- Dal 2000, la legge n. 376 ha imposto il divieto sulla produzione di sostanze dopanti.
- Nel 2023, oltre 5210 atleti hanno subito controlli antidoping.
- Nel 2024, più di 510mila studenti (15-19 anni) hanno assunto psicofarmaci senza prescrizione.
Nell’etere pulsante del nostro tempo, una sinfonia distorta si leva dalle stanze dei giovani, un canto sommesso di ansie inespresse e desideri vorticosi. Al centro di questo coro, l’eco sempre più assordante dell’uso di sostanze come psicofarmaci, o addirittura il ricorso a steroidi anabolizzanti, rivela una fragilità sottostante, un paesaggio interiore plasmato dalle pressioni implacabili della società contemporanea. Non si tratta più di fenomeni isolati o di nicchia; l’identikit del consumatore si è evoluto, abbracciando ora con maggiore frequenza lo sportivo non professionista, il giovane che si affaccia alla vita adulta, persino il semplice frequentatore di palestre, in una ricerca spasmodica di un’immagine di sé che, spesso, è più un miraggio che una realtà.

Il dibattito sul doping, un tempo confinato alle cronache sportive d’élite, ha ora sfondato i confini dello stadio per insinuarsi nelle vite quotidiane. Gli steroidi anabolizzanti rappresentano versioni artificiali del testosterone concepite al fine di stimolare un incremento della massa muscolare e delle capacità fisiche; questi composti hanno finito per diventare un facile obiettivo per molti. I dati risultano eloquenti: dal 2000 ad oggi in Italia è entrata in vigore la legge n. 376/2000 che ha imposto un divieto assoluto sulla produzione e sul consumo non autorizzato di sostanze dopanti pena sanzioni legali severe nei confronti dei trasgressori. A tal proposito interviene la Sezione per la vigilanza e il controllo sul doping (SVD), organismo operativo sotto l’egida del Ministero della Salute che scrutinizza attentamente questa realtà invisibile; i risultati pubblicati semestralmente delineano uno scenario inquietante: è emerso che l’abuso è particolarmente diffuso tra coloro che praticano sport amatorialmente. Non si limita esclusivamente alla sfera agonistica questo fenomeno; esso rinvia anche a una ricerca affannosa delle performance ottimali nelle sfere più varie dell’esperienza giovanile – dai social network alle dinamiche competitive nel contesto scolastico o sociale.
Riguardo al consuntivo del 2023 riportato da Nado Italia, si evidenzia come oltre cinquemiladuecentodieci atleti abbiano subito controlli antidoping cui ha fatto seguito una positiva affermazione pari all’1,2%. Di questi esiti risulta predominante quello relativo all’impiego degli steroidi anabolizzanti (26%), affermandosi così come principale fonte d’infrazione insieme ai farmaci mascheratori o agli agenti additivi notoriamente utilizzati nei test delle urine (25%). [Il Sole 24 Ore]. Le conseguenze fisiche associate all’uso prolungato sono ampiamente documentate: gli uomini possono soffrire di ginecomastia (un aumento delle mammelle), accompagnata da un restringimento dei testicoli e da una diminuzione della conta spermatica. Le donne affrontano invece fenomeni di virilizzazione, che includono la calvizie femminile e un incremento dell’irsutismo—ovvero una crescita anomala dei peli—insieme all’ingrandimento del clitoride e ad alterazioni vocali come l’abbassamento della voce; ulteriormente, si possono manifestare anche forme di atrofia vaginale. Alcuni effetti risultano addirittura irreversibili, lasciando impronte durevoli sull’individuo coinvolto. Inoltre, agli aspetti visibili va sommato il pesante onere derivante dall’abuso prolungato sul sistema cardiovascolare; questo porta a gravi condizioni quali ipertensione arteriosa ed eventi acuti come ictus o infarti miocardici, assieme alla formazione indesiderata di trombi vascolari ed eventuali squilibri nel profilo lipidico che compromettono la salute generale degli adolescenti o giovani adulti interessati. Chiaramente i rischi associati superano nettamente qualsiasi beneficio illusorio legato a queste pratiche dannose.
