- Ad Aosta, convegno sui traumi da conflitto a 20 anni dalla Task Force.
- Il 90% delle vittime dei conflitti sono civili, anche in ambito domestico.
- Dal 2022, assistiti circa 5.000 ucraini, previsti altri 4.000.
Nei giorni del 28 e 29 giugno del *2025, Aosta sarà palcoscenico di un importante convegno internazionale in onore dei vent’anni trascorsi dalla creazione della Task Force for Peace Building and Conflict Transformation. Il fulcro dell’evento consiste nel divulgare conoscenze tra specialisti come psicologi, medici ed educatori riguardo alle metodologie consolidate per assistere quelle popolazioni provate da esperienze traumatiche collettive in situazioni socio-politiche complesse. Viviamo tempi caratterizzati da oltre quaranta conflitti armati attuali; ogni confronto dura mediamente circa vent’anni: pertanto il progetto intende chiamare a raccolta la comunità scientifica nella lotta contro gli effetti disastrosi causati dalla violenza intrinseca alla guerra — un fenomeno che colpisce non soltanto chi vive nell’immediatezza del combattimento ma anche coloro che risiedono nelle aree adiacenti.
Stando alla situazione odierna, circa il novanta percento dei soggetti interessati dai combattimenti sono cittadini comuni; inoltre lo scenario bellico ha ormai invaso persino gli ambienti domestici. L’incontro è pensato anche per studenti universitari impegnati nei corsi relativi a psicologia e discipline socio-scientifiche; esso mira ad equipaggiarli con strumenti efficaci finalizzati alla creazione di ambienti sereni dediti al sostegno degli individui sopravvissuti ai contrasti bellicosi — compresi rifugiati ed altre vittime collaterali della brutalità sociale. Un obiettivo aggiuntivo consiste nel suscitare l’interesse giovanile per le discipline relative al peace building, alla trasformazione dei conflitti e alla pratica di mediazione. Si intende così facilitare un dialogo a livello internazionale sui metodi operativi utilizzati nei gruppi finalizzati alla pacificazione e all’attività mediativa.
La scaletta dell’evento contempla contributi da esperti provenienti da varie località del mondo. Tra i relatori troviamo Maurizio Gasseau dall’Italia, Sofia Symeonidou dalla Grecia, Judith Teszary dall’Ungheria/Svezia, Mona Rakhawy dall’Egitto ed infine Martin Dodman, sempre italiano. I temi esaminati varieranno dal bilancio ventennale delle attività svolte dalla Task Force all’assistenza per i rifugiati mediante metodologie come lo psicodramma e il sociodramma; vi sarà discussione anche sulla formazione dei gruppi solidali destinata agli ucraini durante i periodi bellicosi oltre al significato terapeutico dell’intervento psicologico collettivo nella gestione delle contese. In aggiunta, saranno organizzate sessioni parallele dedicate ad aspetti specifici quali le conseguenze transgenerazionali dovute ai conflitti armati, le cicatrici lasciate dalla violenza sociale ed infine approcci evidence-based per la stabilizzazione emotiva dopo traumi.
L’Impatto Psicologico della Guerra: Traumi, Stress e Resilienza
Il conflitto in Ucraina ha dato vita a numerosi traumi e situazioni stressanti tanto per chi è stato costretto ad abbandonare le proprie abitazioni quanto per coloro che hanno scelto o dovuto rimanere sul posto. A partire dal 2022 si stima siano stati assistiti all’incirca 5.000 individui, comprensivi di donne, uomini e bambini; si prevede di fornire supporto a ulteriori 4.000 persone nei prossimi sei mesi, con il sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Malgrado i numerosi ostacoli affrontati quotidianamente dalla popolazione ucraina nel tentativo di preservare almeno in parte una certa normalità, il clima incerto e la persistente minaccia della violenza contribuiscono a generare livelli elevati d’ansia e stress psicologico soprattutto nei più giovani: molti bambini sfollati hanno passato periodi prolungati lontano dalla comunità scolastica nonché dai loro coetanei ed ambienti familiari usuali. L’impatto negativo sull’istruzione delle nuove generazioni è acuito da questo stato d’insicurezza persistente che mina profondamente lo sviluppo cognitivo ed emotivo dei piccoli. In diverse regioni geografiche, gli individui hanno affrontato esperienze traumatiche difficilmente immaginabili; molti hanno visto le proprie abitazioni ridotte in macerie mentre perdevano amici o familiari.
In risposta a tale crisi devastante sono state costituite squadre dedicate all’assistenza composte da professionisti come assistenti sociali e psicologi. Queste figure lavorano incessantemente per fornire supporto emotivo così come beni essenziali ai soggetti e alle famiglie danneggiate dalla calamità. La focalizzazione delle operazioni avviene principalmente nelle zone isolate o rurali del paese: qui la devastazione è palpabile e i bisogni emergono con maggiore urgenza. Attraverso incontri collettivi dedicati al supporto psicologico viene creato un contesto favorevole all’ascolto reciproco; questi spazi consentono agli individui di liberare le proprie emozioni negative—come l’ansia profonda così come il dolore acuto—offrendo una rete solidale che promuove comprensione ed empatia tra coloro che condividono il medesimo tragico destino.

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Neurobiologia del Trauma: Cosa Succede al Cervello in Tempo di Guerra
Sopravvivere in contesti bellici implica essere continuamente soggetti a minacce esistenziali; i percorsi neurologici della paura sono incessantemente stimolati dallo stress ambientale. Sebbene tale reazione possa risultare inizialmente benefica dal punto di vista evolutivo, essa è suscettibile di provocare profondi cambiamenti nella struttura cerebrale. Nelle esperienze ad alto rischio biologico come quelle vissute durante conflitti armati, questo fenomeno porta spesso all’emergere di dinamiche comportamentali problematiche nonché disturbi psicologici.
