- Ogni anno in Italia, circa 10.000 nuovi casi di malattie reumatologiche pediatriche.
- La transizione ideale dovrebbe iniziare a 16 anni e completarsi entro i 18-20.
- Fondamentale il ruolo del transition coordinator o nurse manager.
- APMARR: informazioni limitate o confuse e burocrazia portano a percorsi farraginosi.
- Il supporto psicologico riduce ansia e depressione, migliorando il tenore esistenziale.
La delicata transizione reumatologica pediatrica: una sfida per migliaia di giovani
In Italia si registrano annualmente approssimativamente 10.000 nuovi casi di malattie reumatologiche pediatriche, manifestazioni patologiche che variano dall’artrite idiopatica giovanile al lupus eritematoso sistemico; includono inoltre connettiviti e vasculiti. Tali condizioni croniche esercitano un impatto considerevole sulla vita dei giovani colpiti; questo implica la necessità di percorsi terapeutici costanti che inevitabilmente conducono a una fase decisiva: il trasferimento dalla reumatologia pediatrica verso la medicina degli adulti. Questo processo non è solo una questione amministrativa ma rappresenta uno snodo carico di sfide cliniche, psicologiche e anche sociali sia per gli adolescenti coinvolti che per i loro familiari.
L’inizio del nuovo ciclo scolastico è stato recentemente indicato come un’importante occasione per approcciare questo passaggio così delicato. L’istituzione educativa offre infatti contesti ricchi di interazione sociale quotidiana oltre a schemi rutinari stabilizzanti; tali elementi possono rivelarsi fondamentali nel facilitare l’accettazione della patologia stessa e nella predisposizione all’acquisizione dell’autonomia personale. Le difficoltà associate al processo di transizione sono variabili e profondamente radicate. La frase Il bambino non è un adulto in miniatura, ripetutamente utilizzata nel campo della pediatria, assume una rilevanza maggiormente marcata quando ci troviamo a considerare le malattie croniche. Con l’avanzamento dell’età cambiano radicalmente i requisiti riguardanti le cure sanitarie; aspetti relativi alla terapia stessa così come all’assistenza psicologica richiedono approcci differenti: ciò che può funzionare bene per i bambini potrebbe rivelarsi inefficace per adolescenti o giovani adulti. Un passaggio decisivo avviene quando ci si allontana da quella relazione ben stabilita con il pediatra reumatologo—una figura solitamente percepita come fondamentale sul piano emotivo oltre che clinico.
Inoltre, emergono nuove esigenze proprie dell’età adulta: pensiamo ad esempio ai temi della contraccezione o della fertilità oppure al bisogno crescente d’autonomia riguardo alle terapie stesse e agli appuntamenti sanitari da gestire autonomamente. Pertanto, le istituzioni scientifiche e ospedaliere hanno cominciato a riflettere sull’importanza cruciale del percorso assistenziale durante questa fase critica; illustri enti quali la Società Italiana di Reumatologia (SIR), insieme alla Società Italiana di Pediatria (SIP), stanno lavorando a stretto contatto con organismi europei – inclusi EULAR e il PRES – mirando a instaurare una strategia orientata verso uno sviluppo sistematico ed efficace del processo transitionale. La recente approvazione della risoluzione concernente la transizione dall’età pediatrica a quella adulta mette in evidenza l’immediata necessità di stabilire linee guida sia a livello nazionale che internazionale. Queste linee dovrebbero mirare a garantire una continuità nella cura, nonché a rinforzare la fiducia dei pazienti nel sistema sanitario. In conformità con le più recenti indicazioni, si evidenzia come uno degli aspetti fondamentali del processo transitionale debba comprendere l’elaborazione di un piano personalizzato. Tale piano dovrebbe considerare le particolarità individuali dei singoli pazienti (definito modello PDTA) e prevedere anche il supporto attivo da parte di professionisti esperti durante questo importante passaggio.
