- Entro il 2035, 6 milioni di posti a rischio per l'IA.
- Mercato IA in Italia: +52% nel 2023, 760 milioni di euro.
- IA potrebbe portare a 69 milioni di nuovi posti di lavoro.
Il futuro prossimo, come un’onda impetuosa, si abbatte sul mondo del lavoro, ridisegnandone i contorni con la forza inesorabile dell’intelligenza artificiale. Le proiezioni attuali dipingono uno scenario in cui, entro il 2035, ben 6 milioni di lavoratori potrebbero vedere le proprie mansioni sostituite dall’IA. Questo non è un sussurro lontano, ma un rombo che si fa sempre più vicino. Solo nel luglio del 2025, si stima che oltre 10.000 posti di lavoro siano già svaniti a causa dell’avanzamento tecnologico. Non si tratta di catastrofismo, ma di una lucida analisi di dati che suggeriscono un’accelerazione dell’automazione senza precedenti. Questo impatto non si limita a settori specifici, ma si estende orizzontalmente, toccando ogni angolo del panorama professionale.
Il Report “Intelligenza Artificiale e Persone: Chi Servirà Chi?” di Censis Confcooperative getta una luce chiarissima su questa trasformazione: circa 15 milioni di lavoratori italiani saranno coinvolti in questo vortice di cambiamento. Di questi, una parte significativa sarà a rischio di sostituzione, mentre un’altra, pur mantenendo il proprio ruolo, si troverà a dover integrare profondamente l’IA nelle proprie attività quotidiane. Un’analisi del mondo del lavoro di 10 anni fa rispetto ad oggi svela già una profonda differenza di necessità e di strumenti. Le mansioni che un tempo sembravano inattaccabili, oggi sono il bersaglio principale di questa rivoluzione. Si pensi a come l’automazione abbia già radicalmente alterato la catena di montaggio e la logistica. Ora, la stessa trasformazione si estende ai cosiddetti “lavori del colletto bianco”.
La vera sfida non consiste nel respingere questa marea, ma nel cavalcarla. La storia ci insegna che ogni grande rivoluzione tecnologica, se gestita con lungimiranza, porta a progressi impensabili. L’avvento della macchina a vapore, dell’elettricità, e poi dell’informatica, ha sempre generato nuove opportunità, nuove professioni e un’evoluzione complessiva della società. L’IA, con la sua capacità di elaborare dati e automatizzare processi, si presenta come un catalizzatore per un incremento significativo della produttività. Le stime parlano di una crescita del PIL dell’1,8% grazie all’integrazione dell’IA. Questo non significa semplicemente “fare di più”, ma “fare meglio”, liberando le risorse umane da compiti ripetitivi per permettere loro di dedicarsi a mansioni più complesse, creative e a valore aggiunto.
Le professioni sul filo del rasoio e la dicotomia del rischio
L’avanzata dell’intelligenza artificiale disegna un quadro netto delle professioni più esposte alla sostituzione, delineando una dicotomia tra quelle “intellettuali automatizzabili” e quelle che richiederanno un’integrazione con il nuovo paradigma tecnologico. Al centro della tempesta si trovano le mansioni che implicano l’elaborazione ripetitiva di dati e l’applicazione di regole predefinite. Matematici, contabili, tecnici della gestione finanziaria, tecnici statistici, esperti in calligrafia, economi e tesorieri figurano tra i più a rischio. Anche periti, valutatori di rischio e liquidatori, tecnici del lavoro bancario, e specialisti della gestione e del controllo delle imprese private e pubbliche sono nell’occhio del ciclone. La loro operatività, basata su algoritmi e analisi numeriche, si presta naturalmente all’automazione, promettendo maggiore efficienza e riduzione degli errori. Questo non implica la loro totale scomparsa, ma piuttosto una profonda ridefinizione delle loro attività, che vedranno l’IA assumere il ruolo di co-pilota inarrestabile. Nel contesto attuale del mercato del lavoro è fondamentale identificare quelle professioni che non rischiano una sostituzione totale a causa dell’avvento dell’intelligenza artificiale; al contrario, dovranno integrarla nel loro operato quotidiano quale supporto imprescindibile ed elevatore di efficienza. A questo proposito possiamo annoverare ruoli con elevato valore strategico-tattico: i direttori finanziari o amministrativi e i capisettore nell’ambito organizzativo o nelle risorse umane saranno tra coloro ad avvalersi della collaborazione con tecnologie avanzate. All’interno di questo gruppo figurano anche notai e avvocati, nonché esperti legali attivi nei settori pubblici insieme ai magistrati; tutti questi operatori professionisti utilizzeranno strumenti intelligenti nel loro processo lavorativo. Anche psicologi clinici e psicoterapeuti, insieme a storici dell’archeologia oppure specializzati in studi religiosi, trovano collocazione in questa cerchia d’élite del sapere; tali professionisti faranno leva sull’IA principalmente per scopi analitici riguardanti i dati raccolti, così come nella ricerca accademica, ottimizzando flussi procedurali e mantenendo sempre una chiara distinzione rispetto alla componente umana intrinseca necessaria – quella fatta di empatia innata, così come intuito vivo, capacissimo d’esprimere un’opinione critica ragionata.
