- Il 27% dei soccorritori soffre di burnout a causa dello stress.
- L'11% dei soccorritori sviluppa il PTSD dopo eventi traumatici.
- Il servizio "Benessere in Emergenza" usa il peer-support.
La professione dei soccorritori del 118 in Italia presenta caratteristiche intrinseche legate all’affrontare situazioni altamente drammatiche sotto il profilo emotivo. Queste persone agiscono prevalentemente all’interno di scenari complessi, nei quali le evidenti manifestazioni della sofferenza umana si intrecciano quotidianamente con esperienze di rischio mortale. Questa continua ed intensa esposizione a circostanze avverse esercita un’influenza notevole sulla salute psichica degli operatori, creando problematiche che vanno ben oltre l’affaticamento fisico; disturbi come lo stress post-traumatico (PTSD), il burnout oppure la compassion fatigue emergono frequentemente tra coloro che lavorano nell’ambito dell’emergenza sanitaria. È cruciale sottolineare che, sebbene vi sia una tendenza a focalizzarsi principalmente sulle vittime coinvolte negli episodi traumatici – quali i terremoti o gli incidenti stradali – non bisogna trascurare l’impatto psicologico su chi porta soccorso attivamente durante tali eventi devastanti. I professionisti del settore medico-urgente affrontano quindi le proprie sfide interiori derivanti dal contatto diretto con tali realtà drammatiche.
Una valutazione attenta delle statistiche disponibili—sebbene queste non siano esaustive—testimonia una diffusione preoccupante di queste problematiche fra i membri della categoria professionale coinvolta nel soccorso. Ad esempio, studi condotti su gruppi specifici, come il personale del Soccorso 118, hanno evidenziato livelli di burnout e compassion fatigue lievemente superiori rispetto ad altri contesti sanitari. La peculiarità del loro operato, caratterizzato dall’imprevedibilità degli scenari, dalla frequenza degli interventi e dalla necessità di prendere decisioni rapide in condizioni di stress elevato, contribuisce in modo significativo a questo quadro.
Condizioni Psicologiche | Prevalenza (%) |
---|---|
Burnout | 27% |
PTSD | 11% |
Depressione | 15% |
Ansia | 15% |
Disagio psicologico generale | 27% |
La gestione di emergenze su vasta scala, come il salvataggio di vite umane intrappolate sotto le macerie di un terremoto, come accaduto in occasione del sisma di Ischia nel 2017, rappresenta un esempio lampante dell’intensità emotiva a cui sono sottoposti questi professionisti. In quel frangente, le operazioni di soccorso si protrassero per ore, culminando nel salvataggio di tre fratellini. Nonostante l’esito “miracolosamente sano” dei bambini, come sottolineato dai medici della struttura ospedaliera di Ischia, l’esperienza stessa di estrarre persone dalle macerie, testimoniare la distruzione e affrontare la perdita di vite umane lascia un segno indelebile.
La natura stessa del lavoro di soccorritore implica un’immersione in contesti di alta risonanza emotiva. Ogni intervento può presentare sfide uniche e inattese, richiedendo un adattamento continuo e una capacità di gestione dello stress note;vole. La compassion fatigue, in particolare, emerge come una conseguenza diretta dell’identificazione empatica con la sofferenza delle vittime. Gli operatori, nel tentativo di offrire supporto e cura, assorbono parte del carico emotivo dell’evento, portando a un graduale esaurimento delle proprie risorse. Questo logoramento emotivo, se non affrontato, può evolvere in burnout, una sindrome caratterizzata da esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale, compromettendo non solo il benessere individuale ma anche l’efficacia del loro operato. È quindi imperativo riconoscere la vulnerabilità psicologica di chi opera in prima linea e mettere in atto strategie concrete per tutelare la loro salute mentale.
Comprendere le manifestazioni e le conseguenze psicologiche
Il disagio psicologico che colpisce i soccorritori si manifesta attraverso una varietà eterogenea e subdola di forme cliniche che spesso ostacolano una tempestiva diagnosi. Un caso emblematico è quello del Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD), che può manifestarsi con sintomatologie gravemente disabilitanti come flashback frequenti, incubi persistenti, tendenze ad evitare gli stimoli legati al trauma vissuto, ipervigilanza costante e problemi nel mantenere la concentrazione. Tali problematiche influiscono pesantemente sul normale svolgimento della vita quotidiana per chi opera nel settore dell’emergenza: danneggiano relazioni interpersonali significative, intaccano seriamente la qualità del riposo notturno e limitano l’efficacia nelle mansioni lavorative abituali. Situazioni particolari come il contatto diretto con morti violente o il trattamento urgente in scenari densi di vittime possono rappresentare alcune delle sollecitazioni maggiormente traumatizzanti; questi eventi non devono essere considerati isolatamente poiché la vera difficoltà è radicata nella somma accumulativa delle esperienze traumatiche affrontate continuativamente dagli operatori.
