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Traumi sportivi infantili: come proteggere la salute mentale dei giovani calciatori

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  • Il corso di Pisa si focalizza sulle lesioni alla caviglia, problema che affligge il 70% dei calciatori.
  • Il Professor Castellacci, campione del mondo nel 2006, relatore all'evento.
  • Ex atleti hanno una prevalenza di ansia e depressione oltre il doppio della popolazione.

L’eccellenza ortopedica incontra la prevenzione dei traumi nel calcio: un’occasione a Pisa

A Pisa, il 3 e 4 ottobre, si terrà un evento di spicco nel panorama della medicina sportiva internazionale: un corso intensivo incentrato sui traumi del piede e della caviglia nel calciatore, diretto dal Professor Niek van Dijk. Considerato un’autorità indiscussa nell’artroscopia e nella chirurgia della caviglia a livello globale, il Professor van Dijk ha una storia consolidata di interventi su atleti di fama mondiale, ed è una figura ben nota alla Casa di Cura San Rossore, dove svolge regolarmente la sua attività.

L’iniziativa, organizzata dalla San Rossore Academy, un centro di formazione multidisciplinare all’avanguardia, mira a fornire un aggiornamento avanzato e un approfondimento completo su tutte le sfaccettature delle lesioni alla caviglia, un problema endemico nel mondo del calcio professionistico e amatoriale. Il corso, intitolato “Foot and ankle injuries in football: from A to Z”, è specificamente rivolto a una vasta platea di professionisti: ortopedici, podologi, fisioterapisti, medici sportivi e preparatori atletici. La presenza del corso nel programma nazionale ECM (Educazione Continua in Medicina) rimarca chiaramente l’importanza e la centralità di tale formazione nell’ambito dello sviluppo professionale nonché dell’aggiornamento continuo destinato agli operatori del settore sanitario. L’Avvocato Andrea Madonna, attuale CEO della Casa di Cura San Rossore, avrà l’onore di inaugurare i lavori del seminario; ciò riflette emblematicamente il sostanziale impegno profuso dal Gruppo Madonna nelle iniziative riguardanti investimenti dedicati alla ricerca scientifica e all’educazione medica.

Questa proposta formativa si colloca all’interno di un quadro strategico ben delineato che associa l’attività didattica al prestigioso San Rossore Sport Village; quest’ultimo rappresenta un’eccellenza nella cura nonché nella preparazione fisica degli atleti – inclusi quelli olimpici – facendo propri i valori intrinseci a tali pratiche. La collaborazione fra educazione teorico-pratica ed avanzamenti clinici costituisce dunque un approccio innovativo, fondamentale nell’affrontare efficacemente i traumi legati allo sport: elemento chiave per preservare sia la salute sia le performance a lungo termine degli atleti stessi.

La rosa dei relatori che accompagneranno il Professor van Dijk nei due giorni dell’evento è contraddistinta da un calibro elevatissimo; raccoglie nomi illustri appartenenti al panorama della medicina sportiva tanto a livello italiano quanto internazionale. In questo contesto si distingue il contributo illustre del Professor Enrico Castellacci, un’autorità nel ruolo di Responsabile Medico per la Nazionale Italiana di Calcio, celebrato Campione del Mondo nel 2006 ed attualmente Presidente della L. A. M. I. C. A. (Libera Associazione dei Medici Italiani del Calcio), un professionista dal valore esperienziale indiscusso.

Allo stesso modo, la prestigiosa competenza della Dr.ssa Giulia Favilli, riconosciuta a livello globale nella chirurgia dedicata al piede e alla caviglia, arricchirà l’assemblea con il suo approfondimento specialistico mirato; mentre il contributo fornito dal Dr. Alessandro Paolicchi, Responsabile presso il settore radiodiagnostico della Casa di Cura San Rossore, esperto nelle tecnologie diagnostiche per immagini, sarà fondamentale nell’evidenziare come i progressi delle moderne tecniche d’imaging siano essenziali nella valutazione dei traumi sportivi.

