- Il neurofeedback riduce i sintomi del PTSD del 79,3% rispetto al controllo.
- Le modifiche genetiche causano iperattivazione nella corteccia prefrontale.
- Neuroni inibitori comunicano meno nei cervelli con PTSD.
La riscoperta del trauma: una nuova prospettiva sulle ‘grid cells’ e il PTSD
Da anni neurologi e psicologi sono coinvolti in un’ardua indagine volta a scoprire i meccanismi fondamentali sottesi al Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD), fenomeno che colpisce milioni di individui a livello globale costringendoli all’interno di un perpetuo loop costituito da memorie invadenti ed emozioni vivide. Gli sviluppi recenti nel campo delle neuroscienze hanno portato all’importante nomina di Mirta Fiorio come presidente della Società Italiana di Psicofisiologia e Neuroscienze Cognitive; ciò ha contribuito a illuminare ulteriormente la complessità intrinseca del cervello umano alle prese con le esperienze traumatiche, aprendo così nuove strade alla comprensione e al trattamento efficace della suddetta condizione patologica. Si pone particolare attenzione sul ruolo delle grid cells (neuroni griglia), neuroni identificati all’interno della corteccia entorinale: si sospetta infatti che essi possano rivestire un’importanza cruciale nella codificazione spaziale nonché nell’organizzazione mnemonica dei traumi subiti.
Anche se gli studi riguardanti le grid cells rispetto al PTSD sono ancora agli inizi, l’interesse crescente nei confronti di tali elementi neuronali lascia presagire cambiamenti significativi nel modo con cui affrontiamo teoricamente e operativamente i ricordi avversi. Recenti ricerche scientifiche hanno messo in luce significative modifiche genetiche presenti nelle cellule cerebrali degli individui affetti da PTSD. Queste modifiche potrebbero essere responsabili di un’intensa condizione di attivazione nella corteccia prefrontale, contribuendo così alla manifestazione di alcuni sintomi caratteristici del disturbo, quali l’iperarousal e i sogni angustiosi. [Yale University]
Tradizionalmente, lo studio del PTSD si è concentrato su aree cerebrali come l’amigdala e l’ippocampo, riconosciute per il loro ruolo cruciale nella elaborazione delle emozioni e nella formazione dei ricordi. Tuttavia, nuove scoperte suggeriscono che la corteccia cingolata posteriore (CCP) giochi un ruolo ben più significativo di quanto si pensasse, processando i ricordi traumatici non come semplici memorie del passato, ma come esperienze vivide e attuali. Questo fenomeno, descritto come un “essere di nuovo nel momento dell’evento traumatico”, spiega la natura debilitante dei flashback e l’impressione che il passato si imponga sul presente. Questi ricordi sono spesso frammentati e difficilmente verbalizzabili, presentandosi come sensazioni fisiche e percettive piuttosto che narrazioni coerenti.
La comprensione che il cervello non sia in uno “stato di memoria” ma in uno “stato di esperienza presente” durante il richiamo di un trauma apre la strada a interventi terapeutici mirati a “ricollocare il passato nel passato”, come avviene con l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), che mira a rielaborare e contestualizzare i ricordi. Inoltre, la modulazione dell’attività delle grid cells attraverso il neurofeedback ha mostrato risultati promettenti nel ridurre i sintomi del PTSD, con una riduzione media dei sintomi diagnosticati* del 79,3% nel gruppo trattato rispetto al 24,4% nel gruppo di controllo. [Askovic et al. (2023)]
Grid cells e la neurobiologia del PTSD: un legame emergente
Le grid cells, scoperte per la prima volta nel 2005, sono una categoria di neuroni che formano schemi esagonali regolari nell’attività cerebrale quando un individuo si muove in un ambiente. Questa “griglia” interna serve come un sistema di coordinate spaziali, essenziale per l’orientamento e la navigazione, e contribuisce in modo significativo alla formazione di mappe cognitive dell’ambiente. La loro localizzazione nella corteccia entorinale mediale, una regione strettamente connessa all’ippocampo e fondamentale per la memoria episodica, suggerisce un ruolo cruciale non solo nella navigazione fisica ma anche nella contestualizzazione temporale e spaziale degli eventi memorizzati.
Nel contesto del PTSD, la disfunzione di questo sistema potrebbe spiegare perché i ricordi traumatici siano spesso avulsi dal loro contesto originale, presentandosi come flash autonomi e decontestualizzati. Se le grid cells sono coinvolte nella creazione di un “GPS interno” che lega gli eventi al loro “dove” e “quando”, un’alterazione della loro funzionalità potrebbe compromettere la capacità di un individuo di archiviare il ricordo traumatico come un evento passato e circoscritto. In sintesi, l’impressione che il trauma si ripresenti potrebbe derivare da una codifica spaziale e temporale non adeguatamente effettuata o danneggiata, conseguenza delle funzioni cellulari interessate.
