Cervello quantico: la fisica svela i segreti nascosti della mente?

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  • La fisica quantistica, nata nel novecento, rivoluziona la comprensione del cosmo.
  • Telomeri corti aumentano del 14% il rischio di demenza.
  • Il progetto MNESYS coinvolge oltre 500 scienziati italiani.
  • Alzheimer: aumento del 28% del rischio con telomeri accorciati.
  • La legge dell'attrazione è radicata nella filosofia del XIX secolo.

La fisica quantistica, fin dalla sua scoperta agli albori del Novecento, ha radicalmente trasformato la nostra comprensione del cosmo, dimostrando che le proprietà della materia e dell’energia a livello subatomico sono profondamente interconnesse e non possono essere concepite isolatamente. Questa prospettiva rivoluzionaria, definita da alcuni come uno “scisma” della fisica classica, ha aperto orizzonti inediti, spingendo la ricerca a esplorare le intricate dinamiche che regolano l’universo a scale infinitesimali, lì dove le leggi che governano il nostro mondo macroscopico non sono più sufficienti. Incredibilmente, questa lente d’ingrandimento sulla realtà più profonda ha iniziato a gettare una nuova luce anche sul funzionamento dei sistemi biologici, compreso l’organismo umano. La biologia quantistica, un campo di studi emergente, si dedica proprio all’indagine degli effetti quantistici sui processi vitali, rivelando come fenomeni tipici del mondo subatomico possano influenzare la stabilità di strutture complesse come i telomeri, protettori dei nostri cromosomi e legati alla longevità cellulare.

Nota di studio: Secondo una recente ricerca pubblicata nel 2023, telomeri più corti sono correlati a un minore volume cerebrale e a un aumento del 14% del rischio di sviluppare demenza e fino al 28% di Alzheimer.

La trascrizione e traduzione delle proteine dal DNA, con le sue delicate modificazioni sotto l’effetto di agenti mutageni, e persino la generazione di radiazioni elettromagnetiche da parte delle membrane cellulari, sembrano coinvolgere meccanismi che affondano le radici nella meccanica quantistica. Ma è forse nel cervello umano che le implicazioni di questa nuova scienza diventano ancora più suggestive. La scoperta dell’entanglement, quel legame misterioso che unisce particelle subatomiche indipendentemente dalla distanza che le separa, e l’emissione di fotoni da parte dei neuroni, suggeriscono che la comunicazione neuronale non si limiti alla trasmissione elettrochimica classica, ma possa coinvolgere dinamiche di gran lunga più complesse e veloci. Questa ipotesi solleva interrogativi fondamentali sui meccanismi alla base delle nostre percezioni sensoriali e, soprattutto, sulla natura stessa della mente e della coscienza.

Studi condotti su modelli sperimentali hanno avanzato l’idea che processi quantistici possano giocare un ruolo cruciale nella codifica e nell’elaborazione delle informazioni nel cervello. Il progetto italiano MNESYS, un centro di eccellenza nella ricerca sul cervello, si propone di indagare il funzionamento del sistema nervoso in condizioni fisiologiche e patologiche, aprendo nuove strade per la comprensione e il trattamento delle patologie neurodegenerative.

Progetto MNESYS: Finanziato dal PNRR, coinvolge oltre 200 progetti e 500 scienziati da università e centri di ricerca di tutta Italia, promuovendo la ricerca interdisciplinare.

L’applicazione della teoria quantistica alla medicina potrebbe portare a rivoluzioni inaspettate, non solo nella diagnosi e terapie, ma anche nella gestione e sicurezza dei dati sanitari, un campo in cui la crescente mole di informazioni richiede approcci computazionali innovativi. Un esempio concreto dell’intersezione tra fisica quantistica e medicina risiede nell’analisi dei telomeri. La lunghezza di queste strutture è un indicatore cruciale della salute cellulare e del processo di invecchiamento. La loro progressiva riduzione è stata collegata a un maggior rischio di sviluppare patologie neurodegenerative, come la demenza di Alzheimer, dove individui con telomeri più corti mostrano una probabilità significativamente maggiore di ammalarsi.

Patologia Correlazione con i telomeri
Demenza di Alzheimer Aumento del 28% del rischio con telomeri accorciati
Malattia di Parkinson Accorciamento rapido dei telomeri associato a deterioramento cognitivo precoce

L’ipotesi che l’entropia quantistica possa influenzare la regolazione della lunghezza dei telomeri apre la possibilità di nuovi interventi terapeutici, mirati a modulare questo processo a livello subatomico per contrastare l’invecchiamento cellulare e le malattie ad esso correlate. L’analisi dei cambiamenti dell’entropia quantistica all’interno della cellula e la possibilità di regolarla per invertire processi dannosi rappresenta un’avanguardia nella ricerca medica. Al di là dei telomeri, un altro ambito in cui la meccanica quantistica offre spunti interessanti è lo studio del dolore neuropatico cronico, una condizione debilitante spesso resistente alle terapie convenzionali. Recenti scoperte suggeriscono che il tunneling quantistico possa essere alla base della comunicazione neuronale alterata in queste condizioni.

