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Aggressioni al personale sanitario: perché questo aumento è una minaccia per tutti?

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  • Nel 2025, aggressioni al personale sanitario aumentate del 37%.
  • Nel 2024, circa 25.940 casi di aggressione, in aumento del 33%.
  • L'80% delle vittime di aggressioni sono donne.

La situazione attuale nella sanità italiana presenta caratteristiche preoccupanti: vi è infatti una crescita esponenziale degli attacchi e delle forme d’aggressione rivolte verso coloro che operano nel settore sanitario. Tale evenienza non costituisce una novità in assoluto; tuttavia ha conosciuto negli ultimi tempi una sollecitazione considerevole, rendendo gli ospedali e i centri assistenziali spazi sempre meno sicuri per chi si occupa della salute altrui. Le statistiche aggiornate evidenziano uno scenario inquietante: appare evidente un aumento continuativo e significativo negli anni recenti. Secondo le stime per il 2024 ci sarebbe stato un incremento delle aggressioni pari a 33%, impattando su quasi 26.000 professionisti sanitari implicati in queste dinamiche violente. È pertanto stata coniata l’espressione “bollettino di guerra” da varie fonti per descrivere tale situazione critica; il problema risulta acuitarsi ulteriormente dato che nella prima parte dell’anno 2025 sono stati riportati dati indicativi di un aumento aggiuntivo del 37%, considerando lo stesso intervallo temporale del precedente anno – ciò porta la conta a circa seicento episodi offensivi contro il personale sanitario. [Amsi]

Statistiche recenti sugli episodi di aggressione al personale sanitario:
  • Aggressioni nel 2025: +37% rispetto al 2024 (circa 6.500 eventi documentati).
  • Gli episodi di aggressione previsti per il 2024 segnano un incremento del 33%, raggiungendo complessivamente i 25.940 casi.
  • Secondo le rilevazioni della CISL FP, si registra un incremento pari al 38% nell’arco temporale di cinque anni.[CISL FP]

Questo trend non sembra accennare a diminuire, bensì a intensificarsi, sollevando seri interrogativi sull’efficacia delle misure attuali e sulla necessità di interventi più incisivi. La questione della sicurezza nel settore sanitario ha assunto contorni estremamente critici su scala nazionale; in questo contesto si inserisce l’allarmante incremento registrato in Liguria: il tasso delle aggressioni ai danni del personale ha subito una crescita significativa pari al 16%. Ancora più drammatico è quanto riportato dal Piemonte, dove sono avvenute oltre 2.000 aggressioni, principalmente rivolte verso infermieri e medici nell’arco del 2024; ciò accade soprattutto nei locali dedicati alle urgenze.

Questo fenomeno non rappresenta semplicemente sporadici incidenti isolati; piuttosto si rivela essere un problema strutturale permeante tutti i tipi d’istituzioni sanitarie italiane, incidendo gravemente sui vari servizi offerti dai Pronto Soccorso. Le circostanze ambientali rendono questi luoghi ad alta tensione: lunghi periodi d’attesa infiniti accompagnati da condizioni precarie caratterizzate da affollamento accentuato alimentano situazioni già complicate dalle necessità emergenziali stesse cui gli operatori devono far fronte quotidianamente. È proprio in tale clima frenetico che diventa comune assistere a comportamenti violenti sia verbali sia fisici contro gli operatori della salute; pertanto risulta inquietante notare come tra le vittime predominino le donne: statistiche suggeriscono addirittura una soglia dell’80%, rendendole protagoniste nella triste classifica delle aggressioni subite all’interno dei reparti sanitari. Questo evidenzia una vulnerabilità specifica e la necessità di analizzare le dinamiche di genere all’interno di questi episodi. Il fenomeno è diventato così endemico che, in alcuni mesi, come agosto, non c’è stato un solo giorno in cui un medico o un infermiere non siano stati aggrediti, un dato che testimonia la gravità e la pervasività del problema.

