Trauma e inconscio: quando la psicoanalisi incontra le neuroscienze

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  • Il trauma cambia le reazioni emotive con dissociazione e alessitimia.
  • In guerra, bambini mostrano alterata capacità di riconoscere emozioni facciali.
  • La teoria polivagale di Stephen Porges (2014) evidenzia l'importanza del sistema vagale.

Il trauma oltre la coscienza: esplorando le difese inconsce

L’attuale confronto nel settore della salute mentale continua a espandersi attraverso l’interazione fra diverse aree disciplinari. Un tema particolarmente fecondo riguarda lo studio delle intricate connessioni tra psicoanalisi e neuroscienze; ciò avviene con specifica attenzione al trauma psichico e alle sue strategie difensive. Questo scambio interdisciplinare trova conferma nelle indagini condotte da un notevole gruppo di ricerca italiano ed è dedicato a esplorare gli effetti delle esperienze traumatiche sfavorevoli. Attraverso questa lente innovativa, i principi consolidati vengono reinterpretati in una prospettiva più ampia e integrata. Si pone particolare enfasi sulla dimensione frequentemente inconscia dei meccanismi protettivi, esaminando il loro ruolo nell’affrontare lo stress così come le emozioni negative al fine di preservare uno stato psicologico stabile dinanzi a eventi che potrebbero risultare catastrofici.

La nozione stessa di trauma ha evoluto il proprio significato: non viene più considerata esclusivamente sotto l’ottica dell’esperienza consapevole ma abbraccia anche le reazioni impulsive quasi automatiche che emergono dalla sfera psicologica. Queste risposte, spesso radicate in esperienze precoci e ripetute, possono plasmare l’organizzazione delle strutture cerebrali e la formazione della personalità. La ricerca ha ad esempio analizzato il caso di bambini e adolescenti vittime di maltrattamenti in contesti di guerra civile, dove l’errata categorizzazione delle espressioni facciali e un’interpretazione sbilanciata verso emozioni negative hanno sollevato interrogativi cruciali. Questo dato neuroscientifico ha innescato una profonda riflessione sui meccanismi di difesa attivati come risposta al trauma, spingendo a considerare la loro funzione sia adattiva che disadattiva.

Meccanismi di difesa e trauma psichico: Il trauma psicologico cambia profondamente le reazioni emotive, come evidenziato dai meccanismi difensivi di dissociazione e alessitimia. Questi meccanismi presentano una funzione protettiva, ma possono diventare patologici.

La prospettiva di un pluralismo esplicativo è ormai ampiamente accettata: le scoperte delle neuroscienze e le teorie psicoanalitiche possono coesistere, offrendo spiegazioni valide su piani differenti. Non possiamo semplificare la psicoanalisi considerandola esclusivamente come una questione di funzioni cerebrali; occorre piuttosto amalgamare diverse aree del sapere al fine di afferrare appieno l’intricato mosaico dell’esperienza umana. Le difese corporee disfunzionali, sebbene possano essere misurate da un punto di vista neurofisiologico, mostrano la propria incompletezza senza una profonda indagine psicoanalitica dell’esperienza soggettiva del trauma. Un tale approccio multidisciplinare si rivela essenziale nella creazione di piani terapeutici capaci non solo d’indirizzarsi ai segni esteriori della sofferenza, ma anche d’esplorare le radici più oscure e intricate delle afflizioni emotive. Inoltre, è cruciale considerare i resti esperienziali precoci che possiedono il potere di alimentare fattori protettivi; ciò facilita un passaggio verso trasformazioni significative all’interno della cornice relazionale positiva e curativa.

L’intersezione tra psicoanalisi e neuroscienze nel caso del trauma

La relazione tra psicoanalisi e neuroscienze costituisce un campo d’indagine intrigante per quanto riguarda l’assimilazione del trauma, particolarmente con riferimento alle difese inconsce. Tra gli elementi salienti emersi da ricerche recenti c’è il contrasto fra le esperienze traumatiche vissute dai soggetti e la loro successiva elaborazione su un piano consapevole. Si è osservato che nei contesti caratterizzati da guerre civili, i bambini e i giovani esposti a situazioni violente mostrano una capacità alterata di riconoscere e interpretare le emozioni facciali, indirizzando maggiormente il proprio giudizio verso aspetti negativi; tutto ciò avviene nonostante non abbiano pienamente realizzato l’emozione legata al proprio trauma. Questa osservazione ha spinto a riflessioni approfondite sul modo in cui l’individuo mette in atto meccanismi protettivi contro contenuti ansiogeni o insopportabili.

I meccanismi difensivi – concetti fondamentali nella teoria psicoanalitica fin dagli scritti di Sigmund Freud e ulteriormente esplorati da autori quali Anna Freud, Melanie Klein e Otto Kernberg – si configurano come strategie psicologiche spesso inconsce, destinate a salvaguardare l’individuo dai conflitti interiori, dalle paure e dalle minacce percepite provenienti tanto dall’interno quanto dall’esterno dell’io. Sono essenziali per la gestione dello stress e delle emozioni negative, un vero e proprio “scudo” per l’Io. È cruciale distinguerli dalle strategie di coping, che sono invece azioni consapevoli e orientate alla risoluzione di problemi esterni. Mentre la rimozione esclude pensieri e desideri disturbanti dalla coscienza (es. non ricordare dettagli cruciali di un trauma), la negazione rifiuta la realtà di una situazione spiacevole (es. negare una diagnosi grave). La dissociazione, un meccanismo più primario, permette di separare esperienze o emozioni estreme dalla consapevolezza, potendo manifestarsi come una risposta deficitaria o aggressiva di fronte a un oggetto che attiva un’angoscia di annichilimento del Sé. Questo meccanismo, insieme all’identificazione con l’aggressore – una forma di imitazione primitiva e automatica in situazioni di pericolo estremo, teorizzata da Ferenczi come “confusione delle lingue” – consente una forma di sopravvivenza psichica in condizioni di abuso. Le neuroscienze giocano un ruolo fondamentale nel delineare questo contesto, fornendo elementi utili per comprendere il substrato fisiologico di tali difese. Un caso emblematico si trova nella connessione esistente tra dissociazione e attività cerebrale: evidenze provenienti da ricerche su traumi infantili persistenti, come abusi o negligenza affettiva, rivelano che la plasticità neuronale riesce ad adattarsi in modo tragico agli eventi violenti. Questo processo contribuisce così alla formazione di strategie di sopravvivenza attuate sotto condizioni straordinarie di stress. [Il Sole 24 Ore]

