- Nel 2024, il 51,4% degli adolescenti italiani vive stati d'ansia o tristezza.
- Il 25% degli adolescenti (12-18 anni) usa chatbot per parlare dei propri sentimenti.
- Il 22% dei giovani preferirebbe raccontarsi in modo anonimo tramite chat.
L’ansia adolescenziale in Italia: un quadro allarmante
La situazione del benessere mentale fra i giovani in Italia si presenta in uno stato allarmante, come dimostrano i risultati delle indagini effettuate nel periodo compreso tra il 2022 e il 2025. Gli ultimi report indicano una preoccupante escalation nella presenza di disturbi d’ansia e depressione fra gli adolescenti.
Un’indagine svolta dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (AGIA) lo scorso 10 ottobre del 2024 ha evidenziato come ben il 51,4% dei partecipanti alla ricerca viva stati d’animo legati a ansia o tristezza. Questa percentuale mette in luce la necessità improrogabile d’intensificare le misure destinate a garantire la salute psichica dei più giovani. A sostegno delle precedenti affermazioni ci sono anche studi più recenti: nel corso dell’anno passato si contavano oltre sedici milioni di cittadini italiani affetti da problematiche psicologiche classificate come moderate o gravi; questo segna un incremento significativo pari al sei percento rispetto ai valori rilevati nel biennio precedente. [ANSA]. Aggiungendo ulteriori elementi di preoccupazione, il rapporto redatto dall’Ocse, previsto per il 2025, mette in evidenza che più di 700.000 ragazzi italiani si trovano ad affrontare questioni legate alla salute mentale; in particolare, l’ansia e la depressione emergono come le problematiche prevalenti [Dire]. Il dato sopra menzionato mette in luce un fenomeno di disagio giovanile, il quale risulta essere diffuso e frequentemente poco compreso dai propri cari. In modo analogo, il quotidiano Il Sole 24 ORE ha riportato il 15 novembre 2023 che il 21% dei giovani manifesta sentimenti d’ansia, con un aspetto ancor più allarmante: un terzo di essi prova una sensazione di vergogna nel richiedere assistenza. Questo fattore sottolinea le difficoltà significative nel poter accedere a servizi di supporto convenzionali. Durante la pandemia dal 2020 al 2022 si è assistito a un aggravamento considerevole delle suddette problematiche. Come riportato da medici e pazienti in un articolo del 26 settembre 2022, l’emergenza sanitaria ha accentuato i disagi psicologici già presenti tra gli adolescenti italiani. Le conclusioni emerse sono state ulteriormente confermate dalle analisi condotte dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù il giorno 19 novembre del 2024; queste hanno messo in evidenza una gamma preoccupante di nuove problematiche: depressione, isolamento sociale, rifiuto scolastico, autolesionismo e disturbi alimentari fino ad arrivare a pensieri suicidari. L’UNICEF Italia, in una nota datata 9 ottobre 2024, ha messo in evidenza gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici, che influiscono su praticamente ogni sfaccettatura della vita dei bambini e degli adolescenti; non si tratta soltanto della loro salute fisica ma anche delle condizioni psicologiche. È emerso che la gravità di questo scenario possa essere giudicata dal report di Sky TG24 dell’3 ottobre dello stesso anno: si prevede che la depressione e altre patologie psichiche diventeranno universali già entro il 2030.
Allo stesso modo, i risultati presentati agli Stati Generali il 27 novembre 2024 segnalano un’esplosione del disagio giovanile nell’attuale epoca digitale: circa uno su due tra gli adolescenti se ne sente colpito. Le indagini condotte dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) insieme al Censis descrivono una realtà allarmante in cui ansie legate alla performance scolastica, timori riguardanti l’avvenire ed interazioni sociali complesse emergono tra i principali problemi riscontrati. Questi fenomeni possono dar luogo a manifestazioni intense quali sbalzi d’umore violenti, lacrime incontrollabili, oppure stati d’indifferenza totale verso ciò che accade intorno. La condizione degli studenti universitari diventa sempre più grave a causa dell’ansia cronica, della depressione correlata alle somatizzazioni, della stanchezza accentuata e di una propensione all’isolamento. Si osservano anche disturbi legati al sonno insieme a difficoltà comportamentali, nonché dipendenze da internet o dal gioco d’azzardo e alterazioni nella sfera alimentare. Una delle barriere più significative per i giovani è rappresentata dalla paura del giudizio – frequentemente influenzata da una loro personale valutazione critica – che ostacola l’accesso ai percorsi terapeutici necessari. Pertanto è indiscutibile la bisogna di un approccio poliedrico e il rafforzamento dei servizi dedicati al sostegno psicologico.
