- Oltre 473 milioni di bambini vivono in aree di conflitto nel mondo.
- In Ucraina ci sono circa 7,5 milioni di minori colpiti dalla guerra.
- Il 25% dei bambini in zone di guerra soffre di PTSD.
- A Gaza, il 93% dei bambini affronta un rischio critico di carestia.
Nella data odierna, il 6 giugno 2023, alle ore 05:24, i bambini coinvolti in situazioni di conflitto armato costituiscono ancora oggi uno dei più gravi problemi umanitari a livello planetario. Gli effetti devastanti sia sul piano psicologico che su quello fisico per questi minori richiedono interventi pronti e duraturi.
L’impatto devastante della guerra sui bambini
Secondo le stime più recenti, oltre 473 milioni di bambini, quasi uno su cinque nel mondo, vivono in aree di conflitto. In Ucraina, si contano circa 7,5 milioni di minori, mentre in Palestina superano i 2,2 milioni. Questi numeri rappresentano solo la punta dell’iceberg di una crisi umanitaria che si manifesta attraverso molteplici forme di violenza e deprivazione. I bambini di guerra sono colpiti da traumi fisici e psicologici profondi, che si traducono in cicatrici indelebili. La mancanza di cibo, acqua, cure mediche e sicurezza li espone a rischi elevatissimi per la loro salute e il loro sviluppo. La guerra non si limita a infliggere ferite fisiche; essa colpisce anche l’anima e la psiche dei bambini. La perdita di genitori, case e scuole, l’impossibilità di sognare e immaginare un futuro, sono tutti elementi che contribuiscono a creare un senso di disperazione e smarrimento. In Palestina, molti bambini vivono in una “prigione a cielo aperto”, dove la morte è una costante minaccia, non solo a causa dei combattimenti, ma anche per la mancanza di risorse essenziali.

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- Inaccettabile che nel 2024 si usino fame e malattie come armi... 😠...
- E se invece di parlare di resilienza, ci concentrassimo sulle responsabilità... 🤔...
Traumi invisibili e disturbi post-traumatici
Le conseguenze psicologiche della guerra sui bambini sono spesso invisibili, ma non per questo meno devastanti. Secondo le stime, circa il 25% dei bambini residenti in zone di conflitto soffre di disturbo post-traumatico da stress (PTSD). In Ucraina, questa percentuale sale al 35%, mentre in Palestina raggiunge il 40%. Questi dati allarmanti evidenziano una grave carenza di supporto psicologico per i minori coinvolti in conflitti armati.
In Palestina, la situazione è particolarmente critica a causa della prolungata occupazione e della costante violenza. Le strutture sanitarie sono in gran parte fuori uso e solo una piccola percentuale di bambini con PTSD riceve un adeguato sostegno psicologico. La combinazione di traumi prolungati e mancanza di supporto amplifica enormemente il rischio di conseguenze a lungo termine, come depressione, ansia e difficoltà relazionali.
La “sindrome palestinese” è un esempio emblematico di come lo stress cronico e la paura costante possano avvolgere intere generazioni di bambini, nati e cresciuti in un contesto di violenza. Secondo gli studi delle neuroscienze, si rileva che un prolungato stato di stress nelle prime fasi della vita può avere ripercussioni sullo sviluppo del cervello. Questa condizione rischia di compromettere le abilità dei bambini nell’affrontare e risolvere problematiche future.
La fame come arma di guerra
La questione della fame emerge come una delle conseguenze più atroci della guerra vissuta dai minori. Recentemente l’Integrated Food Security Phase Classification ha riportato che il 93% dei piccoli abitanti di Gaza affronta un rischio critico legato alla carestia. Le scene strazianti provenienti dalla Striscia rivelano bimbi ridotti a mere ombre umane, camminando con pentole vuote tra le mani in cerca disperata di nutrimento. Circa un milione risulta potenzialmente destinato alla morte per malnutrizione o patologie associate mentre l’assistenza umanitaria è fermamente impedita ad appena qualche metro da loro.
