- Uno studio ha mostrato una riduzione del 58% e 62% dei flashback con Tetris.
- Circa 500.000 ragazzi in Italia sono a rischio dipendenza da videogiochi.
- Tra il 73% e il 78% riduzione sintomi PTSD con terapia + Tetris.
Nel variegato universo videoludico odierno si staglia un’idea sorprendente riguardante il ruolo che tali esperienze ludiche possono avere nei confronti della salute mentale, con particolare riferimento alla capacità di affrontare traumi psicologici. È emerso un approccio innovativo da parte della comunità scientifica: alcuni titoli videoludici potrebbero trascendere il mero intrattenimento per diventare veri e propri strumenti terapeutici nell’ambito del processo di elaborazione post-traumatica. La necessità umana di portare ordine all’interno delle difficoltà emotive è correlata a dinamiche come la gratificazione immediata ed eventi attentivi intensificati limitati nel tempo; questi fattori sembrerebbero costituire parti essenziali all’interno dell’interazione complessa proposta dai videogiochi.
Tra i precursori indiscussi troviamo l’emblematico Tetris; pur apparendo semplice nella sua ideazione, appare straordinario sotto il profilo dell’impegno cognitivo sollecitato. Esso invita alla realizzazione impeccabile dell’unione fra figure geometriche cadenti attraverso una forma virtuosa nota come pulizia mnemonica, rispondendo così all’esigenza vitale d’ordine nei pensieri frammentari sovente derivanti da esperienze traumatiche indesiderate. Già nel 2009 e nel 2012, studi preliminari avevano suggerito proprietà terapeutiche del gioco, culminate nella definizione del cosiddetto “Effetto Tetris”. Questo fenomeno, noto ai giocatori più assidui, descrive la tendenza a visualizzare mentalmente le forme del gioco anche al di fuori delle sessioni di gioco, quasi come una risintonizzazione percettiva. Ma l’Effetto Tetris non si limiterebbe a questo: alcune osservazioni lo hanno associato a una potenziale riduzione della dipendenza da sostanze come caffè e alcol, oltre a un possibile beneficio nel trattamento dell’ambliopia.
Recenti ricerche hanno dimostrato che giocare a Tetris poco dopo un evento traumatico può ridurre il verificarsi di flashback. Ad esempio, uno studio ha mostrato che i partecipanti che hanno giocato a Tetris dopo aver vissuto un trauma hanno riportato una significativa riduzione dei ricordi traumatici spontanei e un miglioramento della capacità di concentrazione, come documentato dalla psicologa Emily Holmes dell’Istituto Karolinska. I risultati indicano un effetto tampone sui ricordi intrusivi, suggerendo che Tetris possa fungere da vaccino cognitivo.
Studio | Risultato |
---|---|
Holmes et al. (2010) | Riduzione del 58% e 62% dei flashback |
Kessler et al. (2018) | Aumento del volume ippocampale dopo 6 settimane di terapia + Tetris |
Butler et al. (2018) | Riduzione dei sintomi di PTSD tra il 73% e il 78% |
Questo non vuol dire che i videogiochi siano una panacea per tutti i traumi, né che possano sostituire terapie consolidate. Tuttavia, apre un interessante dibattito sulla possibilità di integrare strumenti apparentemente ludici in percorsi terapeutici, sfruttando le caratteristiche intrinseche di alcuni giochi per influenzare positivamente i meccanismi cognitivi ed emotivi. La natura ripetitiva, la richiesta di concentrazione e la gratificazione immediata di un gioco come Tetris potrebbero, in contesti specifici e sotto la supervisione di professionisti, offrire un valido supporto nel difficile cammino di elaborazione e superamento del trauma. La comprensione di questi meccanismi richiede un approfondimento del legame tra interazione digitale, processi neurali e risposte psicologiche, un campo di studio in continua evoluzione che promette di svelare nuove frontiere nella ricerca sulla salute mentale.

La complessa natura della dipendenza da videogiochi nell’età evolutiva e oltre
Parallelamente alla discussione sui potenziali benefici terapeutici di alcuni videogiochi, un altro aspetto cruciale del loro impatto sulla salute mentale riguarda la questione della dipendenza, un tema di grande rilevanza soprattutto in riferimento ai bambini e agli adolescenti. La difficoltà che molti giovani incontrano nel porre fine a una sessione di gioco non è imputabile in via esclusiva a una presunta debolezza caratteriale o a una “dipendenza tecnologica” generica, quanto piuttosto a meccanismi biologici sottostanti che influenzano i processi decisionali e la gestione degli impulsi.
