- Il 30% delle lesioni oculari globali sono legate allo sport.
- Occhiali protettivi prevengono il 90% delle lesioni oculari.
- Ogni anno, circa 430.000 persone si infortunano facendo sport.
- L'emdr aiuta a gestire l'ansia e la depressione post-trauma.
- L'emdr desensibilizza convinzioni negative, migliorando la performance.
- Un'amazzone ha superato il trauma grazie all'emdr.
L’universo dello sport è indubbiamente cruciale per la salute fisica e psicologica degli individui; tuttavia esso nasconde anche aspetti allarmanti riguardanti la sicurezza degli atleti. Uno dei problemi maggiormente trascurati è quello legato ai traumi oculari, i quali rivelano un quadro inquietante: secondo recentissime ricerche mediche il 30% delle lesioni oculari globalmente registrate dipende dall’attività sportiva svolta. Tale cifra diventa ancor più allarmante considerando quanto possa essere alta la percentuale delle lesioni potenzialmente prevenibili attraverso appropriate cautele adottabili. Le discipline sportive più rischiose dal punto di vista oculare comprendono quelle caratterizzate da proiettili veloci oppure dove vi è alto contatto corporeo; esempi emblematici includono non solo attività comuni come calcio e basket, ma anche numerosi altri sport sia collettivi sia individuali nei quali gli atleti possono subire urti da palloni e attrezzi vari, oltre a collisioni dirette con compagni d’attività.
Questi incidenti non vanno presunti innocui poiché possono dar luogo a danni ben più severi; in certi casi ciò può culminare addirittura in perdite irreversibili della vista, con ripercussioni devastanti su entrambe le esistenze quotidiane del soggetto colpito, tanto quanto sulle sue prospettive professionali nel campo atletico. La prevenzione, dunque, emerge come un elemento cruciale, non solo per salvaguardare la vista, ma anche per mitigare l’impatto psicologico devastante che tali infortuni possono generare.
Ogni anno, circa 430.000 persone si infortunano praticando un’attività sportiva, e 15.000 in modo grave. È fondamentale per gli atleti considerare non solo la prestazione, ma anche la loro salute oculare. Le lesioni oculari in sport come il calcio sono spesso causate da impatti diretti e scontri. L’uso di occhiali protettivi può prevenire fino al 90% delle lesioni. [Fonte: Barometro della sicurezza nello sport 2023]
Gli occhiali protettivi sportivi, benché spesso percepiti come un ostacolo o un vezzo estetico, rappresentano una barriera efficace ed essenziale. Essi sono progettati per resistere a impatti significativi e per proteggere l’occhio da frammenti, detriti o contatti diretti. Sport considerati a basso rischio, come il ciclismo, lo sci e le immersioni, talvolta mascherano comunque insidie che un’attenta valutazione e l’uso di protezioni specifiche potrebbero scongiurare, rendendoli “eye safe”. La consapevolezza dei rischi e l’adozione di comportamenti protettivi dovrebbero essere parte integrante della formazione di ogni atleta, fin dalle categorie giovanili, per instaurare una cultura della sicurezza che trascenda la mera ricerca della performance.
L’oscuro labirinto psicologico post-infortunio: Oltre il dolore fisico
L’infortunio severo trascende la mera classificazione come lesione fisica; si configura infatti come uno degli eventi più traumatici nella vita di uno sportivo. Le conseguenze sul piano psicologico superano notevolmente il semplice dolore fisico o i tempi necessari per tornare alla normalità; esse intaccano le basi stesse dell’identità personale e del benessere mentale generale. Particolarmente insidioso è il trauma oculare: questo può dar origine a reazioni emotive profonde ed estremamente durature. La preoccupazione associata alla possibilità concreta di una perdita della vista—anche solo parziale—produce stati d’ansia intensi insieme a sentimenti di paura e vulnerabilità autentici. Tale condizione si complica ulteriormente se si considera quanto l’atleta faccia affidamento sulla sua acutezza visiva sia nella prestazione atletica sia nell’immagine della sua identità professionale.
I sentimenti negativi correlati a un serio infortunio includono frustrazione intensa accanto all’aggravante rabbia derivante dalla percezione della perdita del controllo su sé stessi ed emozioni associabili all’impotenza; questi fattori agiscono da agenti corrosivi sull’autostima dello sportivo coinvolto nel processo evolutivo post-infortunio. Conseguentemente, tali emozioni avverse possono condurre verso modalità disfunzionali operative dentro alle relazioni sociali sino al rifiuto esplicito delle pratiche sportive precedentemente considerate fonti primarie non solo d’intrattenimento ma anche d’onore personale. La depressione da fallimento sportivo, l’ansia da prestazione e le difficoltà di concentrazione e attenzione diventano ostacoli insormontabili, capaci di minare la ripresa dell’allenamento e il ritorno alle competizioni. La memoria dell’infortunio, caratterizzata da immagini mentali disturbanti e vivide, e da sensazioni fisiche rievocate, può trasformarsi in un vero e proprio blocco, impedendo all’atleta di superare la paura e di riconquistare la fiducia nelle proprie capacità.
