- 20% della Generazione Z usa chatbot per il benessere psicologico.
- Studio: 51% riduzione sintomi depressivi con chatbot come Therabot.
- Therabot ha migliorato l'ansia del 31% e problemi alimentari del 19%.
Chatbot in terapia: tra speranze e i moniti degli psicologi
La dimensione digitale permea tutti gli ambiti della nostra esistenza quotidiana ed è particolarmente rilevante nel settore della salute mentale. In tale scenario si affermano i chatbot terapeutici come risorse innovative destinate a ridurre il divario esistente fra una crescente richiesta di sostegno psicologico e la disponibilità limitata dei professionisti nel campo. Questi avanzati sistemi basati sull’intelligenza artificiale hanno sviluppato capacità straordinarie nella simulazione delle interazioni umane e stanno conquistando ampio favore tra le giovani generazioni; uno studio recente ha rivelato che ben il 20% della Generazione Z utilizza questi strumenti per affrontare questioni legate al benessere psicologico. Tale dato mette in luce l’importanza fondamentale dell’analisi delle conseguenze generate da questo fenomeno.
Il concetto stesso che una parte del trattamento terapeutico possa essere delegata a una macchina intelligente genera discussioni animate all’interno degli esperti del settore. Se da un lato vi è il riconoscimento indiscutibile delle potenzialità relative alla praticità e accessibilità continua, elementi essenziali per chi risiede in zone isolate o non ha possibilità economiche adeguate per accedere a trattamenti convenzionali; dall’altro lato si amplificano timori consistenti sulla possibile sostituzione dell’interazione umana, considerata cruciale nei percorsi terapeutici realmente efficaci. Nonostante i chatbot siano in grado di fornire risposte e indicazioni basate su algoritmi complessi, l’Ordine degli Psicologi ha espresso forte scetticismo, sottolineando che l’IA non può replicare l’empatia, la comprensione profonda delle emozioni e la capacità di stabilire un legame autentico che solo un professionista umano può offrire.
Un rischio concreto, come evidenziato in recenti discussioni, è che l’impiego dei chatbot possa sfociare nell’autoterapia, un approccio che, sebbene apparentemente comodo, può rivelarsi dannoso in assenza di una supervisione clinica adeguata. La salute mentale è un campo complesso, dove le sfumature emotive e le dinamiche psicologiche richiedono un’interpretazione esperta e personalizzata. L’intelligenza artificiale, per quanto sofisticata, manca di quella “intelligenza emotiva” che permette di cogliere i segnali non verbali, le ambivalenze e le profondità dell’animo umano. Questo limite impedisce ai chatbot di offrire un supporto davvero olistico e sicuro, esponendo gli utenti, in particolare i più vulnerabili, a potenziali pericoli, tra cui la perpetuazione di diagnosi errate o lo sviluppo di dipendenze emotive nei confronti della macchina stessa.
Secondo uno studio condotto nel 2025, il 51% dei partecipanti ha sperimentato una significativa riduzione dei sintomi depressivi attraverso l’uso di chatbot terapeutici come Therabot.
FONTE: Agenda Digitale, 22 maggio 2025.

Therabot: uno studio pionieristico tra risultati promettenti e nuove sfide etiche
All’interno del contesto crescente dei chatbot dedicati alla terapia psicologica emerge prepotentemente il caso emblematico del Therabot, realizzato dalla Dartmouth University. Questa forma avanzata di intelligenza artificiale generativa è diventata protagonista della prima sperimentazione clinica sui chatbot terapeutici, che ha visto la partecipazione attiva di 106 soggetti distribuiti su tutto il territorio degli Stati Uniti e affetti da disturbi quali depressione maggiore, ansia generalizzata o problematiche alimentari. Gli esiti dello studio, resi noti sul portale scientifico NEJM AI lo scorso 27 marzo, indicano la presenza di un cambiamento significativo nell’assistenza offerta in tempo reale a persone che spesso non riescono ad accedere ai tradizionali servizi psichiatrici. In particolare, la ricerca svolta dai ricercatori Zhong et al. (2024) ha evidenziato una diminuzione moderata nella severità dei sintomi riportati dai partecipanti: questi ultimi hanno constatato un calo pari al 51% nei loro sintomi depressivi, un miglioramento del 31% per quanto riguarda l’ansia e una riduzione complessiva del 19% circa i problemi legati all’alimentazione. Le esperienze condivise dagli utenti hanno messo in luce come molti si siano sentiti più aperti rispetto alle proprie emozioni ed abbiano instaurato relazioni simili a quelle tipiche della comunità terapeuta-paziente con Therabot. Nondimeno, il docente Nicholas Jacobson ha messo in evidenza rilevanti questioni di natura etica.