Linee guida e modelli di transizione: verso un supporto integrato
Al fine di superare le barriere ed affrontare le complessità insite nella transizione sanitaria, sono state formulate indicazioni specifiche a livello europeo che tracciano una rotta esemplificativa. Queste direttive evidenziano l’importanza della transizione quale processo continuo anziché evento singolo: si configura quindi come una sequela graduale di incontri programmati. L’ideale sarebbe avviare questo iter intorno ai 16 anni del paziente per completarlo nell’arco dei successivi due-quattro anni (tra i 18 e i 20), periodo ritenuto sufficiente affinché il ragazzo sviluppi consapevolezza e autonomia necessarie nella gestione della propria salute. Centrale in questo contesto risulta la creazione di un documento riassuntivo contenente la storia clinica dell’individuo, destinato a seguire il giovane attraverso le diverse figure professionali coinvolte; tale documento assicura uno scambio completo ed efficace delle informazioni essenziali. Tale questione diventa cruciale poiché affronta problematiche quali insufficienza informativa, disorganizzazione dei dati medici esistenti, sovrabbondanza burocratica ed interruzioni comunicative fra operatori sanitari – sfide rilevanti durante il trasferimento da uno schema assistenziale a un altro. Un elemento fondamentale consiste nella promozione dell’autonomia del ragazzo. Questo comprende una conoscenza approfondita riguardo ai farmaci, l’abilità di gestire autonomamente le proprie visite mediche e una consapevolezza dettagliata della propria condizione patologica. Per sostenere tale cammino, sono previste raccomandazioni che includono l’opportunità di designare un transition coordinator o un nurse manager, professionisti incaricati di facilitare l’interazione fra i vari esperti sanitari e servire da mediatori per pazienti e famiglie. È altresì sottolineata come essenziale la sinergia tra reumatologi pediatrici ed esperti dell’età adulta: assistere all’interazione tra queste due figure durante le consultazioni può contribuire notevolmente ad attenuare ansie e insicurezze connesse al passaggio.
Iniziativa <a class="crl" target="_blank" rel="nofollow" href="https://sip.it/2020/10/22/reumatologia-la-gestione-della-malattia-dalleta-pediatrica-a-quella-adulta/”>Transition SIP-SIR
Nella nostra nazione, nello specifico, è stata avviata l’iniziativa Transition SIP-SIR; questa si propone di stabilire un metodo strutturato volto ad affrontare efficacemente il processo di transizione.
Il modello PDTA presentato offre un insieme di linee guida finalizzate a facilitare l’identificazione dei pazienti che necessitano di una transizione. Questo approccio non solo definisce la struttura delle cure, ma chiarisce anche i meccanismi comunicativi tra i medici partecipanti al processo assistenziale. [La transizione nelle malattie reumatiche: un progetto SIP-SIR].
Quando necessario, l’integrazione degli strumenti digitali, come il teleconsulto, può rivelarsi utile per facilitare la continuità delle cure, soprattutto quando la distanza fisica tra le strutture pediatriche e quelle per adulti rappresenta un ostacolo. In Italia, iniziative come l’ampliamento di ambulatori dedicati mirano a definire percorsi diagnostico-terapeutici centrati sul giovane paziente reumatico, garantendo un’assistenza integrata e personalizzata. La creazione di un tavolo permanente sulla reumatologia e la definizione di linee guida nazionali sulla transizione rappresentano passi importanti verso la standardizzazione e l’ottimizzazione di questi processi a livello sistemico.
Le sfide psicologiche e l’importanza dell’autonomia
La transizione non si configura solamente come una questione medica o organizzativa; al contrario, essa rappresenta primariamente un intenso processo psicologico ed emotivo. Per gli adolescenti che convivono con malattie croniche, tale fase coincide spesso con la formazione della loro identità personale e l’affermazione dell’autonomia individuale. La trasformazione da uno stato di dipendenza quasi totale nei confronti dei genitori e del pediatra verso una gestione più autonoma della salute può comportare notevoli livelli di stress, ansia e inquietudine. L’adolescenza stessa implica già profondi cambiamenti personali: affrontare anche le sfide collegate all’ingresso in contatto con nuovi professionisti sanitari, ad adattarsi a routine assistenziali diverse rispetto al passato e ad assumere attivamente il controllo sul proprio benessere fisico risulta spesso opprimente.