Un aspetto particolarmente rilevante evidenziato dagli studi è l’impatto differenziato sull’occupazione femminile. Le donne, statisticamente più inclini a raggiungere livelli di istruzione superiori, sembrano essere maggiormente esposte ai rischi di sostituzione o affiancamento da parte dell’IA. Tra i lavoratori ad alto rischio di sostituzione, le donne rappresentano il 54%. Questa percentuale sale al 57% tra coloro che dovranno integrare l’IA nelle loro mansioni. Questo dato sottolinea una potenziale disparità di genere che richiede attenzione e strategie mirate.
- 🚀 L'IA non è una minaccia, ma un'opportunità per......
- 😨 6 milioni di posti di lavoro persi? Forse è esagerato......
- 🤔 E se invece l'IA creasse lavori che oggi non immaginiamo...?...
Il benessere organizzativo nell’era dell’IA: sfide e opportunità
La comparsa dell’Intelligenza Artificiale non si limita semplicemente a ridefinire le responsabilità professionali; al contrario, ha un impatto profondo sul benessere psicologico dei dipendenti. Questo tema sta rapidamente diventando una priorità assoluta nei piani strategici delle aziende. Il contesto odierno evidenzia una natura ambivalente dell’IA: mentre essa può rendere il lavoro più gratificante e interessante esonerando gli individui da mansioni tediose e pesanti, dall’altra provoca anche incrementi dello stress e delle aspettative individuali, creando così condizioni favorevoli per l’insorgere di ansie variegate insieme al rischio di burnout. Gli addetti sono costretti ad affrontare una realtà incerta nella quale la preoccupazione riguardante la possibilità di essere rimpiazzati coesiste con l’obbligo continuo di aggiornamento professionale, sorgendo come elementi pressanti sulla loro quotidianità.
In questo panorama emerge con forza la necessità imperativa di riformulare i modelli attuali dedicati al benessere organizzativo. Si richiede quindi un approccio che superi le consuete pratiche legate al welfare aziendale adottando invece strategie olistiche e attive. Le imprese più lungimiranti stanno cominciando ad affermare che l’integrazione efficace dell’IA all’interno della propria organizzazione deve necessariamente accompagnarsi a una riflessione approfondita sui suoi effetti umani diretti. La Human Resource Digital Transformation non si limita all’implementazione di tecnologie avanzate nei processi HR, ma si estende alla promozione della psicologia positiva, con l’obiettivo di sostenere e valorizzare le risorse umane.
In questa nuova era, l’IA può diventare un formidabile alleato per la promozione del benessere. L’apertura della frontiera del coaching e mentoring digitale, attraverso software basati sull’IA, offre nuove possibilità. Questi strumenti possono aiutare i dipendenti a definire obiettivi chiari, a monitorare i progressi, e a sviluppare nuove competenze, contribuendo a un senso di controllo e di crescita professionale. Inoltre, l’IA può avere un ruolo cruciale nella prevenzione degli infortuni sul lavoro, identificando rischi e suggerendo miglioramenti nelle procedure.
Verso una rinascita del lavoro nell’era dell’IA: un appello all’adattamento
L’intelligenza artificiale non deve essere considerata semplicemente come uno strumento tecnologico ausiliario; essa rappresenta piuttosto un motore capace di indurre cambiamenti sostanziali. Ci troviamo a vivere in un periodo cruciale della storia umana, dove le scelte che effettueremo saranno influenzate dalla nostra attitudine ad adattarci e dal desiderio proattivo di costruire il nostro domani piuttosto che accettarlo passivamente.
Al centro dei mutamenti in atto vi è una nozione chiave nell’ambito della psicologia cognitiva: la plasticità cerebrale, ossia quella facoltà innata che ci permette di modificare le nostre modalità reattive. Questo rappresenta senza dubbio la nostra risorsa primaria nel fronteggiare l’evoluzione dell’IA. Inoltre, sotto questo aspetto vale la pena esaminare anche l’idea riguardante l’auto-efficacia percepita, secondo cui ciascuno possiede fiducia nelle proprie abilità nell’affrontare determinati compiti o situazioni complesse. In contesti caratterizzati da insicurezza occupazionale, avere elevati livelli di auto-efficacia può risultare decisivo tra coloro i quali scelgono di impantanarsi nella preoccupazione oppure coloro che abbracciano le sfide con l’intento di apprendere ed evolvere professionalmente.
Glossario
- IA: sigla di intelligenza artificiale, tecnologia che simula l’intelligenza umana attraverso algoritmi e machine learning.
- Robo-advisors: piattaforme digitali che forniscono consulenze finanziarie automatizzate basate su algoritmi.
- Machine learning: branca dell’IA che consente ai computer di apprendere dai dati per migliorare le loro prestazioni senza essere esplicitamente programmati.