- 100.000 sfollati da Gaza vivono in Egitto in condizioni precarie.
- Molti bambini accuditi da Pyramids of Hope hanno perso entrambi i genitori.
- Trauma: disturbi da stress post-traumatico, ansia e depressione diffusi.
Oggi, 4 giugno 2025, ore 15:35. Il mondo si presenta come un complesso intreccio di destini, alcuni radiosi di ottimismo, altri offuscati dalla sofferenza. In questo scenario, si ergono con intensità le narrazioni di coloro che, per fuggire da violenza e devastazione, hanno dovuto rinunciare alla loro terra, alla loro dimora, ai loro affetti più cari.
Le Voci degli Sfollati
Le parole di N. S., operatrice umanitaria palestinese, risuonano con una forza destabilizzante: “Abbiamo sempre sentito i nostri nonni parlare delle persone fuggite nella Nakba del 1948. Ora sembra che anche noi faremo parte di quelli ‘lontani per sempre'”. Questa frase, intrisa di storia e di dolore, ci riporta a una realtà troppo spesso dimenticata, quella dei palestinesi costretti a lasciare le proprie case a causa del conflitto. N. S. è una dei circa 100.000 sfollati da Gaza che vivono in Egitto, in una condizione di limbo, tormentati dal senso di colpa e dal trauma dei bombardamenti, ma animati dalla speranza di poter un giorno tornare.
Mohammed Maliha, project manager per l’organizzazione italiana Vento di Terra, condivide la stessa angoscia: “Mentre sono qui a parlare con voi, gran parte della mia famiglia è ancora là solo perché non ha avuto la possibilità di uscire. Negli istanti precedenti si sono contati centinaia di caduti. È possibile che tra quelle vittime ci sia anche qualche membro della mia famiglia”. Queste parole ci ricordano che dietro ogni numero, dietro ogni statistica, ci sono vite umane, famiglie distrutte, sogni spezzati.
Jumana Shahin, ex operatrice umanitaria a Gaza, ora al Cairo, descrive la sua condizione come un “futuro ambiguo, un presente devastante e un passato distrutto”. La sua testimonianza è un grido di dolore che ci invita a riflettere sulla condizione di chi è costretto a vivere in un limbo, bloccato fisicamente ed emotivamente, incapace di elaborare il trauma e di guardare al futuro con serenità.

- Speranza e resilienza: un faro nel buio di Gaza... 🕊️...
- La condizione degli sfollati è inaccettabile, un fallimento... 💔...
- E se guardassimo al trauma non come limite, ma... 🤔...
Le Difficoltà di una Vita Sospesa
La condizione degli sfollati palestinesi in Egitto è resa ancora più difficile dalla loro situazione giuridica. Privi di visto e di permesso di soggiorno, non possono lavorare né iscrivere i figli a scuola. Questa precarietà li condanna a una vita di incertezza e di marginalizzazione, rendendo ancora più difficile il processo di guarigione dal trauma.
Maroua Abudaqqa, una donna con doppia cittadinanza palestinese ed egiziana, ha ideato l’iniziativa denominata Pyramids of Hope, volta a offrire ai minori di Gaza un ambiente lontano dagli orrori dei bombardamenti. Il suo impegno è un esempio di solidarietà e di speranza in un contesto di disperazione. Il progetto accoglie 3500 bambini, molti dei quali hanno perso entrambi i genitori, offrendo loro un sostegno psicologico e un’istruzione che possa aiutarli a superare il trauma.
L’Impatto Psicologico del Trauma
Il trauma subito dagli sfollati palestinesi è profondo e duraturo. I mesi di bombardamenti, la perdita di persone care, la distruzione delle proprie case, la paura costante per la propria vita, hanno lasciato cicatrici indelebili nella loro psiche. Molti soffrono di disturbi da stress post-traumatico, ansia, depressione e sensi di colpa. La difficoltà di elaborare il trauma è ulteriormente aggravata dalla condizione di limbo in cui vivono. L’incertezza sul futuro, la mancanza di prospettive, l’impossibilità di ricostruire la propria vita, rendono ancora più difficile il processo di guarigione. In questo contesto, il sostegno psicologico e sociale è fondamentale per aiutare gli sfollati a superare il trauma e a ritrovare un senso di speranza.
Un Futuro da Ricostruire: Resilienza e Speranza
Nonostante le difficoltà, gli sfollati palestinesi dimostrano una straordinaria resilienza. La loro determinazione a ricostruire la propria vita, a preservare la propria identità culturale, a non perdere la speranza in un futuro migliore, è un esempio per tutti noi.
La storia della Nakba del 1948, che ha segnato la prima grande ondata di profughi palestinesi, è un monito per il presente. È fondamentale non dimenticare il passato, per non ripetere gli stessi errori. È necessario ascoltare le voci degli sfollati, comprendere le loro sofferenze, sostenere i loro sforzi per ricostruire la propria vita.
La comunità internazionale ha la responsabilità di garantire ai palestinesi il diritto di tornare alle proprie case, di vivere in pace e sicurezza, di costruire un futuro di dignità e di giustizia. Solo così si potrà porre fine al ciclo di violenza e di sofferenza che da troppo tempo affligge questa terra.
Oltre il Dolore: Un Nuovo Inizio Possibile
La resilienza umana è una forza inarrestabile. Anche di fronte alle avversità più terribili, l’essere umano è capace di trovare la forza di rialzarsi, di ricostruire, di sperare. Le storie degli sfollati palestinesi sono un esempio di questa straordinaria capacità.
La psicologia cognitiva ci insegna che la rielaborazione del trauma è un processo complesso, che richiede tempo, sostegno e un ambiente sicuro. La terapia cognitivo-comportamentale può essere uno strumento efficace per aiutare le persone a superare il trauma, a modificare i pensieri negativi e a sviluppare strategie di coping più efficaci.
La psicologia comportamentale, d’altra parte, ci mostra come i comportamenti appresi durante un evento traumatico possano persistere nel tempo, influenzando la vita quotidiana della persona. È importante identificare questi comportamenti e lavorare per modificarli, al fine di favorire un adattamento più sano e funzionale.
La nozione base di psicologia cognitiva che possiamo applicare qui è che i nostri pensieri influenzano le nostre emozioni e i nostri comportamenti. Nel contesto del trauma, pensieri negativi e intrusivi possono alimentare ansia, depressione e altri disturbi. Una nozione avanzata è che la plasticità neuronale permette al cervello di riorganizzarsi e formare nuove connessioni anche dopo un evento traumatico, aprendo la strada alla guarigione e alla resilienza.
Riflettiamo su come possiamo contribuire a creare un mondo più giusto e pacifico, dove nessuno sia costretto ad abbandonare la propria casa, dove tutti possano vivere in dignità e sicurezza. La compassione, l’empatia e la solidarietà sono le armi più potenti che abbiamo per combattere l’odio, la violenza e l’ingiustizia.
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Revisione 1: “Sembra che il destino ci assegnerà lo stesso ruolo di esiliati perpetui.”
*Revisione 2:* “Forse saremo destinati a unirci al gruppo di coloro che non faranno mai più ritorno.”