- A Ravenna, nel 2024, 63 nuovi casi di minori seguiti ambulatorialmente.
- Aumento del 51,3% dei casi tra il 2019 e il 2022.
- L'ospedale Bambino Gesù riporta il raddoppio degli accessi in 2 anni.
- I disturbi alimentari sono la seconda causa di morte (12-25 anni).
- Rischio di disturbi alimentari aumenta del 62% con i social.
L’onda crescente dei disturbi alimentari tra i giovani in Italia
Negli ultimi anni, l’Italia ha assistito a un’inquietante escalation di casi di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (DNA), un fenomeno che ha trovato un’accelerazione significativa in seguito agli eventi pandemici. Sebbene la “giornata lilla” del 15 marzo abbia da tempo richiamato l’attenzione su questa problematica, estendendosi ora a una “settimana lilla” di sensibilizzazione, i numeri continuano a destare profonda preoccupazione. Le statistiche più recenti delineano un quadro allarmante, con un incremento massiccio degli accessi e dei ricoveri ospedalieri, in particolare tra le fasce più giovani della popolazione. A Ravenna, ad esempio, il 2024 ha registrato 6 ricoveri in Pediatria per minori tra i 13 e i 17 anni, e 3 per giovani adulti tra i 20 e i 35 anni nel reparto di Gastroenterologia. I nuovi casi di minori seguiti ambulatorialmente nel 2024 sono stati ben 63, un dato che contrasta nettamente con la media pre-pandemica di circa 40 casi all’anno, indicando un aumento del 51,3% tra il 2019 e il 2022. Anche se l’anno scorso ha mostrato un leggero calo, i volumi rimangono eccezionalmente elevati.
Percentuale di persone affette da disturbi alimentari salita dal 3,4% al 7,8%. Circa 4 milioni di casi di disturbi alimentari, di cui il 90% sono donne. Il 40% ha tra i 12 e i 17 anni, il 25% meno di 14 anni, il 6% nemmeno 12 anni. Stimati 3.000 morti per disturbi alimentari nel 2022.
L’età di esordio di questi disturbi si è notevolmente abbassata, coinvolgendo sempre più adolescenti e preadolescenti, in una fascia che si estende dai 12 fino ai 20-25 anni. In alcuni casi, si sono persino riscontrati accessi da parte di bambine molto piccole. La stragrande maggioranza dei soggetti colpiti è di sesso femminile, sebbene si registri un numero crescente, seppur minoritario, di casi maschili. Tra le patologie più diffuse, emerge con forza l’anoressia nervosa di tipo restrittivo, affiancata da bulimia nervosa e disturbi del comportamento alimentare legati a situazioni di disadattamento. Spesso, si osserva una comorbidità tra disturbi alimentari e disturbi dell’adattamento, manifestazioni di un disagio emotivo profondo scaturito da eventi critici come lutti o trasferimenti. In queste circostanze, il controllo sul cibo, attraverso restrizioni o abbuffate, diventa per i giovani una (illusoria) via di fuga da ansie e bassa autostima. Distinguere queste manifestazioni da anoressia e bulimia nervosa classiche è cruciale, poiché le prime richiedono un approccio che vada alla radice del disagio psicologico, mentre le seconde necessitano di trattamenti psicologici individuali, riabilitazione nutrizionale e, se del caso, supporto farmacologico.
Parallelamente, si assiste a un incremento dei casi di Binge Eating Disorder (BED), ovvero disturbi da alimentazione incontrollata, che colpiscono ragazzi in forte sovrappeso che vivono una completa disregolazione del rapporto con il cibo, senza le “condotte di compenso” tipiche di altre patologie. L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù ha riportato un raddoppio degli accessi al pronto soccorso per disturbi del comportamento alimentare negli ultimi due anni (2021-2022), e un aumento dei ricoveri superiore al 50%, passando dai 180 casi pre-pandemia (2019) a quasi 300 nell’ultimo anno. L’analisi di tali dati evidenzia la necessità impellente di sviluppare interventi multidisciplinari che includano professionisti quali psichiatri, pediatri, psicologi e dietisti. Questa problematica si traduce su scala mondiale come *la seconda causa di morte per le ragazze nella fascia d’età compresa tra i 12 e i 25 anni, con oltre 4000 decessi in Italia attribuiti a bulimia e anoressia*.
