- Nel 2021, «Le Iene» hanno acceso il dibattito sull'EMDR e i ricordi traumatici.
- L'EMDR è efficace per traumi specifici, ma non superiore alla terapia cognitivo-comportamentale per il PTSD.
- Ricerca del 2016: L'EMDR non ha efficacia per problemi di trascuratezza relazionale.
- Il congresso nazionale EMDR Italia si terrà a Napoli il 27 e 28 settembre 2025.
- La Flash Technique è un approccio complementare all'EMDR per l'elaborazione del trauma.
Il 9 novembre 2021, la trasmissione televisiva “Le Iene” ha sollevato un’onda di discussioni nel panorama della psicoterapia con un servizio dedicato a una ragazza che, tramite la tecnica EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), avrebbe recuperato memorie di abusi sessuali subiti durante l’infanzia da parte di un familiare. La narrazione mediatica, culminata in un confronto diretto della ragazza con lo zio, ha acceso i riflettori su temi complessi e delicati, alimentando un dibattito di lunga data sulla natura e l’affidabilità dei ricordi traumatici in ambito terapeutico. Da un lato, si è riacceso il confronto tra chi considera i ricordi come strumenti terapeutici per l’elaborazione emotiva del paziente e chi, invece, li interpreta come fedeli ricostruzioni di eventi reali.
Freud, pioniere della psicanalisi, aveva egli stesso attraversato una fase iniziale di credenza nel trauma reale, per poi virare verso l’idea di fantasie inconsce. I suoi successori, in gran parte, si sono attestati su posizioni intermedie, valorizzando il trauma relazionale o dell’attaccamento, pur non necessariamente aggressivo nell’accezione più stretta. Questo episodio mediatico ha messo in evidenza la persistenza di tali ambivalenze, amplificandole attraverso la lente della televisione e la sua propensione a semplificare complessità cliniche.

L’EMDR, una procedura di elaborazione del trauma che impiega movimenti oculari oscillatori guidati dal terapeuta, è una tecnica la cui efficacia è stata scientificamente confermata, in particolare per adolescenti e per traumi “specifici”. Questi ultimi includono situazioni di violenza aggressiva, come terremoti o incidenti gravi, in cui viene messa a rischio l’incolumità fisica o psicologica dell’individuo. È importante sottolineare che, sebbene i dati ne attestino l’efficacia, l’EMDR non è considerata superiore ad altre terapie, come la terapia cognitivo-comportamentale, con la quale condivide un’analoga validità per il disturbo da stress post-traumatico (PTSD). La sua specificità per il PTSD è un punto cruciale, in quanto la ricerca (Cusack e collaboratori, 2016) non ha rilevato prove di efficacia per problemi cumulativi di trascuratezza relazionale o per disturbi come quelli alimentari o ossessivi. Questo dato evidenzia l’importanza di un utilizzo responsabile della tecnica, evitando un’estensione impropria a disturbi per i quali non vi sono evidenze scientifiche. La discussione mediatica ha tuttavia suggerito una visione distorta, presentandola quasi come uno strumento di recupero di ricordi “rimossi” per fini quasi giudiziari, una narrazione che rischia di confondere l’elaborazione terapeutica con la ricostruzione fattuale degli eventi, un distinguo fondamentale nella pratica clinica.
Il servizio de “Le Iene” ha inoltre sollevato interrogativi sulla corretta interpretazione delle affermazioni degli esperti. La presidente dell’associazione EMDR Italia, non ha parlato di eventi rimossi e rievocati fedelmente, ma ha sottolineato la capacità della mente di “chiudere” su eventi traumatici e l’opportunità offerta dall’EMDR per una “elaborazione” del trauma. Tuttavia, l’intervistatrice ha abilmente ricollegato queste affermazioni, suggerendo che i movimenti oculari potessero “far emergere ricordi”, un passaggio che ha contribuito a veicolare un messaggio fuorviante. Questo è culminato nel confronto diretto della ragazza con lo zio, trasformando l’elaborazione mentale, un processo intrinseco e soggettivo, in una presunta prova di una violenza reale.
“L’EMDR non fa rievocare eventi reali, ma aiuta a elaborare esperienze dolorose.”