La separazione dal medico pediatra — con il quale generalmente si crea uno stretto legame basato sulla fiducia — può essere percepita come una forma d’abbandono che lascia i giovani con sentimenti acuti di vulnerabilità e smarrimento. Le ricerche condotte sui pazienti hanno messo in luce questioni significative. Come riportato da APMARR durante la Giornata Mondiale focalizzata su tali malattie, è emerso che le informazioni limitate o confuse, assieme all’elevata burocrazia amministrativa e alla scarsità del confronto tra specialisti medici, portano a percorsi terapeutici farraginosi. Tale situazione potrebbe causare una diminuzione nell’aderenza ai trattamenti prescritti; essa si traduce in un incremento dell’incidenza delle complicanze ed incide negativamente sulla qualità complessiva della vita dei pazienti.
L’importanza del sostegno psicologico
Sfida cruciale è garantire al giovane individuo una preparazione progressiva: egli deve essere coinvolto attivamente nelle scelte riguardanti il proprio benessere fisico; inoltre deve ricevere risorse cognitive ed emozionali adeguate per poter affrontare questa transizione delicata. Questa forma d’accompagnamento implica non soltanto l’acquisizione delle nozioni riguardanti la malattia e i trattamenti disponibili, ma anche l’apprendimento strategico relativo al coping efficiente; la capacità nel problem solving, così come l’abilità nella comunicazione con esperti sanitari qualificati, assume rilevanza primaria. Ormai consolidato è il fatto che intervenire con supporto psicologico specificamente orientato contribuisce ad agevolare una migliore integrazione nella nuova realtà individuale, riducendo stati ansiosi o depressivi e aumentando visibilmente il tenore esistenziale. [La Salute Mentale nei Bambini e Adolescenti con Malattie Croniche].
Oltre la clinica: implicazioni per la salute mentale e la psicologia della transizione
La transizione nell’ambito della reumatologia pediatrica rappresenta un ambito propizio per esplorare ed approfondire concetti cruciali provenienti dalla psicologia cognitiva e comportamentale, impattando significativamente sulla salute mentale dei ragazzi in età evolutiva. Sotto una lente di analisi della psicologia cognitiva, è evidente che tale passaggio richieda ai pazienti una radicale ristrutturazione degli schemi mentali riguardanti non solo la loro patologia ma anche il ruolo attivo che devono assumere nella sua gestione. Mentre nell’infanzia è prevalente l’intervento da parte dei genitori insieme ai professionisti pediatrici, durante l’adolescenza emerge l’esigenza di sviluppare una sempre maggiore autoefficacia. Questo implica altresì una rivisitazione delle modalità decisionali a loro disposizione; in assenza del giusto sostegno durante questa fase delicata si rischia infatti che emergano distorsioni cognitive come quella della catastrofizzazione – ovvero esagerazioni sulle ripercussioni negative legate ai cambiamenti – oppure concezioni dicotomiche dove si vedono soltanto scelte estreme (“o mi cura perfettamente il pediatra o non c’è alternativa”). Tali fenomeni rischiano seriamente di intaccare la capacità del giovane d’affrontare le proprie sfide future con serenità e intraprendenza. All’interno della prospettiva della psicologia comportamentale, il passaggio da una condizione all’altra si configura come un elaborato processo d’apprendimento; esso implica non solo l’adozione di nuove abitudini ma anche l’abbandono graduale dei comportamenti pregressi accolti con favore (come nel caso del coinvolgimento diretto dei genitori nella programmazione delle visite mediche). È imprescindibile instaurare un ambiente propizio al rinforzo positivo, dove possano fiorire sia l’autonomia sia lo sviluppo delle competenze acquisite (un esempio sarebbe dire: “bravissimo! Oggi ti sei ricordato tutti i tuoi medicinali!”). D’altra parte, uno scenario che scoraggia iniziative autonome o è privo dei necessari riconoscimenti rischia seriamente di compromettere questo percorso evolutivo. Un’assenza di chiarificazione su ciò che ci si aspetta dalle persone interessate, oltre ai passi futuri da seguire, tende ad alimentare sentimenti d’ansia anticipatoria così come azioni evasive, fenomeni comuni in risposta a situazioni ritenute minacciose.
