- Richieste di supporto psicologico +10% (2020-2025) causa «sindrome da corridoio».
- Il 93% dei professionisti considera cruciale il benessere mentale sul lavoro.
- Solo il 30% delle imprese offre iniziative mirate al benessere mentale.
Il panorama lavorativo contemporaneo è testimone di una trasformazione profonda nella percezione e nell’importanza della salute mentale, un fattore che sta emergendo non solo come una questione di diritti e cura individuale, ma come un pilastro fondamentale per la produttività, la sostenibilità e l’attrattività aziendale. Iniziative di sensibilizzazione come la Giornata Mondiale della Salute Mentale, tenutasi il 10 ottobre, catalizzano l’attenzione su tematiche cruciali quali la diagnosi precoce, l’accessibilità alle cure e il superamento dei pregiudizi, ma la discussione si espande ben oltre le celebrazioni annuali, entrando prepotentemente nel dibattito sulle politiche aziendali e pubbliche. Eventi come il convegno di Matera del 3 ottobre 2025, intitolato “Salute mentale in Basilicata: sfide e prospettive future”, riflettono l’impegno crescente a livello regionale e nazionale nell’affrontare queste tematiche con un approccio proattivo e lungimirante.

Il cambiamento culturale in atto ha profonde radici negli strascichi psicologici della pandemia di Covid-19. Sebbene l’emergenza sanitaria sembri ormai un ricordo, le sue ripercussioni sulla fragilità psicologica della popolazione sono ancora evidenti. Un’indagine condotta da GPF Inspiring Research per Enpap nel luglio 2025 ha rilevato un aumento significativo delle richieste di supporto psicologico, passando dal 29% al 39% tra il 2020 e il 2025. Questo dato, che evidenzia un incremento di dieci punti percentuali, sottolinea una “sindrome da corridoio”, come definita dal Rapporto sul welfare aziendale di Censis Eudaimon, secondo cui ansie e disagi legati alla vita privata e lavorativa si fondono, riducendo drasticamente il benessere soggettivo e la qualità della vita.
Questa nuova consapevolezza si traduce in un’esplicita richiesta da parte dei lavoratori: il wellbeing aziendale non è più un optional, ma una priorità indiscussa. Il report “Salary Guide 2025” di HAYS Italia ha rivelato che il 93% dei professionisti considera il benessere mentale sul posto di lavoro un argomento di primaria importanza, con oltre l’80% convinto del suo impatto positivo diretto sulle performance. La disparità esistente tra ciò che i dipendenti si aspettano dalle proprie aziende e quelle che sono realmente disposte a implementare resta particolarmente evidente. Una percentuale notevele del 63% della forza lavoro percepisce insufficiente sostegno da parte dei propri superiori o dirigenti; parallelamente, il 70% afferma che l’attenzione al benessere mentale non ha trovato spazio nell’ambito culturale dell’organizzazione. Attualmente, solo circa tre imprese su dieci forniscono iniziative mirate in questo settore; le più comuni comprendono la flessibilità negli orari lavorativi, con una diffusione del 55%, la disponibilità della consulenza psicologica al 46%, insieme a sessioni pratiche dedicate alla mindfulness o alla meditazione valutate al 28%, ed infine workshop tematici pari anch’essi al 28%. Tali cifre rappresentano un vero bando d’emergenza per le imprese, chiamate non soltanto ad assolvere responsabilità etiche, ma anche a perseguire esigenze strategiche nel reclutamento e mantenimento delle professionalità migliori – specie fra i giovani talentuosi. Il fascino intrinseco di queste offerte è incontrovertibile: per ben il 70% degli individui coinvolti, hanno potuto sperimentare vantaggi reali quali un aumento della qualità ambientale sul posto di lavoro(48%), una consapevole scomparsa dello stress(42%) ed infine un segno rilevante nella creazione del giusto equilibrio fra sfera personale e professionale(42%). Questo scenario globale evidenzia come l’investimento nel benessere mentale sia una scelta win-win, che porta benefici sia ai singoli che all’intera organizzazione, traducendosi in maggiore produttività, minore assenteismo e una reputazione aziendale più solida.
