Cinghiali vs. Uomo: Scopri come proteggerti dagli attacchi in Italia

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  • Nel 2023, 193 incidenti gravi con animali, 170 con selvatici.
  • Ogni 41 ore un incidente con cinghiali, 261 feriti gravi nel 2023.
  • Popolazione cinghiali stimata a oltre 2,3 milioni di esemplari in Italia.

Per quanto riguarda i lupi, è evidente come spesso le paure espresse dalla società superino le evidenze empiriche a riguardo. Un articolo comparso su La Nazione 23 mesi fa riportava l’assenza di prove scientifiche a supporto dell’idea che questi animali siano inclini ad aggredire gli esseri umani piuttosto che altri animali domestici come cani o gatti. Tuttavia, vivere in prossimità dei lupi può presentare delle difficoltà; questo aspetto è stato affrontato da CentroPagina quasi quattro anni fa. Le preoccupazioni legate ai conflitti con questi animali potrebbero derivare da fattori diversi rispetto all’aggressività diretta verso le persone. Infine, Today ha discusso 22 mesi fa un apparente incremento delle aggressioni attribuite a fauna selvatica – inclusi i lupi – ponendosi interrogativi sulla corrispondenza tra tale percezione e un eventuale aumento oggettivo degli incidenti registrati. L’interazione tra uomo e cinghiali ha senza dubbio suscitato una notevole dose d’interesse nei media, così come serie preoccupazioni sociali. Recentemente Mediaset Infinity ha pubblicato articoli concernenti esperienze traumatiche da parte degli individui aggrediti da questi animali nel corso dell’ultimo quadrimestre: riscontri drammaticamente afflittivi per coloro che ne sono stati colpiti. Inoltre, Umbria TAG24 menzionava otto mesi orsono il sempre più evidente problema dell’invasione dei cinghiali; situazione oggi sfociata da ambiti rurali a quelli urbani integrati nelle comunità locali. Al riguardo, Tuttoggi.info aveva segnalato lo stesso periodo un’aggressione significativa avvenuta a Valfabbrica, mentre il Giornale di Sicilia anticipava uno scenario inquietante: decine d’attacchi riconducibili ai cinghiali si erano registrati lungo l’intero territorio nazionale nell’arco dell’anno passato, includendo eventi con conseguenze tragiche per le vittime coinvolte. Coldiretti evidenziò attraverso due comunicazioni distinte – datate rispettivamente da trentaquattro a cinquantacinque mesi – la rapida diffusione incontrollata della popolazione suina brada sul suolo italiano (stimandola addirittura a milioni). Venivano quindi enunciati gli ingenti danni ricaduti su attività agricole, insieme ad altre problematiche inerenti agli sinistri stradali o alle aggressioni dirette verso le persone stesse. Dai dati recentissimi emerge altresì che nel corrente anno ventitremila ventitré siano stati rilevati ben centonovantatre incidenti rilevanti associabili alla fauna selvatica, confermando undici mortificanti eventi fatali, nella maggioranza collegabili ad episodi implicanti direttamente i cinghiali. [Osservatorio ASAPS 2023]. Gli squali, spesso percepiti come simboli di attacchi letali, stanno vivendo una fase interessante: secondo quanto riportato da Fanpage (quattro mesi or sono), le statistiche globali del 2024 dimostrano un notevole decremento degli incidenti non provocati rispetto ai periodi precedenti. Anche se questi numeri non si riferiscono espressamente all’Italia, offrono uno spunto riflessivo circa la diffusione generale degli eventi critici legati a tali creature marine. Allo stesso modo, l’articolo pubblicato su Geopop diciassette mesi addietro fornisce una classifica sugli animali maggiormente nocivi per l’uomo a livello mondiale e contribuisce così a illustrare la gravità del problema della fauna selvatica; però le informazioni rimangono lacunose quando si tratta delle statistiche italiane relative agli aggressori provenienti dal regno animale differente dagli altri citati in precedenza. Parallelamente al tema degli squali emerge quello toccante descritto dal Dolomiti circa il rischio crescente legato ai canidi domestici abbandonati che aggrediscono esemplari selvatici: il dato inquietante rivela che nell’incredibile percentuale del 95,75% i poveri animali indigeni hanno subito la morte; questo argomento ha ricevuto finora poca attenzione nei dibattiti sulla conservazione delle aree naturali protette.

Statistiche Recenti: Nel 2023, si sono verificati 193 incidenti gravi con animali, di cui 170 con animali selvatici, evidenziando un aumento dell’8% rispetto al 2022.
Morti e Feriti: 11 decessi e 232 feriti a causa di attacchi o incidenti stradali legati a animali selvatici.