Concludendo questo ampio panel, rivediamo anche gli apporti significativi del Dr. Paolo Parchi, che opera come direttore presso l’interessante struttura ortopedico-traumatologica ospedaliera dell’azienda pisana, dove non mancheranno osservazioni dalla sfera scientifica accademicamente formata. Aggiungiamo infine che il Dottor Giovanni Santarelli, sfruttando le sue preziose conoscenze da presidente, selezionerà tipiche best practices, efficaci e proficue, per il trattamento nella riabilitazione sportiva. Ogni intervento mirerà non solo all’approfondimento ma anche al miglioramento pratico delle azioni relative alla cura degli atleti. Interverrà dal Lussemburgo il Dr. Pietro Spennacchio; egli è un chirurgo ortopedico specializzato nella cura del piede e della caviglia al Centre Hospitalier de Luxembourg e apporterà una prospettiva europea significativa al confronto. Dall’Olanda parteciperà anche il Professor Hans Tol che detiene l’incarico di Professore di Medicina dello Sport all’Università di Amsterdam; conosciuto per i suoi studi focalizzati su come prevenire e trattare lesioni muscolari o tendinee nelle gambe degli sportivi, contribuirà ulteriormente al dibattito con nuovi spunti scientifici.

Le sessioni operative si svolgeranno durante venerdì e sabato, trattando argomenti dal profondo valore pratico. La discussione sarà dedicata alla questione cruciale delle **bendature ai legamenti non banali nella distorsione alla caviglia, chiarendo che una distorsione semplice non esiste ed introducendo protocolli utili a riprendere l’attività agonistica in sicurezza. Saranno analizzate altresì le caratteristiche proprie delle distorsioni elevate, insieme alle misure da adottare per affrontare efficacemente l’instabilità** della stessa. Una riflessione approfondita metterà a confronto i limiti legati sia all’intervento chirurgico tradizionale sia alle tecniche artroscopiche disponibili attualmente, mostrando comunque vent’anni d’avanzamento nella terapia artroscopica rivolta alle problematiche relative alla caviglia. In questo contesto saranno affrontate sia le rotture acute del tendine di Achille, sia i disturbi da sovraccarico dei tendini, fenomeni comunemente riscontrabili nel mondo del calcio.

Si metterà un accento particolare sull’esame clinico della caviglia insieme a una questione fondamentale che concerne gli sportivi e i loro staff medici: quando è opportuno decidere riguardo al rientro in campo. A tal proposito verrà illustrato un modello avanzato che guida nelle scelte relative al ritorno alla competizione oltre ad approfondire le modalità attraverso cui l’approccio legato all’allenamento funzionale possa fornire sostegno.

Il Professor Niek van Dijk si distingue per la sua pluriennale esperienza nel settore; egli ha ideato innovative tecniche terapeutiche destinate alle condizioni patologiche collegate alla caviglia nonché al retro-piede e al tendine d’Achille stesso. La sua pratica è ormai riconosciuta globalmente poiché ha giovato anche a rinomati sportivi come Cristiano Ronaldo. Altri nomi illustri includono Joao Felix, Juan Carlos Navarro, Keylor Navas, Ruud van Nistelrooy, Pepe, Marcelo, David Luiz ed infine Marco van Basten tra molti altri professionisti colpiti da problemi alle articolazioni della caviglia. Squadre di Champions League del calibro di Real Madrid, Atletico Madrid, Manchester United, Arsenal, Milan, Juventus, AS Roma, FC Barcelona, FC Porto, SL Benfica e AJAX si affidano regolarmente alla sua consulenza in caso di infortuni complessi. Egli ha ricoperto per anni la presidenza di importanti organizzazioni nazionali e internazionali nel campo della traumatologia sportiva e della chirurgia della caviglia, ed è membro onorario di prestigiose società e associazioni internazionali, comprese quelle spagnola, italiana, portoghese, greca e tedesca di artroscopia e traumatologia sportiva. La sua dedizione alla formazione è testimoniata dal fatto di essere stato tutor di 55 dottorandi e dallo sviluppo di Ankleplatform, un sito web ad accesso libero che rende le sue tecniche disponibili ai chirurghi di tutto il mondo.

