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Traumi infantili e dolore cronico: come l’epigenetica influenza la tua salute?

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  • Traumi infantili aumentano del 45% il rischio di dolore cronico.
  • L'abuso fisico è un indicatore decisivo per la persistenza del dolore e l'invalidità.
  • La metilazione del DNA può cambiare con dipendenza e stress.

Un’indagine completa ha messo in luce una relazione indiscutibile fra le esperienze traumatiche affrontate durante la fanciullezza—come gli abusi fisici e sessuali, oltre alle sofferenze psicologiche o alla trascuratezza—e un incremento sostanziale nel rischio di sviluppare dolore cronico assieme a disabilità associate nell’età adulta. Questa connessione era stata anticipata da lavori precedenti, ma ora trova conferma grazie a una revisione sistematica che comprende ben 85 studi e include anche una metanalisi su 57 lavori scientifici pubblicata sul _European Journal of Psychotraumatology_.

I risultati provenienti da questo ampio studio risultano inquietanti: coloro che hanno subito qualunque tipo di trauma infantile—tra cui violenza fisica o emotiva e abbandono—hanno il 45% di possibilità in più rispetto agli altri soggetti nello sviluppo della sofferenza cronica in età adulta. È opportuno notare che **l’abuso fisico durante l’infanzia si configura come un indicatore decisivo non soltanto per la persistenza del dolore, ma altresì per eventuali forme di invalidità conseguenti**. La gravità del rischio aumenta proporzionalmente al numero di esperienze avverse dirette sperimentate in giovane età, sia singolarmente che in combinazione con esperienze indirette. Questo evidenzia una chiara relazione dose-risposta tra l’intensità del trauma infantile e la probabilità di sviluppare dolore cronico successivamente.
La natura di questi traumi è varia e complessa, ma il loro impatto sulla salute a lungo termine è innegabile. Si parla di un impatto che va oltre la semplice sofferenza psicologica, estendendosi a manifestazioni fisiche debilitanti. La depressione, per esempio, mostra una resistenza ai trattamenti che è stata collegata al trauma infantile, suggerendo che le radici del disagio possono essere molto più profonde di quanto si pensasse. Allo stesso modo, il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) è stato identificato come un antecedente della fibromialgia, una condizione caratterizzata da dolore cronico diffuso.

«Il dolore cronico associato a condizioni come la fibromialgia demanda a una risposta amplificata agli stimoli dolorosi, che può riflettere danni provocati da esperienze traumatiche infantili». [MenteSociale]

Questi collegamenti sottolineano la necessità di un approccio olistico alla salute, che tenga conto delle esperienze passate e del loro impatto duraturo sul benessere complessivo dell’individuo.

Epigenetica: la trasmissione del trauma e del dolore attraverso le generazioni

Un campo di ricerca rivoluzionario, l’epigenetica, sta gettando nuova luce sulla trasmissione del trauma e delle sue conseguenze, inclusa la propensione al dolore cronico, attraverso le generazioni. Questa disciplina studia i meccanismi molecolari attraverso i quali l’ambiente può influenzare l’espressione genica senza alterare le sequenze di DNA preesistenti. Ciò significa che le esperienze vissute da un individuo, come traumi o stress prolungato, possono lasciare un “marchio” biologico che viene ereditato dalla prole, plasmando la sua vulnerabilità a condizioni psicologiche e fisiche.

Diversi studi hanno dimostrato che il trauma psicologico induce cambiamenti epigenetici che influenzano a breve e lungo termine la funzione neuronale, la plasticità cerebrale e gli adattamenti comportamentali agli stress psicologici.

“I cambiamenti epigenetici consistono in processi biochimici come la metilazione del DNA e l’acetilazione degli istoni, i quali possono subire cambiamenti rilevanti in risposta agli stress ambientali.[FCP]

In particolare, è stato osservato che la metilazione del DNA, un meccanismo stabile ma malleabile, può essere sensibile all’ambiente, con profili che cambiano in risposta a fattori come dipendenza, stress (soprattutto in giovane età) e malattie neurodegenerative.