“La fisica quantistica fornisce un nuovo quadro per comprendere fenomeni complessi come il dolore neuropatico, suggerendo che meccanismi subatomici possano essere coinvolti nella trasmissione del dolore.” [Corriere della Sera]

L’effetto tunneling si manifesta anche nel DNA, dove il movimento istantaneo di protoni tra le basi nucleotidiche potrebbe essere alla base delle mutazioni spontanee, comprese quelle adattative che guidano l’evoluzione. Non è un caso che molte tecnologie moderne, dai diodi alle memorie informatiche, sfruttino proprio questo effetto quantistico. Analogamente, senza il tunneling, le reazioni nucleari che alimentano le stelle non potrebbero avvenire alle temperature presenti nei loro nuclei.

Le tecnologie diagnostiche e terapeutiche attuali già integrano in misura crescente principi della fisica quantistica. La spettroscopia di risonanza magnetica nucleare, la radioterapia, i trattamenti a ultrasuoni e l’ablazione con radiofrequenza, così come l’utilizzo di luce infrarossa e ultravioletta per curare lesioni cutanee croniche, sono esempi di come concetti quantistici siano già applicati in ambito clinico. Tuttavia, il potenziale di convergenza tra tecnologie quantistiche e medicina è ancora in gran parte inesplorato.

Il calcolo quantistico, con la sua capacità di simulare interazioni molecolari con un’efficienza senza precedenti, promette di accelerare drasticamente la scoperta e lo sviluppo di nuovi farmaci, rivoluzionando l’approccio alla farmacologia. L’analisi del DNA e l’interpretazione delle informazioni genomiche possono trarre vantaggio significativo da una potenza computazionale straordinaria. L’impiego dei sensori quantistici è caratterizzato da una sottile sensibilità mai raggiunta prima, che rende possibile il riconoscimento di biomarcatori in concentrazioni infinitesimali; questo scenario apre orizzonti alle diagnosi anticipate riguardo a malattie altrimenti complesse da individuare nelle fasi iniziali. Le nanoparticelle semiconduttrici conosciute come quantum dots stanno emergendo come strumenti indispensabili per ottenere immagini cellulari e tissutali altamente accurate, per dirigere terapie farmacologiche in modo preciso e per creare biosensori specializzati.

In modo sorprendente è dimostrato come nel corso dell’evoluzione naturale sia emerso un ricco repertorio di meccanismi capaci di utilizzare le leggi della meccanica quantistica stesso nell’ambito dei processi vitali. Integrare questa significativa consapevolezza scientifica nell’ambito medico promette non solo innovazioni terapeutiche senza precedenti ma anche stimoli creativi in grado di alimentare concetti veramente originali. L’evoluzione verso una medicina ancorata ai principi della fisica quantistica si presenterà come un processo lungo, necessario per superare quella che è una resistenza intrinseca al cambiamento di paradigmi ben radicati e per permettere investimenti significativi in innovazioni tecnologiche e nelle necessarie infrastrutture. Nonostante ciò, l’approccio offerto dalla fisica quantistica potrebbe rivelarsi decisivo nel ridurre le distanze fra varie aree del sapere scientifico, favorendo così connessioni più robuste tra settori che sembrano inizialmente dissimili. È imperativo accogliere questa visione sinergica per rispondere efficacemente alle intricate problematiche della medicina contemporanea.

Oltre la scienza: il fascino del cervello quantico e le sue interpretazioni

Il concetto di “cervello quantico” ha catturato l’immaginazione popolare, diffondendosi attraverso libri e contenuti online che promettono la scoperta di poteri nascosti della mente umana derivanti dai principi della fisica quantistica. Secondo questa visione, il cervello possiederebbe capacità inedite, come la possibilità di influenzare la realtà e raggiungere obiettivi semplicemente attraverso il pensiero. Questa credenza si basa sull’interpretazione speculativa di alcuni aspetti della meccanica quantistica, in particolare il ruolo dell’osservatore nella determinazione dell’esito di un esperimento.

