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Violenza sessuale: l’allarmante realtà ISTAT e i percorsi di recupero

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  • 31,5% delle donne (16-70 anni) ha subito violenza fisica o sessuale.
  • Il PTSD è una conseguenza comune della violenza sessuale.
  • L'Azienda USL promuove il "Protocollo Zeus" per rieducare gli uomini violenti.
  • Il trauma altera i circuiti cerebrali della regolazione emotiva.
  • Tecniche come EMDR e Mindfulness aiutano l'elaborazione del trauma.

I rilievi elaborati dall’ISTAT riguardo alla violenza sessuale in Italia offrono uno spaccato estremamente preoccupante e costante della situazione attuale. Le statistiche indicano che circa il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni, pari a 6 milioni 788 mila individui, ha sperimentato nel corso dell’esistenza almeno un episodio riconducibile a forme sia fisiche che sessuali di violazione dei diritti umani fondamentali. Tale dato risulta già altamente inquietante; ciò sottolinea l’entità del fenomeno stesso e il bisogno urgente di un intervento sistemico sia sul piano sociale che su quello istituzionale. È cruciale notare come queste cifre rappresentino solo una stima inferiore al reale problema; infatti la natura stessa degli abusi – specialmente quelli connotati da elementi sessuali o domestici – tende a essere prevalentemente occultata nella nostra società contemporanea. Le persone colpite dal problema provano frequentemente paura nell’intentare denunce a causa del timore delle conseguenze negative: intimidazioni da parte degli aggressori oppure stigmi sociali associati alla questione; ancor più complicato è provare quanto accaduto, soprattutto se le aggressioni avvengono nell’ambito privato o in rapporti interpersonali basati sulla fiducia.

La crisi inerente alla violenza basata sul genere trascende il semplice ambito familiare; essa permea vari aspetti dell’esistenza quotidiana, inclusi gli ambienti educativi e occupazionali, oltre ai contesti comunitari analizzati specificamente qui. Secondo alcuni esperti, i tassi di denuncia da parte di cittadini italiani sarebbero inferiori rispetto a quelli di altre comunità presenti sul territorio, sebbene i dati complessivi indichino una prevalenza di reati commessi da italiani. Questa discrasia suggerisce un problema culturale e una sottoconsiderazione del fenomeno da parte di alcune fasce della popolazione, o una maggiore difficoltà nell’accesso ai canali di denuncia. Indipendentemente dalle specifiche statistiche, la violenza sessuale rappresenta un attacco fondamentale alla dignità e all’integrità della persona, con conseguenze devastanti a livello fisico, psicologico e sociale.

Tipo di violenza Statistiche (%) Numero di vittime (milioni)
Violenza fisica o sessuale 31,5 6,788
Violenza fisica 20,2 4,353
Violenza sessuale 21 4,520
Stupro tentato 5,4 1,157

Le istituzioni, come l’Azienda USL di Bologna citata in un documento, stanno cercando di contrastare attivamente il fenomeno attraverso diverse iniziative. Queste includono la promozione di protocolli come il “Protocollo Zeus”, volto a rieducare gli uomini autori di violenza indirizzandoli verso percorsi di cambiamento, la rete delle Consigliere e dei Consiglieri di Fiducia per affrontare le molestie sul lavoro, il lavoro del Comitato Unico di Garanzia per promuovere una cultura di rispetto e parità, e il Centro LDV per l’accompagnamento al cambiamento degli uomini autori di violenza. Inoltre, vengono promossi percorsi di educazione finanziaria per le donne per prevenire la violenza economica e diffusi i numeri di pubblica utilità come il 1522. È evidente che affrontare efficacemente la violenza sessuale e di genere richiede un impegno sinergico che coinvolga le istituzioni, la società civile, le scuole e le famiglie.

Il trauma della violenza sessuale: conseguenze psicologiche e percorsi terapeutici

La violenza sessuale è un evento traumatico che lascia segni profondi sulla psiche e sul corpo della vittima, creando uno "spartiacque" nella sua esistenza. Le conseguenze psicologiche possono essere molteplici e persistenti. Tra le più comuni e severe rientra il Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD), una condizione invalidante caratterizzata da flashback intrusivi, incubi, ipervigilanza, evitamento di situazioni associate al trauma, e una marcata alterazione dell’arousal e della reattività. La nuova nosografia psichiatrica posiziona il PTSD non più tra i disturbi d’ansia, ma in una categoria dedicata ai disturbi correlati a eventi traumatici o stressanti, sottolineando la sua natura specifica e complessa.