L’influenza ambivalente dei social media sull’immagine corporea dei giovani
L’importanza dei social media nel potenziamento delle suddette dinamiche ha catturato l’attenzione degli studiosi ed è oggetto di accesi dibattiti. Le piattaforme come Instagram, TikTok, Facebook e Snapchat sono incentrate sulla condivisione visiva attraverso foto e video; esse influenzano profondamente la percezione dell’immagine personale, soprattutto tra i giovani le cui identità non sono ancora definite. La continua esposizione a ideali estetici raramente raggiungibili, mediati da filtri sofisticati ed elaborazioni digitali della realtà, si traduce in un ambiente propenso all’insoddisfazione riguardo al corpo stesso; ciò può sfociare nella comparsa del dismorfismo corporeo nei soggetti più fragili—una patologia caratterizzata da una valutazione errata o estremamente severa della propria immagine fisica. Secondo recenti ricerche scientifiche, gli adolescenti che spendono ogni giorno oltre un’ora davanti a dispositivi elettronici vedono aumentare il loro rischio di incorrere in disturbi alimentari fino al 62%. [Corriere]
- Aumento del cyberbullismo.
- Promozione di ideali di corpo irraggiungibili.
- Riduzione dell’autostima e tentativi malsani di controllare il peso.
La relazione tra disturbi alimentari e social media si rivela, infatti, complessa e bidirezionale. Da un lato, i social media possono fungere da catalizzatore per lo sviluppo e il mantenimento di tali disturbi, esponendo gli utenti a contenuti che alterano la loro percezione di sé e del proprio corpo. Dall’altro lato, individui già affetti da queste patologie possono utilizzare le piattaforme per cercare o diffondere contenuti legati al cibo, al peso o all’aspetto fisico. Un esempio lampante è Instagram, dove la vasta gamma di contenuti legati a fitness, diete, bellezza e moda, spesso promossi da “influencer”, può generare confronto, invidia, insoddisfazione e un senso di inadeguatezza, particolarmente rischioso per i giovani più influenzabili.
Gli influencer, figure dotate di grande popolarità e credibilità online, possono giocare un ruolo ambivalente. Se da un lato possono contribuire positivamente alla sensibilizzazione, informazione e al supporto per chi soffre di DCA, promuovendo visioni sane del cibo e del corpo, dall’altro lato possono diffondere pratiche e atteggiamenti dannosi attraverso la promozione di diete estreme, prodotti dimagranti o immagini corporee alterate e irrealistiche. La sfida risiede nel promuovere un consumo consapevole e responsabile dei social media, orientando gli utenti verso contenuti che valorizzino la diversità e la naturalità dei corpi, e limitando l’esposizione a standard di bellezza innaturali che generano solo insicurezza e competizione.
Complessità psicologiche e correlazioni con la salute mentale
I disturbi alimentari non sono mai semplici manifestazioni di una disfunzione fisica, ma affondano le radici in una profonda complessità psicologica, spesso interconnessa con altre problematiche di salute mentale. L’esordio post-pandemico di molti casi di DCA è emblematico di come il disagio psicologico possa fungere da detonatore. La “reclusione” forzata, l’interruzione delle routine sociali e scolastiche hanno esposto le adolescenti a fragilità preesistenti, innescando insoddisfazione, ansia e difficoltà emotive. In questo contesto, il controllo del cibo emerge come una strategia disfunzionale per gestire un senso di impotenza e caos interiore.
È fondamentale comprendere che dietro a comportamenti alimentari disordinati si celano spesso traumi, ansia, scarsa autostima o problematiche relazionali. La ricerca ha evidenziato come l’esordio dei DCA avvenga in età sempre più precoce, talvolta a 8-9 anni, correlato non solo all’abbassamento dell’età puberale, ma anche e soprattutto all’uso diffuso dei social network. Questi ultimi, infatti, espongono i giovani a modelli di bellezza irraggiungibili, facilitando confronti deleteri e innescando un circolo vizioso di insoddisfazione e ricerca di perfezione.
I DCA non sono isolati nel panorama della salute mentale; spesso si verificano in comorbidità con disturbi d’ansia, depressione o disturbi ossessivo-compulsivi. Questo rende il recupero ancora più complesso e richiede un approccio multidisciplinare integrato, che comprenda terapie psicologiche, mediche e nutrizionali. La Dottoressa Valeria Zanna del Bambino Gesù sottolinea come il lockdown e le restrizioni sociali abbiano accelerato un malessere spesso già latente, spingendo molti adolescenti a “vivere di nascosto” le proprie difficoltà alimentari. La percezione di un corpo perfetto veicolata dai social media può esacerbare una già fragile immagine corporea, portando a un’ossessione per il proprio aspetto che può sfociare in patologie gravi.
