesi affrontano i costi sociali ed economici dei disturbi mentali. L’importanza di un approccio “Mental Health in All Policies” (MHiAP) è ribadita anche a livello europeo dall’EU Health Policy Platform: le politiche pubbliche in tutti i settori (istruzione, lavoro, ambiente, ecc.) possono e devono contribuire a promuovere la salute mentale e il benessere della popolazione.

Focus sui giovani: Dopo la pandemia, 68% degli adolescenti ha segnalato problemi psicologici, con le ragazze che risultano più vulnerabili (86% rispetto al 50% dei ragazzi).

L’applicazione concreta di questo approccio produce situazioni “win-win”, in cui interventi in settori non sanitari beneficiano sia l’efficacia delle politiche sanitarie che quelle socioeconomiche. Esempi significativi includono il supporto psicosociale nelle scuole, l’introduzione di politiche abitative adeguate per i più vulnerabili, e la promozione della salute mentale nei luoghi di lavoro per aumentarne la produttività. La presente interpretazione, che coniuga il concetto di benessere sociale con quello di efficienza economica, evidenzia chiaramente la necessità di adottare un approccio collettivo.

Cosa ne pensi?
  • Finalmente l'Italia si muove sulla salute mentale...👏...
  • Troppo facile dare la colpa alla società, ma......
  • E se invece di 'disturbi' parlassimo di 'reazioni'...? 🤔...

Il peso della pandemia e l’attenzione ai giovani

La crisi scaturita dalla pandemia di COVID-19 ha funzionato da elemento scatenante, portando a un incremento dell’interesse verso la salute mentale, rivelando al contempo fragilità latenti nel panorama italiano. Le restrizioni legate al lockdown hanno influenzato notevolmente il welfare psico-fisico dei più giovani: si sono accentuati disturbi già presenti ed emergenti dipendenze, mentre sono aumentate le disparità nell’accesso a diritti essenziali quali istruzione e assistenza medica. Ricerche effettuate da organizzazioni come Openpolis insieme a Save the Children hanno dimostrato un preoccupante innalzamento del malessere psicologico tra i minori; questo fenomeno è associabile alla possibilità che tali problematiche diventino croniche, unitamente a un incremento dei disturbi alimentari.

Di particolare inquietudine è lo scenario fornito dalle analisi sui gruppi giovanili: quasi un quinto degli adolescenti coinvolti nelle interviste menziona la depressione insieme al disagio psicologico quale questione cardine. Tale cifra rimarca con urgenza l’importanza dello sviluppo di strategie sociali mirate per assistere questa popolazione giovane nei modi più appropriati possibili; è fondamentale considerare approcci che vadano oltre quelle soluzioni meramente sanitarie. ORGANIZZAZIONI come Gruppo CRC e Welforum stanno dedicando ampio spazio a questa tematica, pubblicando rapporti e raccomandazioni per affrontare il disagio minorile e giovanile.

Una ricerca condotta da un’agenzia di comunicazione in collaborazione con un ente della radiotelevisione pubblica italiana ha definito l’attuale periodo come l'”era del disagio”, confermando il rafforzato impegno delle organizzazioni non profit nel sostegno psicologico e nella sensibilizzazione, ma anche la necessità di maggiori investimenti istituzionali e di interventi di supporto sociale capillari. Analogamente, un rapporto della Fondazione IFEL e ANCI ha analizzato il disagio psicologico dei giovani, proponendo interventi mirati per la scuola, i comuni, la sanità e i ministeri, sottolineando la necessità di una maggiore interconnessione dei servizi e di attività di risocializzazione. Anche il CNR ha evidenziato come l’impatto della pandemia abbia travalicato i confini della salute mentale, influenzando dinamiche sociali come l’uso del tempo libero e le interazioni sociali.

Le risposte istituzionali e le sfide future

Il Governo italiano ha riconosciuto la centralità della salute mentale, definendola una “leva strategica” per il futuro del paese e un tema sociale su cui è fondamentale sensibilizzare per contrastare lo stigma. È stato adottato un approccio trasversale, che coinvolge diversi ministeri, non limitandosi all’ambito strettamente sanitario. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in particolare, sta lavorando per potenziare i servizi sociali a livello territoriale, prevedendo uno stanziamento significativo di quasi 600 milioni di euro per rafforzare le équipe multidisciplinari con psicologi, educatori e assistenti sociali.

