Smartphone e bambini: quali rischi per lo sviluppo cognitivo?

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  • Nel 2021, 1 bambino su 3 di 8 anni possedeva uno smartphone.
  • Aumento del 180% dei ricoveri in neuropsichiatria infantile negli ultimi 10 anni.
  • Bambini che usano schermi oltre 4 ore, rischio 5 volte maggiore ritardi.
  • Dopo il divieto, il possesso di smartphone è sceso dal 75% al 12%.

La crescente incidenza dell’interazione digitale nei bambini ha sollevato allarmi significativi tra gli esperti di neuropsichiatria infantile.

Negli ultimi anni, l’integrazione degli smartphone nella vita quotidiana dei bambini ha raggiunto livelli senza precedenti, sollevando interrogativi sempre più pressanti riguardo il loro impatto sullo sviluppo cognitivo e sulla salute mentale. La diffusione massiva di questi dispositivi è un fenomeno inarrestabile. Un’analisi approfondita condotta negli Stati Uniti nel 2022 ha rivelato un’impennata esponenziale nel numero di minori possessori di smartphone. Se nel 2015 solamente un bambino di otto anni su dieci ne possedeva uno, nel 2021 tale rapporto è salito a uno su tre. Questo dato è esemplificativo di una tendenza globale che vede l’età del “primo smartphone” abbassarsi progressivamente. Ancora più significativa è la quantità di tempo che i bambini trascorrono davanti agli schermi. I preadolescenti, nella fascia d’età compresa tra gli 8 e i 12 anni, dedicano in media cinque ore al giorno ai vari media digitali, con i maschi che superano le sei ore e undici minuti. Per gli adolescenti (12-18 anni), il tempo di esposizione è ancora maggiore. Un altro aspetto cruciale è l’uso dei social media: tra il 57% e il 70% di bambini e ragazzi li utilizza per almeno due ore al giorno, con un incremento progressivo tra i più giovani (8-12 anni).

Ricerche recenti: Uno studio pubblicato su JAMA Pediatrics ha evidenziato che trascorrere più di due ore al giorno davanti a dispositivi digitali può aumentare il rischio di ritardi nello sviluppo in diverse aree. Ad esempio, i bambini di un anno che passano molto tempo davanti agli schermi hanno una probabilità maggiore del 61% di avere ritardi nell’abilità comunicativa all’età di due anni. Fonte: JAMA Pediatrics[1].
Bambini che usano smartphone all'aperto.

Questo scenario ha generato un acceso dibattito all’interno della comunità scientifica e delle agenzie sanitarie internazionali, che hanno iniziato a formulare raccomandazioni e linee guida per un uso consapevole e limitato dei dispositivi digitali. L’American Academy of Pediatrics (AAP) e la Società Italiana di Pediatria, in collaborazione con Meta e Fondazione Carolina Onlus, hanno diramato chiare indicazioni: si sconsiglia l’esposizione a qualunque tipo di schermo digitale nei bambini prima dei due anni di età e si raccomanda un limite massimo di un’ora al giorno per i bambini dai due ai cinque anni. Tuttavia, nonostante queste raccomandazioni, la ricerca scientifica continua a esplorare la complessità degli effetti dei media digitali sul benessere infantile, analizzando diverse aree come il sonno, le funzioni esecutive, il benessere fisico e la salute mentale. Il dibattito accademico è tutt’altro che concluso, e la comprensione di questi fenomeni richiede un approccio multifattoriale. La posta in gioco è alta, poiché si tratta di salvaguardare la salute delle nuove generazioni in un’era dominata dalla tecnologia. I dati di ricovero in neuropsichiatria infantile, che hanno registrato un allarmante aumento del 180% negli ultimi dieci anni, come evidenziato dalla Regione Emilia-Romagna, sottolineano l’urgenza di affrontare questa problematica con serietà e rigore scientifico.

