- Tredici Pietro rivela il suo passato segnato da autolesionismo e uso di psicofarmaci.
- Nel 2023, l'autolesionismo tra i giovani è aumentato del 27% rispetto al pre-Covid.
- Il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani dai 15 ai 24 anni in Italia.
TESTO DA ELABORARE###
Il caso Tredici Pietro: una confessione che scuote il panorama artistico giovanile
Il mondo della musica giovanile italiana è stato recentemente scosso dalla confessione del rapper Tredici Pietro, figlio del celebre Gianni Morandi, il quale ha apertamente parlato del suo passato caratterizzato da autolesionismo e dall’uso di psicofarmaci. Questa rivelazione, emersa in concomitanza con l’uscita del suo nuovo album “Non guardare giù” nell’aprile del 2025, ha acceso un faro su una tematica delicata e complessa che affligge una parte significativa della popolazione giovanile, in particolare quella immersa nel contesto artistico.
Un arduo percorso di introspezione è stato intrapreso da Tredici Pietro. Lo racconta in “Non guardare giù”, l’album in release dal prossimo 4 aprile, sviluppato durante sessioni di scrittura in Umbria e composto da 13 tracce, tra cui tre brani già pubblicati: “verità”, “morire” con Nerissima Serpe, e “Serve amore” con Irbis. Al secolo Pietro Morandi, Tredici Pietro ha sempre amato mixare rap, trap e melodie più cantautorali con un approccio autentico e diretto. Ha nascosto a lungo un lato oscuro, che ha ora rivelato, snocciolando la cronaca di anni complicati, tra lotte interiori legate all’autolesionismo, un disagio psicologico che ha accompagnato la sua crescita, all’oscuro della famiglia, e l’uso di psicofarmaci.
«Non la cocaina, che in realtà non mi ha mai attratto, anche se la cito nel pezzo. E neppure le droghe in generale», ha precisato il cantante, chiarendo inoltre che si è trattato di un «mischione di psicofarmaci e medicinali».
Questa trasparenza, sebbene dolorosa, offre uno spunto cruciale per analizzare le dinamiche dell’autolesionismo tra i giovani artisti in Italia e le implicazioni più ampie per la loro salute mentale. La sua testimonianza, sebbene rilasciata a diversi mesi di distanza dall’uscita del disco, ha riacceso l’attenzione mediatica sul suo percorso e sulle sfide personali affrontate.
Il rapporto con il padre Gianni Morandi, spesso percepito come “un’ombra grossa”, ha contribuito a un senso di pressione legato alla ricerca di una propria identità artistica distinta. Tredici Pietro ha sottolineato la difficoltà di comunicare con figure genitoriali che hanno vissuto un’altra epoca, evidenziando un divario generazionale che può acutizzare il senso di isolamento e incomprensione.
La sua ricerca di un’autentica voce personale, lontana dai paragoni e dalle aspettative legate al suo cognome, lo ha spinto a intraprendere un percorso terapeutico, rivelatosi fondamentale per accettarsi e affrontare la sindrome dell’impostore. Questo percorso non solo sottolinea l’importanza del supporto professionale nella gestione del disagio, ma evidenzia anche come l’arte possa fungere da veicolo per l’espressione di difficoltà interiori, trasformando il dolore in creazione.
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L’autolesionismo come meccanismo di coping nel contesto artistico
L’autolesionismo, definito dalla Società Psicoanalitica Italiana come un “comportamento ripetitivo, solitamente non letale per severità né intento”, emerge come un meccanismo di coping estremamente doloroso e spesso incompreso. Nel caso di Tredici Pietro, come in molti altri giovani artisti, questo comportamento può essere interpretato come un tentativo di gestire emozioni intense, di esprimere un dolore interiore inesprimibile a parole, o di ritrovare un senso di controllo in situazioni percepite come soverchianti.
In questo contesto, l’autolesionismo può diventare una risposta disfunzionale al tentativo di gestire ansia, depressione e frustrazione. La cultura dell’“dio denaro” e l’incertezza sul futuro, come menzionato da Tredici Pietro, contribuiscono a un senso di depressione diffusa nel mondo contemporaneo, che si riflette in modo acuto sulle nuove generazioni.