La ricerca su modelli animali ha fornito prove convincenti di questa trasmissione transgenerazionale del trauma. Ad esempio, topi esposti a stimoli traumatici hanno avuto prole che ha mostrato segni di ansia e una minore reattività agli ormoni dello stress, anche senza aver sperimentato direttamente l’evento traumatico. Questi cambiamenti sono stati correlati a modifiche epigenetiche specifiche. Allo stesso modo, è emerso che i figli di soldati prigionieri di guerra durante la Guerra di Secessione avevano una probabilità maggiore di morire giovani rispetto ai figli di soldati non prigionieri, suggerendo un impatto epigenetico sulla longevità.

Nel contesto umano, studi sui figli di sopravvissuti all’Olocausto, veterani di guerra e genitori affetti da PTSD, hanno rivelato una marcata vulnerabilità allo stress anche in assenza di esperienze traumatiche dirette. Questi individui mostrano una tendenza a sviluppare sintomi psicopatologici come depressione, disturbi d’ansia e dolore cronico, suggerendo che abbiano in qualche modo “assorbito” il trauma non elaborato dei loro genitori.

“Le esperienze traumatiche vissute dai genitori potrebbero tradursi in alterazioni epigenetiche nei figli, esacerbando la loro vulnerabilità.” [State of Mind]

La “sindrome del sopravvissuto”, identificata nelle generazioni successive all’Olocausto, include sintomi affettivi negativi come sfiducia generale, dolore cronico e ansia da separazione.

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Implicazioni e nuove frontiere di cura

Un approfondito studio sui complessi meccanismi epigenetici insieme alla fenomenologia della trasmissione intergenerazionale del trauma propone innovativi approcci verso la gestione clinica della sofferenza persistente causata dal dolore cronico. Le lacune nelle attuali metodologie terapeutiche possono essere parzialmente spiegate dalla scarsità di conoscenze circa i processi biologici implicati. Evidenziare l’importanza delle modificazioni epigenetiche nella genesi nonché nel persistere del disagio fisico rappresenta una promettente opportunità nello sviluppo di strategie d’intervento più precise ed efficaci.

Il malessere legato al dolore cronico coinvolge un numero considerevole di individui comportando conseguenze economiche e sociali gravose. Questa condizione si distingue per un’_ipersensibilità nocicettiva duratura_, rivelando trasformazioni prolungate all’interno del sistema nervoso centrale; fra queste emergono le dinamiche legate alla corteccia prefrontale (PFC), fondamentale nell’elaborazione delle informazioni sensoriali così come nelle risposte cognitive ed emotive accompagnate da controlli inibitori discendenti. Si segnala come i fattori epigenetici – responsabili della modulazione dell’attività genetica senza modifiche nella sequenza dell’DNA – siano intimamente collegati a tali adattamenti necessari durante il passaggio dalla fase acuta al quadro cronicizzato del dolore. La metilazione del DNA, le modificazioni degli istone e i microRNA sono processi epigenetici che possono incrementare o sopprimere la trascrizione genica e sono influenzati dall’ambiente, comprese le esperienze traumatiche infantili.

La buona notizia è che la plasticità epigenetica implica che le modifiche all’epigenoma possono “resettarsi” quando le avversità ambientali non sono più presenti o quando si sviluppano meccanismi alternativi per affrontare le sfide ambientali. Questo concetto è intrinsecamente legato alla resilienza, la capacità di adattarsi e riprendersi di fronte a traumi e avversità. Strategie terapeutiche che mirano ai meccanismi epigenetici mostrano risultati promettenti, come dimostrato dall’impatto degli inibitori dell’HDAC (istone deacetilasi) sull’espressione di geni chiave nel sistema oppioide endogeno, uno dei principali bersagli della terapia del dolore.