In sintesi, le statistiche frammentarie e le notizie disponibili indicano che, mentre l’incidenza di attacchi fatali da parte di grandi carnivori come orsi e lupi in Italia sembra essere molto bassa, i conflitti con specie come i cinghiali sono percepiti come in aumento e generano più frequentemente episodi di aggressione nei confronti dell’uomo, talvolta con esiti gravi o fatali. L’assenza di dati ufficiali e completi per molte specie rende tuttavia difficile una valutazione esaustiva del fenomeno.

La psicologia del trauma negli attacchi animali selvatici

L’incontro ravvicinato con un animale selvatico, specialmente quando sfocia in un’aggressione, può innescare nel soggetto colpito una risposta psicologica complessa e profondamente impattante. La psicologia del trauma offre chiavi di lettura fondamentali per comprendere le dinamiche in gioco, analizzando come un evento percepito come minaccioso o dannoso possa alterare il funzionamento psichico e neurofisiologico di un individuo. L’esperienza del trauma, infatti, ha il potere di creare un vero e proprio spartiacque esperienziale, un “prima” e un “dopo” l’evento, che si radica nella memoria con contorni vividi e taglienti, resistendo al passare del tempo.

Una delle caratteristiche centrali di un evento traumatico, come sottolineato dagli articoli, è la non elaborabilità in termini mnestici. Questo aspetto è cruciale per comprendere il Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD), definita una patologia della memoria. Nel PTSD, il ricordo dell’evento traumatico non si affievolisce con il tempo e non viene confinato al passato, bensì rimane “monolitico”, attivo nei suoi effetti. Ogni volta che un ricordo riaffiora alla mente, si verifica una risposta comportamentale ben definita: una sindrome contraddistinta da un’evidente disregolazione emozionale accompagnata da uno stato di iper-arousal e talora anche da manifestazioni dissociative. In particolare, la disregolazione emotiva scaturita dal richiamo a esperienze traumatiche si traduce spesso in attacchi d’ansia acuti – benché questi siano meno intensi rispetto ai veri attacchi di panico – ma ciò nonostante hanno la capacità di perturbare lo stato neurofisiologico della persona coinvolta. Si deve considerare inoltre come i timori connessi ai pensieri legati ai traumi passati insieme alla possibilità che emergano sintomi dissociativi più o meno marcati possano contribuire ad accrescere ulteriormente questo complesso quadro sintomatico.

Le teorie relative all’evoluzione evidenziano differenze significative tra l’essere umano e altri animali nell’approccio all’elaborazione dei traumi su periodi prolungati. Questo inatteso mantenimento del ricordo traumatico impedisce all’individuo di condurre una vita serena senza tentennamenti: esso tende a costruire le proprie azioni quotidiane intorno alle memorie evocative dello stesso evento dannoso mentre evita contestualmente situazioni che possano fungere da stimolo scatenante; dalla prospettiva della psicologia cognitiva-comportamentale tale dinamica è riconducibile a uno speciale tipo di incrostrazione cognitivamente inefficace. I potenti strumenti di apprendimento evolutivi dell’uomo, in questo contesto, sembrano paradossalmente ritorcersi contro di lui, impedendo l’oblio e perpetuando la sofferenza.
Gli attacchi da animali selvatici rientrano nella categoria dei traumi unici e potenti. Non si tratta, in genere, di traumi cumulativi o protratti nel contesto di un attaccamento problematico, i quali tendono a modellare l’identità dell’individuo in modo più profondo e duraturo, un aspetto che rientra nell’alveo dei traumi definiti interni all’identità. L’aggressione di un animale, invece, pur avendo un impatto identitario che modifica il corso della vita, si configura come un evento esterno all’identità preesistente, un’esperienza che irrompe improvvisamente e violentemente nella normalità. L’analisi di tali traumi, soprattutto in ambito animale dove si cerca un modello “naturalistico” del PTSD, può illuminare i meccanismi biologici e le risposte comportamentali di base, svincolate dalla complessa elaborazione cognitiva tipica dell’uomo. La costruzione dei modelli animali volti a studiare il PTSD presenta delle problematiche etiche significative, poiché gli approcci utilizzati per indurre stati traumatici sono frequentemente cruenti, comprendendo pratiche quali shock termici, violenza fisica o deprivazione sociale. L’intento è quello di simulare condizioni traumatiche all’interno dell’ambiente laboratoristico così da monitorare e analizzare la reazione post-traumatica degli animali. In particolare, studiando il topo si pone l’accento su fattori quantificabili che includono non solo l’evitamento nei confronti dei trigger, ma anche le cognizioni negative che vengono desunte attraverso test specifici dedicati alla motivazione e alla preferenza sociale. Anche lo stato neurofisiologico d’attivazione o arousal viene preso in considerazione; tuttavia, questo metodo ignora deliberatamente fattori soggettivi come pensieri intrusivi o flashback.
Questa strategia comparativa trae ispirazione dall’etologia animale applicata all’uomo—interpretando il comportamento umano attraverso una lente naturalistica tipicamente usata con altri esseri viventi—e dalla neurobiologia stessa. Essa ha come obiettivo fondamentale la comprensione del motivo per cui gli animali sembrano riuscire a dissipare corporeamente le esperienze traumatiche in un tempo significativamente più ridotto rispetto agli esseri umani. Il concetto di abreazione, storicamente legato all’evacuazione corporea di malesseri psichici, trova un parallelo nel mondo animale attraverso il concetto di dissipazione. Il fatto che un vissuto post traumatico venga dissipato rapidamente per via corporea è stato osservato in diversi animali, suggerendo meccanismi naturali che l’uomo sembrerebbe aver in parte perso o che sono sovrastati dalla complessa elaborazione cognitiva.