Tale passaggio ha travalicato i confini della psicoterapia, piegandosi a una logica di rivalsa e di ricerca di giustizia al di fuori delle vie legali, utilizzando l’EMDR come una sorta di “macchina della verità”. La comunità psicoterapeutica ha espresso forte preoccupazione per questa strumentalizzazione, ricordando che la psicoterapia non mira a far “ricordare” fatti in senso giuridico, e che l’uso di tecniche psicologiche in contesti legali, come dimostrato da studi recenti (Otgar et al., 2021; Kenchel et al., 2020; Houben et al., 2018), può indurre falsi ricordi, rendendo tale approccio eticamente e scientificamente discutibile. È fondamentale che i clinici mantengano una chiara distinzione tra l’elaborazione psicologica del dolore e la riemersione di un ricordo come prova “di fatto” di eventi reali.
L’EMDR oltre il trauma: applicazioni non traumatiche e meccanismi d’azione
Se l’efficacia dell’EMDR nel trattamento del PTSD è ampiamente riconosciuta da organizzazioni come l’APA e l’OMS, l’interesse della ricerca e della pratica clinica si sta espandendo verso le sue applicazioni in contesti non traumatici. L’EMDR affronta ansia e depressione (EMDR Milano, 2025; Guida Psicologi, 2024; Angela Marchese, 2017) aiutando i pazienti a rielaborare i ricordi e le esperienze che sottendono queste condizioni.
Studi specifici evidenziano come possa ridurre l’ansia, lo stress post-traumatico e i disturbi somatici in pazienti depressi, migliorando significativamente la qualità di vita. La solidità scientifica del fenomeno EMDR si estende infatti anche ad altri disturbi d’ansia non direttamente correlati a un singolo evento traumatico (Il Foglio Psichiatrico, 2025).

I meccanismi neurofisiologici alla base dell’efficacia dell’EMDR sono oggetto di approfondite ricerche. Si ipotizza che la stimolazione bilaterale, il cuore della terapia EMDR, riproduca condizioni simili a quelle del sonno non-REM, facilitando l’elaborazione dei ricordi. Durante questo processo, l’EMDR favorirebbe l’integrazione di ricordi traumatici, mitigando l’impatto emotivo ad essi associato. Un correlato morfologico e funzionale importante è l’amigdala, una struttura cerebrale spesso alterata nel PTSD. L’EMDR sembrerebbe riportare il suo funzionamento a un livello normativo, un dato che suggerisce una modulazione dell’attività emotiva. I ricordi traumatici, infatti, sono spesso conservati nelle sinapsi dell’amigdala a causa di segnali elettrici particolarmente intensi, e l’EMDR contribuirebbe a “desensibilizzare” queste connessioni.
“L’EMDR è un approccio che considera dimensioni cognitiva, emotiva e somato-sensoriale nel trattamento del trauma.”
Si ritiene inoltre che i traumi possano compromettere altre strutture limbiche come l’ippocampo e il giro cingolato, alterando i circuiti neurali. L’EMDR, attraverso l’elaborazione dei ricordi, mira a ristabilire un equilibrio funzionale in queste aree cerebrali.
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Nuove prospettive terapeutiche e l’integrazione EMDR
L’elaborazione dei ricordi traumatici è un tema centrale nelle nuove frontiere della cura del trauma, come evidenziato in un convegno a Venezia nel 2018 (State of Mind, 2018). In questo contesto, l’EMDR riveste un ruolo cruciale, focalizzandosi sulla fase di elaborazione che permette ai pazienti di affrontare e superare le esperienze dolorose. Il congresso nazionale EMDR Italia, previsto per il 27 e 28 settembre 2025 a Napoli, sarà un’occasione per diffondere nuove evidenze e applicazioni del metodo.
Oltre all’EMDR, altre tecniche come la Flash Technique, recensita nel luglio 2024 (State of Mind, 2024), stanno emergendo come approcci complementari all’elaborazione del trauma, offrendo nuove strategie per l’approccio terapeutico. Un attacco di panico può essere un’esperienza traumatica, e proprio per questo l’EMDR si rivela efficace nel suo trattamento, come discusso in una recensione del libro “EMDR e Disturbo di Panico” del 2018 (State of Mind, 2019). Tale approccio integra teorie e modelli di intervento pratici, fornendo strumenti per affrontare le conseguenze emotive di tale disturbo.
