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Infortuni sul lavoro: come affrontare il trauma psicologico oltre i numeri?

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  • Nel 2024 i decessi sul lavoro sono aumentati del 4,7%, raggiungendo le 1.090 unità.
  • Nel 2022 l'Italia ha avuto 96,8 infortuni ogni 10.000 occupati.
  • Oltre 25.000 incidenti legati al clima negli ultimi 5 anni.

Il panorama degli infortuni sul lavoro in Italia rivela un quadro complesso e, a tratti, contraddittorio. I dati più recenti, divulgati in questi giorni e relativi al 2024, suggeriscono una diminuzione complessiva dei casi di infortunio. Un dossier della Fondazione studi dei consulenti del lavoro evidenzia un calo significativo rispetto all’anno precedente, e, più in generale, l’Italia si posiziona al di sotto della media europea in termini di tassi di infortunio non mortale. Nel 2022, ad esempio, il nostro Paese ha registrato circa 96,8 infortuni ogni 10.000 occupati, un dato notevolmente inferiore alla media UE di 134,2, e ben al di sotto dei valori riscontrati in nazioni come Francia, Spagna e Germania. Questi numeri, apparentemente incoraggianti, disegnano un’immagine in cui il sistema lavorativo italiano sembrerebbe, in una certa misura, più sicuro rispetto a quello di altri Paesi del continente.

Tuttavia, questa statistica positiva è offuscata da una realtà ben più cupa: quella degli incidenti mortali. Malgrado una diminuzione complessiva degli incidenti sul lavoro, persiste una preoccupazione crescente riguardo alle fatalità occorse durante le attività professionali. Nel corso del 2024, si è registrato in Italia un preoccupante incremento dei decessi collegati all’ambiente lavorativo: il totale è giunto a ben 1.090 unità, mostrando un aumento del 4,7% rispetto al dato dell’anno precedente, che era fissato su 1.041. [Vega Engineering]. Questo dato rappresenta un incremento delle vittime in itinere e un forte allarme per la sicurezza sul lavoro, con un totale di 589.571 infortuni denunciati.

Anno Infortuni Totali Morti sul Lavoro Infortuni in Itinere
2023 585.356 1.041 243
2024 589.571 1.090 286

Si segnala inoltre un aumento delle donne decedute per cause lavorative e una particolare incidenza in alcune regioni. Sebbene alcune zone, come la Sardegna, si collochino agli ultimi posti in Italia per mortalità sul posto di lavoro, i casi sono comunque in aumento. La situazione si fa ancora più drammatica considerando eventi specifici: ad esempio, nel 2024 si sono registrate ben 39 vittime in incidenti plurimi, fra cui il crollo di un cantiere a Firenze e un’esplosione nella centrale elettrica di Suviana [Zero Morti sul Lavoro]. Tali episodi drammatici rivelano una continua vulnerabilità all’interno dell’assetto della sicurezza; questo appare capace di mitigare gli incidenti meno severi, ma si mostra inefficace nell’arrestare l’incremento delle morti sul lavoro.

Un altro aspetto preoccupante concerne le ripercussioni dei cambiamenti climatici sul benessere e sulla salvaguardia degli operai. Come riportato da un’indagine condotta dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), oltre il 70% della forza lavoro mondiale vive sotto la minaccia di rischi per la salute associati ai cambiamenti climatici. Solo alcune tra le possibili conseguenze includono malattie cardiovascolari, disfunzioni renali e problemi relativi alla salute mentale. [ILO]. Negli ultimi cinque anni, il rincaro delle temperature e la presenza di intense ondate di calore hanno portato a un aumento significativo degli incidenti sul lavoro in Italia, con una stima che si aggira attorno ai 25.000 eventi. Questo scenario sottolinea con forza la necessità urgente di implementare misure protettive appropriate per fronteggiare tali pericoli.

Il trauma invisibile: dal disturbo post-traumatico da stress (PTSD) alle conseguenze sulla vita dei lavoratori

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  • 📈 Finalmente un articolo che guarda oltre i numeri... ...
  • 📉 I dati sugli infortuni mortali sono allarmanti... ...
  • 🤔 Ma ci siamo mai chiesti se la competitività... ...