- 62,8% dei lavoratori hanno valutato il benessere mentale al massimo da 1 a 10.
- 61% dei dipendenti hanno evidenziato un malessere psicologico crescente.
- 17% dei lavoratori si sente “in salute mentale”.
- 85,3% dei lavoratori desidera programmi di supporto psicologico.
Le iniziative aziendali e la loro efficacia: oltre la retorica
L’implementazione di programmi per la salute mentale in azienda è un investimento che va ben oltre la mera aderenza a un trend. Si tratta di una leva strategica in grado di generare valore tangibile, migliorando il clima interno, riducendo il turnover e l’assenteismo, e incrementando la produttività. Le aziende che scelgono di non affrontare queste sfide rischiano non solo una diminuzione delle performance e della fidelizzazione dei talenti, ma anche un danno reputazionale significativo. La ricerca di Deloitte, ad esempio, evidenzia come le organizzazioni che gestiscono efficacemente la salute mentale dei propri collaboratori possano godere di una riduzione del turnover, abbattendo i costi di reclutamento e formazione. Questo si traduce in una maggiore soddisfazione lavorativa e in un impegno più profondo da parte dei dipendenti, alimentando un ciclo virtuoso di benessere e produttività.

Il benessere mentale sta rapidamente diventando un elemento cruciale dell’Employer Value Proposition (EVP), specialmente per le nuove generazioni di lavoratori che attribuiscono un valore sempre maggiore all’equilibrio tra vita professionale e personale, alla cultura aziendale e ai valori etici, spesso anteponendoli alla retribuzione. In questo contesto, le aziende che si distinguono per un impegno autentico nella promozione del benessere mentale diventano dei veri e propri “magneti” per i talenti, rafforzando il proprio brand e distinguendosi nel mercato del lavoro.
Per trasformare la retorica in azione concreta, le aziende possono adottare un approccio strutturato e continuativo. Tra le iniziative più efficaci, spiccano la formazione dei manager sulla leadership empatica e l’ascolto attivo, che permette di riconoscere i segnali di stress nei team e intervenire tempestivamente. Le politiche di flessibilità e smart working consentono ai dipendenti di gestire meglio l’equilibrio tra vita privata e professionale, riducendo lo stress legato agli orari rigidi. L’analisi del clima aziendale attraverso strumenti specifici consente di identificare aree di miglioramento e pianificare interventi mirati. Inoltre, sessioni formative sul work-life balance, workshop sulla gestione dello stress e la mindfulness, e Giornate del Benessere con attività di yoga o meditazione guidata, offrono strumenti pratici e momenti di pausa essenziali.
- Check-in settimanali con psicologi interni o esterni.
- Sedute sospese aziendali per consulenze psicologiche entrambe finanziate.
- Formazione dei manager all’intelligenza emotiva.
Un ruolo centrale è svolto dal supporto psicologico diretto. Le aziende possono scegliere tra l’introduzione di una figura fissa, come lo psicologo aziendale, che offre consulenze individuali e di gruppo, supporto manageriale e facilitazione del dialogo; oppure optare per servizi online specializzati. Numerose piattaforme, come Mo’ Sto Bene, Unobravo, Serenis, Mindwork, GPO – Gli Psicologi Online, InTherapy, Sygmund, Fitprime Therapy, Stimulus Italia e PsyCare, offrono accesso a professionisti della salute mentale attraverso consulenze individuali, webinar, workshop e percorsi personalizzati. Le proposte considerate flessibili e accessibili, appositamente progettate per adattarsi ai modelli operativi dello smart working, assicurano un supporto costante a prescindere dalla localizzazione fisica del lavoro. Tuttavia, nonostante l’evidente rilevanza di tali iniziative, una percentuale significativa pari al 61,7% della forza lavoro italiana esprime sensazioni negative circa l’attenzione ricevuta. Questo scenario evidenzia con chiarezza l’urgenza per le aziende di migliorare la visibilità e la concretezza delle proprie misure attuative. È fondamentale dunque implementare un approccio bottom-up, capace di ascoltare e soddisfare i requisiti specifici e individualizzati dei collaboratori.