Recenti progressi nel trattamento delle lesioni alla caviglia: Recenti studi hanno dimostrato che i programmi di esercizi progressivi migliorano significativamente flessibilità, forza, resistenza, agilità e equilibrio nella regione della caviglia, particolarmente utili per gli atleti.

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Traumi infantili nello sport: un’ombra sulla salute mentale

In Italia, numerosi studi recenti rivolgono l’attenzione su quanto possa essere significativo l’impatto dei traumi infantili, ivi compresi quelli originati dall’ambito sportivo nella sfera della salute mentale sia per giovani sia per adulti. Sebbene il movimento fisico funzioni da fattore protettivo contro vari disturbi psichiatrici nell’infanzia e nell’adolescenza, è importante notare come possa divenire anche un terreno fertile per lo sviluppo di ferite sia corporee che psicologiche. Tali esperienze vengono frequentemente trascurate; tuttavia esse hanno il potenziale di imprimere una “firma” duratura, manifestandosi posteriormente con impatti notevoli. Le indagini più recenti evidenziano chiaramente come i traumi subiti durante l’infanzia possano alterare profondamente le risposte biologiche del sistema immunitario, aumentando così la predisposizione a malattie future. Inoltre, ci può essere un deterioramento delle capacità muscolari ed elevato rischio di mancata acquisizione dell’autonomia completa quando si diventa adulti. A ciò si aggiunge la questione dell’atmosfera competitiva che caratterizza molte pratiche sportive giovanili: pressioni incessanti, speranze elevate e scelte poco ponderate riguardo alla gestione delle lesioni possono contribuire a creare autentiche esperienze traumatiche.

L’esposizione a traumi di varia natura, in particolare durante l’infanzia, è un elemento cruciale per la comprensione dello sviluppo psicopatologico e del funzionamento complessivo del bambino. Le manifestazioni dirette di tali traumi includono disturbi comportamentali e affettivi, problemi di memoria e difficoltà scolastiche, come evidenziato in uno studio che analizza le conseguenze sullo sviluppo neuronale.

In un contesto di competizione, si stima che oltre il 70% degli atleti giovanili pospose un infortunio per paura di perdere la loro posizione.

Gli effetti a lungo termine dei traumi infantili si estendono ben oltre la semplice sfera fisica, ramificandosi in problemi relazionali in età adulta, dipendenze e gravi disturbi psicologici. È inoltre riconosciuto che l’impronta dei traumi può manifestarsi in modo meno evidente attraverso manifestazioni psicologiche più sottili ma ugualmente debilitanti.

L’attività sportiva, sebbene benefica, può rappresentare un terreno fertile per traumi psicologici quando la pressione supera le capacità di coping del bambino o dell’adolescente, oppure quando gli infortuni sono gestiti con superficialità, sia a livello medico che emotivo. In ambito calcistico, la competizione ad alta intensità, insieme all’difficile obiettivo di eccellere sempre, può dar vita a un contesto particolarmente carico di tensione. In tale scenario, non solo le ferite corporee necessitano di attenzione; vi è una sinergia profonda tra il trattamento delle lesioni fisiche e la cura del benessere emotivo e mentale. Il metodo medico sostenuto dal corso tenuto da van Dijk presso Pisa riveste un’importanza cruciale nella riparazione dei danni corporei; tuttavia, risulta imprescindibile approfondire anche l’aspetto psicologico con pari serietà.