La ricerca sui modelli animali, pur con le sue complessità etiche e metodologiche, contribuisce a una lettura più “naturalistica” del PTSD umano, esplorando le radici biologiche delle risposte al trauma e le potenziali differenze nella resilienza tra specie. Fattori di rischio pregressi, come una tendenza ansiosa o eventi avversi precoci (infanzia traumatica, eventi distali e prossimali), sembrano predisporre allo sviluppo del PTSD anche negli animali, un dato che rafforza l’idea di una base biologica comune nelle risposte allo stress estremo.

Cosa ne pensi?
  • È confortante notare che, nonostante i rischi......
  • L'articolo ignora completamente il ruolo dell'uomo......
  • E se gli attacchi fossero un sintomo di squilibrio... 🌳...

Cinghiali: un’analisi approfondita degli attacchi in Italia e dei fattori correlati

Il fenomeno degli attacchi dei cinghiali all’essere umano, nella realtà italiana contemporanea, ha recentemente acquisito una visibilità senza precedenti nei media; ciò ha alimentato ansie collettive riguardanti il tipo di interazione tra questa fauna selvatica e le aree antropizzate.

Ormai la distribuzione territoriale dei cinghiali non è limitata ai soli contesti forestali o agricoli; essa abbraccia in modo sempre più marcato anche le zone periferiche delle città fino a penetrare all’interno dei nuclei urbani stessi. Questa definita invasione, come suggeriscono vari articoli analitici sull’argomento, gioca un ruolo cruciale nell’intensificazione del numero degli incontri diretti fra uomini e questo animale selvatico; da ciò deriva l’aumento del rischio di aggressioni pericolose. Le statistiche evidenziano che gli incidenti avvengono con una frequenza impressionante: uno ogni 41 ore; il numero totale delle aggressioni così come quello degli incidenti stradali correlati ai cinghiali e ad altre specie faunistico-urbane è in crescita esponenziale. [Coldiretti, 2022].

Il problema è reso più complesso dalla proliferazione incontrollata della popolazione di cinghiali in Italia, stimata in oltre 2,3 milioni di esemplari. Questo boom demografico, secondo le associazioni di categoria e i resoconti giornalistici, è responsabile non solo di danni significativi all’agricoltura, con la distruzione di campi coltivati, ma anche di un aumento degli incidenti stradali che coinvolgono questi animali e, appunto, degli attacchi alle persone.

Incidenza degli Incidente: Ogni 41 ore si verifica un incidente stradale legato ai cinghiali, con 261 feriti gravi nel 2023, confermando la gravità dell’emergenza.

Testimonianze dirette, raccolte da diversi media, narrano esperienze traumatiche di individui che sono stati caricati e feriti gravemente da cinghiali. Le conseguenze di tali aggressioni possono essere serie, richiedendo in alcuni casi il ricovero in terapia intensiva. Purtroppo, come documentato da articoli meno recenti, ci sono stati casi in cui gli attacchi di cinghiali hanno avuto esiti letali per l’uomo. L’attuale ondata crescente d’incidenti provocati dai cinghiali è interpretata da alcune fonti come direttamente legata all’inefficienza nella gestione delle popolazioni di suini selvatici. L’expansion continua dei loro territori fa sì che queste creature cerchino nutrimento e accoglienza sempre più prossimi alle zone abitate dall’uomo.
Una questione notevole emerge dalla lettura di diversi articoli: la connessione ricorrente tra le aggressioni dei cinghiali nei confronti degli esseri umani e i cani. Sorgono interrogativi su cosa renda spesso i canidi protagonisti delle suddette situazioni problematiche. Anche se le pubblicazioni analizzate non giungono a offrire un’unica chiara risposta a tale enigma, c’è spazio per varie supposizioni. Potrebbe darsi che l’animale domestico venga percepito dal grosso ungulato come competizione oppure minaccia diretta; questa dinamica potrebbe scatenare nel cinghiale reazioni violente. Come ulteriore fattore scatenante va considerato l’influsso esercitato dalla presenza del cane sul comportamento del suo proprietario: infatti tale compagnia può condurre l’umano stesso ad atteggiamenti irritanti o spaventosi verso il cinghiale. Tra l’altro uno studio distinto, pur specificamente concernendo le incursioni di animali domestici contro quelli selvatici, rimarca la trama intricata d’interconnessione da ricordo cani-prey-buffe-aura-regni conservati, affrontando con rilievo quello scenario troppo spesso trascurato a riguardo al tema della coesistenza nella natura.