Anno Tipo di studio Risultato principale
2022 Analisi americana sui giovani Aumento del possesso di smartphone da 1 su 10 a 1 su 3 tra 8 anni
2023 Studio JAMA Pediatrics Correlazione tra screen time e ritardi linguistici nei bambini
2022 Rapporto AAP Raccomandazioni sull’uso dello smartphone tra i più piccoli
2024 Ricerche sulla neuropsichiatria infantile Aumento dei ricoveri del 180%

L’impatto sul neurosviluppo: funzioni esecutive, attenzione e autoregolazione

L’argomento che suscita maggior dibattito concerne l’influenza degli smartphone sulle funzioni esecutive (FE). Tali funzioni comprendono una gamma variegata di abilità cognitive essenziali come l’attenzione focalizzata, la memoria operativa e le capacità necessarie per pianificare efficacemente ed adottare decisioni strategiche. Essendo cruciali per gestire situazioni quotidiane – dall’organizzazione dello studio all’impostazione del programma pomeridiano fino alla risoluzione creativa dei problemi – queste competenze evolvono nel corso dell’infanzia accanto ai cambiamenti neurobiologici occorsi nello sviluppo del cervello umano. In particolare fanno registrare un rafforzamento significativo durante i primi anni scolastici grazie alla maturazione della corteccia prefrontale; pertanto è fondamentale considerare come gli ambienti formativi ed i diversi tipi d’interazione possano avere impatti sostanziali sull’acquisizione delle stesse.

Diverse ricerche scientifiche hanno indagato la correlazione fra il tempo trascorso davanti agli schermi digitali, noto anche come screen time, e il funzionamento delle FE. Sono emersi risultati contrastanti: alcune indagini suggeriscono una connessione negativa tra elevate quantità di screen time durante l’età prescolare ed una diminuzione nelle performance relative alle FE; d’altra parte alcune ricerche rimarcano maggiormente l’importanza della durata prolungata dell’esposizione agli schermi nel tempo rispetto ad episodi sporadici nell’esercizio deleterio su queste funzioni cognitive critiche. L’uso eccessivo degli smartphone può avere un impatto significativo sulle capacità cognitive, talvolta anche aggravando condizioni preesistenti come l’ADHD.

Highlights recenti: I bambini che trascorrono più di 4 ore al giorno davanti agli schermi hanno un rischio 5 volte maggiore di sviluppare ritardi nelle capacità di problem-solving.
Padre e figlio che usano tablet a tavola.

Accanto agli studi comportamentali, che misurano le FE direttamente nei bambini e negli adolescenti, emergono dati morfo-funzionali che esplorano la maturazione e le modificazioni dei network cerebrali coinvolti nelle FE in relazione allo screen time. In bambini di età compresa tra i 3 e i 5 anni, un elevato screen time è stato associato a una minore organizzazione delle aree cerebrali deputate al linguaggio, all’attenzione e all’apprendimento. Uno studio su una vasta popolazione di bambini di dieci anni ha rivelato che un maggiore screen time si associava, nel 37% dei casi, a modifiche in aree importanti per le funzioni cognitive di ordine superiore, come la corteccia prefrontale. Non si può negare come gli studiosi abbiano sottolineato il fatto che tali modificazioni non possano essere attribuite esclusivamente a meccanismi legati alla maturazione tardiva; al contrario, è possibile interpretarle anche come segni d’una accresciuta specializzazione nell’organizzazione strutturale della corteccia cerebrale. Malgrado le evidenze emerse finora, una recente meta-analisi—che ha raccolto vari risultati provenienti da ricerche comportamentali sulle funzioni esecutive (FE) nei bimbi dai 0 ai 6 anni—non ha rintracciato alcun impatto significativo riguardo al tempo speso davanti agli schermi digitali sul loro sviluppo né sull’efficacia delle FE. Tale incongruenza lascia intendere la presenza d’una relazione relativamente complessa tra le FE e il tempo trascorso davanti agli schermi.

Ricorrere ai dispositivi digitali quale strumento per tranquillizzare o sviare l’attenzione dei più piccoli durante momenti critici potrebbe minacciare lo sviluppo naturale delle loro capacità emotive, oltre a interferire con la loro abilità d’autoregolazione. Una ricerca condotta nel 2024 evidenzia come i bambini fra due e cinque anni siano più inclini ad avere difficoltà nella gestione della rabbia e della frustrazione se frequentemente confortati tramite tablet o smartphone. L’adozione di tale metodo potrebbe compromettere la capacità dei giovani individui di sviluppare meccanismi propri per la gestione delle emozioni, aumentando così la loro suscettibilità a esperienze di stress, stati d’ansia e difficoltà nelle interazioni sociali.

