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Trauma e Doc: una scoperta rivoluzionaria cambia l’approccio terapeutico

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  • Il 40% dei sopravvissuti a traumi ha sviluppato sintomi di doc.
  • Il 24% dei sopravvissuti ha manifestato sintomi ossessivo-compulsivi mai avuti prima.
  • Trauma infantile aumenta il rischio di doc in età adulta.

Gli eventi traumatici, per la loro intrinseca capacità di scuotere le fondamenta della percezione individuale di sicurezza e controllo, possono generare una miriade di risposte psicologiche. Tradizionalmente, la ricerca si è concentrata sul disturbo post-traumatico da stress (PTSD) come la conseguenza più diretta e universalmente riconosciuta di un trauma grave. Tuttavia, una recente indagine condotta in Israele ha aperto nuovi orizzonti nella comprensione delle ramificazioni psicologiche dei traumi, dimostrando per la prima volta un nesso causale diretto tra esperienze traumatiche specifiche e l’insorgenza del disturbo ossessivo-compulsivo (DOC).

Questo studio, emerso in seguito ai tragici attacchi del 7 ottobre 2023 nei kibbutz israeliani, ha offerto un contesto unico per una ricerca senza precedenti. Il team di studiosi del Professor Eyal Kalanthroff dell’Università Ebraica di Gerusalemme e della Professoressa Helen Blair Simpson della Columbia University ha monitorato 132 adulti israeliani per un periodo compreso tra i quattro e i sei mesi successivi agli attacchi. I risultati, pubblicati su Psychotherapy and Psychosomatics, rivelano dati significativi: il 40% dei sopravvissuti direttamente esposti alla violenza ha sviluppato sintomi compatibili con il DOC, una percentuale drasticamente superiore rispetto al 7% riscontrato nel gruppo di controllo, costituito da israeliani residenti in aree non colpite.

Studio di approfondimento:
Ricercatori: Eyal Kalanthroff, Helen Blair Simpson
Pubblicazione: Psychotherapy and Psychosomatics
Data: 2023

Ancora più sorprendente è il dato che **il 24% dell’intero campione di sopravvissuti ha manifestato sintomi ossessivo-compulsivi completamente nuovi, mai presenti prima dell’evento traumatico**. Nel gruppo di controllo, questa percentuale si attestava al di sotto del 2%. Questa evidenza è rivoluzionaria, poiché traccia una chiara linea causale tra un trauma acuto e l’emergere di un disturbo ossessivo-compulsivo de novo. Le manifestazioni più comuni tra i sopravvissuti includevano il controllo compulsivo, come la verifica ripetuta di serrature, finestre e sistemi di sicurezza. Questo comportamento è interpretato come un tentativo disperato del cervello di ricostruire un senso di controllo dopo aver sperimentato una vulnerabilità totale, quasi come se l’evento traumatico avesse alterato il “termostato” mentale che regola l’ansia e la percezione del pericolo.

La ricerca ha altresì evidenziato che l’intensità dei sintomi del PTSD era un predittore diretto della gravità delle manifestazioni ossessivo-compulsive. Ciò suggerisce una complessa interrelazione tra queste due condizioni, una scoperta che l’IPSICO ha definito “rivoluzionaria per la comprensione di entrambi i disturbi”. Questo studio non solo documenta le devastanti conseguenze psicologiche di una violenza indiscriminata, ma apre anche la strada a una comprensione più olistica dei disturbi correlati al trauma, sottolineando la necessità di integrare l’approccio terapeutico al PTSD con l’attenzione ai sintomi del DOC.

DOC ed epigenetica: l’influenza dell’ambiente sull’espressione genica

Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è una condizione neuropsichiatrica con un’eziologia riconosciuta come multifattoriale, che coinvolge una complessa interazione di fattori genetici, neurobiologici, psicologici e immunologici. I pensieri intrusivi (ossessioni) e i comportamenti ripetitivi (compulsioni) che caratterizzano il DOC affliggono circa il 2-2,5% della popolazione generale, posizionandosi tra i disturbi psichici più diffusi a livello globale. Sebbene in una leggera prevalenza negli uomini, quasi la metà dei casi esordisce in età infantile, e la persistenza dei sintomi oltre la pubertà rende rara una remissione spontanea.

Glossario:
  • DOC: Disturbo Ossessivo-Compulsivo.
  • PTSD: Disturbo Post-Traumatico da Stress.
  • Eziologia: Studio delle cause di una malattia.