La resilienza psicologica diventa un fattore determinante per il superamento di queste sfide. Come sottolineato da esperti, l’infortunio sportivo, soprattutto se grave, richiede un processo di riabilitazione che non è solo fisico, ma anche e soprattutto mentale. L’atleta deve ricostruire non solo il corpo, ma anche la mente, riconquistando la motivazione, la fiducia e la capacità di gestire le emozioni invalidanti. Affrontare e superare il trauma significa anche imparare a fidarsi nuovamente del proprio corpo e delle proprie percezioni, a riconoscere i segnali di rischio senza farsi paralizzare dalla paura, e a rimettersi in gioco con una ritrovata consapevolezza. Il cammino verso il recupero è frequentemente caratterizzato da sfide significative e complessità. È evidente come sia indispensabile un supporto psicologico specifico, in grado di guidare l’atleta attraverso le varie fasi della riabilitazione: dalla gestione del dolore acuto e delle sensazioni di frustrazione fino al definitivo rientro nell’ambito agonistico.
- Articolo molto utile, finalmente si parla di EMDR......
- Non sono d'accordo sull'efficacia dell'EMDR in tutti......
- Ma se il problema fosse l'eccessiva competizione nello sport... 🤔...
L’EMDR come strategia di rielaborazione traumatica nell’atletismo
L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), un approccio terapeutico particolarmente valido nel trattamento del trauma psicologico, ha trovato consolidata applicazione nel campo delle tecniche psicoterapeutiche fin dalla sua creazione negli anni ’70 grazie a F. Shapiro. Questa metodologia innovativa impiega un processo di stimolazione bilaterale alternata: ciò può manifestarsi attraverso movimenti oculari saccadici oppure tramite pratiche quali il tamburellamento su diverse aree corporee o stimoli uditivi variabili. Lo scopo primario consiste nel facilitare la rielaborazione mnemonica associata agli eventi traumatici vissuti; in tal modo si mira a ottenere una diminuzione dei sintomi correlati all’esperienza traumatica, con conseguente miglioramento dell’ansia e della depressione del paziente stesso. È significativo sottolineare che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riconosce ufficialmente l’efficacia dell’EMDR nelle sue direttive relative al trattamento dei disturbi derivanti da esperienze estremamente traumatiche, quali abusi fisici e sessuali o situazioni conflittuali violente connesse a incidenti gravi e disturbi post-traumatici da stress (DPTS).
Un caso emblematico è quello di una giovane amazzone, diciassettenne, che ha subito una grave frattura del viso e un trauma cranico a seguito di una caduta durante una competizione di salto ostacoli. Attraverso cicli di EMDR, è stato possibile desensibilizzare la convinzione negativa “sono in pericolo” e “potevo fare qualcosa”, ripristinando una percezione “ecologica” del rischio. Questo ha permesso alla ragazza di riprendere l’attività agonistica e di aumentare la fiducia nelle proprie sensazioni.
Nel contesto sportivo, l’EMDR trova una sua specifica nicchia di applicazione. È impiegata con successo quando l’atleta si trova a dover fronteggiare traumi derivanti da infortuni fisici, elevato rischio intrinseco alla pratica del proprio sport, o emozioni invalidanti e disfunzionali come l’ansia da prestazione, la depressione da fallimento sportivo e le difficoltà di concentrazione. Non è sempre necessario che si sia verificato un infortunio per intervenire con l’EMDR. Spesso, le convinzioni mentali negative di un soggetto, anche a livello inconscio, condizionano in modo determinante la prestazione atletica. L’EMDR agisce sulle cognizioni negative, quelle formulazioni mentali autoriferite (ad esempio, “non posso sbagliare”, “sono un fallito”) che minano la fiducia e creano un circolo vizioso auto-confermante, capace di generare affaticamento mentale e abbattimento affettivo, talvolta portando all’abbandono dell’attività sportiva.
