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Ptsd in Israele: l’aumento dei casi post-guerra e le sfide lgbtq+

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  • Dal 7 ottobre 2023, 12.000 militari hanno cercato assistenza psichiatrica.
  • Il 43% dei militari soffe di PTSD a causa della guerra.
  • Entro il 2024, 14.000 soldati avranno bisogno di supporto psicologico.

Il conflitto attualmente in atto nella Striscia di Gaza ha preso avvio in seguito all’assalto condotto da Hamas il 7 ottobre 2023 e comporta una drammaticità umana senza precedenti; questa si esprime non soltanto attraverso le morti immediatamente rilevabili sul campo di battaglia ma anche mediante le ripercussioni psicologiche durature sui membri delle forze armate coinvolti. Tra gli oneri più gravosi per i veterani israeliani vi è indubbiamente il Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD).

Secondo le statistiche presentate dal Ministero della Difesa israeliano, l’attuale situazione può essere descritta come una vera e propria emergenza in espansione. A partire dall’inizio delle ostilità nel recente conflitto, approssimativamente 12.000 militari hanno cercato assistenza presso centri specializzati per la riabilitazione psichiatrica gestiti dal governo; tale cifra rappresenta un incremento impressionante rispetto ai dati complessivi dell’anno precedente (+200%). Inoltre, tra coloro che hanno avuto accesso a tali cure medico-psichiatriche, è stato registrato un 43% affetto da PTSD; ulteriormente inquietante risulta la presenza del 14%, indicativo dei casi afflitti da lesioni mediche significative – tra cui traumi cranici severi e amputazioni fatali. Le prospettive future per i soldati tornati dalle zone di guerra risultano alquanto pessimistiche: per la fine dell’anno prossimo sarà necessario fornire assistenza a quasi 14.000 soldati feriti, dei quali ben il 40% potrebbe sviluppare disturbi relativi alla salute mentale.[Il Sole 24 Ore]. È preoccupante rilevare che ogni mese circa 1.000 nuovi soldati sono costretti ad abbandonare il fronte a causa di disturbi psichiatrici, un chiaro indicatore di una crisi in atto che si fa sempre più grave. Non importa quale tipo di supporto psicologico venga fornito dalle forze armate; l’impatto delle esperienze vissute in battaglia continua a costituire una ferita aperta per numerosi individui.

[Al-Mayadeen]. Le narrazioni fornite dai militari offrono un inedito affresco sulla crudele realtà a cui si trovano ad assistere. Le testimonianze, siano esse anonime o pubbliche, rivelano quanto sia complesso metabolizzare l’orrore esperito; ciò include visioni strazianti come quelle di corpi mutilati e l’urgenza d’intervenire in aree urbane affollate dove i confini tra i combattenti e i civili diventano sempre più indistinti. Secondo quanto dichiarato dall’ex comandante del Corpo settentrionale, accanto alle vittime fisiche si trova un vasto numero di soldati segnati da traumi psichici: circa il 43% dei 12.000 uomini sottoposti a trattamento manifesta segni distintivi del disturbo post-traumatico da stress (PTSD), mentre un ulteriore 27% riporta risposte acute scatenate dalla stessa condizione.

[CNN]. La difficoltà di reinserirsi nella vita civile, l’insonnia, gli attacchi di rabbia e il senso di isolamento sono solo alcune delle manifestazioni del PTSD che affliggono questi individui.


La vicenda di Eliran Mizrahi, riservista richiamato a Gaza dopo che la sua vita civile era stata interrotta, è un esempio tragico delle conseguenze estreme del PTSD. Tornato dal fronte, non era più lo stesso. Nonostante le cure settimanali per il disturbo diagnosticato, la sofferenza lo ha sopraffatto, portandolo al suicidio poco prima di essere richiamato. Le sue esperienze, come quella di schiacciare “terroristi, morti e vivi, a centinaia” con il bulldozer, hanno lasciato cicatrici indelebili nella sua psiche.

“Non sarei qui se non avessi avuto il mio psicologo”, ha dichiarato una delle voci spezzate dall’orrore.

La sua storia sottolinea non solo la gravità del trauma subito, ma anche le sfide nel fornire supporti adeguati in un contesto bellico senza precedenti. Le conseguenze sulla salute mentale non riguardano esclusivamente i veterani; esse colpiscono in modo significativo anche i più giovani, inclusi gli adolescenti di diciotto anni. Questi individui mostrano frequentemente segni palpabili di trauma psicologico quali crisi di pianto e una marcata alterazione delle emozioni. Nonostante le dichiarazioni dell’esercito relative all’impegno per offrire un adeguato supporto psicologico e il rafforzamento delle risorse disponibili, l’entità del problema insieme alla complessità intrinseca dei conflitti rende il processo di recupero particolarmente difficile.

La sfida aggiuntiva: essere lgbtq+ in un contesto di guerra e conservatorismo

In questo quadro già complesso, i soldati israeliani appartenenti alla comunità LGBTQ+ affrontano ulteriori sfide che possono acuire il rischio di sviluppare PTSD e rendere più complicato l’accesso alle cure. Sebbene l’esercito israeliano si sia storicamente presentato come aperto e non discriminatorio nei confronti dei militari gay, con studi che dimostrano come la metà dei soldati omosessuali abbiano subito molestie, l’integrazione e l’accettazione non sono sempre totali, soprattutto in un contesto di guerra. L’immagine pubblica di un esercito “gay friendly”, promossa anche attraverso gesti simbolici come l’alzare bandiere arcobaleno a Gaza, stride talvolta con le realtà individuali e con la forte presenza di elementi conservatori nella società israeliana.