Dinamiche psicologiche dell’aggressione: un’analisi profonda del fenomeno

Analizzare le radici dei comportamenti aggressivi implica una valutazione approfondita delle dinamiche psicologiche e sociali presenti nel contesto sanitario. Le violenze perpetrate nei confronti del personale medico non devono essere considerate come fenomeni isolati; piuttosto risultano dall’interazione intricata fra molteplici fattori determinanti. Un elemento cruciale è rappresentato dal livello elevato di stress e frustrazione, sperimentato da pazienti e accompagnatori durante percorsi sanitari ritenuti insoddisfacenti. Le aspettative frustrate da tempi d’attesa prolungati e una comunicazione inefficace possono generare una sensazione d’impotenza capace, nelle persone vulnerabili, d’incanalarle verso attitudini ostili. Secondo recenti ricerche condotte tra gli addetti al Pronto Soccorso è emerso che oltre l’86% degli intervistati ha denunciato esperienze aggressive sul posto di lavoro; addirittura si stima che il 100% abbia subìto offese verbali, cifra significativa riguardo l’estensione del fenomeno.

In questo contesto è importante rilevare come la violenza assuma varie forme: da minacce verbali—spesso indicative dell’inizio d’una potenziale escalation—alle manifestazioni fisiche più gravi fino ai casi più estremi quali furti o anche rapine compiute con armi. Secondo le evidenze presentate nella letteratura scientifica contemporanea, I DISTURBI MENTALI NON DIAGNOSTICATI O NON GESTITI si rivelano fattori determinanti nel contribuire agli episodi problematici sopra menzionati. Individui affetti da manifestazioni di agitazione psicomotoria oppure colpiti da deliri e alterazioni significative nel controllo degli impulsi tendono a reagire con comportamenti imprevedibili o addirittura violenti all’interno dei contesti sanitari caratterizzati da elevate tensioni emotive. Tra le altre motivazioni psicologiche rilevabili troviamo: BRAA REATTIVA, sorta di reazione emotiva a situazioni considerate ingiuste; il confronto con emozioni intense difficili da elaborare; insieme alla possibile influenza negativa derivante dall’assunzione di sostanze psicoattive oppure dall’alcol.

All’interno della cornice analitica offerta dalla psicologia comportamentale sono emersi specifici INDICATORI FISIOLOGICI, volti ad anticipare una potenziale aggressione: quali il cambiamento cromatico della pelle verso tonalità rosse accese, PUPILLE DILATATE, respiro accelerato e affannoso accompagnato da sudorazione profusa. L’identificazione tempestiva di questi segnali può risultare fondamentale ai fini dell’implementazione delle appropriate strategie preventive indispensabili per minimizzare le conflittualità sul campo. Nel pronto soccorso convivono più variabili: L’AMBIENTE RISCHIOSO E STRATIFICATO che contraddistingue questo ambito professionale è alimentato sia dalle condizioni personali del paziente – quali ansie legate alla salute e timori associati all’incertezza – sia dagli input esterni derivanti dal contesto frenetico intorno, caratterizzato da rumore assordante, presenza numerosa di individui e lunghe attese.

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  • Finalmente qualcuno che mette in luce la gravità di... 👍...
  • Ma non è che a volte il personale sanitario... 🤔...
  • E se invece di telecamere e repressione ci concentrassimo su... 💡...