Un’analisi sull’impatto dei problemi psicologici tra i calciatori che hanno lasciato il palcoscenico del professionismo: uno sguardo attento alle debolezze invisibili

L’esplorazione delle connessioni fra sperimentazioni infantili nello sport e il sorgere successivo delle difficoltà mentali negli adulti, specialmente per quanto riguarda gli ex calciatori professionisti, sta guadagnando crescente rilevanza nel panorama odierno della ricerca. Fin dai primissimi anni di carriera sportiva – avviata sovente durante l’infanzia – i giovani atleti si trovano immersi in contesti caratterizzati da elevati livelli competitivi ed enormi pressioni psicologiche. Attraverso le varie fasi formative nelle accademie calcistiche o nei settori giovanili dei club rinomati si impongono tensioni legate alla prestazione, alla glorificazione del trionfo così come alla persistente paura degli infortuni: tutte circostanze che operano quali potenziali fonti croniche di stress. Queste dinamiche si collocano all’interno delle teorie sulla psicologia comportamentale, connesse al modello della mente umana attraverso paradigmi relativistici del dolore psichico.

I segni distintivi derivanti da tali esperienze traumatiche tendono ad ancorarsi silenziosamente nel profondo dell’individuo; ben oltre il palcoscenico competitivo emergono quindi problematiche manifestantesi durante la vita adulta quali ansia generalizzata oppure episodi depressivi associabili ai disordini alimentari o addirittura all’abuso di sostanze. In tal senso rivestirà notevole importanza considerare come lo stress post-traumatico (PTSD) sia oggigiorno identificato come una malattia sempre più prevalente: il mondo scientifico ha cominciato a intavolare discussioni sul ruolo fondamentale che ricoprono le attività fisiche non solo nelle forme terapeutiche tradizionali bensì come metodologia complementare al processo risolutivo implicato nella guarigione dalle esperienze dannose passate, rivelando così un aspetto ambivalente dove ciò che potrebbe inizialmente danneggiare si trasforma poi strategicamente nell’elemento propulsore verso il recupero stesso.

La transizione dall’attività sportiva agonistica alla vita “normale” può essere un momento di particolare vulnerabilità per gli ex atleti. La perdita di un’identità profondamente radicata nel ruolo di “calciatore”, l’interruzione di routine rigorose e la mancanza di obiettivi immediati possono scatenare crisi esistenziali e psicologiche. In molti casi, gli infortuni subiti durante la carriera non solo limitano fisicamente l’individuo ma portano con sé anche un carico emotivo e psicologico significativo. La gestione inadeguata di questi infortuni, sia per un ritorno troppo precoce e forzato al gioco, sia per una mancanza di supporto psicologico durante la riabilitazione, può cronicizzare il trauma, trasformando un evento fisico in una cicatrice mentale duratura.

È imperativo che la medicina dello sport e la psicologia dello sport collaborino in modo più stretto per creare protocolli di supporto che accompagnino gli atleti non solo nel recupero fisico ma anche nel mantenimento del benessere mentale. La figura del Professor Niek van Dijk e l’organizzazione di corsi di alta specializzazione come quello di Pisa, rappresentano un primo passo per affrontare la complessità dei traumi fisici, ma è cruciale estendere questa consapevolezza anche alla dimensione psicologica, considerando che la salute mentale è una componente indissolubile della salute generale dell’atleta.

L’esigenza di una maggiore attenzione ai disturbi mentali negli ex calciatori professionisti è un campanello d’allarme che richiede un intervento multidisciplinare e una maggiore sensibilità da parte dell’intero sistema sportivo, dalle federazioni ai club, dagli allenatori ai medici.

Risultati recenti sulla salute mentale: Recenti ricerche indicano che gli ex atleti professionisti presentano una prevalenza di ansia e depressione che è oltre il doppio rispetto alla popolazione generale. Le differenze specifiche del settore sportivo possono influenzare l’incidenza di disturbi mentali. [Lancet Psychiatry].

