- La Polizia Postale ha ricevuto circa 3000 segnalazioni in 2 giorni.
- Su Telegram, il canale «Le nostre mogli» ha raggiunto 1000 iscritti.
- Chi subisce «abusi basati sull'immagine» sviluppa sintomi simili a chi ha subito violenza.
La recente vicenda del gruppo Facebook “Mia moglie” ha sollevato un’ondata di sdegno e preoccupazione, portando alla luce dinamiche inquietanti e radicate nella nostra società. La chiusura del gruppo da parte di Meta, su sollecitazione della Polizia Postale, ha rappresentato un primo passo, ma le ferite inflitte alle donne coinvolte rimangono profonde e aperte.
La Rivelazione e le Reazioni
La scoperta di essere state esposte, senza consenso, come “merce al mercato” ha generato un mix di emozioni devastanti: ribrezzo, sconforto, delusione, paura. Le testimonianze raccolte rivelano un senso di tradimento profondo, amplificato dalla minimizzazione e dall’incomprensione da parte dei partner. Molte donne si sentono sbagliate, spezzate, con ogni certezza della loro esistenza messa in discussione. Una delle testimonianze più toccanti racconta di un uomo che, di fronte alla scoperta della moglie, ha liquidato l’accaduto come “un gioco per vantarsi della sua bellezza”. Parole che suonano come una beffa, un’ulteriore violazione della dignità femminile. La reazione comune sembra essere quella di minimizzare, di ridurre la gravità dell’atto a una semplice “ragazzata”, una “goliardata”.

Descrizione dell’immagine: Un’immagine iconica e concettuale ispirata all’arte neoplastica e costruttivista. Al centro, una figura stilizzata di donna, rappresentata con linee verticali che simboleggiano vulnerabilità e esposizione. Accanto, una figura maschile, anch’essa stilizzata con forme geometriche più rigide e orizzontali, che suggeriscono controllo e possesso. Sullo sfondo, una griglia di linee che rappresentano la rete digitale, con colori freddi e desaturati come il blu e il grigio. L’immagine deve essere semplice, unitaria e facilmente comprensibile, senza testo.
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Il Nodo del Consenso e le Indagini
Al di là dell’aspetto pruriginoso e voyeuristico, il cuore del problema risiede nella mancanza di consenso. Pubblicare fotografie intime senza il permesso della persona ritratta è un reato, una violazione della privacy e della dignità personale. Non si tratta di moralismo, ma di rispetto fondamentale per l’individuo.
La Polizia Postale di Roma ha avviato un’indagine, raccogliendo un numero impressionante di segnalazioni (circa 3000 in due giorni) e chiedendo ulteriori accertamenti per identificare gli uomini che hanno postato le foto e per verificare l’esistenza del consenso. L’appello della Polizia è chiaro: denunciare è fondamentale, anche perché alcuni reati, come la diffamazione o il revenge porn, sono perseguibili solo su querela di parte.
È importante sottolineare che molte donne potrebbero essere ancora ignare di essere state vittime di questa pratica. Il tempo trascorso tra la nascita del gruppo e la sua chiusura potrebbe non aver permesso a tutte di scoprire la presenza delle proprie immagini.
La Migrazione e le Responsabilità
La chiusura del gruppo Facebook non ha segnato la fine del fenomeno. Gli “irriducibili” di “Mia moglie” hanno annunciato la migrazione su Telegram, alla ricerca di “un posto più sicuro, in c… ai moralisti”. Un canale Telegram con il titolo “Le nostre mogli” ha raccolto oltre mille iscritti in poche ore.
Parallelamente, molti frequentatori e commentatori del gruppo si sono cancellati da Facebook, nel tentativo di cancellare le tracce del loro coinvolgimento. Resta da chiedersi quali scuse abbiano inventato con le loro mogli.
Violenza Domestica e di Genere: Un Meccanismo Perverso
Lo psicologo clinico Damiano Rizzi sottolinea come questi comportamenti siano radicati in una cultura del possesso e dell’oggettificazione. Trasformare la partner in un “oggetto” da esibire porta a una perdita di empatia e responsabilità, alimentando la violenza domestica e di genere.
Rizzi evidenzia la presenza di tratti narcisistici, come l’entitlement (il diritto di possedere e usare il corpo della partner) e l’exploitativeness (la tendenza a sfruttare gli altri per i propri scopi). Questi tratti, combinati con una cultura patriarcale, creano un mix esplosivo.
Il trauma viene intensificato dalla violenza digitale, poiché la vittima perde ogni controllo sull’immagine, che può riapparire ovunque e in modo permanente. Diverse ricerche indicano che coloro che subiscono “abusi basati sull’immagine” sviluppano sintomi di ansia, depressione e disturbo post-traumatico da stress, la cui gravità è paragonabile a quella riscontrata in chi ha subito violenza sessuale fisica.
Oltre lo Scandalo: Riflessioni sulla Dignità e il Rispetto
La vicenda del gruppo “Mia moglie” è un campanello d’allarme che ci invita a riflettere profondamente sulla nostra società. Non possiamo limitarci a condannare il singolo episodio, ma dobbiamo interrogarci sulle radici culturali che lo hanno reso possibile.
La cultura del patriarcato, l’oggettificazione del corpo femminile, la mercificazione delle relazioni umane: sono tutti elementi che contribuiscono a creare un terreno fertile per la violenza e la sopraffazione.
È necessario un cambiamento radicale, che parta dall’educazione affettiva e al consenso, che coinvolga i media e le istituzioni, che promuova una cultura del rispetto e della parità. Solo così potremo smantellare la mentalità che considera la donna come un oggetto da esibire, un trofeo da conquistare.
Conclusione: Un Passo Avanti Verso la Consapevolezza
La vicenda del gruppo “Mia moglie” rappresenta un’occasione per una riflessione profonda sulla percezione della donna nella società contemporanea. *È un invito a superare la cultura dell’oggettificazione e del possesso, promuovendo un’educazione al rispetto e alla parità di genere. Solo attraverso un impegno collettivo e una presa di coscienza diffusa potremo costruire un futuro in cui la dignità di ogni individuo sia inviolabile.
Amici, riflettiamo un attimo su quanto accaduto. Dal punto di vista della psicologia cognitiva, questo episodio ci mostra come i bias cognitivi, ovvero le distorsioni nel nostro modo di pensare, possano influenzare il nostro comportamento. Ad esempio, il bias di conferma potrebbe spingere gli uomini coinvolti a cercare e interpretare le informazioni in modo da confermare le loro convinzioni preesistenti sulla superiorità maschile e sul diritto di possesso sulla donna.
Un concetto più avanzato, sempre nell’ambito della psicologia cognitiva, è quello della dissonanza cognitiva*. Quando un individuo si rende conto che il suo comportamento è in contrasto con i suoi valori e le sue credenze, sperimenta un disagio psicologico. Per ridurre questa dissonanza, potrebbe cercare di giustificare il suo comportamento, minimizzando la gravità delle sue azioni o incolpando la vittima.
Vi invito a riflettere su come questi meccanismi psicologici possano influenzare le nostre relazioni e il nostro modo di interagire con gli altri. Cerchiamo di essere consapevoli dei nostri bias e di sfidare le nostre convinzioni, per costruire una società più giusta e rispettosa.