Il trauma non visibile: l’evoluzione del disturbo post-traumatico da stress (PTSD) e le ripercussioni nella quotidianità lavorativa

Oltre alle evidenti lesioni fisiche, un infortunio sul lavoro può lasciare cicatrici ben più profonde, quelle sulla psiche. Il trauma psicologico rappresenta una conseguenza spesso sottovalutata degli incidenti lavorativi, con un impatto devastante sulla vita delle vittime e dei testimoni. Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD), in particolare, si manifesta come una reazione psicologica persistente a eventi di straordinaria minaccia o portata catastrofica. Nel contesto lavorativo, incidenti significativi, anche se non mortali, possono innescare questa condizione.

I sintomi del PTSD sono molteplici e debilitanti. Le persone colpite possono manifestare difficoltà nel controllo delle emozioni, irritabilità, rabbia improvvisa, confusione emotiva, depressione e ansia. L’insonnia è un sintomo comune, come anche la tendenza a evitare compulsivamente qualsiasi situazione che possa richiamare l’evento traumatico. Sul piano comportamentale, il PTSD può tradursi in un deterioramento delle prestazioni lavorative, assenteismo, ritardi cronici e un aumento di piccoli incidenti.

“Nel caso dei lavoratori nei macelli, la loro esperienza di lavoro può esporli specificamente al disturbo da stress traumatico indotto dalla perpetrazione (PITS), dovuto alle condotte violente e traumatiche cui devono assistere quotidianamente” [State of Mind]. Nel contesto lavorativo, ciò manifesta ripercussioni sul comportamento interpersonale e sul deterioramento delle facoltà cognitive, compromettendo così tanto il reinserimento professionale quanto la qualità della vita. È necessaria una gestione specializzata di questi traumi che vada oltre le semplici pratiche di riabilitazione fisica. Spesso i media pongono l’accento sulle statistiche riguardanti decessi ed eventi traumatici a livello corporeo; questa focalizzazione non fa altro che ignorare l’esistenza del vero silent killer: il trauma psicologico. Di conseguenza, le vittime si trovano a vivere in uno stato di grande invisibilità e isolamento sociale.

La psicologia al servizio della sicurezza: prevenzione e supporto

Di fronte alla complessità degli infortuni sul lavoro e all’emergere dei loro impatti psicologici, il ruolo della psicologia diventa indispensabile, sia sul fronte della prevenzione che su quello del supporto e della riabilitazione. Comprendere e modificare i comportamenti a rischio è un obiettivo primario che la psicologia può aiutare a raggiungere, promuovendo un ambiente lavorativo più sicuro e consapevole. Integrazioni tra le conoscenze del mondo industriale e le competenze della psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT) sono cruciali per ridurre gli infortuni. L’approccio cognitivo-comportamentale, in particolare, può lavorare sulla percezione del rischio, sulle risposte emotive e sulle strategie di coping dei lavoratori, infondendo una maggiore consapevolezza e resilienza.

L’INAIL e altre istituzioni, come il Consiglio Nazionale Ordine Psicologi (CNOP), stanno intensificando gli sforzi per affrontare queste problematiche. È stato sottoscritto un protocollo d’intesa a ottobre 2023, con un primo accordo attuativo firmato a luglio 2024, per disciplinare gli interventi di supporto psicologico-psicoterapeutico a favore degli assistiti. Questo accordo mira a garantire un’offerta capillare e standardizzata su tutto il territorio nazionale. Tali interventi si inseriscono nel “Regolamento per l’erogazione degli interventi per il recupero funzionale della persona, per l’autonomia e per il reinserimento nella vita di relazione”, e sono funzionali al sostegno dell’integrità psicofisica di chi ha subito un infortunio o una malattia professionale.

Il supporto psicologico è rivolto a diverse categorie: gli assistiti INAIL nel periodo di inabilità temporanea assoluta che necessitano di una presa in carico tempestiva; quelli con menomazioni fisiche e/o psichiche riconosciute di qualsiasi grado; e, in un passo significativo verso una visione più ampia della cura, anche i familiari e i conviventi del lavoratore infortunato o deceduto per cause lavorative. La collaborazione tra INAIL e CNOP ha permesso la creazione di elenchi regionali e provinciali di psicologi-psicoterapeuti, garantendo che gli assistiti possano scegliere liberamente il professionista, con oneri a carico dell’Istituto, basandosi su tariffe omogenee. Questa iniziativa rende concreto l’impegno a ridurre i rischi di ulteriori disagi post-traumatici e a rinforzare le capacità di ripresa.