La Teoria polivagale di Porges, come discussa in un convegno del 2015, ha mostrato ricadute cliniche significative, sottolineando l’importanza di un ambiente terapeutico supportivo per promuovere la regolazione emotiva. Questi approcci, combinati con l’EMDR, offrono un quadro più completo per la comprensione e il trattamento delle esperienze traumatiche e non traumatiche. Interessante è anche la discussione sull’EMDR auto-somministrato, pur con le sue criticità e opportunità, come analizzato nel giugno 2021, riflettendo l’interesse crescente verso forme di supporto alla salute mentale sempre più accessibili. La varietà di approcci e la continua ricerca evidenziano un’evoluzione dinamica nel campo della psicoterapia e dell’elaborazione del trauma.
L’ambito della psicologia, un campo di studio intrinsecamente legato alla delicata figura del terapeuta, solleva interrogativi fondamentali riguardo alla sua responsabilità. In particolare, l’analisi delle memorie emerge come un tema cruciale, richiedendo una riflessione approfondita sulla loro incidenza nel processo di guarigione.
Nel cuore della psicologia cognitiva e comportamentale giace una verità tanto semplice quanto profonda: la mente non è una registrazione fedele della realtà. Ogni ricordo, ogni esperienza è filtrata attraverso le lenti delle nostre emozioni, delle nostre convinzioni e del nostro stato psicofisico. Questo significa che ciò che “ricordiamo” non è una riproduzione esatta degli eventi, bensì una narrazione costruita, un’interpretazione personale che, seppure possa contenere elementi reali, è sempre soggetta a modifiche ed elaborazioni. Questa nozione fondamentale, spesso sottovalutata, è particolarmente rilevante nel contesto della terapia, dove il ricordo di un evento doloroso non è necessariamente una prova fattuale della sua accaduto, ma piuttosto la rappresentazione interna dell’impatto che quell’evento ha avuto su di noi.
Addentrandosi in una nozione più avanzata, possiamo riflettere sul concetto di memoria ricostruttiva e sulla sua interazione con i processi neurofisiologici. La stimolazione bilaterale tipica dell’EMDR, ad esempio, non “scopre” ricordi veri e propri, ma piuttosto riattiva e riprocessa le reti neurali associate a quelle memorie, intervenendo sulla reattività dell’amigdala e favorendo una maggiore integrazione emisferica. In pratica, non stiamo recuperando un filmato oggettivo, ma stiamo attivamente riconfigurando la nostra esperienza soggettiva di un evento. Questo processo è ciò che permette al dolore di essere elaborato e di perdere la sua intensa carica emotiva, trasformando la memoria da una ferita aperta a una cicatrice che non fa più così male.
Questa complessità ci pone di fronte a una riflessione personale cruciale: quanto siamo consapevoli della natura intrinseca dei nostri ricordi? E, di conseguenza, quanto siamo responsabili nel distinguere tra la veridicità fattuale di un evento e il significato emotivo che gli attribuiamo? Nel campo della cura, è una responsabilità etica e professionale fondamentale. La psicoterapia non è un tribunale né una macchina della verità; è uno spazio sicuro in cui si lavora sull’esperienza soggettiva del paziente, sul suo dolore, sulle sue fatiche. L’obiettivo ultimo non è la condanna o la ricerca di prove, ma la cura, la resilienza e la possibilità di ritrovare equilibrio e benessere. Questo richiede al terapeuta una profonda consapevolezza della natura dei ricordi e una rigorosa adesione ai principi scientifici, evitando strumentalizzazioni che possano confondere i piani della clinica e quello della giustizia, a discapito della persona e della professione stessa.
- EMDR: Eye Movement Desensitization and Reprocessing, tecnica psicoterapeutica per l’elaborazione dei traumi.
- PTSD: Post-Traumatic Stress Disorder, disturbo da stress post-traumatico.
- Neglect: Trascuratezza, in particolare nei confronti del benessere emotivo e fisico di minori.
- Teoria polivagale: Teoria proposta da Stephen Porges che spiega la regolazione emotiva e sociale attraverso il sistema nervoso autonomo.