Le radici psicologiche: tra pressione estetica ed evasione
L’impulso dei giovani verso l’uso delle sostanze dopanti origina da dinamiche complesse e multilivello nelle quali si intrecciano elementi psicologici con fattori sociologici. Non si tratta esclusivamente dell’ambizione sportiva a determinare tali comportamenti; infatti, è evidente come la pressione sociale ed estetica risulti cruciale in questo fenomeno. La nostra società è caratterizzata da immagini perfezionate che promuovono corpi modellati ed esistenze apparenti senza imperfezioni; tale cornice visiva trasmette implicitamente l’idea secondo cui l’accettazione sociale e l’amore richiedono il conformarsi a ideali di bellezza e forza fisici, spesso fuori dalla portata della realtà concreta. In quest’ottica, gli anabolizzanti assumono il ruolo di strumenti facilitatori nel raggiungimento delle fattezze considerate desiderabili; rappresentano quindi scorciatoie al traguardo del successo personale tanto auspicato. Di contro, però, alla ricerca ossessiva dell’aspetto perfetto si cela frequentemente una fragilità interiore, frutto di insicurezze profonde capaci di restare inascoltate dietro quell’immagine brillante costruita ad arte.

Non meno preoccupante è il fenomeno dell’abuso di psicofarmaci tra gli adolescenti, non per alleviare disturbi clinici, ma per la ricerca di uno “sballo”, un’alterazione dello stato di coscienza che offra una pausa dalla realtà. Secondo uno studio dello Studio ESPAD Italia, nel 2024 sono stati più di 510mila gli studenti dai 15 ai 19 anni che hanno assunto psicofarmaci senza prescrizione, un dato allarmante che mostra un aumento significativo rispetto agli anni precedenti [Vita]. Un significativo allerta è stato sollevato da numerose associazioni professionali nel campo della psichiatria riguardo alla deviazione d’uso di alcune sostanze originariamente concepite per curare disturbi mentali verso finalità ricreative o addirittura verso pratiche auto-terapeutiche. La questione si complica ulteriormente quando emergono casi in cui le sostanze dopanti vengono utilizzate in contemporanea con trattamenti farmacologici approvati. Tra gli atleti che abusano del doping, ben il 13% fa registrare un impiego simultaneo di benzodiazepine, farmaci antiepilettici, così come antidepressivi ed altre categorie come gli antipsicotici o i farmaci antivirali. Questa combinazione, spesso gestita autonomamente dai soggetti stessi senza alcuna supervisione professionale, presenta notevoli rischi per la salute generale dell’individuo.Gravissimi rischi per la salute sorgono dal fatto che aumenta sensibilmente il rischio d’insorgenza sia delle reazioni indesiderate sia delle interazioni nocive tra le varie molecole assunte. L’ignoranza sulla reale composizione chimica dei prodotti reperiti – prevalentemente su piattaforme online che coprono circa il 36% degli acquisti – oppure nei centri fitness, localizzati al 10%, rende ancor più angosciante tale situazione.
Le manifestazioni cliniche derivanti dalle intossicazioni dovute al doping sono numerose e particolarmente inquietanti: possono includere alterazioni nel funzionamento del sistema nervoso centrale, quali agitazione psicomotoria insieme a episodi psicotici; convulsioni accompagnate da tremori; problematiche legate all’apparato cardiovascolare, rappresentate da tachicardie severe collegate a ipertensione, culminante talvolta in uno shock cardiogeno; infine giungendo ai danni epatici identificabili nella forma dell’epatite acuta. Tali elementi evidenziano come questo fenomeno rappresenti una autentica emergenza sanitaria pubblica, richiedendo quindi una strategia complessa e multidimensionale. La ricerca dell’eccellenza, se non orientata in modo adeguato, rischia di convertirsi in un abisso di isolamento e disagio psicologico.
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Un bivio tra salute e illusione: diagnosi e prevenzione
L’identificazione dell’assunzione di steroidi anabolizzanti è prevalentemente effettuata attraverso l’esame delle urine. Quest’ultime possono rivelare i metaboliti derivati da tali sostanze per un tempo straordinario che può arrivare fino a sei mesi dopo l’utilizzo finale. Tale intervallo temporale evidenzia non solo la resilienza degli agenti chimici nel sistema corporeo, ma anche il bisogno cruciale di adottare pratiche di monitoraggio costante. La vera difficoltà risiede tuttavia non tanto nell’effettuare le analisi, bensì nell’agire tempestivamente per intercettare comportamenti abusivi ed elaborare strategie preventive efficaci, soprattutto in adolescenti e giovani adulti.
È imperativo avviare programmi educativi fin dalle scuole medie che affrontino seriamente il tema del consumo di steroidi anabolizzanti e psicofarmaci; questi dovrebbero andare oltre una mera esposizione dei rischi connessi al loro utilizzo, suggerendo invece soluzioni alternative salutari e promuovendo stili di vita positivi. È essenziale fornire ai ragazzi strumenti utili per comprendere il valore della nutrizione equilibrata e apprendere tecniche d’allenamento appropriate: infine, accrescere l’autoefficienza legata all’accettazione del proprio corpo senza conformarsi agli ideali estetici imposti dalla società diventa cruciale. Il fenomeno in questione si dipana ben oltre una mera trasmissione informativa; riguarda piuttosto lo sviluppo della consapevolezza individuale e della resilienza psicologica.