Glossario:
  • PTSD: Disturbo post-traumatico da stress, condizione psicologica che può manifestarsi in seguito a un evento traumatico significativo.
  • INAIL: Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, ente pubblico italiano che fornisce assistenza e indennizzo in caso di infortuni sul lavoro.
  • CBT: Terapia cognitivo-comportamentale, tipo di psicoterapia focalizzata sulla modifica di pensieri disfunzionali e comportamenti problematici.

Oltre la statistica: la persona al centro della ripartenza

L’esposizione agli incidenti sul lavoro è frequentemente relegata all’ambito delle statistiche disincarnate e delle analisi quantitative spersonalizzate; questo atteggiamento può sopprimere l’aspetto più profondo e doloroso, quello umano. Ogni singolo infortunio o decesso rappresenta non solo una mera cifra ma anche la rottura tragica della trama esistenziale di individui le cui storie sono ora mutilate per sempre. Secondo quanto evidenziato dalla psicologia cognitiva, il nostro apparato mentale è predisposto a creare significati dai vari eventi che viviamo; tuttavia, quando subiamo esperienze traumatiche come gli incidenti professionali, siamo confrontati con uno strappo narrativo profondo che genera precarietà esistenziale: si crea così un’assenza carica di disperazione sia nel corpo sia nelle sfere psichiche dell’individuo colpito. Allo stesso tempo, la psicologia comportamentale rivela come tali traumi possano provocare mutamenti duraturi nei modelli comportamentali dell’individuo: vi è quindi il rischio del manifestarsi di reazioni evasive o stati permanenti d’allerta indotti da una continua percezione di minaccia persino in ambienti apparentemente innocui.

In questo contesto emerge l’importanza cruciale della salute mentale, assieme alla relativa medicina correlata ad essa, imprescindibili nel fornire sostegno non solo ai diretti coinvolti negli incidenti, ma anche alle loro famiglie afflitte dal dolore. Tutto ciò richiede attenzione particolare affinché le conseguenze emotive siano affrontate adeguatamente. È fondamentale comprendere che affrontare una patologia va oltre la mera somministrazione terapeutica; implica innanzitutto il ripristino della fiducia nel mondo, della dote d’azione, consentendo così uno stato esistenziale pieno. In tale contesto emerge significativamente il concetto del modello biopsicosociale, cruciale per l’analisi e il trattamento delle esperienze traumatiche. Questo paradigma ci invita a riconoscere come i traumi si manifestino non esclusivamente come lesioni mentali o fisiche isolabili; piuttosto essi sono frutto dell’interrelazione complessa fra elementi biologici, psicologici e sociali intrecciati fra loro. Da ciò deriva la necessità imperativa che gli interventi siano integrativi: non basta limitarsi a sessioni terapeutiche individualizzate; occorre includere aspetti quali le dinamiche lavorative quotidiane, i legami familiari essenziali oltre alle condizioni socio-economiche reali ed opportunità concrete per ottenere una riabilitazione adeguata.

Questa riflessione suscita interrogativi dalla portata straordinaria: fino a dove intendiamo spingerci come collettività per dedicare risorse alla prevenzione degli eventi avversi sul piano fisiologico unitamente alla salvaguardia della salute mentale? La soluzione scaturisce ben oltre misure numericamente quantificabili all’interno dei budget: essa sta nell’affermare nuovamente quell’insostituibile valore dell’individuo posto al cuore stesso dei processi produttivi. È fondamentale considerare che, malgrado gli sviluppi sia nel campo tecnologico che normativo, l’esistenza vulnerabile dell’essere umano continua a rivestire un ruolo cruciale in qualsiasi contesto professionale. Incoraggiare una cultura della sicurezza va oltre la semplice prevenzione degli incidenti; implica altresì la creazione di uno spazio dove il benessere psicologico occupi un posto centrale, garantendo così che ciascun individuo si senta protetto non soltanto fisicamente, ma anche mentalmente ed emotivamente.


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