Percorsi di cura e riflessioni sul benessere psicologico
La gestione dei disturbi alimentari esige una dedizione considerevole oltre a un approccio olistico, in grado di superare la mera attenzione ai sintomi per investigare le radici più profonde del malessere. I trattamenti devono avere una dimensione multidisciplinare, facendo ricorso a vari esperti come psichiatri, pediatri, psicologi ed esperti in nutrizione e medicina interna. Il fine ultimo consiste non soltanto nel ripristino della salute nutrizionale e nel contrasto delle serie complicazioni mediche – rischiose fino a 5-10 volte di più nel caso dell’anoressia nervosa rispetto alla popolazione sana – ma anche nell’affrontare i disagi psicologici intrinseci.
In tale scenario, i social media possono diventare strumenti decisivi per il bene comune se utilizzati con giudizio; infatti, hanno la capacità di trasformarsi da potenziali fattori di rischio in veri alleati terapeutici. Questi spazi virtuali offrono opportunità preziose per sensibilizzare l’opinione pubblica, condividere informazioni verificate ed estendere supporto nei momenti difficili. Le comunità online, così come i canali curati da professionisti capaci, forniscono testimonianze incisive insieme a consigli pratici, creando un clima propizio al dialogo tra coloro che affrontano situazioni analoghe. È cruciale selezionare con cura i contenuti da seguire, preferendo quelli che promuovono un’immagine corporea sana e inclusiva e che incoraggiano l’autostima e l’autocompassione, mentre è fondamentale limitare il tempo di esposizione per evitare dipendenza e isolamento.
La prevenzione e il trattamento dei disturbi alimentari beneficiano enormemente di iniziative che promuovono la salute mentale a 360 gradi. Programmi come “Bimbinforma” per l’obesità infantile rappresentano un passo in avanti nella cura multidisciplinare. La “settimana lilla” e gli eventi di approfondimento come quelli tenuti a Ravenna, con esperti che discutono di salute mentale e strategie di prevenzione, sono vitali per creare consapevolezza e fornire strumenti a famiglie e professionisti.
- Disturbi Alimentari (DCA): condizioni psichiatriche caratterizzate da comportamenti alimentari disordinati e preoccupazioni per il cibo, il peso e l’immagine corporea. La Binge Eating Disorder (BED), nota anche come disturbo da alimentazione incontrollata, si manifesta attraverso episodi ripetuti di abbuffate che avvengono in assenza di condotte compensatorie. Un elemento cruciale nel campo della psicologia è rappresentato dalla psicologia cognitiva, disciplina dedita all’analisi dei meccanismi mentali inclusivi del pensiero, della percezione e della memoria. Per aggiungere complessità alla discussione clinica, va considerata anche la nozione di comorbidità, vale a dire l’insorgere simultaneo nella stessa persona di molteplici patologie.
- Riflettendo sui concetti proposti dalla psicologia cognitiva si emerge chiaramente che non sono gli eventi esterni in sé ad influenzarci profondamente; ciò avviene invece grazie alla nostra specifica interpretazione degli stessi eventi. A livello dei social media, questa interpretazione viene costantemente influenzata da immagini suggestive e racconti narrativi capaci talvolta d’intaccare gravemente l’autopercezione del proprio valore intrinseco così come dell’aspetto fisico. L’incessante pressione per rispettare canoni estetici irrealistici conduce frequentemente alla creazione d’atteggiamenti cognitivi disfunzionali nei soggetti colpiti dall’ansia o dalla scarsa autostima. Parimenti significativa risulta essere l’approccio fornito dalla psicologia comportamentale, evidenziando come molti comportamenti problematici – ed in particolare quelli associati al cibo – derivano da reazioni acquisite rispetto ai fattori ambientali o sociali. La ripetuta esposizione a contenuti “pro-ana” o “pro-mia” può rinforzare condotte dannose. Per contrastare questo, la psicologia avanzata suggerisce l’importanza dello sviluppo della resilienza e della compassione verso sé stessi: riconoscere il dolore, accettare le imperfezioni e costruire una narrazione interiore più gentile e autentica. È fondamentale disconnettersi dal rumore esterno per connettersi con la propria voce interiore, distinguendo la propria identità da quella imposta da un mondo digitale spesso spietato. Solo così potremo navigare la vita con maggiore consapevolezza, trasformando le sfide in opportunità di crescita e autenticità.