Conseguenze e implicazioni per la salute mentale del personale

Non è solamente il corpo umano ad essere oggetto delle aggressioni: esse infliggono anche ferite invisibili che si traducono in gravi cicatrici psicologiche per il personale sanitario. I traumi psichici risultanti possono rivelarsi disastrosi tanto nel breve quanto nel lungo periodo per il benessere dei professionisti coinvolti. Atti violenti hanno la capacità di provocare stati quali ansia, stress post-traumatico (PTSD), insonnia e disturbi d’ansia generalizzata, accompagnati da episodiche crisi depressive. Operare quotidianamente in ambienti caratterizzati da ostilità apparente e insidie latenti crea nei lavoratori un persistente stato d’insicurezza che va a influenzare negativamente l’immagine che essi hanno non solo della propria identità, ma anche del proprio profilo professionale. Alcuni potrebbero adottare strategie difensive o, al contrario, sperimentare condizioni come il burnout, uno stato critico contraddistinto da esaurimento fisico ed emotivo che tende a ridurre significativamente motivazione e appagamento nelle attività lavorative quotidiane. Un sentimento diffusosi tra gli operatori è quello dell’impotenza; tale spirito negativo, associato alla carenza delle protezioni necessarie, riesce ad annichilire gradualmente quella resilienza tipica degli addetti ai lavori, inducendoli perfino a valutazioni estreme riguardo all’abbandono dell’attività svolta. L’articolo presente su puntosicuro.it analizza con attenzione il tema del supporto psicologico rivolto ai professionisti della sanità, evidenziando come sia cruciale effettuare un intervento che sia rapido ed efficace. È stato dimostrato che offrire assistenza psicologica nelle prime 96 ore successive a incidenti traumatici può significativamente attenuare gli impatti avversi sulla salute mentale dei lavoratori, impedendo al malessere di evolvere in patologie croniche.[Ministero della Salute]

Le conseguenze si estendono anche alle relazioni interpersonali, sia con la famiglia che con i colleghi. Le conseguenze del trauma possono avere effetti profondi sulla fiducia interpersonale, conducendo a fenomeni di isolamento sociale e problematiche comunicative. Anche la qualità dell’assistenza sanitaria ne può risentire in modo indiretto: il personale che vive situazioni di stress, ansia o demotivazione non riesce a garantire le cure migliori né a instaurare rapporti empatici con i propri assistiti. Tale situazione genera un circolo vizioso dove il comportamento violento manifestato ricade negativamente su tutto il sistema sanitario, intaccandone sia l’efficacia che la percezione qualitativa da parte degli utenti.

Per far fronte a questa emergenza sono state intraprese varie iniziative orientate alla mitigazione del problema. Il decreto legge adottato dal Governo nell’ottobre scorso ha cercato di attuare misure restrittive per specifiche condotte problematiche. Di recente, il 24 luglio, è stato firmato a Udine un accordo significativo tra l’ASUFC (Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale) e la Questura; tale intesa prevede l’implementazione di un sistema di videosorveglianza ospedaliera, con automatica segnalazione alle Forze dell’ordine nel caso si verifichi una situazione violenta. In questo momento, si registrano 12 telecamere operative all’interno del Pronto Soccorso di Udine, insieme a 6 nell’istituzione dedicata alla continuità assistenziale dell’Istituto Gervasutta, e infine 2 nel REMS ubicato in via Pozzuolo. Tale iniziativa è supportata da programmi formativi rivolti al personale, interventi volti alla sensibilizzazione delle tematiche pertinenti, nonché dalla fornitura di sostegno psicologico ai soggetti colpiti. L’obiettivo principale consiste nel favorire la creazione di un ambiente consono sia per gli operatori sanitari sia per i cittadini che rivendicano il loro diritto a ottenere trattamenti all’interno di spazi ordinati e sicuri.