All’interno di tale quadro desolante, tanto il cibo quanto i farmaci si trasmutano in veri e propri strumenti bellici impiegati per assediare la popolazione civile. Diversi giovani palestinesi riportano gravi difficoltà: incubi frequenti sconvolgono il loro riposo notturno; disordini del sonno si manifestano assiduamente; alcuni presentano mutismo selettivo ed evidenziano ritorni regressivi nel comportamento infantile. In casi estremi vi sono quelli incapaci perfino di piangere perché privati dell’affetto necessario al conforto emotivo.
Resilienza e supporto: una speranza per il futuro
I bambini colpiti dalla guerra, sebbene affrontino immense difficoltà, rivelano una sorprendente capacità di recupero. La loro abilità nel superare sfide immani ed adattarsi a contesti estremi è comune tra molti giovani in queste condizioni. È cruciale notare, tuttavia, che questa resilienza non emerge spontaneamente; essa deriva da elementi specifici quali l’esistenza di legami affettivi solidi con familiari o figure di caregiving competenti, così come dalla presenza in un contesto protettivo capace di offrire assistenza.
Riveste grande importanza il riconoscimento del ruolo dei pediatri insieme agli altri professionisti della salute nel contribuire alla prevenzione delle ferite psicologiche e alla rilevazione tempestiva dei segni premonitori collegati allo stress dovuto a esposizioni dannose o eventi traumatici. Ulteriormente importante risulta essere il compito d’informare le famiglie riguardo all’essenzialità delle relazioni familiari sane e alla creazione di un clima favorevole alla potenziale resilienza dei più giovani.
Ricostruire il futuro: un imperativo morale
La condizione dei minori coinvolti nei conflitti armati si presenta come una problematica articolata che esige interventi multipli e uno sforzo costante nel lungo termine. Non basta limitarsi a rispondere alle emergenze umanitarie; è cruciale fornire anche un supporto psicologico adeguato e persistente. Risanare le ferite invisibili della guerra non è soltanto una necessità pratica: si tratta di un imperativo etico, indispensabile affinché queste nuove generazioni possano godere di prospettive vitali piuttosto che limitarsi a sopravvivere.
L’accesso dei bambini colpiti dai conflitti all’istruzione, alle cure sanitarie necessarie ed a forme efficaci di sostegno psicologico costituisce uno snodo fondamentale. Solo mediante tali azioni possiamo alimentare nei loro cuori la fiducia verso il domani contribuendo così alla realizzazione di una società più equa e serena.
Oltre la sopravvivenza: un orizzonte di speranza
La situazione che abbiamo descritto è indubbiamente straziante, ma è cruciale ricordare che anche nei contesti più bui, la resilienza umana e la speranza possono fiorire. Come esseri umani, siamo dotati di una capacità innata di adattamento e di guarigione, e i bambini, in particolare, possiedono una forza interiore sorprendente.
Dal punto di vista della psicologia cognitiva, è fondamentale comprendere come i traumi influenzino la percezione e l’elaborazione delle informazioni nei bambini. Un trauma può alterare la memoria, la capacità di concentrazione e la regolazione emotiva, rendendo difficile per il bambino affrontare le sfide quotidiane. Per questo motivo, è essenziale fornire un supporto psicologico specializzato che aiuti i bambini a elaborare i loro ricordi traumatici e a sviluppare strategie di coping efficaci.
Un concetto avanzato in questo ambito è quello della “crescita post-traumatica”, ovvero la possibilità di trasformare un’esperienza traumatica in un’opportunità di crescita personale. Non si tratta di sminuire il peso del dolore né di ridurre l’importanza delle sofferenze patite; al contrario, è essenziale comprendere che in determinate circostanze un trauma può rivelarsi fonte di maggiore consapevolezza personale, contribuendo a fortificare i legami sociali e ad offrire una nuova visione esistenziale.
Riflettiamo insieme: quali azioni possiamo intraprendere nel nostro quotidiano per alleviare le ferite inflitte a questi bambini? Potremmo considerare l’idea di supportare le organizzazioni umanitarie attive nelle aree colpite oppure elevare la nostra voce per sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo alla loro drammatica situazione. Talvolta, basta anche solo un pensiero carico di compassione e solidarietà. Ogni atto altruistico, per quanto possa sembrare modesto, ha il potere di provocare cambiamenti significativi.