L’accessibilità continua di Therabot, attiva h24, potrebbe provocare un utilizzo smodato o una riduzione nella ricerca del supporto umano quando questo è realmente indispensabile. La fusione delle tecnologie nella sfera della salute mentale richiede un approfondito esame riguardo agli effetti a lungo termine e alla responsabilità sociale da parte dei professionisti del settore. È imprescindibile l’adozione di normative stringenti per assicurare che i chatbot svolgano funzioni da assistenti piuttosto che assumere il ruolo di sostituti all’interno del panorama dell’assistenza sanitaria.
Le preoccupazioni dell’ordine degli psicologi della Toscana: Il timore dell’autoterapia e la perdita della relazione umana
L’Ordine degli Psicologi della Toscana, sollevando un tema di rilevante attualità, esprime difficoltà e ansie nei confronti di una tendenza emergente; ossia quella verso l’autoterapia. I professionisti nel settore paventano effetti negativi derivanti da questa scelta individualistica, evidenziando come essa possa ledere la ricchezza delle interazioni sociali imprescindibili per il successo terapeutico. Le veloci trasformazioni nel campo dell’intelligenza artificiale, specie a seguito dell’emergere dei chatbot dedicati alla terapia, hanno suscitato notevoli interrogativi fra i professionisti operanti nella salute mentale; tra questi spicca l’Ordine degli Psicologi della Toscana. La questione centrale rimane quella formulata ripetutamente: ossia il timore che l’intelligenza artificiale generativa non sia minimamente capace di rimpiazzare le intricate dinamiche e le sfumature relazionali proprie delle interazioni umane nel contesto psicologico. Tale avvertimento scaturisce da una visione lucida piuttosto che da una semplice reticenza nei confronti delle novità tecnologiche; ciò deriva infatti dal riconoscimento del tessuto etico e scientifico alla base della pratica psicoterapeutica.
In questo scenario complesso, occorre sottolineare come il percorso terapeutico rappresenti un meccanismo vitale capace di esigere una sottile interpretazione del vissuto personale, implicando anche un’acuta abilità nel percepire quelle sottili differenze emotive ed espressioni non verbali legate ai trasferimenti affettivi. Si evidenzia così quanto sia fondamentale edificare una solida alleanza basata sulla fiducia reciproca tra terapeuta e paziente, elemento essenziale lontano dall’approccio limitato all’elaborazione algoritmica o dalla fornitura automatizzata di risposte standardizzate. Un chatbot, per quanto avanzato, non possiede la coscienza, l’empatia genuina, l’intuito clinico e la capacità di co-regolazione emotiva che sono propri di un terapeuta umano. Questo significa che, pur potendo alleviare sintomi superficiali, un chatbot non è in grado di affrontare le radici profonde del malessere, né di gestire situazioni complesse o crisi acute.