Le vittime di violenza sessuale spesso manifestano difficoltà significative nella regolazione emotiva, con risposte esagerate e reazioni somatiche disfunzionali. Il cervello, nel tentativo di adattarsi all’evento traumatico, può rimanere "congelato" al momento dell’abuso, portando la persona a reagire nel presente come se l’evento si stesse ripresentando. Questa dissociazione tra il passato e il presente rende difficile per la vittima discernere quando le sue risposte emotive sono appropriate alle circostanze attuali. Oltre al PTSD, la violenza sessuale può innescare depressione, ansia, disturbi dissociativi, problemi di autostima e difficoltà nelle relazioni interpersonali. In alcuni casi, il trauma infantile, inclusa la violenza sessuale, può portare a conseguenze a lungo termine che si manifestano anche nell’età adulta, influenzando la salute mentale complessiva e le dinamiche sociali.

"Il trauma da abuso sessuale è una ferita psicologica profonda che si manifesta in seguito a un’esperienza di violenza o coercizione sessuale." – Serenis

Trattare il trauma della violenza sessuale richiede un approccio terapeutico integrato e centrato sulla vittima. Le terapie tradizionali, come la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), pur essendo valide, potrebbero non essere sufficienti per affrontare tutte le sfaccettature del trauma. Recenti sviluppi nel campo della psicoterapia hanno evidenziato l’importanza di integrare approcci orientati sul corpo. Ciò si basa sulla constatazione che il trauma non è solo un evento mentale, ma lascia una traccia indelebile nel corpo. Terapeuti come Bessel van der Kolk sostengono che ciò che scatena il disagio nel presente sono spesso le sensazioni corporee associate al ricordo traumatico, rendendo necessario agire direttamente sulla componente somatica.

Tecniche come la Mindfulness, l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) e la Psicoterapia Sensomotoria utilizzano l’esperienza corporea come punto di accesso privilegiato per l’elaborazione del trauma. Queste terapie mirano a migliorare la regolazione emotiva, aumentare la consapevolezza del momento presente e favorire l’integrazione delle diverse componenti frammentate del ricordo traumatico (emotiva, sensoriale, motoria, cognitiva) nella narrazione autobiografica del paziente. Recenti ricerche hanno rivelato l’adeguatezza di diverse modalità terapeutiche complementari, tra cui yoga, nel contrastare il PTSD. Questi studi evidenziano un impatto note­­­­vole nella diminuzione dei sintomi legati al trauma e un significativo avanzamento nella gestione delle emozioni da parte dei pazienti.1 Nell’ambito del lavoro clinico rivolto alle vittime di violenza sessuale, è imprescindibile tenere conto dell’aspetto corporeo e delle conseguenze traumatiche sul loro fisico. La necessità di un approccio integrato emerge chiaramente, evidenziando come l’esperienza traumatica si manifesti attraverso il corpo in modi profondi e complessi.

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  • Le statistiche sono allarmanti, ma focalizzarsi solo sui numeri rischia di......
  • E se la radice del problema fosse una diversa concezione del potere e......

Violenza sessuale in comunità: sentenze, criticità e dinamiche di potere

L’ambito delle comunità, intese in senso lato come strutture residenziali, religiose, o gruppi con dinamiche interne coese, presenta vulnerabilità specifiche che possono favorire l’insorgere di episodi di violenza sessuale. Le notizie e le sentenze giudiziarie emerse sottolineano come questi contesti non siano immuni da abusi, e in alcuni casi, possono addirittura presentare fattori di rischio aggiuntivi legati alla concentrazione di potere, alla mancanza di supervisione esterna adeguata e a una potenziale "cultura del silenzio" che ostacola la denuncia. I casi che emergono dalle cronache giudiziarie, come quello del religioso assolto dalle accuse di violenza sessuale in una comunità, o le condanne in contesti comunitari per alcolisti e drogati, evidenziano la fragilità di individui che spesso si trovano in situazioni di vulnerabilità e dipendenza, sia emotiva che materiale, rispetto alle figure di riferimento all’interno della comunità.

Le sentenze, come quella clamorosa a Torino per la violenza sessuale su una dodicenne in un luogo pubblico come la stazione, o quelle relative ad abusi in contesti più chiusi come sette o comunità religiose, mettono in luce la complessità delle dinamiche processuali e la delicatezza nel raccogliere prove e testimonianze, soprattutto quando le vittime sono minori o persone in condizioni di fragilità. Le discussioni intorno al rito abbreviato e alla riqualificazione del reato, come nel caso di Torino, evidenziano le sfide che la giustizia affronta nel bilanciare la severità della pena con le circostanze specifiche. Allo stesso tempo, le motivazioni delle sentenze, ad esempio quelle che sottolineano le "omissioni" o la "mancanza di seria tutela" da parte di figure istituzionali o ecclesiastiche, pongono interrogativi cruciali sulla responsabilità e sulla necessità di un sistema di prevenzione e controllo più efficace all’interno di queste realtà.