Parallelamente, sono state avviate collaborazioni strategiche, come il protocollo d’intesa triennale tra INAIL e CNOP per diffondere la cultura psicologica nei luoghi di lavoro e garantire il benessere psicofisico. Inoltre, recenti concorsi, come quello dell’INPS, mirano a rafforzare il personale con l’assunzione di psicologi e assistenti sociali, risorse essenziali per migliorare la presa in carico e l’assistenza. Tali iniziative attestano il crescente impegno verso l’elaborazione di una realtà sociale più inclusiva e consapevole, in cui la salute mentale sia realmente concepita come un diritto accessibile a tutti.

Nel giugno 2021 ha avuto luogo la Seconda Conferenza Nazionale per la Salute Mentale, sostenuta dal Ministero della Salute, il quale ha sottolineato l’urgenza di istituire un sistema integrato per il supporto socio-sanitario. Tale sistema deve essere capace non solo di fornire assistenza nei vari territori, ma anche garantire che questa sia ampia ed efficace. Le attività sinergiche delle associazioni civili hanno infatti visto coinvolti numerosi soggetti storicamente distanti dalla questione riguardante il benessere psicologico. Si auspica dunque che questa presa d’atto collettiva sull’importanza cruciale dell’intervento attraverso molteplici settori del governo possa rapidamente sfociare in politiche pubbliche tangibili ed investimenti pertinenti.

Riflessioni sulla complessità della mente e l’influenza del sociale

Parlare di salute mentale in termini politici significa affrontare una prospettiva che va ben oltre la diagnosi e la cura clinica. Si tratta di riconoscere che le strutture sociali e le decisioni politiche hanno un impatto diretto e profondo sulla psiche degli individui. La precarietà lavorativa, le disuguaglianze economiche, la discriminazione: tutti questi fattori possono generare uno stress cronico che, in termini di psicologia comportamentale, si traduce in risposte di coping disadattive e, nel tempo, può esitare in veri e propri disturbi mentali. È un circolo vizioso dove le avversità sociali diventano terreno fertile per il disagio psicologico.

Una nozione base di psicologia cognitiva applicabile a questo contesto è il concetto di schema cognitivo. Le esperienze di vita, in particolare quelle negative legate alle difficoltà sociali, possono plasmare questi schemi, influenzando il modo in cui percepiamo noi stessi, gli altri e il mondo. Schemi negativi, come la convinzione di non essere “abbastanza” o di non avere controllo sul proprio destino, possono rendere gli individui più vulnerabili all’ansia e alla depressione. A livello più avanzato, possiamo considerare la teoria polivagale, che descrive come il nostro sistema nervoso autonomo risponda alle percezioni di sicurezza o pericolo nell’ambiente. Un contesto sociale percepito come minaccioso o incerto, a causa di politiche che non garantiscono sicurezza e stabilità, può mantenere l’individuo in uno stato di allerta cronica, con ripercussioni significative sul benessere psicologico e fisico.

Glossario:
  • Schema cognitivo: Modello mentale che aiuta a interpretare e a processare le informazioni.
  • Teoria polivagale: Teoria psicologica che esplora il ruolo del sistema nervoso autonomo nella regolazione delle emozioni e comportamenti sociali.
  • NEET: Acronym per “Not in Education, Employment, or Training”, indicante giovani che non sono in nessuno di questi ambiti.

Questa interconnessione tra ambiente socio-politico e funzionamento mentale ci invita a una riflessione personale. Quanto siamo consapevoli di come il contesto in cui viviamo influenzi le nostre esperienze e il nostro stato emotivo? E come possiamo, come cittadini e come società, agire per creare un ambiente che promuova la salute mentale per tutti? Non si tratta solo di accedere a terapie, ma di costruire un mondo più equo e giusto, dove le politiche sociali siano un fondamento per il benessere psicologico, e dove la psicologia comportamentale sia uno strumento per la crescita individuale e collettiva, anziché un mezzo per manipolare o controllare.


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