Incidenti stradali: l’onda invisibile del trauma psicologico

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  • Ogni anno, oltre 50 milioni di persone subiscono lesioni non mortali in incidenti stradali.
  • I sopravvissuti mostrano compromissioni funzionali e cognitive già un mese dopo l'incidente.
  • Disturbo post-traumatico da stress (DPTS): le vittime possono sviluppare disturbi somatici e abuso di alcol.
  • Processi dissociativi: «Non ricordo niente», amnesia parziale e sensazione di irrealtà.
  • La stimolazione bilaterale aiuta a sbloccare i ricordi traumatici.

La cronaca quotidiana ci riporta spesso notizie di incidenti stradali, come nel recente e tragico scontro sulla SS36 che ha visto la perdita di una vita. Ogni anno, milioni di persone in tutto il mondo, oltre 50 milioni, subiscono lesioni non mortali in incidenti di questo tipo. La nostra attenzione si concentra comprensibilmente sulle lesioni fisiche, sulla riabilitazione motoria, sui tempi di recupero dei tessuti e delle ossa. Raramente, o almeno con minore enfasi, si parla delle conseguenze psicologiche, di quelle ferite che non si vedono ma che possono avere un impatto devastante sulla vita dei sopravvissuti e dei loro familiari. È un costo nascosto, eppure significativo, che si manifesta in forme diverse, dal disturbo post-traumatico da stress a profonde alterazioni della qualità della vita.

L’argomento non deve affatto considerarsi secondario; si tratta piuttosto di una sfida cruciale nell’ambito della salute mentale contemporanea. Ciò implica necessariamente un approccio integrato, andando ben oltre i limiti della sola medicina curativa.

Il trauma subito può manifestarsi in diverse forme: che si tratti di incidenti gravi con ricoveri prolungati o anche di eventi più superficiali dal punto di vista clinico; entrambi possono provocare complicate reazioni psicologiche. La paura per la propria sicurezza fisica oppure assistere a situazioni critiche relative ad altri genera ripercussioni profonde nell’animo umano. È fondamentale notare come non sia tanto il tipo di incidente a influire sull’impatto psicologico quanto piuttosto il modo in cui tale esperienza viene soggettivamente elaborata attraverso i propri sistemi cognitivi ed emozionali. Questa rete personale di conoscenze ed esperienze precedenti gioca un ruolo chiave nel modo in cui ognuno interpreta gli eventi accaduti e quali significati vi attribuisce. Di conseguenza, le ripercussioni emotive possono rivelarsi variegate e continuare anche quando le ferite corporee sono state sanate. Uno degli esiti più comuni e invalidanti è il disturbo post-traumatico da stress (DPTS), ampiamente riconosciuto a livello globale per le sue profonde ferite emotive.

Senza un adeguato supporto psicologico, le vittime possono sviluppare vari disturbi somatici e abusare di sostanze, in particolare alcol, come meccanismo di coping [GuidaPsicologi].

Ma la gamma delle reazioni è ben più vasta, includendo stati ansiosi generalizzati, depressione e una drastica diminuzione della qualità della vita. Anche un incidente in bicicletta, come quello che ha coinvolto studenti durante una gita a Barcellona, può innescare dinamiche psicologiche complesse, evidenziando come anche eventi non immediatamente percepiti come “gravissimi” dal punto di vista fisico possano avere un peso notevole sulla salute mentale.

I processi dissociativi: tra scudo e prigione

Una delle manifestazioni più intriganti e, al contempo, più preoccupanti a seguito di un trauma da incidente stradale è l’insorgenza di processi dissociativi. Questi meccanismi psicologici, se da un lato possono agire come una sorta di scudo protettivo, permettendo alla persona di distanziarsi da un dolore insostenibile, dall’altro rischiano di imprigionarla in una realtà parallela, alterando la percezione di sé e del mondo circostante. Chi ha vissuto un incidente spesso riferisce una forte emotività che, paradossalmente, si traduce in un “Non ricordo niente”. Questa amnesia parziale, unita alla sensazione di irrealtà, alla percezione di vivere un incubo o di essere dentro un film al rallentatore con sensi acutizzati, sono tipiche manifestazioni dissociative.

Due forme comuni di dissociazione sono la depersonalizzazione e la derealizzazione. La depersonalizzazione è descritta come un “buco nero”, un vuoto mentale caratterizzato da un forte senso di distacco dalla propria persona. La vittima ha la sensazione di essere separata dal proprio corpo, di vivere un’esperienza di passività alienante, di aver perso il controllo sulle proprie azioni. È come se la sua mente fosse altrove, osservando l’accaduto in terza persona, come se non stesse accadendo davvero a lei. La derealizzazione, invece, coinvolge il distacco dall’ambiente circostante. Il mondo esterno appare strano, irreale, le persone sembrano artificiali, osservate attraverso una lastra di vetro. È come se, subito dopo l’incidente, si attivasse una sorta di “pilota automatico”, un meccanismo di fuga da sé e dal mondo che, purtroppo, non permette una reale elaborazione dell’evento e rischia di isolare la persona in una sorta di gabbia.