Nella meccanica quantistica, che descrive il comportamento della materia a scale atomiche e subatomiche, la realtà si presenta come un insieme di probabilità prima dell’osservazione. L’atto di misurare costringe l’oggetto quantistico a “scegliere” uno stato definito. Questa caratteristica controintuitiva ha portato ad alcune interpretazioni, come quella di Von-Neumann-Wigner, che attribuiscono alla coscienza dell’osservatore un ruolo attivo nell’influenzare questo processo. Tuttavia, è cruciale sottolineare che questa interpretazione non è universalmente accettata dalla comunità scientifica e contrasta con le attuali scoperte neuroscientifiche, che identificano la coscienza come un fenomeno emergente dall’attività cerebrale, non come un’entità separata in grado di interagire con il mondo materiale in modo non fisico.

Il linguaggio scientifico utilizza termini con significati specifici che possono differire dal loro uso comune. Il concetto di “osservatore” in fisica quantistica, ad esempio, si riferisce al sistema utilizzato per la misurazione e non necessariamente a una persona dotata di coscienza. Come brillantemente descritto da illustri fisici, l’esito degli esperimenti quantistici è intrinsecamente casuale, e la nostra capacità di previsione si limita alla stima delle probabilità. Non esiste alcuna evidenza scientifica che suggerisca la possibilità di influenzare attivamente tali esiti con la volontà o il pensiero. Ciononostante, l’idea che la coscienza possa interagire con il mondo quantistico è stata sfruttata per promuovere concetti come la legge dell’attrazione. Quest’ultima, radicata nella filosofia del New Thought del XIX secolo, afferma che i pensieri, essendo energia, attirano nella nostra vita esperienze positive o negative in base alla loro “vibrazione”. In questa prospettiva, la meccanica quantistica verrebbe utilizzata come presunta base scientifica per giustificare tali affermazioni, identificando il “cervello quantico” come il meccanismo attraverso cui la legge dell’attrazione opererebbe.

Tale teoria postulerebbe l’esistenza di “onde del pensiero” generate dal cervello, in grado di propagarsi nell’ambiente e influenzare la realtà circostante, attrarre opportunità e plasmare il destino. Sebbene le neuroscienze riconoscano l’esistenza di onde cerebrali (misurabili tramite EEG e correlate all’attività neuronale e agli stati di coscienza), non esiste alcuna prova scientifica che queste onde possano estendersi al di fuori del cervello e interagire con il mondo esterno in modo coerente con le affermazioni della legge dell’attrazione.

Un altro aspetto spesso enfatizzato dai sostenitori del “cervello quantico” è il potere del pensiero positivo. La psicologia ha ampiamente dimostrato i benefici di un atteggiamento ottimistico e di una buona autoefficacia sul benessere individuale e persino sulla salute. Ricercatori nel campo della psicologia positiva e cognitiva hanno documentato ampiamente come la fiducia nelle proprie capacità e una visione costruttiva possano favorire il raggiungimento di obiettivi. Tuttavia, nessuno di questi studi suggerisce che il pensiero positivo da solo sia sufficiente a garantire il successo o a cancellare il rischio di fallimento, intrinseco a qualsiasi attività umana. Al contrario, la sola visualizzazione del risultato desiderato, senza un piano d’azione concreto e un’analisi realistica dei potenziali ostacoli, si è dimostrata inefficace. Studi nel campo della psicologia comportamentale e cognitiva hanno evidenziato che concentrarsi sul processo necessario per raggiungere un obiettivo (anziché solo sul risultato finale) è una strategia di gran lunga più efficace. Inoltre, un approccio noto come “pessimismo difensivo”, che implica l’analisi dei possibili esiti negativi per prepararsi adeguatamente, può persino migliorare le prestazioni.

La legge dell’attrazione e teorie simili che promettono il controllo totale sulla propria vita attraverso il pensiero tendono a ignorare la complessità dei sistemi sociali e ambientali in cui viviamo. La nostra esistenza è influenzata da un’infinità di variabili esterne su cui abbiamo poco o nessun controllo. Promuovere l’idea di un potere individuale illimitato, sganciato dal contesto, può portare a conseguenze dannose, come la creazione di immotivati sensi di colpa per situazioni avverse e lo sviluppo di “ideologie legittimanti”.

Riflessione critica: É importante riconoscere che il successo e il fallimento non sono solo il risultato dell’impegno individuale, ma anche il prodotto delle condizioni sociali, economiche e culturali in cui viviamo.