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Il benessere come investimento strategico e vantaggio competitivo
Non è affatto corretto considerare l’investimento nel benessere mentale dei lavoratori come una semplice spesa operativa; piuttosto lo si dovrebbe intendere come un saggio investimento strategico, capace di apportare vantaggi concreti e facilmente quantificabili all’impresa. Ignorare la cura della salute psicologica del personale può comportare effetti deleteri quali maggiore assenteismo ed elevati tassi di burnout; problematiche segnalate in modo inequivocabile da uno studio condotto da Deloitte: esse non colpiscono soltanto gli individui ma danneggiano anche i processi aziendali stessi riguardanti produttività e attrattività nei confronti delle risorse umane; ciò compromette infine anche i risultati economici globali dell’organizzazione stessa.
Di contro, le aziende impegnate a favore della salute mentale vedono risultati notevoli. Secondo i dati forniti dalla ricerca Hays Italia relativa al 2025, il 93% degli esperti intervistati considera cruciale il benessere psicologico sul posto di lavoro; mentre l’80% asserisce con convinzione che tale fattore abbia ripercussioni positive sulle performance lavorative. Tra le conseguenze favorevoli emerge un differente clima lavorativo, atteso dal 48%, una più alta percentuale relativa alla diminuzione dello stress (42%) ed infine una ridotta discrepanza fra attività professionale e vita privata (battaglia per il bilanciamento quotidiano sul luogo d’impiego) (42%) tra coloro coinvolti nei suddetti programmi. Queste cifre non solo attestano l’efficacia delle iniziative, ma le rendono un potente strumento di attrazione e ritenzione dei talenti, in particolare per le nuove generazioni che privilegiano un ambiente lavorativo sano e inclusivo.

Il welfare aziendale, tradizionalmente concepito come un insieme di benefit economici, sta evolvendo verso un modello olistico che include in modo esplicito la salute mentale e il miglioramento della qualità della vita. Questo si allinea alla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), per cui la salute non è solo assenza di malattia, ma uno “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”. Le aziende che integrano il supporto psicologico nel proprio welfare non solo migliorano il clima aziendale e riducono il turnover, ma ottengono anche un aumento della produttività e della soddisfazione lavorativa.
Secondo il “Mind Health Report 2024” di AXA, il 32% della popolazione globale soffre di disturbi mentali, con un aumento di 5 punti percentuali rispetto al 2022. In Italia, i dati sono altrettanto preoccupanti: il 28% degli intervistati segnala problemi di salute mentale, un incremento di 6 punti, con ansia (14%) e depressione (12%) come disturbi più comuni, spesso legati allo stress e alla mancanza di supporto aziendale. Il 76% dei lavoratori italiani manifesta almeno un sintomo di stress o affaticamento legato al lavoro, e oltre il 51% ritiene che la propria azienda non faccia abbastanza. Un dato eloquente è che il 50% dei lavoratori, e il 71% dei giovani tra i 18 e i 24 anni, dichiara che un impegno concreto dell’azienda nella salute mentale influenzerebbe positivamente la decisione di rimanere sul posto di lavoro.
Il basso coinvolgimento dei dipendenti, come indicato dallo “State of the Global Workplace 2024” di Gallup, ha costi significativi: 8,9 trilioni di dollari l’anno per l’economia globale. In Italia, solo l’8% dei lavoratori si sente realmente coinvolto, un tasso tra i più bassi al mondo, mentre il disimpegno attivo raggiunge il 25%. Le aziende che migliorano il coinvolgimento registrano un aumento del 23% della produttività, una riduzione del 78% dell’assenteismo e un calo del turnover fino al 51%. L’OMS stima che ogni dollaro investito in interventi sulla salute mentale restituisca quattro volte il suo valore in termini di capacità lavorativa e riduzione dei costi sanitari.