Questi processi, per quanto utili nell’immediato per proteggere da un impatto emotivo altrimenti insostenibile, diventano un vincolo se si irrigidiscono, impedendo alla persona di attribuire un senso e un significato nuovo all’esperienza vissuta.

La dissociazione è spesso collegata a fattori di rischio come l’abuso e la trascuratezza durante l’infanzia, che possono compromettere lo sviluppo neurocognitivo e la capacità di formare attaccamenti sicuri [MSD Manual]. La minaccia consiste nell’edificare un universo alternativo, una fuga ingannevole che spinge l’individuo in secondo piano rispetto alla propria esistenza, relegandolo a mero osservatore di una verità cui non si avverte più appartenenza. Affrontare e superare il trauma diventa allora un viaggio necessario per ri-significare ciò che è avvenuto; si tratta infatti di assimilare questa esperienza nella trama della narrazione personale in maniera proficua e produttiva. Questo processo permette così di ristabilire un solido senso dell’identità, ripristinando quella connessione fondamentale con la realtà circostante.

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Il disturbo post-traumatico da stress: sintomi e strategie di coping

Il disturbo post-traumatico da stress (DPTS) rappresenta una delle manifestazioni psicologiche più comuni e debilitanti derivanti da incidenti automobilistici, inclusi quelli che possono sembrare innocui. Tale condizione è rinomata per infliggere profonde ferite emotive ed emerge attraverso un complesso bouquet di sintomi che vengono tipicamente classificati in quattro principali categorie. Tra i sintomi intrusivi, troviamo il riemergere costante di memorie intrusive relative all’evento traumatico; questi comprendono flashback intensi e involontari oltre a sogni persistenti correlati all’incidente o alla minaccia avvertita. In tali sogni possono apparire non solo l’accaduto vissuto direttamente dall’individuo ma anche situazioni legate ai propri cari.

Un altro elemento distintivo del DPTS è l’evitamento. Gli individui affetti tendono ad evitare qualsiasi cosa riconducibile al trauma: ciò include luoghi fisici come il sito dell’incidente stesso, così come contesti o elementi scatenanti evocativi del sinistro subito. Persino una semplice trasmissione televisiva dedicata agli incidenti stradali può risultare estremamente ansiogena e generare agitazione, inducendo la persona a decidere consapevolmente di eludere tali contenuti informativi. Il comportamento caratterizzato da modalità evitanti tende ad avere ripercussioni notevoli sulla quotidianità degli individui, oltre a limitare le occasioni sociali e occupazionali. Tra i vari elementi costitutivi del Disturbo Post-Traumatico da Stress (DPTS), emergono non solo alterazioni cognitive, ma anche variazioni dell’umore; tali condizioni possono dar luogo a episodi depressivi accompagnati da sensazioni di colpa o vergogna e dal conseguente distacco emozionale nei confronti altrui. Non è raro riscontrare una forma di pensiero catastrofico associata a elevata irritabilità: ciò comporta difficoltà nel gestire l’aggressività interna ed esterna che spesso si esprime attraverso scatti d’ira apparentemente privi di giustificazione.

In ultima analisi, vi è un’evidente trasformazione nella reattività individuale che porta a una persistente condizione elevata d’arousal; questo implica una attivazione anomala del sistema nervoso centrale, con conseguenze tangibili come insonnia grave o fenomeni ipervigilantistici quasi paralizzanti, assieme a risposte sproporzionate rispetto agli stimoli minimi percettibili dall’ambiente circostante. Inoltre, la misura della diffusione e l’intensità dei sintomi correlati al DPTS tra coloro che hanno subito incidenti automobilistici risultano influenzate da molteplici variabili: queste includono genere (con evidenze relative alla maggior frequenza nelle donne), età anagrafica dei soggetti coinvolti, ma anche tipologia nonché severità delle lesioni subite durante l’incidente stesso, insieme alla qualità del trattamento fornito dopo il trauma subito. Un predittore importante dell’esito è il dolore cronico, che può persistere dopo l’incidente. Altri fattori che possono influenzare l’abbassamento della qualità della vita includono l’ospedalizzazione e la sua durata, l’aver subito un intervento chirurgico, la durata della riabilitazione e la perdita di coscienza.

Sebbene la prevalenza e la gravità del DPTS varia a seconda delle circostanze, i sintomi dissociativi come la depersonalizzazione e la derealizzazione sono molto comuni tra i pazienti [MSD Manual].

