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Cyberbullismo LGBTQ+: Come proteggere i giovani online?

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  • Nel 2023, il 26.5% degli adolescenti USA ha subito cyberbullismo.
  • Il 77.5% delle vittime ha subito commenti offensivi online.
  • Quasi il 70% dei giovani LGBTQ+ si sente triste.
  • Il 33% del cyberbullismo LGBTQ+ mira all'identità di genere.
  • Oltre il 42% dei giovani LGBTQ+ pensa al suicidio.

Il vasto e interconnesso universo del web, pur offrendo infinite possibilità di connessione e informazione, presenta un rovescio della medaglia sempre più oscuro e minaccioso. Nuove e subdole forme di violenza digitale stanno emergendo, tessendo una rete di insidie che colpisce con particolare virulenza le fasce più giovani della popolazione, con un impatto devastante sulla loro salute mentale. Tra queste, emergono con prepotenza il cyberbullismo, il doxxing e il revenge porn, fenomeni che si distinguono per la loro pervasività e la capacità di raggiungere le vittime ovunque si trovino, invadendo persino gli spazi privati un tempo considerati al riparo da sguardi indiscreti.

Uno studio condotto tra i giovani sotto i 26 anni rivela come il 58% di essi individui nel revenge porn il rischio maggiore connesso all’utilizzo della rete.

Questa percezione del pericolo è un segnale allarmante e sottolinea l’urgenza di affrontare con consapevolezza e determinazione questi fenomeni. La violenza online non è un’entità astratta, ma si manifesta attraverso azioni concrete che lasciano segni profondi e duraturi. Il cyberbullismo, nella sua accezione più ampia, comprende una vasta gamma di comportamenti vessatori perpetrati attraverso strumenti digitali, spaziando da insulti e minacce a vere e proprie campagne diffamatorie. Il doxxing, dal canto suo, si configura come una forma particolarmente insidiosa di cyberbullismo, consistente nella ricerca e divulgazione di informazioni private e personali riguardanti una vittima, con l’intento di esporla a molestie, minacce o ritorsioni nel mondo reale. Un esempio tangibile di questa pratica, riportato anche dalle analisi, è la violenza in rete orientata verso minoranze e categorie vulnerabili, come migranti, rom e persone LGBTQ+, spesso prese di mira con odio e aggressività verbale. Infine, il revenge porn, o “vendetta porno”, rappresenta un reato sessuale di estrema gravità, che consiste nella diffusione non consensuale di immagini o video intimi o a carattere sessuale della vittima, causando un danno psicologico incommensurabile e potenzialmente irreparabile.

Statistiche Recenti

Dati sul Cyberbullismo:
  • Nel 2023, il 26.5% degli adolescenti statunitensi ha segnalato di aver subito cyberbullismo, un aumento rispetto al 23.2% nel 2021.
  • Il 77.5% dei vittimi di cyberbullismo ha subito commenti offensivi online, la forma più comune di bullismo digitale.
  • Il 19.2% dei ragazzi ha saltato giorni di scuola a causa del cyberbullismo, quasi raddoppiato dal 10.3% nel 2016.
  • Il 54% degli adolescenti ha segnalato che il bullismo, sia di persona che elettronico, è un problema significativo nelle loro scuole.
  • Le ragazze adolescenti (59.2%) sono più vulnerabili al cyberbullismo rispetto ai ragazzi (49.5%).
Cosa ne pensi?
  • Questo articolo offre spunti importanti per proteggere i giovani LGBTQ+… 👍...
  • Il cyberbullismo è una piaga, ma focalizzarsi solo sulla comunità LGBTQ+… 🤔...
  • Creare profili 'segreti' è sintomo di un problema più grande: la società… 💔...

Vite doppie e outing forzato: la vulnerabilità specifica dei giovani LGBTQ+

All’interno del variegato panorama delle vittime di violenza digitale, i giovani appartenenti alla comunità LGBTQ+ si trovano ad affrontare una vulnerabilità specifica e spesso amplificata dalla loro identità. Le analisi sottolineano come il cyberbullismo rivolto a questa fascia di popolazione prenda di mira, nel 33% dei casi, proprio l’identità di genere e l’orientamento sessuale. Questa forma di aggressione, che si avvale di strumenti digitali per raggiungere le vittime in ogni momento e in qualsiasi luogo, diventa particolarmente insidiosa per chi, come molti giovani LGBTQ+, potrebbe non sentirsi sicuro o supportato all’interno del proprio nucleo familiare.