Le prime ipotesi genetiche risalgono agli anni ’30, supportate da studi sulla familiarità che hanno rivelato un rischio per i parenti di primo grado oscillante tra il 10% e il 20%. Studi sui gemelli, confrontando monozigoti ed eterozigoti, hanno rafforzato questa tesi, mostrando una concordanza più alta per il DOC nei gemelli con identico patrimonio genetico. Un’associazione interessante si osserva con la sindrome di Tourette, suggerendo che i due disturbi possano condividere alterazioni genetiche comuni, dato che circa il 50% dei soggetti con Tourette presenta DOC e viceversa. Nel 2017, una ricerca pubblicata su Nature Communications ha identificato quattro geni – NRXN1, HTR2A, CTTNBP2 e REEP3 – con un probabile ruolo causale nel DOC, il cui funzionamento è legato al trasporto dei neurotrasmettitori e alla regolazione delle sinapsi.

A livello neurobiologico, gli studi di neuroimaging hanno evidenziato una disfunzione nel circuito fronto-striatale-talamico, con un’iperattivazione della corteccia orbito-ventro-mediale che contribuisce al persistere delle rappresentazioni emozionali. Anomalie sono state riscontrate anche nell’ippocampo e nell’amigdala, aree cruciali per la memoria e la regolazione della paura. La serotonina, un neurotrasmettitore fondamentale in questi circuiti, è al centro del trattamento farmacologico del DOC sin dagli anni ’80 con farmaci come la clomipramina e gli inibitori del re-uptake della serotonina (SSRI/SNRI).

La ricerca ha mostrato come il trauma infantile possa aumentare il rischio di sviluppare il DOC in età adulta, suggerendo che l’esperienza di abusi fisici, emotivi o trascuratezza durante l’infanzia possa influenzare la gravità e la persistenza dei sintomi. Secondo un’analisi condotta da Ou et al. (2021), le esperienze avverse nelle prime fasi di vita si correlano fortemente con lo sviluppo di sintomi ossessivo-compulsivi. Un altro studio di Chu et al. (2020) ha evidenziato differenze organiche significative nei pazienti con alto trauma infantile rispetto a controlli sani.

Tipo di Trauma Percentuale di Sviluppo del DOC
Abuso Fisico Alta
Abuso Emotivo Molto Alta
Trascuratezza Moderata
Abuso Sessuale Massima

L’epigenetica aggiunge un livello di complessità, spiegando come fattori ambientali e psicologici possano modulare l’espressione genica senza alterare la sequenza del DNA. Un certo tipo di stress prolungato nel tempo, comunemente definito come stress cronico, è capace di provocare cambiamenti nel cervello analoghi a quelli riscontrabili in diverse patologie neuropsichiatriche quali l’anoressia nervosa, il disturbo d’ansia generalizzata, il disturbo di panico, il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) e il disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Tale evidenza suggerisce che un’interazione con elementi stressanti, specie durante le fasi formative della vita, possa dare origine a modificazioni plastiche nei neuroni. Questi cambiamenti sono influenzati maggiormente dai meccanismi dell’epigenetica piuttosto che dalla mera trasmissione genetica.

Cosa ne pensi?
  • Che scoperta incredibile! 🤩 Finalmente si fa luce su un nesso......
  • Studio interessante, ma mi chiedo se il campione sia sufficientemente......
  • E se il DOC fosse una forma di resilienza distorta? 🤔 Un modo......

Strategie terapeutiche innovative: dalla terapia cognitivo-comportamentale all’EMDR

L’identificazione di una connessione causale immediata fra traumi e D. O. C., accompagnata dalla progressiva comprensione delle intricate dinamiche neurobiologiche ed epigenetiche, rende superflue le terapie frammentate che considerano i disturbi singolarmente. La Professoressa Helen Blair Simpson ha evidenziato l’importanza imprescindibile di adottare un approccio terapeutico più olistico, amalgamando l’analisi dei sintomi ossessivo-compulsivi con quella inerente al trattamento dello stress post-traumatico. Ignorare questa relazione equivarrebbe a negare ai pazienti una forma adeguata di assistenza per una condizione capace d’impattare pesantemente sulla loro qualità della vita.

A lungo considerata come il punto fermo nel protocollo curativo per il D. O. C., la terapia cognitivo-comportamentale (TCC) è orientata verso la diminuzione delle ossessioni e compulsioni tramite metodologie quali l’esposizione con prevenzione della risposta (ERP). Tuttavia, quando ci si trova ad affrontare anche episodi traumatici simultanei, lo scenario diventa molto più complesso. Diversi studi suggeriscono che i soggetti affetti da entrambi i disturbi – D. O. C. e PTSD – non sempre registrino significativi miglioramenti nella manifestazione dei sintomi semplicemente seguendo il modello classico della TCC.

Questo ha spinto verso lo sviluppo di approcci integrati e personalizzati.