“Nonostante possano rappresentare una risorsa accessibile, i chatbot non devono sostituire completamente l’interazione umana nella salute mentale.” [Il Sole 24 Ore]
Inoltre, il fiorente mercato dei chatbot di sostegno psicologico e delle app di psicoterapia basate sull’IA nasconde non solo potenzialità, ma anche rischi intrinseci. L’assenza di norme precise mette a rischio gli utenti, in particolare i più giovani e fragili, esponendoli a informazioni potenzialmente fuorvianti o risposte capaci di complicare situazioni già critiche, come pensieri suicidari o allucinazioni, come indicano alcuni studi. L’Ordine degli Psicologi sottolinea con fermezza la necessità di un intervento sistematico basato su formazione approfondita, monitoraggio attento, educazione digitale e cooperazione con le autorità competenti, affinché l’introduzione dell’intelligenza artificiale nella sfera della salute mentale si realizzi in modo eticamente responsabile e sicuro.
Il futuro tra accessibilità e il valore della psiche umana
Il confronto tra d’intelligenza artificiale e la sfera della sana psiche solleva interrogativi intricati e impegnativi circa la vera essenza del legame terapeutico. Da una parte si assiste alla promessa fornita dagli algoritmi avanzati dell’IA che potrebbero garantire una battuta d’arresto alle difficoltà nell’accesso ai servizi terapeutici tradizionali. Questi possono infatti conseguire interventi vitali per milioni che attualmente sono privi delle necessarie cure sanitarie mentali — problema aggravato dal numero limitato dei professionisti della salute mentale disponibili nel sistema sanitario pubblico italiano: attualmente meno di 5.000 psicoterapeuti operano sull’intero territorio nazionale.
Tuttavia, riscontriamo insidie significative riguardo al valore imprescindibile del contatto umano nel percorso verso la guarigione. I sistemi basati su chatbot pensati per fornire supporto alla salute mentale presentano indubbi benefici; nondimeno, è cruciale essere avvertiti rispetto alle loro limitazioni intrinseche. Nonostante siano disponibili incessantemente giorno e notte, quanto emerso recentemente suggerisce l’urgenza dell’intervento umano nei casi più delicati: come indicato da uno studio recente condotto presso l’Università di Stanford (2024), gli assistenti digitali possono elaborare risposte errate o dissonanti proprio perché incapaci sia di empatizzare sia di afferrare appieno il profondo contesto emotivo degli utenti. Questi rischi richiedono una considerazione attenta da parte di chi decide di utilizzare tali strumenti, specialmente in situazioni delicate.
- Chatbot: Software che simula una conversazione umana, spesso usato per fornire supporto psicologico.
- Empatia: Capacità di comprendere e condividere i sentimenti di un’altra persona.
- Intelligenza artificiale (IA): Sistema informatico progettato per simularne l’intelligenza umana.
- Therabot: Chatbot terapeutico sviluppato dalla Dartmouth University, focalizzato sulla salute mentale.
La relazione terapeutica è un contenitore sicuro, uno spazio di crescita dove si sperimenta la non-giudizio, l’accettazione incondizionata e si impara a rielaborare le esperienze. La relazione terapeutica con un professionista umano rimane un elemento insostituibile per l’efficacia del trattamento.
Il futuro richiederà di navigare questa complessità con cautela e saggezza. Sarà fondamentale investire nella formazione dei professionisti per l’utilizzo etico e consapevole delle nuove tecnologie, nella ricerca per comprendere a fondo sia i benefici che i rischi, e nella creazione di regolamentazioni chiare che proteggano la sicurezza e il benessere dei pazienti. L’obiettivo ultimo dovrebbe essere l’ottimizzazione dell’assistenza alla salute mentale, rendendola più accessibile senza mai compromettere la qualità e l’umanità del percorso di cura.
Negli anni a venire, si prevede che i chatbot diventino sempre più avanzati, integrando input vocali e segnali fisiologici per migliorare la loro capacità di cogliere e comprendere le emozioni umane. In questo modo, l’interazione tra IA e professionisti della salute mentale potrebbe evolvere, creando un modello ibrido in cui la tecnologia supporta, ma non sostituisce, il fondamentale bisogno umano di connessione e comprensione.
Note
- Studiare i chatbot terapeutici: Esplorare i benefici e i limiti delle tecnologie basate sull’IA nel trattamento della salute mentale