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Crisi della natalità: riscoprire il senso di appartenenza per un futuro più umano

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  • La perdita del "senso creaturale" alimenta ansia e bisogno di conferme.
  • Società ricche hanno spesso i tassi di natalità più bassi.
  • La società moderna ha censurato la nascita privandola della sua radice antropologica.
  • La Chiesa ha mostrato ipocrisia sui temi legati all'erotismo.
  • L'ansia da prestazione distorce la percezione della vita riducendola a una performance.
  • Superare la crisi richiede riscoprire l'importanza dell'affidamento.
  • Famiglie numerose soggette a sguardi scettici evidenziano dissonanze culturali.

Un tempo considerata una benedizione, la nascita è sempre più vista come un trauma da indagare, un oggetto di analisi e ricerca. Questa mutazione culturale ha radici profonde e conseguenze significative sulla nostra società, in particolare sulla diminuzione della natalità.

Uno dei fattori chiave di questa trasformazione è la perdita del “senso creaturale”. I bambini nati oggi percepiscono meno di “andare bene a prescindere”, alimentando uno stato d’ansia continuo e un bisogno incessante di conferme. Questa tensione si manifesta nella ricerca di approvazione attraverso lo specchio, le prestazioni e le relazioni, creando un circolo vizioso di insicurezza e angoscia.

Contrariamente a quanto si possa pensare, l’aspetto economico non è il principale motore di questa crisi. Le società più ricche sono spesso quelle con i tassi di natalità più bassi. La vera radice del problema risiede nel bisogno di riscoprire il senso di appartenenza e di sentirsi parte di un tutto armonioso, dove l’esistenza stessa è fonte di valore e amore. “Amare è l’occupazione di chi non ha paura”, come scriveva il poeta Mario Luzi, “amare, questo sì ti parifica al mondo”. L’ansia dell’abbandono e la paura di non essere voluti o amati a prescindere erodono questo senso di appartenenza, esponendo l’individuo all’angoscia e alla paura della fine.

La Censura della Nascita e la Scomparsa del Sacro

La società moderna ha progressivamente censurato la nascita, privandola della sua radice antropologica e religiosa. La figura materna, un tempo considerata una divinità, è stata relegata in secondo piano, oscurando il mistero della maternità. Questa censura è alimentata dalla paura del sacro, che emerge inevitabilmente nel rapporto con la nascita e la morte, rivelando la vera natura umana.

La crisi della civiltà, come prefigurata da T. S. Eliot ne “La terra desolata”, si manifesta nella scomparsa della figura femminile investita di valore sacro, la Sibilla. Questa perdita segna l’inizio della desolazione, un eco di ciò che sta accadendo nella nostra società. Per circa cinquant’anni, la Democrazia Cristiana, con il sostegno della gerarchia ecclesiastica, ha promosso un modello sterile di famiglia, ancorato a un prototipo borghese fondato sul buon nome e sul benessere economico. Successivamente, la narrativa ecclesiastica ha assestato un duro colpo, spezzando il legame con il concetto di tribù, ovvero la nozione che il nucleo familiare sia parte integrante della comunità. La Chiesa ha mostrato una chiara ipocrisia in merito ai temi legati all’erotismo; questa situazione, combinata con il discorso idealizzato della *famiglia borghese, veicolato dall’individualismo consumistico e sostenuto dalle istituzioni politiche e religiose, ha originato un ambiente sterile. Tale contesto fa sì che venga erroneamente percepita l’associazione tra la famiglia di stampo borghese e quella cattolica.

Prompt per l’immagine: Un’immagine iconica in stile neoplastico e costruttivista. Al centro, una figura stilizzata di una madre che abbraccia un bambino, entrambi rappresentati con forme geometriche semplici. Linee verticali ed orizzontali dominano la composizione. Sullo sfondo, una serie di forme geometriche che simboleggiano la società, alcune delle quali appaiono frammentate e disconnesse. Utilizzare una palette di colori freddi e desaturati, con un’enfasi sul blu, grigio e bianco. L’immagine deve essere priva di testo e facilmente comprensibile, evocando un senso di fragilità e disconnessione.”