Contenuto, contesto e i rischi intrinseci dei social media

Oltre al mero tempo trascorso a osservare i media digitali, è determinante la tipologia del contenuto e il suo contesto d’utilizzo, entrambi fattori chiave nell’impatto sulle funzioni esecutive in via sviluppativa. Diversi studi hanno evidenziato come l’accesso a programmi educativi concepiti per fasce d’età infantili correli positivamente con lo sviluppo delle competenze nelle FE; ciò avviene indipendentemente dalla durata della visione degli schermi stessi. Un’analisi riguardante differenti categorie di cartoni animati ha rivelato risultati meno favorevoli nelle funzioni esecutive tra quei bambini principalmente esposti a video volti all’intrattenimento: tali materiali presentano sollecitazioni sensoriali accentuate e rapidi cambiamenti narrativi. Seppur capaci di attrarre l’interesse dei giovani spettatori, questi materiali possono compromettere le abilità nella tolleranza ai tempi d’attesa ed impedire una corretta assimilazione dei racconti più ponderati, contribuendo così alla formazione di un modello ricettivo più passivo.

Allo stesso modo, il consumo passivo sui social media risulta correlato a una tendenza nei minori verso la preferenza per ricompense immediate ma inferiori, soprattutto quando confrontate con premi maggiormente significativi ma ritardati; questo fenomeno viene definito come delay aversion. Questo riflette una difficoltà nell’affrontare la fatica dell’apprendimento legata a una gratificazione non immediata. Risultati simili, che evidenziano le conseguenze negative dell’uso passivo e d’intrattenimento degli schermi digitali sulle FE, provengono anche da studi condotti con adolescenti. La ricerca ha rivelato che lo scrolling passivo e ripetitivo sui social può ridurre l’attività dei network attentivi (come il network frontoparietale) e indurre il cervello in una modalità “stand-by”, aumentando l’attività del default mode network (DMN), un insieme di circuiti neurali attivi quando non si è impegnati in compiti specifici.

Avvertimento: I bambini esposti eccessivamente ai social media possono mostrare comportamenti conseguiti da una riduzione dell’attività del network dorsale dell’attenzione (dorsal attention network – DAN).

La struttura stessa dei social media presenta fattori di rischio per l’utilizzo passivo. L’eccesso di notifiche e messaggi visivi e uditivi può causare una cronica saturazione dei network attentivi, portando a frequenti interruzioni e dispersioni dell’attenzione. Il meccanismo dei “mi piace” genera una potenziale dipendenza dalla conferma sociale, mentre i contenuti personalizzati, individuati dagli algoritmi, attivano il network del piacere tramite rinforzi intermittenti e variabili. L’assenza di segnali naturali di stop, come l’orario o la necessità di ricaricare pagine, può favorire fenomeni di dipendenza. Infine, la FoMo (Fear of Missing Out), ovvero il timore costante di perdere eventi o informazioni, scaturita dal bisogno di appartenenza e affiliazione, può generare ansia da controllo, attivazione emotiva negativa e una riduzione delle capacità di pensiero orientato alle attività contestuali.

Anche il contesto d’uso degli schermi è un fattore rilevante. Circa il 60% dei genitori nel Regno Unito e a Singapore, ad esempio, espone i bambini agli schermi durante i pasti. Questa pratica, secondo vari studi, contribuisce a un maggiore apporto calorico e a una durata prolungata dei pasti, oltre a un aumento del rischio di sovrappeso e obesità nei bambini piccoli. I genitori tendono a utilizzare gli schermi come strumenti di regolarizzazione comportamentale, ma questo può influenzare negativamente lo sviluppo delle loro capacità di autoregolazione.

Osservazione Importante: L’uso degli schermi durante i pasti può compromettere la qualità dell’alimentazione e induce comportamenti errati nel monitoraggio delle abitudini alimentari.

Verso la consapevolezza digitale: un approccio olistico e prospettive future

La correlazione tra l’uso dei media digitali e le funzioni esecutive si profila come un campo di ricerca complesso e in continua evoluzione. I dati disponibili non offrono un quadro univoco: se alcune ricerche suggeriscono una relazione negativa tra l’uso eccessivo e le funzioni esecutive, altre indicano che determinate attività digitali potrebbero persino migliorarle. Questa eterogeneità di risultati enfatizza la necessità di un’indagine più approfondita e di un approccio multi-componenziale che vada oltre il semplice calcolo del tempo di utilizzo.