Il rapporto 2023 della Human Rights Campaign riporta che quasi 70% dei giovani LGBTQ+ ha avvertito sentimenti di tristezza o disperazione persistenti.

La testimonianza di Paola, una giovane non binaria e bisessuale, evidenzia come l’esporsi sulla propria identità online, pubblicando foto o post a sostegno dei diritti LGBTQ+, possa diventare un catalizzatore per messaggi offensivi, avance indesiderate e minacce da parte di individui cisgender ed eterosessuali. La paura di non essere accettati dalla famiglia rende la denuncia di tali abusi un percorso arduo, spingendo le vittime a cancellare le prove e a cercare di limitare la propria esposizione online, con una conseguente restrizione della propria libertà di espressione e di esplorazione identitaria.

Un aspetto particolarmente delicato che emerge dalle testimonianze è la tendenza, diffusa tra i giovani queer, a creare doppi profili social. Un profilo “ufficiale”, che precede il coming out, e un profilo anonimo, utilizzato per esplorare liberamente la propria identità e connettersi con altri membri della comunità LGBTQ+. Questa pratica, se da un lato offre uno spazio di libertà, dall’altro espone al rischio di outing forzato, ovvero la rivelazione pubblica dell’identità LGBTQ+ senza il proprio consenso. Mentre in passato il coming out poteva essere un processo graduale, gestito con cautela e gradualità, l’interconnessione dei profili social rende questa gradualità più difficile da preservare, aumentando il rischio di esposizione in contesti non scelti e potenzialmente ostili. La storia di Mario P., un giovane che ha vissuto il terrore che un suo profilo anonimo potesse essere scoperto dai compagni di scuola, evidenzia la pressione costante e l’ansia che accompagnano questi giovani nel navigare il mondo online e offline.


Nei recenti studi, si è evidenziato che oltre il 42% dei giovani LGBTQ+ che subiscono bullismo online sono più propensi a tentare il suicidio rispetto ai loro coetanei non vittimizzati.

I giovani LGBTQ+ sono inoltre particolarmente a rischio di sexting e abusi sessuali online. Sebbene il sessismo e l’ostilità contro le persone LGBTIQ* siano largamente diffusi in rete, la condivisione volontaria o involontaria di immagini sessualmente esplicite, anche tra minori, è un fenomeno preoccupante. Le analisi indicano che i giovani LGBTQ+ sono più propensi a inviare foto o video di nudo, spesso senza piena consapevolezza della illegalità di tale comportamento.

È fondamentale che questi giovani siano informati sui rischi e sappiano a chi rivolgersi in caso di necessità.

Strategie di difesa e la forza dell’educazione positiva

In risposta all’espansione della minaccia rappresentata dalla violenza digitale, diventa imprescindibile adottare misure concrete mirate a salvaguardare i giovani ed equipaggiarli con risorse adeguate per una navigazione sicura su Internet. In tale contesto, le associazioni LGBTQ+ svolgono una funzione vitale; esse sono attivamente coinvolte nel combattere il fenomeno del cyberbullismo ed incoraggiano un utilizzo consapevole e prudente dei vari canali digitali. Come indicato dalle linee guida della Human Rights Campaign, uno tra i suggerimenti più ripetuti agli adolescenti è quello di esercitare particolare cautela riguardo alle persone da includere nell’ambito delle relazioni sociali virtuali, oltre che ai materiali distribuiti attraverso tali reti.

Nondimeno, l’approccio efficace contro la violenza online trascende una mera difesa reattiva; esso privilegia l’istruzione proattiva. Tale modello si propone di informare sia coloro che possono essere oggetto di abusi sia gli eventuali perpetratori stessi affinché possano realmente apprendere circa il significato ed il peso etico associato alle proprie azioni. Eventi educativi tenuti da organizzazioni LGBTQ+, specialmente nelle istituzioni scolastiche, hanno già evidenziato come tale forma d’insegnamento possa produrre effetti significativi sulla comunità giovanile. Utilizzando strumenti visivi come video ed esempi tangibili per stimolare discussioni incisive tra i più giovani riguardo alle complessità del fenomeno del bullismo e l’importanza della responsabilità collettiva nel combatterlo — ciò include il semplice atto deontologico dell’indifferenza verso eventi violenti — viene realizzato un intervento educativo particolarmente significativo. I dirigenti delle istituzioni educative hanno manifestato grande soddisfazione poiché sono emerse testimonianze positive da parte degli studenti che avevano avuto esperienze passate legate al bullismo stesso; costoro hanno dimostrato una nuova apertura mentale verso la questione trattata.