L’adozione di approcci come la _Trauma-Focused Acceptance and Commitment Therapy (ACT)_ e l’EMDR (_Eye Movement Desensitization and Reprocessing_) sta guadagnando terreno. L’approccio della Trauma-Focused ACT si fonda su una pratica intrinsecamente _compassionevole_, mirata all’_esposizione_, rivelandosi un metodo efficace per trattare le esperienze traumatiche. D’altro canto, l’EMDR ha guadagnato riconoscimenti significativi grazie alla sua efficacia nell’affrontare la trasmissione transgenerazionale del trauma. Esso non si limita a esplorare le vicende personali vissute direttamente dagli individui; va oltre includendo quelle trasmesse attraverso le narrazioni familiari e i segni epigenetici ereditati. Inoltre, gli investimenti nel campo dell’intelligenza artificiale, specialmente nelle applicazioni relative all’analisi dei dati e al machine learning, potrebbero dare origine a terapie su misura contro il dolore cronico, promuovendo così innovazioni terapeutiche significative.

Verso un approccio integrato alla salute: la psicoterapia e la neuroplasticità

L’evoluzione delle scienze mediche, in particolare in campi come la psicobiologia e la neuroscienza, sta convergendo verso un approccio sempre più integrato alla salute, in cui la psiche e il soma sono visti come componenti di un sistema unitario e interconnesso. La comprensione del ruolo dell’epigenetica nella trasmissione del trauma e nella genesi del dolore cronico mette in luce l’urgenza di considerare l’individuo nella sua totalità, tenendo conto delle sue esperienze passate, del suo patrimonio genetico e dell’ambiente in cui vive.

Una nozione fondamentale della psicologia, che si rafforza con queste scoperte, è che **le esperienze, specialmente quelle vissute nelle fasi precoci dello sviluppo, non si limitano a modellare la nostra personalità o i nostri schemi di pensiero, ma lasciano impronte biologiche profonde**.

“Le esperienze traumatiche possono diventare una memoria biologica, influenzando il nostro modo di rispondere agli stress futuri. ” [State of Mind]

Il cervello, infatti, è un organo straordinariamente plastico, capace di modificarsi e riorganizzarsi in risposta alle esperienze. Questo fenomeno, noto come neuroplasticità, significa che le connessioni neurali possono rafforzarsi o indebolirsi, e nuove sinapsi possono formarsi, influenzando il modo in cui percepiamo il mondo e rispondiamo allo stress. In coloro che hanno subito traumi infantili, questa plasticità può portare a circuiti neurali che amplificano la percezione del dolore o la vulnerabilità allo stress, anche in assenza di minacce immediate.

A un livello più avanzato, la psicoterapia moderna, in particolare quella che incoraggia l’esplorazione dei vissuti e dei significate personali, potrebbe trovare nel cambiamento epigenetico il fulcro della sua efficacia. Non si tratta solo di “parlare” dei propri problemi o di acquisire nuove strategie comportamentali, ma di innescare processi di rimodulazione dell’espressione genica che possono letteralmente riprogrammare la risposta del corpo e della mente allo stress e al dolore. Questo non è un processo lineare o semplice, ma un percorso personale in cui le capacità innate di resilienza possono essere attivate e potenziate. Proprio come i traumi possono essere trasmessi di generazione in generazione, così può esserlo anche la capacità di fronteggiare e superare il trauma, sviluppando meccanismi di resilienza che le generazioni future potranno ereditare e affinare. Riflettere su quanto le nostre esperienze e quelle dei nostri antenati possano influenzare il nostro benessere attuale può essere un passo potente per comprendere noi stessi e, in ultima analisi, per intraprendere un percorso di guarigione e resilienza.

Glossario:
  • Epigenetica: campo di ricerca che studia i fattori ambientali che influenzano l’espressione genica senza alterare il DNA.
  • PTSD: disturbo da stress post-traumatico, una condizione che può verificarsi dopo aver vissuto un evento traumatico.
  • Fibromialgia: sindrome caratterizzata da dolore muscolare diffuso e affaticamento.
  • Neuroplasticità: capacità del cervello di riorganizzarsi e modificarsi in risposta alle esperienze.

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