I risvolti psicologici per le famiglie e il supporto a distanza
Le famiglie, nell’accompagnamento verso la salute del loro giovane familiare affetto da condizioni reumatiche, sono chiamate ad affrontare sfide peculiari. È comune che la famiglia assuma la funzione di care-manager, una posizione caratterizzata da oneri talvolta schiaccianti. In questo contesto, risulta essenziale fornire un supporto psicologico, esteso non soltanto al paziente stesso, ma altresì ai membri del nucleo familiare. Un coinvolgimento proattivo in gruppi di sostegno, insieme alla possibilità di accedere a consulenze psicologiche e all’instaurazione di un dialogo costante e aperto, sono modalità efficaci per ridurre sensibilmente il peso emotivo che grava sulle famiglie. [Supporto psicologico nella malattia cronica – Centro POP].
La costruzione di un ponte tra infanzia e autonomia nel viaggio della salute
Carissimi lettori, riflettiamo un momento su quanto sia profondo e sfaccettato il viaggio che un giovane paziente reumatologico intraprende nel passaggio dall’infanzia all’età adulta. Non stiamo parlando semplicemente di un cambio di medico o di cartella clinica. È un vero e proprio salto nel vuoto per l’adolescente, un momento in cui la spinta naturale verso l’autonomia si scontra con la necessità di gestire una condizione cronica complessa. Immaginate di aver avuto per anni un “pilota automatico” per la vostra salute, rappresentato dai vostri genitori e da un pediatra di fiducia, e che all’improvviso vi venga chiesto di prendere il volante in un percorso sconosciuto.
Questa è, in sintesi, la sfida. Dal punto di vista della psicologia cognitiva, in questo periodo il ragazzo ha bisogno di costruire una nuova narrazione di sé, integrando la malattia nella sua identità emergente in modo costruttivo, non come un ostacolo insormontabile, ma come una parte della sua esperienza che può essere gestita. Se non supportato, può sviluppare ciò che chiamiamo “impotenza appresa”, una condizione in cui la persona percepisce di non avere controllo sulla propria situazione, portando a passività e, talvolta, a depressione. L’importante è che la transizione venga percepita come un’opportunità di crescita e non come un onere.
Ma c’è di più. A un livello più avanzato di psicologia comportamentale, la transizione implica un delicato equilibrio tra autonomia e aderenza terapeutica. L’adolescente è spinto a testare i propri limiti, a volte rifiutando le regole o le terapie come forma di ribellione o di ricerca di identità. Qui entra in gioco la “Teoria dell’Autodeterminazione” (SDT), che ci insegna come il sostenere i bisogni psicologici di autonomia, competenza e relazione da parte dei professionisti sanitari possa aumentare significativamente la motivazione intrinseca del paziente ad aderire al trattamento e a prendere parte attiva alla propria cura.
In questo modo, un approccio che promuove la scelta, spiega il “perché” delle terapie, celebra i piccoli successi nella gestione e facilita la connessione con altri giovani che affrontano la stessa sfida è fondamentale. Pensiamo a quanto sia potente vedere due medici collaborare; è un messaggio non verbale che dice: “Non sei solo, ci siamo noi a fare squadra per te”. Questa collaborazione è un pilastro che infonde sicurezza e fiducia. Dobbiamo incoraggiare questi giovani a essere i veri artefici del loro benessere, non semplici passeggeri.
Riflettiamo, quindi, su come possiamo contribuire, anche nel nostro piccolo, a creare un ambiente più accogliente e informato per questi giovani, affinché non si sentano mai soli in questo cruciale passaggio della loro vita.
Glossario:
- APA: Associazione Psicologi Americani, un’organizzazione scientifica e professionale che rappresenta psicologi in tutto il mondo.
- SDT: Teoria dell’Autodeterminazione, una teoria motivazionale che esplora gli algoritmi di motivazione e i bisogni psicologici.
- EULAR: European League Against Rheumatism, un’organizzazione che rappresenta le associazioni di reumatologia in Europa.
- PReS: Pediatric Rheumatology European Society, organizzazione focalizzata sulla cura e sul miglioramento delle condizioni di salute dei giovani pazienti con disturbi reumatici.
- Dettagli del progetto congiunto SIP-SIR sulla transizione nelle malattie reumatiche.
- Pagina 'Chi siamo' di Reumaped, la Società Italiana di Reumatologia Pediatrica.
- Pagina della Società Italiana di Reumatologia su malattie reumatologiche e scuola.
- Sito ufficiale della Società Italiana di Reumatologia (SIR), utile per approfondire.