La musica di Tredici Pietro, d’altronde, ha sempre avuto un aspetto di verità cruda. Nei brani del suo album si legge la riflessione sul disagio mentale, sulla difficoltà di trovare un equilibrio emotivo e sulla lotta quotidiana contro la depressione e l’ansia di vivere in un contesto dove tutto corre veloce. Come si evince da “Morire”: “Insicurezze mi hanno fatto fumare e prendere discese che poi sono risalite”, esplora le sue paure più profonde, rimarcando come la musica possa diventare un rifugio.
Progetti come “Dolore”, un’open call a Bologna per una performance sulla prevenzione dell’autolesionismo, e le iniziative del MAMbo per prevenire suicidio e autolesionismo tra giovani e adulti, dimostrano una crescente consapevolezza sulla necessità di intervenire attraverso l’arte e la formazione per affrontare queste problematiche. Anche l’uso del cortometraggio horror “STAY” per parlare di autolesionismo ai giovani, sostenuto da Regione e Comune di Bologna, evidenzia come l’espressione artistica possa essere utilizzata per sensibilizzare e informare in modo innovativo e accessibile.
Durata: 7 minuti
Regista: Luca Canali
Co-sceneggiatrice: Arianna Marfisa Bellini
Trama: Una ragazza scopre il suo dolore e fa i conti con l’autolesionismo in un contesto drammatico.
Intersezione tra arte, identità e salute mentale: la necessità di supporto
Le teorie psicologiche suggeriscono un forte legame tra l’autolesionismo, la disregolazione emotiva, e la ricerca di identità. Per i giovani artisti, questa ricerca è amplificata dalla pressione di distinguersi, di “trovare la propria voce” in un panorama saturo. Tredici Pietro ha rifiutato l’etichetta di “raccomandato”, sottolineando il suo desiderio di emergere con meriti propri, anche a costo di affrontare il fallimento.
Un’inchiesta di Marie Claire Italia del febbraio 2023 ha evidenziato l’ampiezza del fenomeno dell’autolesionismo tra le giovani generazioni. Il progetto “Stay” al MAMbo, con i suoi percorsi di formazione sulla prevenzione, rappresenta un esempio concreto di come le istituzioni culturali possano attivarsi per promuovere la salute mentale.
La storia del Rototom Sunsplash, festival che si è sentito “autolesionista” a causa di certe pressioni, richiama l’idea di come anche le realtà culturali possano soffrire di dinamiche che mettono a rischio la loro stessa sopravvivenza o benessere.
Oltre la superficie: comprendere e supportare il disagio giovanile
Il caso di Tredici Pietro è un promemoria potente di come il disagio giovanile e l’autolesionismo siano problematiche diffuse e complesse, che richiedono un approccio multifattoriale e una maggiore comprensione da parte della società. Ritornando all’aspetto psicologico, l’autolesionismo può essere visto come comportamento appreso, un tentativo di regolare emozioni difficili, ma che porta a un ciclo autodistruttivo a lungo termine.
- Disregolazione Emotiva
- Un’incapacità di gestire risposte emotive, comune tra individui che attuano comportamenti autolesivi.
La nozione avanzata in questo contesto riguarda il concetto di disregolazione emotiva, spesso presente in individui che attuano comportamenti autolesivi. L’esperienza artistica, pur offrendo un canale espressivo, può intensificare il vissuto emotivo e, in assenza di strategie di coping efficaci, spingere l’individuo a ricorrere a metodi più immediati, seppur dannosi.
È fondamentale che la società, in particolare le istituzioni educative e sanitarie, così come le comunità artistiche, si adoperino per creare ambienti più supportivi, dove la vulnerabilità possa essere espressa senza giudizio e dove l’accesso a cure e supporto psicologici sia facilitato. Sostenere la salute mentale dei giovani artisti significa non solo riconoscere la complessità delle loro sfide, ma anche investire in risorse che permettano loro di prosperare come individui sani e resilienti.
- Autolesionismo: comportamento che comporta danni auto-inflitti al corpo, spesso come modo per gestire emozioni intense.
- Disregolazione Emotiva: difficoltà nel riconoscere e gestire le proprie emozioni.
- Comportamento Suicidario: pensieri o atti volti a togliersi la vita.
L’arte, dopotutto, nella sua forma più autentica, dovrebbe essere uno strumento di liberazione, non di ulteriore sofferenza.
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