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Violenza psicologica: perché è così difficile riconoscerla?

- Una donna su 3 in Italia ha subito violenza dal partner.
- Il 30,5% ha subito violenza psicologica: minacce e manipolazioni.
- Il 35% delle donne (16-24 anni) ha subito abusi psicologici.
- Vittime hanno un rischio di depressione 5/6 volte più elevato.
Le parole pronunciate da una figura pubblica circa l’esperienza della violenza psicologica creano onde d’urto all’interno di una realtà intricata. Questo eco non riguarda soltanto il caso personale, ma riesplode su scala più ampia: è il segnale rivelatore dell’accettazione implicita dei comportamenti abusivi nelle interazioni amorose quotidiane. Tale accettazione trascende qualsiasi distinzione legata al genere o all’orientamento sessuale; abbraccia tanto i rapporti tradizionali quanto quelli situati nell’esteso universo LGBTQ+. Un insieme eterogeneo fatto di pressioni sociali e attese collettive viene permeato da sentimenti associati agli stereotipi di genere, insieme alla vulnerabilità innata verso l’isolamento sociale. Questi fattori contribuiscono ad alimentare circuiti relazionali nocivi che rendono difficile riconoscere ed affrontare i problemi reali. Le persone coinvolte vivono frequentemente nel tentativo inconscio d’irrigidire tali situazioni dolorose tramite giustificazioni e ridimensionamenti rispetto ai comportamenti tossici degli altri; rimangono così prigioniere in meccanismi emotivi complicati, fatti anche dai duraturi effetti collaterali dei loro veri traumi psicologici.
Dentro il meccanismo della “normalizzazione”
Approfondire il meccanismo della “normalizzazione” richiede di sondare le profondità della psicologia umana. Psicologi e specialisti in dinamiche relazionali, inclusi coloro che si occupano delle specificità della comunità LGBTQ+, evidenziano come una serie di fattori concorrano a rendere accettabile ciò che, in realtà, è lesivo. L’esposizione prolungata a una determinata dinamica, anche se negativa, finisce per alterare la percezione della “normalità”. È come se il confine tra ciò che è tollerabile e ciò che è dannoso si facesse sempre più labile, fino a scomparire. Il trauma, sia esso palese o sottile, lascia un segno indelebile sulla psiche, modificando le risposte emotive e comportamentali. In questo contesto, la dipendenza affettiva emerge come un fattore cruciale.
La vittima, talvolta in modo inconsapevole, si adatta alla situazione, interiorizzando le critiche, i silenzi punitivi, le manipolazioni emotive, convinta che, dopotutto, sia “normale” comportarsi in un certo modo all’interno di una relazione. Questo processo è ulteriormente amplificato da una cultura tossica che, in alcune sue espressioni, tende a minimizzare l’importanza della salute mentale e a stigmatizzare la richiesta di aiuto. L’idea che “i panni sporchi si lavano in casa” contribuisce a mantenere il segreto e a perpetuare il silenzio intorno alla violenza psicologica.
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Dall’ombra alla luce: il coraggio dell’ammissione
L’ammissione di aver subito violenza psicologica, soprattutto quando proviene da figure esposte mediaticamente, ha un’importanza fondamentale nel processo di decostruzione della “normalizzazione”. Queste voci, a volte inaspettate, rompono il muro del silenzio e offrono uno spunto di riflessione collettiva. Rendono visibile un problema che, altrimenti, rimarrebbe confinato nella sfera privata e nel segreto dei legami affettivi. Le testimonianze dirette, raccolte attraverso colloqui con psicologi e individui che hanno sperimentato queste dinamiche, offrono un quadro vivo della realtà dei fatti. Emergono racconti di controllo, di svalutazione costante, di isolamento progressivo, di minacce velate o esplicite.
Sono esperienze che lasciano cicatrici profonde sulla psiche, compromettendo l’autostima, la fiducia in sé stessi e la capacità di stabilire relazioni sane in futuro. La salute mentale viene minata alla base, richiedendo percorsi di recupero lunghi e faticosi, spesso con il supporto di professionisti qualificati nella medicina correlata alla salute mentale. Il coraggio di parlare, il coraggio di ammettere di essere stati vittime, è il primo passo fondamentale verso la guarigione e verso la consapevolezza che nessuno merita di subire abusi, di qualunque natura essi siano.
Riflessioni sul legame tra esperienza e psiche
L’episodio che ha dato adito a questa disamina, per quanto specifico, si innesta in un panorama vastissimo di interazioni umane e delle loro complesse dinamiche psicologiche. Un concetto basilare della psicologia cognitiva è la schema theory, che postula come le esperienze passate contribuiscano a formare delle impalcature mentali, degli schemi appunto, che influenzano la nostra percezione del mondo e le nostre risposte comportamentali. Nel contesto della violenza psicologica normalizzata, l’esposizione continua a modelli relazionali aberranti può generare uno schema disfunzionale, portando l’individuo a ritenere “normale” un certo grado di abuso o controllo, rendendo difficile riconoscere e rifiutare comportamenti dannosi.
Approfondendo ulteriormente, sul versante della psicologia comportamentale, entra in gioco il concetto di condizionamento operante, in particolare il rinforzo intermittente. Nelle relazioni abusive, momenti di affetto o apparente “gentilezza” si alternano a periodi di maltrattamento. Questa imprevedibilità, pur paradossale, può rafforzare il legame con l’abusante. La vittima, aggrappandosi alla speranza del rinforzo positivo (i momenti “buoni”), tollera e persino giustifica il rinforzo negativo (l’abuso).
Il caso di cui si parla diventa così un potente spunto per riflettere sulla fragilità e resilienza della psiche umana di fronte al trauma e alla manipolazione. Ci invita a interrogarci su quanto siamo consapevoli dei nostri schemi mentali e di come le nostre esperienze passate, a volte anche precoci, possano plasmare il nostro modo di relazionarci e la nostra percezione di ciò che è accettabile in un legame affettivo. La consapevolezza di questi meccanismi psicologici non è solo un esercizio teorico, ma un passaggio cruciale per la protezione della nostra salute mentale e per la costruzione di relazioni sane, basate sul rispetto reciproco e sulla parità, riconoscendo che la violenza psicologica, in qualsiasi forma si manifesti e in qualsiasi contesto relazionale si manifesti, non è mai “normale”.
Note e riferimenti
- [CNR] – I dati sulla violenza di genere in Italia, 2023.
- [Startup Italia] – Storie di violenza psicologica, 2024.
- [Santagostino Psiche] – La violenza psicologica e le sue implicazioni.
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