Nella recente epoca, la diffusione dell’impiego di sostanze dopanti ha raggiunto livelli estremamente allarmanti. Questo uso si è esteso non solo al contesto dello sport ad alto livello, ma ha travalicato anche i confini delle pratiche dilettantistiche e amatoriali. Ciò ha portato a una crescita esponenziale del problema tra le fasce giovanili e nella società in generale. [Ministero della Salute]. I dati forniti da Nado Italia rivelano una presenza significativa tra le persone dai 25 ai 34 anni; tuttavia è fondamentale notare come anche le categorie più giovanili, quelle incluse fra i 15 e i 24 anni, evidenzino comportamenti a rischio che incrementano sia le probabilità di complicazioni sia l’incidenza degli effetti collaterali psichiatrici.
La soluzione primaria al problema dell’abuso di queste sostanze risiede nell’interruzione totale dell’assunzione. Anche se non vi è una dipendenza fisica in senso stretto dagli anabolizzanti, ciò che emerge con prepotenza è l’aspetto psicologico della questione. Per molti bodybuilder professionisti appare chiaro come possa manifestarsi una dipendenza psicologica profonda, correlata all’autopercezione personale e alla qualità delle proprie performance atletiche. Talvolta bisogna affrontare effetti secondari gravi—come nel caso della ginecomastia—che richiedono procedure chirurgiche correttive; questo fa emergere con chiarezza quanto possano risultare serie le conseguenze legate all’uso improprio delle sostanze stesse. Pertanto si evidenzia un’urgenza avvertita: quella relativa alla necessità di un supporto terapeutico-psicologico dedicato a guidare i più giovani nel delicato processo verso la disintossicazione e nella riconquista della loro autostima.
Oltre la chimica: la ricerca di significato e benessere
Il fenomeno dell’uso e abuso di psicofarmaci e anabolizzanti tra i giovani, lungi dall’essere un mero dato clinico o statistico, si rivela un segnale acuto di un malessere più profondo, un eco del desiderio umano di appartenenza, di valore, di prestazione. Dal punto di vista della psicologia cognitiva, possiamo interpretare questo ricorso alla “chimica” come una strategia di coping disfunzionale. Di fronte a un’immagine corporea distorta, a una pressione sociale percepita come insostenibile o a una difficoltà nell’affrontare le sfide quotidiane, la mente, in un tentativo di auto-regolazione, cerca scorciatoie. L’anabolizzante promette un corpo ideale senza l’impegno costante, lo psicofarmaco offre un’evasione immediata da ansie e disagi. Tuttavia, queste soluzioni effimere non solo falliscono nel risolvere le radici del problema, ma spesso creano nuovi circoli viziosi di dipendenza e deterioramento della salute.
A un livello più avanzato di psicologia comportamentale, potremmo dire che l’assunzione di queste sostanze si trasforma in un rinforzo positivo immediato, sebbene illusorio. Il giovane sperimenta un’effimera sensazione di miglioramento delle prestazioni o di controllo sull’immagine corporea, che lo spinge a reiterare il comportamento. Ma, come per ogni rinforzo positivo disfunzionale, le conseguenze a lungo termine sono devastanti. Si crea una dissociazione tra il “sentirsi bene” e il “fare bene”, tra la percezione di sé e la realtà oggettiva del proprio corpo e della propria mente. Riflettendo su questo scenario, emerge una domanda fondamentale: come possiamo educare i giovani (e la società nel suo complesso) a distinguere il vero benessere dal suo simulacro? Come possiamo promuovere una cultura che valorizzi l’autenticità e l’accettazione di sé, piuttosto che la ricerca spasmodica di una perfezione irraggiungibile? La risposta risiede forse nella capacità di ripristinare un senso di significato profondo nella vita, un significato che trascenda l’esteriorità e la performance dettata da parametri esterni, per ancorarsi invece alla ricchezza del proprio mondo interiore e alla gioia della crescita personale autentica.
- Anabolizzanti: Sostanze sintetiche imitative del testosterone, utilizzate per aumentare la massa muscolare.
- Psicofarmaci: Farmaci destinati a trattare disturbi mentali.
- Vigilanza e controllo sul doping: Attività di monitoraggio e prevenzione contro l’uso di sostanze dopanti nello sport.