Ansia e salute mentale: come difendersi dall’autodiagnosi online

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  • Il 26% degli italiani, soprattutto millennials, crede che le amicizie online migliorino la salute mentale.
  • Durante la pandemia, l'uso medio di internet è salito a 4.8 ore al giorno.
  • Il progetto COMET ha rilevato che l'82% ha cercato informazioni sul COVID-19, aumentando l'ansia.

Il paradosso della conoscenza digitale e la salute mentale

L’era digitale ha spalancato le porte a un’abbondanza di informazioni senza precedenti, ma questa stessa abbondanza si rivela spesso un’arma a doppio taglio, specialmente quando si tratta di salute mentale. La facilità con cui si accede a test di auto-valutazione, forum e articoli su patologie psichiatriche ha generato un fenomeno complesso: la “sindrome della spiegazione perfetta”, ovvero la tendenza a ricercare online risposte immediate e definitive ai propri malesseri, talvolta alimentando ansie e, in casi estremi, sfociando nella cybercondria. Se da un lato l’accesso all’informazione può essere un primo passo verso la consapevolezza, dall’altro, senza l’adeguata guida di un professionista, può scatenare un ciclo vizioso di auto-diagnosi errate e preoccupazioni infondate.

La velocità con cui le informazioni viaggiano online è un fattore chiave. Forum e social media, pur offrendo spazi di condivisione e supporto, possono amplificare la percezione di sintomi, generando un senso di immedesimazione con esperienze altrui e rinforzando la convinzione di avere una specifica patologia. Questo “effetto gregge” o “effetto bandwagon” si verifica quando gli individui tendono a conformarsi alle idee o ai comportamenti della maggioranza, anche se prive di fondamento scientifico. Allo stesso tempo, si osserva un’accresciuta tendenza all’autodiagnosi tra i millennials, con il 26% degli italiani che ritiene che le amicizie online possano migliorare la propria salute mentale, pur rimanendo esposti al rischio di interpretazioni errate e incontri con false identità.

Recenti studi hanno evidenziato l’impatto significativo dei social media sulla salute mentale, soprattutto in relazione all’epidemia di COVID-19, quando la popolazione italiana ha vissuto un aumento del tempo trascorso online, con una media di 4.8 ore al giorno[PubMed]. Questo ha portato a un maggiore livello di ansia e sintomi depressivi, in particolare tra coloro che già soffrivano di disturbi mentali preesistenti.

“Durante la pandemia, l’uso eccessivo di Internet e social media ha rappresentato una preoccupazione rilevante per la salute mentale della popolazione generale, contribuendo a un ‘infodemic’ di informazioni errate” – Fiorillo et al. (2023)

I bias cognitivi: distorsioni della realtà nell’era di “Dottor Google”

La ricerca di sintomi e diagnosi online non è un processo neutro; è profondamente influenzato dai bias cognitivi, meccanismi mentali automatici che distorcono la nostra percezione e i nostri giudizi. Questi “cortocircuiti” del cervello, ampiamente studiati dagli psicologi Kahneman e Tversky, portano a valutazioni errate della realtà, spesso basate su euristiche, ovvero scorciatoie mentali che ci consentono di prendere decisioni rapide con il minimo sforzo cognitivo. Un esempio lampante è l’illusione della frequenza: se si acquista un cane, si inizia a notare più frequentemente persone con cani, influenzando la percezione che vi siano più cani in circolazione.

Questo bias si manifesta in modo preponderante nell’autodiagnosi, dove la ricerca di informazioni online è spesso guidata da ipotesi preesistenti, portando all’“effetto conferma”. Se una persona percepisce una pesantezza al petto e teme un infarto, cercherà “sintomi infarto” e troverà la conferma delle sue paure, in un ciclo di potenziamento dell’ansia.

L’“effetto conferma” è solo uno dei numerosi bias che si attivano nella ricerca medica online. Un altro rilevante è il bias della negatività, che porta a dare maggiore peso agli eventi negativi, influenzando la percezione complessiva di una situazione. In ambito medico, questo può tradursi nella sovrastima della gravità dei propri sintomi o della probabilità di una malattia grave. L’“effetto Dunning-Kruger”, poi, evidenzia come gli individui meno esperti tendano a sopravvalutare le proprie competenze in un dato campo, portandoli a credere erroneamente di essere in grado di auto-diagnosticarsi con precisione.

Glossario:

  • Bias cognitivo: errori di giudizio e decisione che derivano da processi mentali automatici.
  • Effetto conferma: tendere a cercare informazioni che confermano le proprie credenze preesistenti e ignorare quelle che le contraddicono.
  • Infodemia: eccesso di informazioni, spesso contraddittorie, che può causare confusione e ansia.

L’impatto sulla salute mentale: ansia, solitudine e il rischio di trauma

L’eccessivo coinvolgimento online, spesso motivato dalla ricerca di connessioni, può paradossalmente aumentare il rischio di solitudine e ansia. Per i giovani, in particolare, i social media possono scatenare sentimenti di insicurezza, inferiorità, rabbia e aggressività. Un esempio lampante è la storia di Valerio Scanu, che ha confessato di essere stato “traumatizzato da quello che ho letto sul web”, evidenziando l’impatto devastante dei commenti online sulla salute mentale.