La “guerra invisibile” del PTSD si sovrappone per i soldati LGBTQ+ a una battaglia interiore legata alla propria identità. I traumi interpersonali precoci, di cui i membri della comunità LGBTQ+ sono statisticamente più esposti, possono interagire con i traumi bellici, creando un quadro clinico più complesso. La paura del giudizio e dello stigma, sia all’interno dell’ambiente militare che nella società in generale, può rappresentare una barriera significativa nel cercare aiuto e nel fidarsi dei professionisti della salute mentale.

Nonostante l’esercito sostenga di fornire supporto a tutti i soldati, le specificità legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere potrebbero non essere pienamente comprese o affrontate dai servizi tradizionali. La necessità di un approccio “caso per caso”, che tenga conto delle analisi specifiche a livello regionale e di iniziative mirate, diventa ancora più pressante quando si parla di sottogruppi vulnerabili come la comunità LGBTQ+. Anche se non ci sono dati specifici disponibili riguardo il numero di soldati LGBTQ+ che soffrono di PTSD in Israele, la letteratura psicologica e i dati sulle esperienze dei soldati LGBTQ+ suggeriscono che questi individui potrebbero essere esposti a maggiori rischi di sviluppare complicazioni psicologiche legate alla guerra e potrebbero incontrare difficoltà aggiuntive nel ricevere un supporto adeguato e culturalmente competente.


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Superare le barriere: l’accesso alle cure e il bisogno di supporto mirato

L’accesso alle cure per i soldati israeliani affetti da PTSD rappresenta una questione cruciale. Nonostante l’esercito dichiari di aver potenziato i servizi di salute mentale, attraverso l’apertura di nuovi centri e l’integrazione di terapisti civili, la capacità di rispondere all’enorme richiesta è gravemente compromessa dall’escalation del conflitto. La natura prolungata della guerra a Gaza, unita alla possibilità concreta di un’estensione verso il Libano, prefigura un incremento ulteriore dei casi di PTSD nei prossimi mesi e anni.

Le difficoltà nell’accesso alle cure non si limitano soltanto alla disponibilità dei servizi stessi, ma abbracciano anche la loro adeguatezza. Come evidenziato da un medico dell’esercito, le esperienze vissute dai soldati a Gaza risultano profondamente diverse rispetto a quelle delle guerre passate; ciò impone la necessità di approcci terapeutici innovativi e personalizzati. Durante questo conflitto sono stati rapidamente arruolati circa 800 psicologi e professionisti della salute mentale da inviare ai reparti al fine di garantire una risposta immediata.[Analisidifesa].

Per i soldati LGBTQ+, le barriere all’accesso alle cure potrebbero essere ancora più pronunciate. La mancanza di professionisti della salute mentale specificamente formati sulle intersezioni tra trauma bellico e identità LGBTQ+ potrebbe portare a diagnosi incomplete o a trattamenti meno efficaci.

“Ha visto morire molte persone. Forse ha persino ucciso qualcuno”, ha detto la madre di Eliran Mizrahi, un soldato che si è tolto la vita.

La paura di dover nascondere o minimizzare aspetti fondamentali della propria identità durante le sessioni terapeutiche può ostacolare il processo di guarigione. È essenziale garantire che i servizi di supporto siano inclusivi, accoglienti e sensibili alle esigenze specifiche della comunità LGBTQ+[highlighted].

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Riflessioni sulla resilienza e la complessità umana

Quando riflettiamo sull’esperienza dei soldati che tornano dalla guerra, in particolare su quelli che portano con sé le cicatrici invisibili del PTSD, ci confrontiamo con la straordinaria complessità della psiche umana. La psicologia cognitiva ci insegna come i traumi profondi possano alterare i nostri schemi di pensiero e la nostra percezione del mondo, rendendo difficile il ritorno a una “normalità” che non esiste più. La medicina legata alla salute mentale, con le sue terapie mirate, cerca di fornire gli strumenti per superare queste sfide, ma è fondamentale riconoscere che ogni individuo è un universo a sé, con un percorso di guarigione unico.

“È una battaglia silenziosa ma spietata”, affermano diversi esperti di salute mentale in Israele, riferendosi alla crescente crisi psichica nei soldati di ritorno da Gaza.

Forse, di fronte a tanta sofferenza, la nostra maggiore responsabilità come società è quella di creare spazi di ascolto e accettazione, promuovendo una profonda empatia per coloro che hanno sacrificato la loro pace interiore al servizio del loro paese.

Statistica Valori
Soldati in servizio dal 7 ottobre 2023 12.000
% di soldati con PTSD 43%
Stima di soldati che avranno bisogno di supporto psicologico entro il 2024 14. 000
% dei soldati affetti da disturbi psichiatrici 40%
N° di psicologi recentemente assunti 800[highlighted]

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