L’esposizione prolungata al trauma modifica finanche i meccanismi regolatori dell’allerta emotiva; ciò determina un indebolimento dei collegamenti tra la corteccia prefrontale – responsabile delle decisioni razionali – e l’amigdala – nodo centrale nelle risposte spaventose -, rendendola facilmente influenzabile. L’ipersensibilità che ne deriva porta l’individuo ad agire sotto pressione anche quando non ci sono reali motivazioni al timore. Tensioni accumulate si manifestano poi attraverso disturbi del sonno o flashback disturbanti. A volte queste situazioni conducono addirittura alla dissociazione: mentre questa risposta difensiva estrema serve temporaneamente a preservarsi dall’orrore quotidiano del conflitto, presenta rischi notevoli qualora diventi cronica o abituale, dando luogo ad apatie emozionali significative. L’esperienza prolungata dello stress derivante dalle guerre esercita una significativa influenza sull’asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surrene), determinando un rilascio esagerato di cortisolo. Tale fenomeno è in grado di produrre effetti neurotossici sui neuroni situati nell’ippocampo, area fondamentale del cervello dedicata alla memoria e all’elaborazione contestuale delle informazioni. I minori sono particolarmente vulnerabili: le esperienze traumatiche possono distorcere gravemente il loro neurosviluppo e aumentare la predisposizione a disturbi psichiatrici nella vita adulta. Inoltre, i genitori hanno la possibilità di trasmettere tali traumi alle nuove generazioni mediante alterazioni epigenetiche, facendo sì che questo ciclo di sofferenza si perpetui nel tempo.
Verso la Guarigione: Dare un Senso al Trauma e Costruire la Resilienza
Sebbene gli effetti devastanti della guerra possano compromettere profondamente la salute mentale delle persone coinvolte, non si può affermare con certezza che ogni individuo colpito da un’esperienza traumatica svilupperà disturbi post-traumatici. Sono molteplici le variabili in gioco: dalle predisposizioni genetiche alle reti di supporto disponibili nel proprio ambiente; dall’insieme delle esperienze pregresse all’intensità percepita dell’evento traumatico stesso. Questi elementi giocano un ruolo cruciale nella determinazione della resilienza personale così come nella capacità di superamento. Ristabilire uno stato equilibrato a livello psicofisico richiede quindi l’elaborazione degli eventi vissuti; è essenziale comprenderli a fondo per poterli integrare efficacemente nelle strutture cognitive.
La CRESCITA POST-TRAUMATICA È POSSIBILE! La metamorfosi dei ricordi – dal loro reiterato richiamo alla loro assimilazione consapevole – consente di raggiungere una visione rinnovata dell’esistenza stessa. Questa nuova prospettiva emerge dall’armonia instauratasi tra i tempi precedenti al conflitto bellico e il presente attuale. Così facendo si offre l’opportunità ai soggetti toccati dal trauma di sostituire i momenti di crisi con nuove possibilità di CRESCITA E RESILIENZA.
Oltre la Sopravvivenza: Coltivare la Speranza e la Trasformazione
Alla luce dei recenti eventi critici al centro dell’analisi svolta durante il convegno ad Aosta emerge un significativo terreno sul quale riflettere riguardo alle problematiche inerenti alla salute mentale. Questo incontro si propone come una piattaforma fondamentale non solo per discutere delle sorprese, ma anche delle concrete difficoltà derivanti dalle condizioni devastanti della guerra. La capacità collettiva nel condividere storie ed esperienze, l’introduzione di innovative pratiche terapeutiche insieme alla spinta verso una comunicazione globale risultano essenziali nel creare strumenti duraturi volti a sostenere coloro che soffrono profondamente nella crisi attuale.
Cosa potremmo trarre come insegnamenti in merito? Secondo principi basilari della psicologia cognitiva, gli individui vedono modificati i propri schemi mentali – veri architetti della comprensione del loro ambiente – nel momento in cui affrontano catastrofi simili alle guerre. Tali avvenimenti tendono a infrangere le nostre sensazioni legate alla sicurezza personale; ciò determina uno stato d’animo caratterizzato da confusione intensa accompagnata da timori concreti.
Allo stesso tempo, esiste una dimensione ulteriore: approfondendo il tema mediante l’ottica comportamentale viene rivelato quanto sia possibile realizzare un recupero delle risposte affettive attraverso approcci innovativi basati su esposizioni sistematiche all’evento traumatico ed esercizi mirati sulla ristrutturazione dei modelli cognitivi predisposti precedentemente compromessi dalla traumatizzazione profonda. È possibile acquisire competenze per controllare l’ansia, rielaborare i ricordi difficili e forgiare racconti alternativi che ci consentano di proseguire il nostro cammino con speranza e resilienza.
Riflettiamo su questo tema: quali strategie possiamo adottare nel nostro quotidiano per alimentare la nostra capacità di recupero e adattamento nelle difficoltà? In che modo possiamo agevolare la creazione di ambienti caratterizzati dalla pace e dalla cura, non solo nelle aree colpite da conflitti, ma anche nei nostri rapporti interpersonali e all’interno delle comunità? La soluzione potrebbe risiedere nella nostra abilità di ascoltare*, comprendere ed assistere chi attraversa momenti complessi; trasformando così il dolore in un catalizzatore per la crescita personale.