Le dinamiche di potere giocano un ruolo cruciale negli abusi all’interno delle comunità. Figure carismatiche, leader religiosi, operatori con responsabilità sulla cura o sulla gestione di persone vulnerabili possono sfruttare la loro posizione per esercitare coercizione e manipolazione. La dipendenza emotiva, l’isolamento sociale, la paura di essere allontanati dalla comunità o di non essere creduti possono rendere le vittime estremamente riluttanti a denunciare. L’affermazione della presenza dei minori all’interno dei contesti comunitari, messa in luce dai numerosi incidenti relativi a abusi sessuali, così come dalle discussioni sulla sicurezza degli spazi pubblici utilizzati dai giovani, implica la necessità urgente di una sorveglianza accresciuta e l’introduzione di procedure mirate alla loro salvaguardia. Purtroppo, le vicende legali rappresentano solamente il vertice dell’iceberg, suggerendo l’esistenza di un problema ben più esteso che richiede indagini approfondite e un intervento deciso.

Affrontare il trauma: un percorso di recupero e resilienza

La violenza sessuale, come abbiamo visto, è un trauma complesso che incide profondamente sulla vita di chi la subisce. Dal punto di vista della psicologia cognitiva, un trauma può essere inteso come un evento che sovraccarica le capacità di elaborazione del cervello, causando una frammentazione del ricordo e difficoltà nell’integrarlo nella narrazione personale coerente. Le memorie traumatiche tendono a rimanere "incapsulate", ricche di sensazioni corporee e frammenti sensoriali, ma prive di un contesto spazio-temporale definito, il che le rende intrusive e difficili da gestire. Le terapie orientate sul trauma mirano proprio a favorire l’elaborazione di queste memorie, aiutando la persona a ricostruire una narrazione coesa dell’evento e a integrarlo nella propria storia di vita.

Considerando una nozione più avanzata nel campo della psicologia comportamentale e della neurobiologia del trauma, possiamo dire che il trauma altera in modo significativo i circuiti cerebrali deputati alla regolazione emotiva e alla risposta allo stress. L’amigdala, la regione cerebrale responsabile della rilevazione del pericolo, diventa iperattiva, mentre la corteccia prefrontale, coinvolta nel ragionamento e nel controllo degli impulsi, può risultare meno efficace. Questo disequilibrio spiega perché le vittime di trauma abbiano spesso difficoltà a tollerare emozioni intense e a rispondere in modo adattivo alle situazioni di stress. Le terapie che integrano lavoro sul corpo, come lo yoga o la psicoterapia sensomotoria, lavorano per riequilibrare questi circuiti, aumentando la capacità di autoregolazione e di tolleranza degli stati interni, anche quelli considerati sgradevoli.

Affrontare il trauma della violenza sessuale non è un percorso semplice, ma è un cammino possibile verso il recupero e la resilienza. È un cammino che richiede coraggio, supporto e l’accesso a risorse terapeutiche adeguate. Guardare i dati statistici, leggere le sentenze e le storie di chi ha subito violenza può generare un senso di impotenza, ma è fondamentale non soccombere all’indifferenza. Come ci ricorda Liliana Segre, "L’indifferenza è peggio della violenza. Dall’indifferenza non puoi difenderti". È un monito potentissimo che ci invita a non voltare lo sguardo, a non normalizzare la violenza, a non minimizzare la sofferenza delle vittime. Ogni atto di violenza sessuale non è solo un reato individuale, ma una ferita inflitta all’intera comunità, un attacco ai principi fondamentali di rispetto, dignità e sicurezza. La riflessione profonda che ne emerge è che la prevenzione e il contrasto alla violenza sessuale non sono solo responsabilità delle istituzioni o degli addetti ai lavori, ma un compito collettivo che ci interpella tutti. Ognuno di noi può contribuire a creare una cultura del rispetto, a non tollerare la violenza in nessuna delle sue forme e a fornire supporto e comprensione a chi ne è stato vittima. È solo così, con un impegno condiviso e radicato nella consapevolezza della gravità del fenomeno, che potremo sperare di costruire una società più sicura e giusta per tutti.

Glossario:

  • ISTAT: Istituto Nazionale di Statistica, ente pubblico italiano responsabile della produzione e diffusione di statistiche ufficiali.
  • PTSD: Disturbo da Stress Post-Traumatico, disturbo psicologico che si sviluppa a seguito di un evento traumatico.
  • Protocollo Zeus: Progetto di rieducazione per uomini autori di violenza, volto a promuovere atteggiamenti non violenti.
  • EMDR: Eye Movement Desensitization and Reprocessing, terapia psicologica utilizzata per elaborare esperienze traumatiche.

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