Oltre la fisica: un appello all’attenzione per il benessere mentale nei giovani atleti

L’ambito sportivo, specificatamente quello calcistico, rappresenta una realtà intricata dove l’anelito verso performance elevate si confronta frequentemente con le limitazioni impostate dal corpo umano e dalla psiche. In tale contesto, l’innovativa opera chirurgica realizzata dal Professor Niek van Dijk riguardante il trattamento delle lesioni a livello del piede e della caviglia costituisce indubbiamente un significativo passo avanti nel campo medico. Tale intervento offre la possibilità di recuperare gli sportivi rapidamente; consente di estendere le loro carriere professionali e assicura loro un rientro nell’arena agonistica caratterizzato da livelli sempre superiori di benessere fisico. Ciononostante, durante i festeggiamenti per tali conquiste dell’ortopedia moderna non dobbiamo trascurare né minimizzare l’importanza cruciale della salute mentale, soprattutto tra i giovani atleti. Qui emerge la necessità impellente di affrontare questioni più ampie rispetto alla semplice dimensione somatica delle lesioni subite; occorre considerare aspetti cognitivi significativi come quelli sottolineati dalla psicologia cognitiva, secondo cui ciò che proviamo riguardo agli avvenimenti influenza direttamente non solo il nostro umore ma anche le nostre reazioni comportamentali. Nella vita di un promettente calciatore, l’evento di una lesione trascende il semplice aspetto fisico; rappresenta piuttosto la frattura dei propri ideali sportivi, una sfida all’identità personale e rischia di culminare in uno insuccesso. L’elaborazione cognitiva di tale trauma, le storie che emergono da questa esperienza e la qualità del supporto affettivo offerto possono risultare determinanti nel distinguere tra una ferita temporanea e quella cicatrice duratura che si può trasformare in dolore psicologico persistente.

Esplorando oltre i fondamenti tradizionali dell’argomento, risalta nella psicologia comportamentale l’importanza della teoria della coerenza emotiva. Quest’ultima ipotizza che vi sia un intreccio profondo tra emozioni, pensieri e comportamenti secondo schemi intrinsecamente complessi. Un trauma fisico trascurato sul piano emotivo può dare origine a risposte condizionate come ansia o paura ogni volta che il giovane atleta affronta situazioni analoghe a quelle vissute durante l’infortunio iniziale. Tale ciclo negativo non ostacola esclusivamente le prestazioni atletiche, ma influisce anche sulla serenità psichica globale dell’individuo.

La sola riabilitazione fisica, per quanto impeccabile, potrebbe non essere sufficiente a ristrutturare questi pattern emotivo-cognitivi negativi. Dobbiamo riflettere su come possiamo costruire un ambiente sportivo che non solo eccella nella cura delle lesioni fisiche, ma che sia anche psicologicamente resiliente. Significa investire in supporto psicologico per i giovani atleti fin dalle categorie giovanili, significa insegnare strategie di gestione dello stress e della pressione, significa promuovere una cultura che valorizzi non solo la vittoria ma anche il benessere integrale della persona.

L’obiettivo non è solo curare un ginocchio o una caviglia, ma salvaguardare la salute mentale di chi ha dedicato la propria infanzia e adolescenza allo sport, garantendo che i sogni di gloria non si trasformino, un giorno, in vuoti incolmabili o in battaglie silenziose contro disturbi invisibili.

Glossario:

  • PTSD: Disturbo da Stress Post-Traumatico; una condizione di salute mentale scatenata da un evento traumatico.
  • Infortunio: lesione fisica che può verificarsi durante l’attività sportiva.

Note

[1] Lancet Psychiatry 2023. I dati suggeriscono che gli ex atleti professionisti presentano una frequenza di ansia e depressione, stimata più che raddoppiata rispetto a quanto osservato nel resto della popolazione.


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