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I chatbot come nuovo strumento di supporto emotivo per gli adolescenti: vantaggi e rischi
In questo panorama di crescente disagio psicologico adolescenziale, emergono nuove modalità di ricerca di supporto, tra cui l’utilizzo dei chatbot. Questi strumenti, basati sull’intelligenza artificiale (IA), sono diventati una presenza sempre più significativa nella vita dei giovani, offrendo un’assistenza immediata e priva di giudizio, ma sollevando al contempo importanti interrogativi etici e pratici.
Secondo una ricerca pubblicata su Sage Journals nel 2023 e ripresa da Orizzonte Scuola Notizie il 13 giugno 2025, un impressionante 25% degli adolescenti tra 12 e 18 anni ha utilizzato un chatbot per “parlare dei propri sentimenti o problemi”, con un 77% che ha trovato l’esperienza utile. Questo dato suggerisce che circa un adolescente su quattro si affida ai chatbot per un primo supporto emotivo, spesso prima di considerare un incontro con uno psicoterapeuta. Questa tendenza può essere in parte legata alla naturale curiosità e propensione alla “sperimentazione” tipica dell’età adolescenziale. Tra gli studenti universitari (18-25 anni), il 4,5% ha utilizzato almeno una volta un “mental health chatbot”, sebbene solo il 6,3% abbia continuato l’uso per oltre sei mesi. È significativo che il 12,6% degli studenti fosse disposto a soluzioni digitali per difficoltà psicologiche ma non alle terapie tradizionali in presenza.
In Italia, dati di Telefono Azzurro (basati su 800 adolescenti tra 12 e 18 anni) rivelano che il 22% preferirebbe raccontarsi in modo anonimo tramite chat, e il 63% considera l’IA e le app di salute mentale facilmente accessibili, apprezzando l’assenza di giudizio (62%). Un ulteriore 42% utilizza l’IA per cercare risposte ai propri problemi. Lo studio dell’Università Tor Vergata – Generazione Z conferma che circa il 20% dei giovani ha usato ChatGPT come “psicologo”. Questa tendenza non è isolata: in Germania, il 27% degli adolescenti ha utilizzato chatbot per questioni emotive, come riportato da Orizzonte Scuola Notizie.
I vantaggi principali offerti dai chatbot includono l’accessibilità immediata e gratuita (disponibili 24/7 senza appuntamento né costi) e la percezione di un ambiente privo di giudizio, che incoraggia gli adolescenti a esplorare pensieri intimi che non condividerebbero con familiari o amici. Questa flessibilità rende i chatbot un “primo passo” o uno strumento di auto-valutazione, soprattutto per temi come ansia da prestazione, burnout, autostima e sessualità. Alcuni chatbot offrono anche esercizi di journaling e meditazione guidata, aiutando gli studenti a verbalizzare e riflettere su sé stessi.
Tuttavia, i rischi associati all’uso dei chatbot sono considerevoli. La mancanza di garanzie sulla privacy dei dati sensibili e personali è una delle preoccupazioni principali, come evidenziato in un articolo del Fanpage del 4 settimane fa, che menzionava l’introduzione da parte di OpenAI di un parental control su ChatGPT a seguito di un tragico caso. Al di là della privacy dei dati, emergono altre questione etiche: la privacy affettiva (protezione di pensieri ed emozioni privati), l’induzione emotiva (rischio di manipolazione delle emozioni) e le relazioni virtuali. Quest’ultimo punto è cruciale, poiché i giovani possono sviluppare attaccamenti malsani e confondere i confini tra relazioni umane e artificiali, portando a una potenziale dipendenza dalla tecnologia digitale, come sottolineato da Divmagic il 28 agosto 2025.