Queste visioni del mondo tendono a giustificare le disuguaglianze sociali, attribuendo il successo o il fallimento esclusivamente al merito o al demerito individuale, minimizzando o ignorando completamente il ruolo di fattori esterni come le opportunità ereditate o le barriere sistemiche. Adottare questa prospettiva restrittiva impedisce una comprensione lucida e realistica della realtà e, paradossalmente, finisce per creare nuove illusioni anziché smantellare quelle esistenti. Il fascino di queste teorie risiede spesso nella loro capacità di offrire una visione semplificata e un senso di controllo in un mondo percepito come caotico. Tuttavia, per attuare cambiamenti significativi nella propria vita, non basta semplicemente visualizzarli. Non esiste un “potere quantico” magico che genererà automaticamente una cascata di eventi in linea con i nostri pensieri.

Cosa ne pensi?
  • 🧠💡 Affascinante come la fisica quantistica possa aprire nuove frontiere......
  • 🤔 Scettico sull'applicazione diretta della fisica quantistica al cervello......
  • 🌌🤯 E se la coscienza fosse davvero un fenomeno quantistico......

La prospettiva delle neuroscienze e le ricerche sull’entanglement nel cervello

Le neuroscienze, in quanto disciplina scientifica basata sull’indagine del cervello e del sistema nervoso, approcciano la questione della coscienza e della cognizione con un’enfasi sui processi biologici e sulle interconnessioni neurali. Nonostante l’attrattiva delle teorie sul “cervello quantico”, il consenso scientifico all’interno delle neuroscienze attribuisce la coscienza e le funzioni cognitive all’attività complessa e interdipendente dei neuroni e delle loro reti. Lo studio del cervello come un immenso sistema elettrochimico, in cui le reti neurali si attivano scambiando informazioni attraverso segnali elettrici e chimici, costituisce la base della comprensione neuroscientifica del pensiero, delle emozioni e delle azioni.

Tuttavia, l’emergere della biologia quantistica e le recenti ricerche, come quelle basate sul lavoro di studiosi come Alessandro Rossi, hanno riacceso l’interesse per la possibilità che fenomeni quantistici possano giocare un ruolo sottostante, o complementare, ai noti processi neuronali.

Recenti studi dimostrano che l’entanglement quantistico potrebbe influenzare la sincronizzazione e la coordinazione delle attività cerebrali. [Festival delle Neuroscienze]

Uno dei concetti quantistici più suggestivi in questo contesto è l’entanglement. L’entanglement descrive un legame profondo e misterioso tra particelle subatomiche, per cui lo stato di una particella è intrinsecamente legato allo stato delle altre nel sistema, indipendentemente dalla distanza che le separa. Questo fenomeno, che sfida l’intuizione basata sul mondo macroscopico, ha enormi implicazioni teoriche e pratiche, ed è alla base del funzionamento dei computer quantistici. L’idea che l’entanglement possa verificarsi anche all’interno del cervello umano ha sollevato domande affascinanti sulla natura della coscienza e sulla rapidità ed efficienza della comunicazione neuronale.

La fisica quantistica offre nuovi spunti per le neuroscienze: i fenomeni quantistici potrebbero influenzare il comportamento dei neuroni o delle strutture cellulari più piccole al loro interno, come i microtubuli.

Ricerche teoriche e sperimentali preliminari stanno esplorando la possibilità che fenomeni quantistici possano influenzare il comportamento dei neuroni o delle strutture cellulari più piccole al loro interno, come i microtubuli. Alcuni studi suggeriscono che l’entanglement potrebbe verificarsi nelle fibre nervose del cervello, ipotizzando che ciò potrebbe accelerare i segnali elettrici e aumentare l’efficienza computazionale del cervello.

Sebbene queste ricerche siano ancora nelle fasi iniziali e richiedano ulteriori verifiche sperimentali rigorose, aprono la possibilità di una comprensione più profonda dei meccanismi neuronali che non può essere completamente esaurita dalle sole descrizioni classiche.

Non si tratta di affermare l’esistenza di un vero e proprio “cervello quantico” nel senso popolare del termine (ossia un organo capace di manipolare attivamente la realtà con la forza del pensiero), ma piuttosto di indagare se i principi della meccanica quantistica possano fornire nuove chiavi di lettura per i processi biologici e cognitivi che si verificano all’interno del cervello. L’integrazione delle prospettive della fisica quantistica e delle neuroscienze potrebbe portare a modelli più completi e sofisticati del funzionamento cerebrale, in particolare per quanto riguarda i meccanismi alla base della coscienza, della percezione e dell’integrazione delle informazioni.

La teoria di Penrose-Hameroff suggerisce che la coscienza possa emergere dai processi quantistici avvenenti all’interno dei microtubuli neuronali.