Futuro della ricerca: La futura ricerca dovrà concentrarsi sull’analisi più dettagliata dell’impatto specifico dei vari tipi di media e formati digitali, tenendo conto delle modalità di utilizzo (passivo/attivo), dell’età, del contesto e di altri fattori influenti.

Una recente indagine ha dimostrato che i genitori spesso faticano ad aderire alle raccomandazioni sul tempo di schermo, per cui diventa centrale l’identificazione delle circostanze in cui l’uso dei media digitali può essere favorevole alla salute e allo sviluppo, considerando aspetti cruciali come il contenuto dei media, la natura dell’utilizzo (passivo o attivo) e il contesto complessivo in cui avviene l’interazione. La direzione futura della ricerca dovrebbe focalizzarsi su un’analisi approfondita degli effetti specifici generati dai diversi tipi di media e dai formati digitali disponibili oggi. È fondamentale considerare come vengano utilizzati—sia in modo passivo che attivo—le età degli utenti coinvolti, il contesto sociale e molteplici altre variabili determinanti. Risulta altresì cruciale investire nella formazione per l’uso responsabile dei mezzi digitali all’interno delle famiglie stesse. Prendiamo a esempio quanto avvenuto a Saint Albans nel Regno Unito; qui ben oltre trenta istituzioni scolastiche hanno dato vita a una campagna volta a proibire l’uso degli smartphone agli under quattordici anni: ciò evidenzia la validità delle iniziative indirizzate direttamente ai genitori. Dopo dodici mesi dall’inizio del progetto, si è registrato un calo significativo nella quota di giovanissimi possessori di smartphone: dal 75% si è scesi fino al 12%. I dirigenti scolastici segnalano non solo un miglioramento della concentrazione durante le lezioni ma anche un aumento nelle interazioni fra pari e una consistente diminuzione nei comportamenti sedentari.

Non dunque percepiremo la limitazione precoce all’accesso alla tecnologia come un freno per lo sviluppo; piuttosto dovremmo considerarla come una necessità imperativa per tutelare la salute mentale e lo sviluppo armonico delle nuove generazioni. La tecnologia è una risorsa preziosa, ma solo se utilizzata con consapevolezza e misura. Il ruolo di famiglie, scuole e istituzioni è cruciale nel tracciare un percorso educativo sano, dove gli strumenti digitali affianchino, senza mai sostituire, le esperienze reali e le relazioni autentiche, fondamentali per una crescita equilibrata.

La psicologia cognitiva ci insegna che il nostro cervello non è un organo passivo, ma un elaboratore attivo di informazioni che apprende e si modella attraverso l’interazione con l’ambiente. Le funzioni esecutive, in particolare, sono come il direttore d’orchestra del nostro comportamento, permettendoci di pianificare, inibire risposte impulsive e adattarci a nuove situazioni. Queste capacità, pur avendo una base genetica, sono profondamente plasmate dalle esperienze concrete.

Glossario:
  • Screen Time: Tempo speso davanti a schermi di qualsiasi tipo, sia per intrattenimento che per educazione.
  • Funzioni Esecutive (FE): Capacità cognitive necessarie per controllare il comportamento, prendere decisioni e pianificare.
  • FoMo: Timore di perdere opportunità o eventi.
Bambini che studiano a scuola.

A un livello più avanzato, la psicologia comportamentale e le neuroscienze ci mostrano come i “rinforzi intermittenti e variabili” tipici dei social media – pensiamo ai “mi piace” o alle notifiche – agiscano sul nostro sistema di ricompensa dopaminergico. Questo stesso meccanismo è alla base di alcune dipendenze. Quando il cervello di un bambino, ancora in fase di sviluppo, è esposto a cicli continui di gratificazione immediata e imprevedibile, si crea un condizionamento che lo porta a ricercare sempre più quello stimolo, a scapito di attività che richiedono uno sforzo maggiore e offrono una ricompensa più dilazionata nel tempo. Questo può manifestarsi come delay aversion, dove la preferenza per il piacere immediato supera la capacità di attendere una gratificazione maggiore.

Conclusioni critiche: Siamo in una fase cruciale in cui dobbiamo interrogarci su come bilanciare l’inevitabile presenza della tecnologia con le esigenze intrinseche dello sviluppo umano.

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