Un ulteriore rischio è il “pregiudizio dell’impostore”, che si manifesta come un persistente sospetto sull’autenticità dell’interlocutore digitale, anche quando si interagisce con un essere umano. Questo può minare la fiducia e l’efficacia di qualsiasi futuro trattamento psicoterapeutico. L’illusione di un ascolto empatico da parte degli algoritmi, come discusso nel Magazine del Mario Negri il 6 giugno 2025, solleva dubbi sull’efficacia reale di un supporto emotivo basato unicamente sull’IA. È cruciale sviluppare linee guida etiche e misure di sicurezza avanzate, come la crittografia end-to-end, per affrontare queste preoccupazioni.
La necessità di linee guida e l’educazione al digitale
La crescente adozione dei chatbot tra gli adolescenti per il supporto emotivo rende indispensabile la definizione di linee guida chiare e l’implementazione di programmi di educazione al digitale. Se da un lato l’IA offre un’opportunità di accesso rapido e anonimo a un primo livello di supporto, dall’altro introduce rischi complessi per la salute mentale e la privacy dei giovani, come ampiamente discusso da diverse fonti nel 2024 e 2025.
Un articolo di Agenda Digitale del 26 giugno 2024, intitolato “Generazione AI: quando i chatbot diventano amici e terapeuti”, mette in luce come il rapporto tra i giovani e i chatbot stia diventando sempre più complesso, oscillando tra supporto psicologico, amicizia virtuale e rischi di dipendenza. L’educazione al digitale è quindi fondamentale per aiutare i più giovani a bilanciare la vita online con quella offline. Questo concetto è rafforzato dall’articolo “Chatbot, confidenti per i minori: attenti ai rischi”, sempre di Agenda Digitale, del 17 luglio 2025, che avverte sui pericoli di un’eccessiva confidenza con gli algoritmi, che possono creare l’illusione di un ascolto profondo ma mancano di autentica empatia e comprensione umana.
Il dibattito sull’IA come “psicologo personale” è una discussione necessaria, come indicato in un blog datato 19 luglio 2025. L’obiettivo dovrebbe essere comprendere come intercettare il bisogno delle persone di rivolgersi ai chatbot per questioni mediche e psicologiche, piuttosto che demonizzarne l’uso. Tuttavia, ciò richiede un quadro normativo e etico robusto. L’impatto dei chatbot sull’apprendimento è stato esplorato anche dal Sole 24 Ore il 12 maggio 2025, suggerendo idee per linee guida destinate a docenti e studenti. Sebbene l’articolo si concentri sull’ambito educativo, i principi di responsabilità e consapevolezza sono applicabili anche al contesto del supporto psicologico.
Gli esperti di Orizzonte Scuola Notizie (13 giugno 2025) sottolineano che, sebbene il 25% dei giovani cerchi aiuto dall’IA prima dello psicologo, è cruciale considerare i rischi per la privacy emotiva. La necessità di proteggere le informazioni sensibili e personali, così come evitare l’induzione emotiva o la creazione di dipendenze virtuali, è al centro delle preoccupazioni etiche. La Fondazione Mario Negri (6 giugno 2025), in “Chatbot, IA ed empatia: la simulazione comunicativa dell’IA”, evidenzia l’illusione dell’ascolto e la possibile sostituzione del supporto emotivo umano con algoritmi, interrogandosi sull’autenticità e l’efficacia di tale approccio.
In sintesi, l’integrazione dei chatbot nel supporto psicologico per adolescenti richiede una strategia bilanciata. È necessario sfruttare i vantaggi di accessibilità e anonimato, ma al contempo mitigare i rischi attraverso lo sviluppo di linee guida rigorose in materia di privacy, etica e trasparenza. L’educazione digitale deve preparare i giovani a un uso consapevole e critico di questi strumenti, incoraggiandoli a non sostituire mai completamente le interazioni umane e il supporto professionale qualificato. I genitori, come suggerito da Orizzonte Scuola Notizie, giocano un ruolo fondamentale nell’ascoltare i figli e nell’aggiornarsi sulla tecnologia per promuovere un ambiente accogliente in cui i giovani possano chiedere aiuto senza timore di essere giudicati.