È rilevante sottolineare come determinate ricerche indichino che gli effetti di cui si parla tendano a manifestarsi con maggiore frequenza in individui la cui qualità della vita risulta già compromessa prima dell’accaduto.

Percorsi di guarigione: il ruolo della terapia e del supporto

Affrontare le conseguenze psicologiche di un incidente, in particolare il DPTS, richiede un percorso terapeutico mirato e un adeguato supporto. Un aspetto preoccupante è lo scarso supporto psicologico spesso fornito alle vittime di incidenti, nonostante la sua importanza come predittore di una buona salute mentale e della prevenzione del DPTS.

Il progetto ANIA Cares, attivato anche a Milano, offre assistenza psicologica alle vittime e ai loro familiari. Questo progetto è gestito da psicologi altamente formati e offre supporto continuo nelle fasi successive all’incidente [Ospedale Niguarda].

Un supporto psicologico adeguato fin dalle prime fasi può fare una differenza sostanziale nell’elaborazione del trauma e nel superamento delle difficoltà.

Tra le terapie più efficaci per il trattamento del DPTS e l’elaborazione dei ricordi traumatici, l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è ampiamente riconosciuta. Questo approccio terapeutico utilizza la stimolazione bilaterale alternata, che può essere oculare, tattile o acustica, per aiutare il paziente a rielaborare l’esperienza traumatica. L’EMDR si basa sull’idea che i ricordi traumatici non elaborati rimangano “bloccati” nel sistema nervoso, generando i sintomi del DPTS.

La stimolazione bilaterale aiuta a sbloccare questi ricordi, permettendo al cervello di elaborarli in modo più funzionale e riducendo la carica emotiva negativa associata all’evento [MSD Manual].

Questa tecnica si è dimostrata utile anche nel trattamento di traumi derivanti da gravi incidenti di varia natura, non solo stradali, ma anche lavorativi o legati a eventi eccezionali come terremoti o inondazioni. Grazie all’EMDR, il soggetto può rafforzare la propria autostima, sentirsi più centrato nel presente e sviluppare una maggiore fiducia in se stesso.

Un altro approccio terapeutico rilevante è la Terapia Cognitivo Comportamentale (TCC) focalizzata sul trauma. Questa terapia si concentra sulle distorsioni cognitive legate all’evento traumatico e sui comportamenti di evitamento. L’obiettivo è aiutare il paziente a riconoscere e modificare i pensieri disfunzionali associati al trauma e ad affrontare gradualmente le situazioni evitate, riprendendo il controllo sulla propria vita.

La TCC centrata sul trauma include:

  • tecniche di esposizione, sia immaginativa che in vivo, per rielaborare il ricordo traumatico e ridurre la paura associata ad esso;
  • ristrutturazione cognitiva per identificare i pensieri automatici e spontanei legati all’evento;

Sia l’EMDR che la TCC sono riconosciute come approcci terapeutici evidence-based per il trattamento del DPTS, offrendo concrete possibilità di guarigione e di miglioramento della qualità della vita.

Guardare oltre le sfide: adattamento, accettazione e il difficile cammino verso la speranza

Guardare al di là delle difficoltà: l’arte dell’adattamento, la necessità dell’accettazione e il tortuoso percorso verso una rinnovata speranza

Gli incidenti che causano disabilità rappresentano un banco di prova particolarmente arduo per la resilienza umana. Oltre alle conseguenze fisiche permanenti, queste esperienze innescano un complesso processo di adattamento e accettazione della nuova realtà che può essere estremamente difficile e richiedere notevole tempo e supporto. La disabilità, infatti, non è solo una condizione fisica, ma incide profondamente sull’identità della persona, sulla sua autostima e sulle sue prospettive future.

La fase iniziale è spesso caratterizzata da un’intensa reazione emotiva, comprendente shock, confusione, senso di irrealtà, paura dell’ignoto e ansia travolgente.

Queste reazioni possono includere anche sintomi fisici legati allo stress post-traumatico, come disturbi del sonno e ipervigilanza [MSD Manual]. Il primo ostacolo da superare si manifesta come una speranza illusoria: quella che anticipa una risoluzione temporanea della propria disabilità. Man mano che ci si confronta con l’ineluttabilità della realtà, subentrano sentimenti complessi quali rabbia e frustrazione. Tale indignazione può manifestarsi in vari modi: nei confronti del proprio io ferito, delle persone collegate all’incidente oppure semplicemente contro l’ingiustizia intrinseca alla situazione vissuta. Questi forti sentimenti d’ingiustizia possono derivare da mutamenti repentini e indesiderati nel percorso esistenziale dell’individuo; il ritiro da opportunità significative, ad esempio, ed anche dal parallelo confronto con i coetanei che alimenta aspettative disattese riguardo al futuro personale del soggetto stesso. Tale sentimento d’ingiustizia rappresenta una forza emotiva intensa che potrebbe compromettere gravemente il cammino verso il recupero qualora venga trascurata.