Il recente studio del progetto COMET ha mostrato che durante la pandemia, l’82% della popolazione ha cercato informazioni relative al COVID-19, e questo è stato associato a un aumento dei sintomi ansiosi. La cybercondria, la versione digitale dell’ipocondria, è un disturbo d’ansia in cui la preoccupazione eccessiva per la propria salute è alimentata da ricerche sul web.

“L’uso eccessivo di social media è significativamente correlato a livelli più elevati di ansia” – Fiorillo et al. (2023)

La disinformazione online è diventata un’arma potente, non solo per le aziende, ma anche per i singoli individui, rendendoli vulnerabili a narrazioni fuorvianti che possono impattare sulla loro percezione della realtà e del proprio benessere. Le conseguenze non si limitano all’ansia; si può verificare una perdita di controllo e del contatto diretto con il proprio corpo, una delega psicologica alla ricerca digitale che alimenta un “locus of control esterno”, ovvero la convinzione che la guarigione dipenda da fattori esterni piuttosto che dalla propria capacità di gestione.

Gestire il flusso digitale: strategie e riflessioni per il benessere mentale

Considerando l’onnipresenza del digitale e la propensione all’autovalutazione, diventa imprescindibile adottare misure che possano ridurre i pericoli insiti in tali pratiche, incentivando al contempo un approccio più salutare verso la salute mentale nel contesto online. Un primo step fondamentale consiste nella consapevolezza dei bias cognitivi, ossia comprendere le distorsioni mentali che possono orientare il nostro modo di pensare. Il riconoscimento della tendenza umana di cercare conferme alle idee già consolidate o di giungere a conclusioni prematuramente ci offre l’opportunità di detenerci e ponderare attentamente le notizie cui accediamo.

Inoltre, un’altra modalità estremamente valida consiste nell’approfondire attivamente prospettive diverse. Dedicarsi ad ascoltare racconti ed esperienze eterogenee provenienti da individui con opinioni contrapposte facilita il superamento del bias gruppale, permettendo così una comprensione complessiva della realtà decisamente più articolata. La pratica della mindfulness, caratterizzata dall’osservazione consapevole dell’attimo presente senza giudizi preconcetti, risulta essere utile nel processo di scrutinio dei nostri stati d’animo e delle emozioni stesse; essa favorisce infatti la presa di coscienza dei bias nel momento esatto in cui emergono.

Inoltre, sarebbe utile stabilire regole per un uso equilibrato dei social media.

Regole per un uso sano dei social media Descrizione
Limitazione del tempo Stabilire un limite giornaliero per l’uso dei social media.
Contenuti selettivi Segui solo fonti informative affidabili e positive.
Pausa digitale Prendere pause regolari dall’uso di Internet e social media.
Autocritica Riflessione critica sull’impatto dei contenuti visualizzati sulla propria salute mentale.

Il fenomeno dell’autodiagnosi online ci spinge a una riflessione profonda sulla nostra psiche e sulla complessità della sua relazione con il mondo esterno, mediato dalla tecnologia. Dal punto di vista della psicologia cognitiva, siamo creature che cercano di dare un senso al mondo, e lo facciamo attraverso schemi mentali e scorciatoie che, se da un lato ci rendono efficienti, dall’altro ci espongono a distorsioni. Il bisogno insito nell’essere umano ai fini della comprensione del malessere ha radici profonde; si tratta infatti della necessità primaria correlata al controllo e alla conoscenza.

Passando a uno stadio concettuale superiore, riguarda il nostro discorso sulla teoria del prospetto, proposta da Kahneman e Tversky: essa chiarisce come le scelte operate in situazioni d’incertezza vengano plasmate non solamente dalla razionalità intrinseca all’individuo, ma anche dall’effetto determinato dal modo con cui tali scelte ci vengono sottoposte (framing). Applicando questo modello al fenomeno dell’auto-diagnosi su Internet, emerge che ogni elemento — che sia l’impostazione stilistica degli articoli oppure i termini impiegati nei forum — o addirittura la collocazione dei risultati nella ricerca web – può esercitare una pressione inconscia sulla nostra interpretazione relativa a sintomi o malattie specifiche. Di conseguenza, ciò potrebbe guidarci verso conclusioni definitive predeterminate.

Resta fondamentale sottolineare quanto sia rilevante il ruolo dell’interazione umana e professionale, specialmente riguardo alla salute individuale profonda. Anche se tali strumenti digitali nel campo della psicologia possono risultare utili ed efficaci, restano oggetto di controversie poiché spesso ricorrono a approcci opportunistici nel marketing così come nella sorveglianza delle azioni degli utenti; questo risulta fonte inquietante per quanto concerne problematiche etiche legate sia alla privacy sia all’industrializzazione dell’assistenza psicologica stessa.

Ulteriori riferimenti: Cambio di paradigma nella salute mentale post-COVID

Recenti iniziative mostrano come l’adozione di nuove tecnologie possa rappresentare un’opportunità per migliorare il supporto psicologico integrato. Tuttavia, è fondamentale vigilare sull’uso eccessivo e sulla qualità delle informazioni disponibili online.


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