Un approccio equilibrato tra innovazione e benessere umano
Il fenomeno dell’adozione dei chatbot da parte degli adolescenti per la ricerca di un supporto emotivo è un terreno complesso, che merita un’attenta riflessione e un approccio equilibrato tra innovazione tecnologica e tutela del benessere umano. In psicologia cognitiva, sappiamo che gli individui tendono a elaborare le informazioni attraverso “schemi” o “euristiche” che semplificano la realtà. Nel contesto dei chatbot, l’interfaccia amichevole e la disponibilità immediata possono attivare schemi legati alla gratificazione istantanea e alla minimizzazione dello sforzo, portando i giovani a percepire il chatbot come una soluzione rapida e facile ai loro problemi emotivi. Questa facilità di accesso e l’assenza percepita di giudizio possono rappresentare un “rinforzo positivo” immediato, portando a un consolidamento del comportamento di ricorso all’IA.
A un livello più avanzato, la psicologia comportamentale ci invita a considerare il rischio di sviluppare dipendenze comportamentali. L’interazione con un chatbot, sebbene artificiale, può generare una risposta emotiva nell’utente, che può essere percepita come un sollievo o un comfort. Questo meccanismo può portare a una “desensibilizzazione graduale” rispetto alla necessità di affrontare problemi emotivi complessi con il supporto umano, che spesso richiede più tempo, più sforzo e implica l’esposizione a giudizi (reali o percepiti). Inoltre, la tendenza del chatbot a “rispecchiare” le emozioni dell’utente, pur essendo una simulazione dell’empatia, può generare un bias di conferma, dove l’adolescente si sente pienamente compreso e convalidato, senza però essere stimolato a una revisione critica dei propri pensieri o a una risoluzione attiva dei problemi che richiederebbe una relazione terapeutica autentica. Questo rischia di creare una bolla di convalida in cui i processi di adattamento e di crescita personale possono essere inibiti, ritardando la ricerca di un aiuto professionale più appropriato per traumi, ansia cronica o depressione.
È fondamentale, quindi, stimolare una riflessione personale mirata a promuovere un uso consapevole e critico di queste tecnologie. Mentre i chatbot possono offrire un primo livello di ascolto e conforto, non possono né devono sostituire il valore insostituibile delle relazioni umane e del supporto psicologico professionale. La nostra psiche si nutre di interazioni autentiche, di empatia vera e di connessioni significative. Il confronto con un terapeuta umano offre un percorso di conoscenza di sé, di elaborazione delle emozioni e di sviluppo di strumenti di coping più solidi e adattivi. È un investimento nel proprio benessere che va oltre la risoluzione immediata di un sintomo, mirando alla costruzione di una resilienza duratura. Ricordiamo che la salute mentale non è un interruttore che si accende o si spegne, ma un complesso ecosistema che richiede cura, consapevolezza e, quando necessario, il coraggio di chiedere aiuto a chi è realmente preparato a offrirlo.
- Chatbot: programma informatico progettato per simulare una conversazione con esseri umani, spesso utilizzato per fornire supporto emotivo o informativo.
- Intelligenza Artificiale (IA): ambito della scienza informatica deditto allo sviluppo di sistemi capaci di effettuare operazioni normalmente ascrivibili all’intelligenza umana, quali il riconoscimento vocale e il decision-making.
- Ansia: condizione emotiva segnata da stati d’ansia e apprensione, accompagnati da manifestazioni fisiologiche quali l’incremento della pressione arteriosa.
- Depressione: patologia psicologica contraddistinta da una duratura sensazione di malinconia e disinteresse verso le attività quotidiane.
- Disturbo psichico: espressione complessiva per riferirsi a una gamma diversificata di disturbi mentali e comportamentali.
- Dettagli della consultazione AGIA che rivela l'ansia tra gli studenti.
- Pagina UNICEF che approfondisce la salute mentale di bambini e adolescenti.
- Comunicato stampa Bambino Gesù su depressione, disturbi alimentari e ideazione suicidaria.
- Approfondimento UNICEF su cambiamenti climatici e salute mentale dei giovani.