Studi importanti condotti dal Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno rivelato che circa 500.000 ragazzi in Italia, prevalentemente maschi, sono a rischio di dipendenza da videogiochi. Inoltre, è stato osservato che la pandemia ha amplificato l’isolamento emotivo e il distacco dalle interazioni sociali, portando a un uso eccessivo di tecnologie che si traduce in una società più vulnerabile e meno resiliente.
– 12% degli adolescenti a rischio di dipendenza
– 2,5% utilizzo compulsivo dei social media
– 1,8% chiusi in casa per lunghi periodi [Repubblica]
La corteccia prefrontale, l’area cerebrale responsabile di funzioni esecutive cruciali, tra cui il controllo degli impulsi e la pianificazione, raggiunge il suo pieno sviluppo soltanto intorno ai 25 anni. Questo significa che bambini e adolescenti non possiedono ancora gli strumenti neurologici completamente formati per resistere facilmente alla gratificazione immediata offerta dai videogiochi.
Il neuroscienziato cognitivo Marc Palaus ha analizzato numerosi studi sugli effetti del gaming e conclude che per un bambino non esiste un motivo intrinseco per smettere di giocare a meno che non ci sia un’esperienza esterna altrettanto, se non più, gratificante ad attenderlo. Questo mette in risalto la necessità di un approccio educativo e non meramente coercitivo nella gestione del tempo di gioco.

- Che bello scoprire come Tetris possa aiutare... 😄...
- Dipendenza da videogiochi: sottovalutiamo i rischi... 😟...
- Videogiochi come 'vaccino cognitivo'? Forse stiamo semplificando... 🤔...
Dai pixel alla cronaca nera: quando il gioco perde il suo confine
L’ombra più scura che incombe sul mondo dei videogiochi si palesa quando la realtà virtuale sembra dissolvere i suoi confini con il mondo reale, portando a conseguenze talvolta tragiche. Sebbene sia un argomento delicato e spesso strumentalizzato mediaticamente, esistono casi documentati in cui l’ossessione per un videogioco, o l’ispirazione tratta da esso, è stata associata a comportamenti violenti o autolesionistici.
– I videogiochi eccessivamente violenti possono influenzare negativamente i giovani
– È stata osservata una correlazione tra giochi di tipo MMORPG e un aumento della dipendenza comportamentale [La Stampa]
Uno degli episodi più discussi legati a un videogioco recente è stato quello di Pokémon GO, in cui incidenti anche mortali sono stati attribuiti all’assenza di consapevolezza dei pericoli. La questione relativa al collegamento tra videogiochi e manifestazioni di violenza, lungi dal rappresentare una novità, si è rivelata presente sin dalle fasi iniziali di ogni medium emergente, comprendendo persino i cartoni animati, oltre ai più recenti formati cinematografici.
I risultati di indagini condotte presso l’Università di Milano-Bicocca suggeriscono fortemente che il consumo di violenza all’interno dei videogiochi potrebbe esercitare un’influenza negativa sugli atteggiamenti comportamentali, stabilendo così una connessione insidiosa con le dinamiche sociali circostanti.
[La Stampa]].
Nella attuale scenario intricato, risulta fondamentale promuovere la creazione di una sana consapevolezza, accompagnata da una formazione pertinente per affrontare le questioni emergenti. È essenziale sottolineare l’importanza non solo di sistemi normativi robusti, ma anche di un confronto costruttivo tra educatori, specialisti del benessere mentale e nuclei familiari.
Oltre lo schermo: riflessioni sulla connessione e sulla vulnerabilità
Avventurarsi nel labirinto del rapporto tra esseri umani e videogiochi significa confrontarsi con un paesaggio che è al tempo stesso specchio e motore delle nostre pulsioni più intime. I videogiochi, in queste situazioni, non sono la causa scatenante in sé, ma piuttosto un catalizzatore, un amplificatore di problematiche già presenti.
- La salute mentale nella società digitale richiede un approccio proattivo.
- Formazione e dialogo sono essenziali per sensibilizzare sulle problematiche del gaming.
- La ricerca di un equilibrio tra esperienze virtuali e reali è fondamentale per il benessere giovanile.
- Effetto Tetris: Fenomeno per cui il cervello continua a visualizzare forme di Tetris anche dopo la fine del gioco.
- PTSD: Disturbo da stress post-traumatico, una condizione psicologica che si verifica in seguito a eventi traumatici.
- Gaming Disorder: Disturbo associato all’uso compulsivo di videogiochi, riconosciuto dall’OMS.