Cosa ne pensi?
  • Un articolo illuminante! ✨ Riscoprire il senso di appartenenza......
  • Crisi della natalità? 🤔 Forse stiamo solo evolvendo......
  • Interessante la critica alla famiglia borghese... 🏠 Ma non dimentichiamo......

Ansia, Prestazione e la Retorica della Longevità

L’ansia da prestazione, alimentata dalla retorica della longevità, distorce la percezione della vita, riducendola a una mera performance. La vita, al contrario, è un percorso fatto di prove, errori e rialzate, un’esperienza in cui si “va bene a prescindere”, così come si è. Questa distorsione è particolarmente evidente nella società contemporanea, dove il valore di un individuo è spesso misurato in base ai suoi successi e alla sua capacità di conformarsi a standard irraggiungibili.
La paura della morte, amplificata dalla retorica della longevità, contribuisce a questa ansia da prestazione. La società moderna, ossessionata dalla giovinezza e dalla perfezione fisica, nega la realtà della morte, creando un’illusione di immortalità che alimenta l’angoscia e la paura dell’abbandono. Questa negazione del limite umano porta a una visione distorta della vita, dove l’obiettivo principale diventa evitare la sofferenza e prolungare l’esistenza a tutti i costi.

Riscoprire l’Affidamento: Una Via d’Uscita

Superare questa crisi richiede una comprensione profonda: L’ansia, infatti, si fonda su elementi religiosi legati al concetto di affidamento, alla nostra condizione creaturale e a quella appartenenza cosmica. Riscopriremo così l’importanza di avere uno spazio nell’universo; sarà cruciale rendersi conto di essere stati voluti con amore e imparare a vivere tale verità nei gesti quotidiani sia nelle interazioni sociali sia nel nostro rapporto col mondo esterno.

Tale esigenza implica un radicale ripensamento della concezione tradizionale familiare: è imperativo abbandonare i modelli stantii come quello borghese — prigioniero fra quattro mura atteggiandosi da onorato cittadino preoccupato solamente per bollette da pagare. Al contrario, dobbiamo rivalutare quanto valore ha per noi sensi nativi come quelli delle tribù-comunità — spazi vitali intrisi d’accoglienza, solidarietà […] ognuno qui si sente veramente partecipe di un destino collettivo ben oltre se stesso!

Dunque non sorprende affatto perché le famiglie composte da molti membri risultino spesso soggette a sguardi scettici; ciò evidenzia [ dissonanze culturali significative] su una prospettiva sociale fondata sulla chiusura individualista tipica dei giorni nostri.

Conclusione: Un Nuovo Umanesimo per il XXI Secolo

La crisi della natalità e l’ansia da prestazione sono sintomi di un malessere più profondo, una perdita di significato e di orientamento nella società contemporanea. Per superare questa crisi, è necessario un nuovo umanesimo, che rimetta al centro l’uomo e la sua dignità, riscoprendo il valore della creaturalità, dell’affidamento e della comunità. Solo così potremo costruire un futuro più umano e sostenibile, dove la nascita sia di nuovo una benedizione e la vita un’esperienza piena di significato.

Amici, riflettiamo un attimo. La psicologia cognitiva ci insegna che i nostri schemi mentali, le nostre convinzioni profonde, influenzano il modo in cui interpretiamo la realtà. Se percepiamo il mondo come un luogo ostile e competitivo, saremo inevitabilmente preda dell’ansia e della paura. Ma se riusciamo a coltivare un senso di fiducia e di appartenenza, potremo affrontare le sfide della vita con maggiore serenità e resilienza. In questo contesto si inserisce un concetto di notevole complessità: la plasticità neuronale*. I neuroni del nostro cervello hanno la straordinaria capacità di evolversi e adattarsi nel corso della nostra esistenza, stabilendo nuove sinapsi e potenziando quelle già formate. Tale caratteristica implica che siamo capaci di ristrutturare i nostri schemi cognitivi, promuovendo una percezione più ottimista e proattiva del reale. Interroghiamoci quindi: quali sono gli ideali intrinseci che ostacolano la nostra realizzazione personale? Quali strategie potremmo adottare per trasmutarli in strumenti utili al nostro percorso? La risposta giace dentro ognuno di noi; l’importante è possedere il fervore necessario per esplorarla.


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