La situazione neurologica relativa al PTSD risulta estremamente articolata ed è governata da molteplici fattori; essa implica una regolazione irregolare dei neurotrasmettitori come le catecolamine insieme alla serotonina. Inoltre, emerge una comunicazione disfunzionale tra il sistema neuroendocrino e varie aree cerebrali. Ricerche scientifiche suggeriscono che elevate concentrazioni di glucocorticoidi – caratteristiche degli stati legati a stress prolungato – possano compromettere l’efficienza neuronale nell’ippocampo e nella corteccia cerebrale; tale circostanza accentua gli impatti delle memorie traumatiche stesse. In tal contesto particolare, le grid cells, ossia cellule reticolari fondamentali per l’organizzazione spaziale della memoria nel cervello umano, possono costituire un bivio fondamentale. Qualora l’attività funzionale di queste cellule venga minacciata o alterata, vi saranno ripercussioni negative sulla facoltà dell’ippocampo nella sistematizzazione e assimilazione dei ricordi, riportando così a una difficoltà significativa nel convertire esperienze dolorose in semplici reminiscenze ordinarie.
Terapie innovative: neurofeedback e modulazione delle ‘grid cells’
La scoperta di nuove aree cerebrali così come meccanismi pertinenti al disturbo da stress post-traumatico (PTSD) stimola l’emergere di terapie innovative decisamente più specifiche ed efficaci. Considerando che una possibile disfunzione delle grid cells sembra influenzare la decontextualizzazione dei ricordi legati a esperienze traumatiche, le prossime strategie terapeutiche potrebbero porre l’accento sulla modulazione dell’attività di tali cellule. Pertanto, metodologie come il neurofeedback insieme alla stimolazione cerebrale non invasiva presentano potenzialità considerevoli.
Il metodo del neurofeedback permette ai soggetti affetti dal disturbo di imparare a gestire attivamente i propri schemi neurologici grazie a un sistema d’informazione sensoriale immediata. Ricerche cliniche ben strutturate e controllate hanno evidenziato come il neurofeedback fondato su elettroencefalogramma (EEG), specialmente tramite l’ottimizzazione dei ritmi alfa, sia capace di alleviare i sintomi manifesti del PTSD. Ad esempio, uno studio recente condotto nel 2023 ha rivelato modifiche significative nelle connessioni tra Default Mode Network (DMN) e Salience Network (SN), correlate alla psicopatologia inerente al PTSD dopo aver effettuato sedute specifiche sul neuromodulatore. [Askovic et al. (2023)]
Se la natura dei ricordi traumatici è quella di essere elaborati come esperienze presenti anziché memorie, allora le terapie dovrebbero puntare a costruire un ricordo che sia organizzato e consolidato nell’ippocampo, lontano dalla sensazione di rivivere il trauma. Questo significa trasformare un ricordo intrusivo in uno più simile a un ricordo “triste ma ordinario” della vita quotidiana. Se le grid cells sono cruciali per la contestualizzazione spaziale e temporale dei ricordi, il neurofeedback potrebbe essere progettato per modulare specificamente l’attività della corteccia entorinale o delle aree ad essa connesse, mirando a rinforzare la capacità di distinguere tra un evento passato e la realtà attuale.
Questo potrebbe avvenire, ad esempio, attraverso protocolli che incoraggino il cervello a ripristinare schemi di attività delle grid cells più funzionali, aiutando a “ancorare” il ricordo traumatico nel passato. Ulteriori studi sono necessari per esplorare in modo specifico questa connessione, ma le basi per tale ricerca sono promettenti e potrebbero condurre a una rivoluzione nei trattamenti.
Verso una comprensione più profonda: implicazioni e sfide future
L’indagine riguardante le grid cells, in rapporto al PTSD, offre interessanti opportunità, pur comportando significative difficoltà. Una questione cruciale consiste nella necessità di realizzare studi clinici mirati, finalizzati a esplorare in modo diretto come le grid cells siano collegate al trauma e come possano essere modulate nell’ambito della terapia. Attualmente, i risultati disponibili sulla correlazione tra le grid cells e i ricordi traumatici si basano prevalentemente su inferenze derivate dalla comprensione funzionale di tali cellule, insieme a osservazioni riguardanti anomalie nelle attività cerebrali.
- Sito ufficiale della Società Italiana di Psicofisiologia e Neuroscienze Cognitive.
- Approfondimenti sul PTSD dal punto di vista di Yale Medicine.
- Sito della Yale University, fonte delle ricerche sui neuroni inibitori e PTSD.
- Profilo di Mirta Fiorio, nuova presidente della Società Italiana di Psicofisiologia.