Attraverso la desensibilizzazione, l’EMDR contribuisce a sciogliere schemi emotivi disfunzionali che alimentano i fallimenti, a superare le sconfitte emotive legate al passato (anche infortuni o incidenti fisici), ad aumentare la capacità di rimanere ancorati al presente, migliorando focus e attenzione. Aiuta inoltre a gestire i fallimenti, impedendo che la loro memoria emotivamente traumatica persista nella mente dell’atleta e infici le prestazioni future. Un caso emblematico è quello di un golfista professionista che, afflitto da “black out” emotivi a seguito di errori tecnici, ha beneficiato dell’EMDR per lavorare sulle convinzioni “non posso sbagliare” e “sono un fallito”. La desensibilizzazione di un ricordo disturbante legato a una sgridata paterna post-gara ha permesso di ridurre significativamente il disappunto e la rabbia, rafforzando la convinzione positiva “ho fatto del mio meglio” e migliorando la resilienza dell’atleta verso le aspettative esterne e la gestione della frustrazione. Questi esempi dimostrano che l’EMDR non elimina la giusta percezione del pericolo o la comprensione degli errori, ma risolve il blocco emotivo che impedisce all’atleta di performare al meglio delle sue possibilità.
Percorsi di resilienza: Oltre la ferita fisica, la rinascita dell’atleta
La conclusione di questo approfondimento ci conduce a una riflessione essenziale: ogni evento che l’atleta percepisce come traumatico, indipendentemente dalla sua oggettiva gravità, costituisce un ostacolo significativo al raggiungimento dell’eccellenza nella performance. L’intervento psicologico, e in particolare tecniche come l’EMDR, svolgono un ruolo cruciale nel desensibilizzare e ridimensionare l’impatto emotivo di tali esperienze, creando le condizioni mentali e fisiche ottimali per permettere all’atleta di esprimere il suo massimo potenziale. Non si tratta semplicemente di “dimenticare” un evento doloroso, ma di rielaborarlo in modo costruttivo, integrando l’esperienza traumatica all’interno di un percorso di crescita e rafforzamento.
Un infortunio, soprattutto uno grave come un trauma oculare, innesca non solo un dolore fisico ma anche una profonda ferita psicologica che può minare l’immagine di sé e l’identità sportiva. L’atleta, abituato a una percezione di invulnerabilità e controllo, si trova improvvisamente di fronte alla propria fragilità. Questo scontro con la vulnerabilità può rivelarsi una potente leva per lo sviluppo di una resilienza più profonda, ma solo se adeguatamente supportato. La psicologia cognitiva ci insegna che il modo in cui percepiamo e interpretiamo gli eventi è più influente dell’evento stesso nel determinare la nostra risposta emotiva e comportamentale. Di fronte a un trauma, *le narrazioni interne che l’atleta costruisce, le sue convinzioni (spesso irrazionali) sul proprio valore e sulle proprie capacità, diventano il fulcro del suo disagio*. Attraverso un processo di ristrutturazione cognitiva, l’atleta può imparare a sfidare e modificare queste narrazioni disfunzionali, sostituendole con convinzioni più realistiche e potenzianti, ad esempio trasformando “sono un fallito” in “ho imparato da quest’esperienza e posso fare del mio meglio la prossima volta”.
A un livello più avanzato di psicologia comportamentale, si comprende come le risposte emotive e fisiologiche condizionate a un evento traumatico (ad esempio, l’attivazione dell’ansia o la rabbia in situazioni simili a quella dell’infortunio) possano essere decondizionate. Tecniche come l’esposizione graduale e l’elaborazione somatica permettono all’atleta di confrontarsi con i ricordi e le sensazioni associate al trauma in un ambiente sicuro e controllato, riducendo progressivamente la loro intensità emotiva e ripristinando un senso di controllo. Questo non si limita a un ritorno alle prestazioni precedenti, ma può innescare una vera e propria rinascita, un miglioramento della performance e della consapevolezza di sé che va oltre il mero recupero funzionale. La persona non è più solo l’atleta, ma un individuo arricchito dall’esperienza, capace di gestire le sfide con maggiore saggezza e consapevolezza. Pensare alla riabilitazione psicologica come a una mera “riparazione” sarebbe riduttivo; è, piuttosto, un’opportunità di rifondazione del proprio rapporto con lo sport, con il corpo e con se stessi, forgiando una versione più forte e consapevole dell’atleta e dell’individuo. La rielaborazione del trauma non cancella l’evento, ma ne modifica il significato emotivo, trasformando una cicatrice dolorosa in un segno di forza e resilienza.
- EMDR: Eye Movement Desensitization and Reprocessing, una tecnica psicoterapeutica per rielaborare eventi traumatici.
- DPTS: Disturbo Post-Traumatico da Stress, una condizione psicologica che può svilupparsi dopo aver vissuto eventi traumatici.
- PTSD: Post-Traumatic Stress Disorder, acronimo inglese per il disturbo post-traumatico da stress.
- Dati sugli infortuni sportivi, inclusi i traumi, dal barometro della sicurezza.
- Approfondimento sulla protezione degli occhi durante lo sport, con dati e consigli.
- Informazioni sulla prevenzione dei traumi oculari con occhiali protettivi sportivi.
- Standard occhiali sportivi: ANSI Z87.1, ASTM F803, CSA Z94.3, EN 166 e ISO 12311.