La TCC focalizzata sul trauma (TF-CBT) è un protocollo sviluppato per affrontare le esperienze traumatiche e le loro molteplici conseguenze, inclusi problemi affettivi come depressione e ansia. Nel contesto del DOC post-traumatico, la TF-CBT si propone di aiutare i pazienti a identificare e modificare i modelli di pensiero distorti legati al trauma e a se stessi. È cruciale notare che, in casi di trauma e DOC, è spesso raccomandata una fase di stabilizzazione iniziale prima di procedere con l’esposizione alle tecniche specifiche per il DOC. Questo passaggio è fondamentale per garantire che il paziente abbia le risorse necessarie per affrontare l’elaborazione del trauma senza riacutizzare in maniera eccessiva i sintomi ossessivo-compulsivi.

Un’innovativa terapia complementare:
  • Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR): Un metodo per rielaborare i ricordi traumatici attraverso il movimento oculare, dimostrato utile nel trattamento dei disturbi da stress post-traumatico e ossessivo-compulsivi.

L’inclusione dell’EMDR, un metodo innovativo nel panorama della terapia cognitiva comportamentale (TCC), emerge come uno strumento significativamente utile nelle situazioni post-traumatiche. Questo protocollo è celebrato per il suo potere nel gestire la desensibilizzazione assieme alla rielaborazione efficiente degli episodi traumatici vissuti dai pazienti. È in grado infatti di assistere i soggetti a fronteggiare l’impatto emotivo generato da esperienze traumatiche correlate al Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) poiché favorisce una trattativa più celere e intensa con le memorie cariche di dolore.

D’altro canto, emerge con forza l’importanza della pratica della mindfulness cognitive therapy (MBCT), proposta come tecnica integrativa che invita gli individui ad approfondire la loro consapevolezza riguardo ai modelli mentali associati al DOC. Tale strategia non solo incoraggia l’accettazione cosciente degli attacchi intrusivi, ma cerca anche di interrompere il ciclo ossessivo-compulsivo mediante esercizi mirati a stabilizzare lo stato emozionale distorto. Combinando queste metodologie terapeutiche vi è quindi il potenziale non soltanto per attenuare i segni clinici, ma anche per supportare un processo rigenerante sul piano psicologico generale degli individui segnati da traumi.

Percezione, vulnerabilità e il potenziale trasformativo delle cure

La mente umana, con la sua incessante ricerca di ordine e prevedibilità, costruisce un’illusione di controllo sul mondo circostante. È una difesa necessaria, un meccanismo per navigare la complessità della vita quotidiana. Ma cosa accade quando questa illusione crolla rovinosamente, sotto il peso inimmaginabile di un trauma? Come rivelato dagli studi in Israele, emerge un quadro di vulnerabilità profonda, in cui il cervello, privato della sua stabilità, tenta disperatamente di ripristinare il controllo, anche attraverso forme patologiche come il disturbo ossessivo-compulsivo. È un richiamo potente alla nostra comune fragilità, all’interconnessione tra eventi esterni brutali e le intricate risposte interne.

La psicologia cognitiva ci insegna che i nostri schemi di pensiero, le nostre “mappe mentali” del mondo, sono costantemente plasmati dalle esperienze. Un trauma è un terremoto in questa mappa, che può creare nuovi percorsi neurali e cognitivi, a volte disfunzionali. La psicologia comportamentale, d’altra parte, ci mostra come le compulsioni possano essere un tentativo, per quanto irrazionale, di neutralizzare l’ansia generata dalle ossessioni post-traumatiche. Questi rituali, anche se apparentemente senza senso, diventano per la mente un’illusoria ancora di salvezza.

A un livello più profondo, la nozione avanzata dell’epigenetica ci illumina su come un trauma non solo condizioni la generazione attuale, ma possa riscrivere istruzioni a livello molecolare, influenzando l’espressione genica e potenzialmente trasmettendo una maggiore vulnerabilità alle generazioni future. Non si tratta di una condanna genetica, ma di una modulazione biochimica, un “lascito” del dolore che però, fortunatamente, è reversibile e modificabile attraverso interventi mirati.

Questo ci porta a una riflessione cruciale: la violenza genera violenza, ma anche trauma genera trauma, con effetti che si propagano in cerchi concentrici, dalla psiche individuale a quella collettiva e transgenerazionale. Pensiamo ai sopravvissuti dei kibbutz, ma anche ai bambini palestinesi cresciuti sotto le bombe: il dolore non ha nazionalità e la sua eco epigenetica può risuonare per decenni. Comprendere queste dinamiche profonde non è solo un esercizio accademico, è un imperativo etico. Ci spinge a considerare la cura non come una semplice risposta ai sintomi, ma come un atto di riparazione che mira a riscrivere le storie non solo personali, ma anche le potenziali vulnerabilità delle generazioni a venire. Ogni sforzo per curare il trauma, sia esso rivolto a individui o comunità, è un passo verso un futuro in cui il ciclo della violenza e delle sue ferite psicologiche possa essere, finalmente, interrotto.


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