Il welfare aziendale, dunque, si delinea come un “Hub del benessere” in grado di supportare il lavoratore nella sua ricerca di benessere psicofisico, emotivo e sociale a 360 gradi. Servizi di coaching, ascolto e orientamento, rivolti in particolare alla salute mentale, diventano indispensabili per costruire un ambiente di lavoro più sano, inclusivo e produttivo, capace di attrarre e trattenere i migliori talenti e di rispondere a un mercato del lavoro sempre più orientato alla “ricerca della felicità”, come indicato dal Settimo rapporto Censis-Eudaimon per il 2025.
Prospettive future: verso una cultura aziendale del supporto
Il riconoscimento dell’importanza della salute mentale all’interno del contesto professionale si configura non come una questione marginale bensì come una realtà saldamente radicata. Ciò esige pertanto una dedizione significativa e misure decisive da parte delle imprese stesse. Studi nel campo della psicologia cognitiva evidenziano come i nostri modelli cognitivi, interpretazioni soggettive delle situazioni e piani d’azione adattivi siano centrali nella regolazione dello stress quotidiano e contribuiscano in modo determinante al mantenimento del nostro equilibrio psichico. Nelle dinamiche aziendali, perciò, la diffusione degli schemi mentali disfunzionali o la carenza in strategie efficaci facilitano pericolosamente gli effetti deleteri degli eventi stressanti sul posto di lavoro, potendo causare condizioni patologiche quali il burnout, l’ansia, così come disposizioni depressive.
Pertanto, è utile considerare approcci alternativi accennati dalla psicologia comportamentale. Questa prospettiva denota che le interazioni nei gruppi operativi, unite alle conduzioni dei capi squadra e ai comportamenti dei collaboratori medesimi, possano ostacolare o sostenere il ciclo trasformativo descritto sopra. Creando quindi “climi favorenti alla comunicatività sincera”, illuminando ora cosébdi;eao{s’,’ – #as”#di legittimizzazione emotiva”. In contrasto a ciò, una cultura organizzativa che emargina le vulnerabilità o trascura i sintomi del malessere genera un ciclo di isolamento e sofferenza. In tale contesto, si affermano prassi difensive ed emozioni represse come consuetudini quotidiane, portando a ripercussioni devastanti sia sulla produttività sia sul benessere comune.
È dunque imperativo che le aziende superino le iniziative occasionali per abbracciare un approccio olistico e integrato alla salute mentale; tale approccio dovrebbe permeare ogni livello della gerarchia aziendale. Non ci si può limitare all’offerta di supporto psicologico o attività come sessioni di mindfulness – sebbene queste rivestano importanza – ma è cruciale plasmare una cultura aziendale in grado di riconoscere e sostenere il benessere psichico come parte integrante del successo organizzativo. La sfida è notevole, ma l’opportunità che ne deriva è ancor più ampia: concepire spazi lavorativi in cui ciascun individuo si senta apprezzato, ascoltato e assistito non solo come risorsa operativa ma anche in quanto individuo completo, capace di esprimere appieno il proprio potenziale equilibrando vita lavorativa e personale. Questa è la vera rivoluzione comportamentale che attende il mondo del lavoro.
- Burnout: stato di esaurimento emotivo, fisico e mentale causato da prolungato stress lavorativo.
- Employer Value Proposition (EVP): l’insieme di vantaggi che un’azienda offre ai suoi dipendenti, contribuendo così alla sua attrattiva.
- Mindfulness: pratica di consapevolezza che insegna a focalizzarsi sul momento presente per ridurre lo stress e migliorare il benessere.
- Sicurezza psicologica: condizione in cui i membri di un team si sentono liberi di esprimere opinioni e preoccupazioni senza timore di conseguenze negative.