Allo stesso modo in cui ci si confronta col PTSD, emergono altre criticità rilevanti quali il burnout e il fenomeno della compassion fatigue. Il fenomeno del burnout si presenta come una forma crescente d’usura sia fisica sia psicologica che emerge in risposta a fattori quali carichi lavorativi gravosi, assenza di sostegno adeguato ed esperienze prolungate d’impotenza. Coloro che operano in contesti ad alta intensità possono trovarsi a fare i conti con emozioni quali il cinismo, l’estraniamento affettivo e una diminuzione della gratificazione lavorativa, portandoli così ad allontanarsi dalla passione originaria che li ha incentivati nella loro scelta professionale. D’altra parte, vi è anche il concetto noto come compassion fatigue, intimamente collegato al vero prezzo emotivo dell’empatia. Una lunga esposizione alla miseria degli altri può infatti indurre stati d’animo caratterizzati da spossatezza e indifferenza verso i dolori altrui; ciò rende complesso per chi assiste mantenere una reale empatia nell’assistenza alle vittime stesse. Ricerche specifiche condotte sul campo dagli operatori sanitari nel corso delle situazioni emergenziali dimostrano chiaramente un legame diretto tra la frequente interazione con eventi traumatici e lo sviluppo della fatica compassionevole così come del burnout.
È fondamentale evidenziare come le reazioni psicologiche generate da situazioni critiche risultino essere completamente soggettive. Il malessere non dipende esclusivamente dall’evento stesso; ciò che conta maggiormente è la connotazione emotiva che quel determinato evento riveste per ciascun soggetto. Questi aspetti sono condizionati da fattori quali la vulnerabilità individuale, le esperienze pregresse e le circostanze specifiche della propria esistenza attuale. Anche quando i colleghi smettono di parlarne, il bisogno di elaborare l’esperienza può persistere. Disturbi del sonno, pensieri invadenti e manifestazioni come irritabilità o sensi di colpa sono indicatori della necessità imperante di interventi mirati a sostegno emotivo. È fondamentale prendere coscienza del fatto che provare disagio dopo un evento critico è una normale risposta umana; questa consapevolezza rappresenta uno dei primi passaggi essenziali per combattere lo stigma riguardante la ricerca di aiuto e facilitare la diffusione della cultura del benessere all’interno delle istituzioni operative nell’ambito delle emergenze.
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L’indispensabile rete di supporto: strategie di prevenzione e intervento
Di fronte alla complessità e alla gravità dell’impatto psicologico sui soccorritori, diventa di cruciale importanza implementare e potenziare sistemi di supporto strutturati ed accessibili. La mera consapevolezza del problema non è sufficiente; sono necessarie azioni concrete volte sia alla prevenzione che all’intervento tempestivo. In Italia, la componente psicologica nella gestione delle emergenze è gradualmente stata inclusa in ambito legislativo e istituzionale, sebbene la piena attuazione di programmi organici e capillari rappresenti ancora una sfida.
Diverse realtà e organizzazioni si stanno adoperando per offrire supporto psicologico ai propri operatori, riconoscendo l’importanza di prendersi cura di “chi si prende cura”. Un esempio di tali iniziative è rappresentato dai servizi di supporto psicologico offerti dalla Croce Rossa Italiana, accessibili attraverso numeri di pubblica utilità e finalizzati a fornire ascolto professionale a chiunque stia affrontando difficoltà legate a stress, ansia, lutti o eventi critici.
Supporto Psicologico della Croce Rossa Italiana: Il servizio è attivo dal lunedì al sabato dalle 8 alle 20, e per iniziare il percorso di supporto basta contattare il numero di pubblica utilità 1520.
Similmente, AREU (Azienda Regionale Emergenza Urgenza) in Lombardia promuove il servizio di “Benessere in Emergenza”, basato sul peer-support, ovvero il supporto tra pari, coadiuvato da psicologi dell’emergenza sanitaria. Questo approccio riconosce il valore della condivisione emotiva tra colleghi che hanno vissuto esperienze simili, creando uno spazio protetto per l’espressione delle emozioni e la riduzione del senso di isolamento. L’obiettivo è facilitare la “decompressione emotiva” e individuare reti di supporto sociale.