Brain health illustration

Implicazioni cliniche e prospettive future

Il modello integrato relativo al trauma, che combina le intuizioni derivanti dalla psicoanalisi con quelle fornite dalle neuroscienze, si rivela particolarmente illuminante nel contesto della pratica clinica. Comprendere l’importanza delle difese inconsce risulta essenziale per individuare i fattori legati alla vulnerabilità e alla resilienza in Analizzando questo aspetto, si comprende come la stanza d’analisi, oltre a rappresentare uno spazio per il dialogo terapeutico, possa rivelarsi una dimensione capace di favorire veri e propri cambiamenti. È fondamentale riconoscere che anche il corpo dell’analista esercita una sua influenza all’interno della situazione analitica. La ricerca sulla teoria polivagale, elaborata da Stephen Porges nel 2014, mette in evidenza quanto sia necessario focalizzarsi sulla dinamica del sistema vagale presente nell’analista stesso durante le sedute terapeutiche. L’attivazione del nervo vago ventrale non solo promuove stati di calma ma facilita anche una predisposizione all’apertura verso il paziente; elementi imprescindibili per garantire un holding adeguato. Senza tali condizioni si corre il rischio di incorrere in disconoscimenti dell’ansia, potenzialmente dannosi e capaci di portare a ulteriori traumi.

Recenti indagini condotte nel settore delle neuroscienze hanno esaminato nuove tecniche terapeutiche innovative come il Deep Brain Reorienting (DBR), mirate ad armonizzare le evidenze scientifiche con pratiche psicoterapeutiche tradizionali. I risultati preliminari mostrano miglioramenti notevoli nei sintomi dei soggetti affetti da Disturbo da Stress Post-Traumatico. [Kearney et al., 2023]

Nuove Terapie: Il DBR rappresenta un approccio promettente che integra la neurobiologia nella psicoterapia, potenziando la capacità di elaborare traumi psicologici attraverso interventi mirati ai processi sottocorticali.

Le neuroscienze, in tal senso, hanno obbligato a riconsiderare il modello fisiologico della mente e a riconoscere l’importanza del neurosviluppo per la sua strutturazione. L’obiettivo a lungo termine è di proseguire questo dialogo e confronto pluralistico, mantenendo ferma la specificità della psicoanalisi non solo come approccio terapeutico, ma anche come metodo di conoscenza profonda. Si intende stimolare una riflessione continua su concetti cardine – come quello di affetto e emozione, spesso assimilati erroneamente nel lessico comune – per promuovere una terminologia più precisa e un’integrazione concettuale che superi gli “iato epistemologici” ancora presenti tra i diversi linguaggi delle scienze della mente.

Oltre gli scudi invisibili: la comprensione profonda del sé

La comprensione di come ciascuno di noi, inconsapevolmente, eriga dei “muri” emotivi, noti come meccanismi di difesa, è un passo fondamentale verso la consapevolezza di sé. Ogni persona attraversa esperienze dolorose e angoscianti, e la psiche, per proteggere quell’Io vulnerabile che ci definisce, attiva questi processi mentali, spesso al di fuori della nostra coscienza. Questi scudi invisibili ci aiutano a gestire lo stress e a filtrare le emozioni negative, garantendo un equilibrio che ci permette di affrontare la quotidianità. Riconoscere questa dinamica, comprendere che la mente cerca di proteggerci distorcendo o reprimendo la realtà per renderla più tollerabile, è il primo passo per un percorso di crescita personale.

In un’ottica più avanzata, è affascinante osservare come il nostro sistema nervoso autonomo, con le sue ramificazioni vagali, sia profondamente coinvolto in queste dinamiche difensive, specialmente in relazione al trauma. La teoria polivagale ci insegna che non è solo che pensiamo o ricordiamo consciamente a definire la nostra risposta al trauma, ma anche il modo in cui il nostro corpo si regola autonomamente per sopravvivere. La “dissociazione”, ad esempio, non è solo una strategia mentale per allontanare emozioni insopportabili, ma trova riscontro anche in risposte fisiologiche che “spengono” la percezione del dolore o del pericolo. Comprendere questa connessione profonda tra mente e corpo, tra meccanismi inconsci e reazioni fisiologiche, ci spinge a riflettere sulla complessità della nostra esperienza e sulla resilienza intrinseca dell’essere umano. Forse, la vera crescita non sta nell’eliminare queste difese, ma nell’imparare a usarle in modo più flessibile e consapevole, trasformando ciò che una volta era una reazione automatica in uno strumento per una maggiore autenticità e benessere.

Glossario:

  • Trauma Psichico: evento che minaccia l’integrità psicologica dell’individuo, causando risposte emotive e comportamentali disfunzionali.
  • Dissociazione: meccanismo di difesa che consente di isolare esperienze traumatiche dalla coscienza.
  • Alessitimia: difficoltà a riconoscere e verbalizzare le emozioni, che può essere una risposta traumatica.
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