Resilienza e supporto nel contesto della violenza: verso una sanità più sicura

Alla luce della vastità del problema presentato, risulta essenziale intraprendere una strategia composita non limitata esclusivamente all’aspetto repressivo; piuttosto è imperativo considerare elementi quali la prevenzione, il sostegno emotivo e una formazione adeguata. Le aggressioni subite dal personale sanitario configurano un grave esempio di trauma occupazionale, con conseguenze per quanto riguarda il benessere psichico destinate ad avere effetti sia intensi sia prolungati nel tempo. Analizzando questo fenomeno attraverso il prisma della psicologia cognitiva, emerge chiaramente come non sia solo l’accadimento traumatico in sé a determinare i suoi effetti sull’individuo: anzi, la sua efficacia percettiva gioca un ruolo cruciale nella modulazione delle emozioni legate all’episodio stesso. Tali attacchi possono far emergere schemi mentali disfunzionali quali una percezione ridotta dell’autoefficacia o uno stato costante d’ipervigilanza: aspetti questi ultimi capaci di alimentare ansie persistenti assieme a manifestazioni depressive. In tale contesto si sottolinea quindi l’importanza vitale del ricorso a misure appropriate riguardo al supporto psicologico nelle fasi immediate post-evento; queste aiuterebbero i soggetti colpiti nel processo di rielaborazione dell’accaduto oltrepassando confusioni percettive per ristabilire sentimenti sani riguardo alla propria sicurezza interna.

Dal canto della psicologia comportamentale, interventi volti alla gestione dello stress e della rabbia dovrebbero essere implementati tanto per gli operatori sanitari quanto per i pazienti coinvolti affinché possano produrre risultati significativi nella qualità delle interazioni quotidiane. Per il personale, training specifici sulla comunicazione non violenta, sulla de-escalation e sulla gestione delle crisi possono fornire strumenti pratici per affrontare situazioni potenzialmente aggressive. Per i pazienti, la creazione di ambienti meno stressanti, la comunicazione chiara e l’ascolto attivo possono ridurre la frustrazione e prevenire l’escalation.

La capacità di un operatore di recuperare da un’aggressione e di continuare a svolgere il proprio lavoro con dedizione è fortemente legata alla sua resilienza individuale e al supporto sociale e istituzionale che riceve. La resilienza, intesa come la capacità di affrontare e superare eventi avversi, può essere coltivata attraverso programmi di formazione che includano tecniche di gestione dello stress, mindfulness e strategie di problem-solving. A un livello più avanzato di psicologia della salute, dobbiamo considerare l’impatto della “fatica da compassione” (compassion fatigue) e del “trauma vicario” (vicarious trauma). Tali idee illustrano il significativo sacrificio emotivo derivante dall’esposizione continua ai dolori e ai traumi vissuti dagli altri. Gli operatori sanitari si trovano pertanto ad affrontare non soltanto attacchi diretti alla loro persona; essi assimilano altresì le paure profondamente radicate e il tormento provato dai pazienti stessi. Questo processo può culminare in uno stato d’esaurimento emotivo, compromettendo così la loro capacità empatica e intensificando le conseguenze degli attacchi ricevuti.

La questione delle aggressioni va oltre una mera problematica legata alla sicurezza fisica; essa rappresenta invece una ferita rilevante all’interno del sistema sanitario che incide sulla psiche dei lavoratori nel settore. Approfondire questa tematica implica fare molto più che semplicemente disapprovare gesti violenti; richiede piuttosto un riconoscimento della vulnerabilità umana, specialmente quando si opera sotto condizioni estreme e opprimenti. La riflessione ci invita ad analizzare come le nostre istituzioni sanitarie—indispensabili per il benessere collettivo—possono rivelarsi spazi tesi o addirittura pericolosi; è quindi fondamentale assumerci tutti – da parte delle istituzioni fino ai professionisti del settore sanitario e ai cittadini – l’impegno necessario affinché tali luoghi diventino sempre più protetti e improntati al rispetto reciproco. Solo tramite sforzi condivisi e uno studio approfondito dei meccanismi psicologici implicati potremo mirare verso un domani dove curarsi non comporta rischiare sé stessi.

Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (Amsi)
Organizzazione che rappresenta i medici immigrati in Italia, attiva nella promozione della salute e della sicurezza dei professionisti sanitari.
CISL FP
Federazione dei lavoratori del settore pubblico del sindacato CISL, impegnata nella difesa dei diritti dei lavoratori della sanità.
Ministero della Salute
Ministero della Sanità italiano, con particolare riferimento ai programmi e iniziative a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

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