L’educazione positiva va ben oltre il confine della scuola; essa richiede l’impegno simultaneo degli adulti presenti nelle diverse sfere quotidiane dei ragazzi: insegnanti, genitori, operatori sanitari. Il fine ultimo risiede nella creazione di un ambiente coeso dove ogni giovane individuo ha la possibilità di esprimere liberamente la propria identità sessuale o la propria percezione del genere senza subire repressione né paura nell’ambiente virtuale. Nel caso in cui ci si imbatta in episodi gravi come il cyberbullismo, diventa essenziale fornire rassicurazioni ai colpiti circa l’esistenza di una solida rete sostentativa pronta ad accoglierli.

Amici, insegnanti, allenatori e altre figure di riferimento possono offrire un aiuto prezioso nel mettere in atto le prime azioni di contrasto: bloccare i contenuti offensivi, segnalare gli abusi e rivolgersi alle autorità competenti, come la polizia postale.

La denuncia è un passo cruciale, non solo per la propria sicurezza, ma anche per proteggere altri potenziali vittime. Le risorse e gli strumenti per affrontare il cyberbullismo esistono, ed è fondamentale che i giovani ne siano consapevoli e si sentano incoraggiati a utilizzarli.

L’ecosistema online, uno spazio di vulnerabilità e potenziale crescita

L’ecosistema online, con la sua intrinseca complessità e rapidità di diffusione delle informazioni, rappresenta per i giovani LGBTQ+ sia uno spazio di potenziale connessione e scoperta sia un terreno fertile per nuove forme di vulnerabilità. La facilità con cui si può essere esposti a contenuti offensivi e discorsi d’odio, amplificati dagli algoritmi dei social media che possono creare “camere di risonanza”, incide profondamente sul benessere psicologico. Sentimenti di tristezza, rabbia e frustrazione sono comuni tra coloro che esperiscono odio online, e l’impatto è ancora maggiore quando la violenza prende di mira caratteristiche specifiche dell’identità, come l’orientamento sessuale o l’identità di genere. Questo può portare a un vero e proprio “esaurimento digitale”, spingendo i giovani a ritirarsi dagli spazi online che un tempo rappresentavano un rifugio sicuro.

Dal punto di vista della psicologia cognitiva, l’esposizione ripetuta a stimoli negativi e l’esperienza di traumi digitali possono alterare i processi di elaborazione delle informazioni e di costruzione della propria autoimmagine.

La costante pressione a nascondere la propria identità o a navigare il web con cautela estrema può alimentare ansia e insicurezza, influenzando la formazione dell’identità in un’età cruciale come l’adolescenza. Dal canto della psicologia comportamentale, i comportamenti di evitamento indotti dal cyberbullismo possono portare a un ritiro sociale e a una riduzione delle opportunità di interazione e crescita.

È importante riconoscere che, nonostante le sfide, l’ambiente online può anche rappresentare uno spazio di crescita e supporto fondamentale per i giovani LGBTQ+. La possibilità di connettersi con altri membri della comunità, trovare informazioni e risorse, e sentirsi parte di un gruppo può contrastare l’isolamento e fornire un senso di appartenenza.

Dal punto di vista della salute mentale, la possibilità di accedere a comunità online di supporto può mitigare gli effetti negativi dei traumi digitali e promuovere la resilienza.

Riflettiamo un istante su quanto sia paradossale: uno strumento nato per connetterci può diventare lo scenario di una solitudine imposta, di una paura costante. Pensare che un ragazzo o una ragazza debba creare profili “segreti” per potersi esprimere liberamente online, o che debba cancellare messaggi offensivi senza poter contare sul supporto incondizionato della propria famiglia, ci svela una fragilità non dell’individuo, ma di un sistema sociale che ancora fatica ad accettare la diversità. La medicina correlata alla salute mentale ci offre gli strumenti per comprendere le ferite invisibili lasciate dai traumi digitali – ansia, depressione, disturbo da stress post-traumatico – e la neuroplasticità ci ricorda che il cervello è in grado di guarire e adattarsi, a patto di ricevere il supporto e le risorse adeguate. Dobbiamo quindi impegnarci a creare un ambiente online e offline in cui ogni giovane, indipendentemente dalla propria identità, si senta sicuro di essere sé stesso, senza la paura che la sua autenticità diventi un bersaglio. Non si tratta esclusivamente di questioni riguardanti la sicurezza nel contesto digitale; piuttosto, essa rappresenta un’importante evoluzione verso una comunità più empatica, inclusiva e sana. Qui, la diversità viene considerata non come un pericolo, bensì come un patrimonio prezioso da valorizzare e festeggiare.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)

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