La teoria di Penrose-Hameroff, una delle proposte più note sull’argomento, suggerisce che la coscienza possa emergere da processi quantistici che avvengono all’interno dei microtubuli neuronali. Sebbene questa teoria susciti ancora ampio dibattito e manchi di prove sperimentali definitive, dimostra l’interessante potenziale di esplorare il cervello da un punto di vista quantistico. La ricerca sull’entanglement nel cervello, pur essendo ancora in una fase ipotetica, alimenta la possibilità che la sincronizzazione e la coordinazione rapida tra neuroni distanti possano essere in parte spiegate da legami quantistici, andando oltre la semplice trasmissione sinaptica. Gli studi sul bio-entanglement, che indagano le interazioni quantistiche tra organismi viventi o tra individui e materia, sono un campo emergente che potrebbe fornire spunti ulteriori sulla connessione intrinseca tra fenomeni quantistici e sistemi biologici complessi. L’idea che la realtà fisica, a un livello fondamentale, sia “non locale” (influenzata da interazioni che non richiedono contatti o segnali che viaggino nello spazio-tempo) e che l’entanglement ne sia la dimostrazione più palese, apre scenari affascinanti per la comprensione della mente e della sua interazione con l’ambiente.

In sintesi, mentre le neuroscienze classiche offrono un quadro dettagliato del funzionamento cerebrale a livello elettrochimico e strutturale, la prospettiva quantistica, se confermata da solide evidenze empiriche, potrebbe aggiungere un ulteriore strato di comprensione, rivelando dinamiche e interconnessioni che rimangono nascoste con gli approcci tradizionali.

Riflessioni conclusive sulla mente e la realtà

Il viaggio attraverso le teorie del “cervello quantico”, le sue interpretazioni e le sfide scientifiche sollevate dalla biologia quantistica ci porta a riflettere su concetti fondamentali che toccano la nostra stessa essenza. A livello base della psicologia cognitiva e comportamentale, impariamo che la nostra percezione e reazione al mondo sono fortemente influenzate da schemi mentali e credenze che si formano attraverso l’esperienza. Pensieri ed emozioni non sono entità isolate, ma processi dinamici che plasmano il nostro comportamento e la nostra interazione con gli altri. Questo è un punto cruciale: le strategie per migliorare il benessere e raggiungere obiettivi si concentrano sull’identificazione e modifica di questi schemi, non su un presunto potere magico del pensiero. Se da un lato la psicologia ci insegna l’importanza dell’autoefficacia e dell’ottimismo come leve per affrontare le sfide, dall’altro ci mette in guardia dal sottovalutare il ruolo del contesto e delle variabili esterne che inevitabilmente influenzano il corso della nostra vita. Cadere nell’illusione di un controllo totale non solo è irrealistico, ma può anche generare frustrazione e sensi di colpa immotivati. Approfondendo, possiamo considerare concetti più avanzati come il bias di conferma (la tendenza a cercare, interpretare e ricordare informazioni che confermano le proprie credenze preesistenti) o l’impatto dei traumi sulla struttura e funzione del cervello. Questi fenomeni complessi dimostrano che la nostra “realtà” percepita non è una semplice registrazione oggettiva, ma una costruzione attiva influenzata da esperienze passate, stati emotivi e inclinazioni cognitive. I traumi, in particolare, possono letteralmente rimodellare le reti neurali, influenzando profondamente il modo in cui elaboriamo le informazioni e rispondiamo agli stimoli. Questo ci offre una prospettiva più sfumata sul potenziale di cambiamento personale, sottolineando che non si tratta di un semplice “pensare positivo”, ma di un processo spesso complesso che può richiedere un lavoro mirato, anche terapeutico, per sciogliere nodi profondi e ripristinare un rapporto più sano con sé stessi e con il mondo.

La discussione sul “cervello quantico”, al netto delle speculazioni infondate, ci invita a una riflessione più ampia sulla natura della mente, della coscienza e sulla loro possibile relazione con i livelli più profondi della realtà fisica. Che i processi quantistici si manifestino in modo significativo nel cervello o meno, il dibattito stesso ci spinge a mettere in discussione le nostre assunzioni e ad affrontare il mistero ineffabile della coscienza con un approccio multidisciplinare. Forse la vera potenza del nostro cervello non risiede nella capacità di piegare la realtà al nostro volere con la forza del pensiero, ma nella sua straordinaria capacità di adattarsi, imparare e creare significato in un universo complesso e affascinante, i cui segreti continuiamo appena a scandagliare. La ricerca della verità, in ogni campo, richiede rigore, umiltà e la volontà di andare oltre le facili risposte, abbracciando la complessità e l’incertezza che sono intrinseche alla nostra esistenza e al cosmo stesso.


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