La gestione del problema cinghiali è un tema dibattuto, con proposte che spaziano dall’ampliamento dei periodi di caccia alla possibilità per le Regioni di effettuare piani di controllo della popolazione. Tuttavia, al di là delle soluzioni proposte, emerge chiaramente la necessità di affrontare in modo organico e basato su dati scientifici l’incremento numerico e l’espansione territoriale di questa specie per mitigare i rischi associati alla convivenza con l’uomo e ridurre la frequenza e la gravità degli attacchi. L’assenza di statistiche dettagliate e uniformi a livello nazionale sulle aggressioni specifiche dei cinghiali, in confronto ad altre specie animali, rende difficile una valutazione precisa dell’evoluzione del fenomeno nel tempo e nello spazio, ma i resoconti giornalistici suggeriscono un trend preoccupante che richiede attenzione e interventi mirati.


Il trauma e la mente: comprendere l’impatto degli attacchi animali

L’evento traumatico, specialmente nel caso di un attacco da parte di un animale selvatico, non è solo un’esperienza fisica, ma un’irruzione nel tessuto stesso della nostra percezione del mondo e della nostra sicurezza personale. Questo ci porta a riflettere sul trauma non solo come un singolo evento, ma come un processo che si àncora nella memoria, riattivando costantemente le risposte fisiologiche e psicologiche associate alla minaccia. Nella psicologia cognitiva, si parla di come eventi intensamente emotivi possano imprimersi nella memoria in modo più vivido e resistente all’oblio rispetto ad esperienze neutre. Tuttavia, nel caso di un trauma, questa “super-memorizzazione” diventa disfunzionale, alimentando il ciclo del Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD).

Rischio di PTSD: Negli individui vittime di attacchi da animali selvatici, la possibilità di sviluppare PTSD è elevata, sottolineando l’importanza del supporto psicologico.

La mente, nel tentativo di elaborare un’esperienza che ha superato le sue capacità di coping, sembra rimanere “bloccata” in un circuito di rivisitazione e iper-vigilanza. Si tratta di un disturbo della memoria non tanto in termini di oblio, ma di organizzazione e integrazione dell’esperienza nel continuum temporale della vita.

Approfondendo una nozione di psicologia avanzata applicabile a questo scenario, possiamo citare il concetto di immobilità tonica (tonic immobility), una risposta involontaria e difensiva a fronte di un pericolo percepito come inevitabile. Questa “Risposta di freezing”, comune in molti animali e osservata anche nell’uomo durante esperienze traumatiche estreme, implica uno stato temporaneo di paralisi, con riduzione della reattività e della consapevolezza.

Dal punto di vista psicotraumatologico, l’immobilità tonica può essere vista come un tentativo estremo del sistema nervoso di minimizzare il danno fisico e psicologico durante un evento perceputo come catastrofico. Tuttavia, l’incapacità di completare le risposte di lotta o fuga può lasciare un’eredità di attivazione fisiologica non risolta, contribuendo al mantenimento dei sintomi del PTSD. Riflettendo su questo, potremmo chiederci se, nella nostra complessa organizzazione cognitiva, abbiamo in parte smarrito la capacità innata di dissipare questa attivazione attraverso risposte corporee incomplete, come invece sembrano fare più efficacemente altri animali. Forse la nostra stessa coscienza e la capacità di “rivivere” l’esperienza mentalmente interferiscono con la risoluzione naturale del trauma, imprigionandoci in una spirale di paura e evitamento. Comprendere questi meccanismi, sia nelle loro radici biologiche comuni con il mondo animale sia nelle loro manifestazioni specifiche nell’esperienza umana, è fondamentale per sviluppare strategie di trattamento efficaci e promuovere la resilienza di fronte agli eventi traumatici.


Glossario:
PSDT:
Disturbo da Stress Post Traumatico, un disturbo mentale che può insorgere dopo aver vissuto un evento traumatico.
Immobilità tonica:
Questa rappresenta una risposta protettiva che si attua di fronte a un pericolo considerato inevitabile, sfociando in uno stato momentaneo di inazione completa.

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