L’adattamento necessita dunque dell’elaborazione psicologica riguardante il trauma subito unitamente a strategie innovative per far fronte alle quotidianità insidiose. Coincidenza fatale nel processo d’accettazione della propria disabilità: tale fase rimane fondamentale ma impegnativa. Direttamente correlata ad essa è la volontà realistica, tuttavia accorta, rispetto a futuri sviluppi. Sentirsi capaci dentro questi nuovi limiti fisici acquista valore quando permette comunque uno stile vitale significativo malgrado le avversità presenti. Un aspetto particolarmente difficile da affrontare è la dipendenza dagli altri. Molte persone associano il proprio valore all’indipendenza e all’autosufficienza. La dipendenza può minare questa percezione, generando sentimenti di inutilità, inadeguatezza, vergogna e paura del giudizio altrui. Questo rende difficile chiedere aiuto, nonostante sia essenziale.

Il supporto sociale e familiare gioca un ruolo fondamentale.

Una rete affidabile offre:

  • sostegno emotivo;
  • pratico;
  • finanziario.

La famiglia fornisce conforto, incoraggiamento e assistenza pratica. Amici e comunità offrono un senso di appartenenza e normalità. È cruciale che questo supporto sia empatico, comprensivo e rispettoso dell’autonomia della persona con disabilità. Coinvolgere la persona nelle decisioni sulla propria vita rafforza il senso di controllo. Guardare al futuro dopo una disabilità è una sfida complessa, ma possibile. Riconoscere nuove opportunità e ampliare i propri orizzonti richiede uno sforzo attivo nell’identificare obiettivi realistici oltre alla creazione della propria rete sociale. Questo implica altresì una capacità d’apprezzamento delle esperienze positive quotidiane: dai piccoli traguardi alle risorse interiori individuali disponibili nelle sfide affrontate. Tale percorso rappresenta una progressione costante verso la speranza, infondendo nuovamente senso nel proprio esistere.

Analizzando il trauma dalla prospettiva psicologica emerge chiaramente come questa esperienza trascenda una mera lesione fisica per incidere profondamente sulla psiche dell’individuo; essa disturba radicalmente il naturale fluire della coscienza stessa. Si può osservare così che emergono fratture mnemoniche intrise di emozioni latenti mai lavorate a dovere. In termini cognitivi si manifestano distorsioni nei meccanismi del ricordo e nella formulazione del significato associato agli eventi vissuti; gli episodi traumatici tendono ad essere preservati come entità isolate anziché integrati armoniosamente con i ricordi formativi dell’esistenza ed emergendo all’improvviso attraverso intervento intrusivo sotto forma di flashback o incubi frequenti. Dalla prospettiva comportamentale si nota pertanto che tale traumatizzazione può dare origine a strategie difensive poco efficaci —come l’evitamento— che potrebbero parzialmente attenuare l’ansia pur ostacolando quel processo vitale necessario alla rielaborazione degli eventi dolorosi affrontati. La terapia cognitivo-comportamentale, con la sua enfasi sulla ristrutturazione cognitiva e sull’esposizione, mira proprio a modificare questi schemi di pensiero e comportamento disfunzionali, aiutando la persona a riprendere il controllo. Una nozione più avanzata, spesso correlata ai traumi complessi o cronici, è l’idea dei traumi cumulativi e della dissociazione. Se un singolo evento traumatico può disorganizzare la mente, esperienze traumatiche ripetute nel tempo, specialmente durante fasi critiche dello sviluppo, possono portare a una disorganizzazione più profonda della personalità e a processi dissociativi cronici.

In questi casi, la dissociazione diventa un meccanismo di sopravvivenza ancora più radicato.

Riflettendo su questo, ci si rende conto di quanto sia delicato l’equilibrio della nostra psiche e di quanto le esperienze della vita, anche quelle che sembrano banali, possano lasciare un segno indelebile. Non siamo semplici contenitori di eventi, ma complessi sistemi che attribuiscono significato e integrano (o faticano ad integrare) ciò che ci accade. La consapevolezza di questi meccanismi può stimolarci a guardare con maggiore empatia non solo chi ha subito un trauma evidente, ma anche chi, magari a seguito di un incidente “minore”, porta dentro di sé un peso invisibile, una cicatrice nell’anima che solo un percorso di cura e di accettazione può lenire.

Glossario:

  • DPTS: Disturbo Post-Traumatico da Stress.
  • EMDR: Eye Movement Desensitization and Reprocessing, una forma di terapia psicologica utilizzata per trattare il trauma.
  • Spain: Un paese dell’Unione Europea.

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