Oltre al supporto post-intervento, è fondamentale investire nella formazione e nella prevenzione. Programmi di formazione specifici sulla gestione dello stress traumatico, sulla comprensione dei meccanismi del burnout e della compassion fatigue, e sull’acquisizione di strategie di coping efficaci dovrebbero essere parte integrante del percorso formativo di ogni soccorritore. Investire nella resilienza sia a livello personale sia collettivo, mediante l’autoconsapevolezza riguardo al proprio percorso esistenziale, lo scambio esperienziale e il potenziamento degli adattamenti salutari rappresenta una strategia fondamentale per garantire una duratura efficacia nel personale operativo in contesti d’emergenza. Costruire gruppi solidali e integrati nei quali si favorisce l’apertura al dialogo e il sostegno reciproco diventa così uno strumento prezioso per creare ulteriori difese emotive. Occorre abbandonare definitivamente l’idea obsoleta secondo cui richiedere assistenza psicologica costituisca una manifestazione della debolezza; viceversa, tale gesto deve essere interpretato come segnale emblematico di responsabilizzazione nei confronti della propria persona oltreché dell’impegno professionale.
La necessità imprescindibile di un adeguato supporto mentale destinato ai soccorritori trascende le sole dinamiche legate al benessere soggettivo; essa influisce tangibilmente sulla qualità dei servizi erogati alla collettività. Un soccorritore mentalmente equilibrato si dimostra maggiormente reattivo ed empatico, risultando quindi più competente nel fronteggiare crisi complesse. Affinché il sistema emergenziale pre-ospedaliero mantenga efficacia nel lungo periodo, risulta imprescindibile investire nella salvaguardia del benessere psico-fisico degli operatori: quest’ultimo rappresenta una risorsa umana fondamentale che deve essere curata con particolare attenzione. È imperativo che le istituzioni, le organizzazioni e la società globale si assumano la responsabilità di sostenere questi professionisti, affinché non vengano lasciati a fronteggiare da soli l’insidiosa pressione derivante dalle emergenze.
Riflessioni sul benessere in un contesto ad alta pressione
Il cammino della psicologia, in particolare la psicologia cognitiva e comportamentale, ci illumina sulla complessità delle risposte umane a eventi traumatici e intensamente stressanti. Da un punto di vista cognitivo, il trauma può alterare i nostri schemi di pensiero, portando a interpretazioni distorte della realtà e a credenze disfunzionali su noi stessi, sugli altri e sul mondo. Pensieri intrusivi, come flashback e incubi ricorrenti, sono manifestazioni di un’incapacità del sistema cognitivo di elaborare adeguatamente l’esperienza traumatica, che rimane “congelata” in un formato emotivamente carico.
A livello comportamentale, il trauma può tradursi in strategie di evitamento di situazioni, luoghi o persone che richiamano l’evento, o in comportamenti di ipervigilanza nel tentativo, spesso vano, di prevenire futuri pericoli. Comprendere questi meccanismi è cruciale per lo sviluppo di interventi terapeutici mirati, come quelli basati sulla Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) o sull’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR), che mirano a rielaborare le esperienze traumatiche e a modificare i pensieri e i comportamenti maladattivi. Procedendo in profondità nell’analisi della psicologia contemporanea riguardante il trauma, insieme alle discipline mediche affini dedicate al benessere mentale, emerge l’importanza dei fenomeni della resilienza e della crescita post-traumatica. La resilienza descrive quella sorprendente attitudine degli individui nel fronteggiare sfide considerevoli ed emergere da esse; al contrario, la crescita post-traumatica sottintende l’opportunità che deriverebbe dall’affrontare eventi fortemente traumatici: le persone possono non solo recuperare, ma trasformarsi positivamente in modi sostanziali. Ciò può apparire come un nuovo apprezzamento della vita stessa oppure nello sviluppo di legami umani più intensi; può inoltre includere una rinnovata motivazione verso obiettivi personali o un’accresciuta determinazione interna. Per i soccorritori, tale tema acquista una dimensione speciale: pur portando il carico emotivo insito nelle loro funzioni professionali, molti trovano nel loro operato una fonte profonda di realizzazione personale ed eccellono nelle competenze relazionali con i propri compagni d’avventura lavorativa. Tale consapevolezza circa le potenzialità evolutive dell’individuo non sminuisce affatto il dolore provato; anzi, esalta quelle caratteristiche distintive d’adattamento incisivo assieme alla robustezza insita nell’essenza umana.
- Compassion Fatigue: esaurimento emotivo causato dall’esposizione continua alla sofferenza degli altri.
- Burnout: sindrome di esaurimento fisico ed emotivo causata da stress lavorativo prolungato.