- Il cortisolo aumenta del 36% il rischio di obesità post-traumi infantili.
- L'alimentazione emotiva è una strategia di coping per gestire emozioni difficili.
- La CBT-OB è cruciale nella gestione delle difficoltà connesse all'obesità.
L’Epidemia silenziosa: il legame tra stress, trauma e peso corporeo
La società contemporanea si scontra con una crescente prevalenza di sovrappeso e obesità, un fenomeno che va ben oltre la semplice equazione calorica. Anzi, si sta delineando un quadro complesso in cui fattori psicologici, in particolare stress cronico e traumi pregressi, giocano un ruolo cruciale nella genesi e nel mantenimento di queste condizioni. L’ambiente in cui viviamo, caratterizzato da un’abbondanza di alimenti ipercalorici e da opportunità limitate per l’attività fisica, agisce come un catalizzatore, esacerbando le vulnerabilità individuali. Questa interazione tra l’ambiente “obesogenico” e le risposte psicologiche e fisiologiche allo stress merita un’analisi approfondita, che esamini come meccanismi quali l’alimentazione emotiva, la disregolazione dello stress e le distorsioni cognitive relative al cibo contribuiscano a questo scenario.

Il corpo umano è intrinsecamente programmato per reagire alle minacce. Il sistema nervoso autonomo, con le sue ramificazioni simpatiche e parasimpatiche, orchestre la risposta di “lotta o fuga” di fronte allo stress acuto. Tuttavia, quando lo stress diventa cronico, questa risposta adattiva si trasforma in un fattore di rischio. L’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) entra in uno stato di iperattivazione, portando a un’elevata produzione di cortisolo, l’ormone dello stress. Questo squilibrio ormonale non solo influisce sul metabolismo dei carboidrati e dei grassi, predisponendo all’accumulo di adipe, ma altera anche la sensibilità all’insulina e può influire negativamente sulla leptina, l’ormone della sazietà.
Secondo studi recenti, in particolare quelli pubblicati dalla Johns Hopkins Medicine, il cortisolo determina un aumento del 36% nel rischio di sviluppare obesità a causa di eventi traumatici subiti durante l’infanzia [Carnell et al., 2022]. Inoltre, eventi traumatici o di stress cronico possono portare a una maggiore attivazione delle regioni cerebrali legate alla ricompensa in risposta a cibi ad alta densità calorica.
Le esperienze traumatiche, in particolare quelle vissute durante l’infanzia, possono lasciare un’impronta indelebile sulla psiche e sul corpo. La memoria corporea dei traumi può manifestarsi in vari modi, tra cui l’alterazione dei comportamenti alimentari. L’alimentazione emotiva emerge come una strategia di coping, sebbene disfunzionale, per gestire emozioni difficili, ansia, depressione o un senso di vuoto interiore. Il cibo, in questo contesto, diventa un conforto temporaneo, un anestetico per il dolore emotivo. Questa relazione malsana con il cibo non solo contribuisce all’aumento di peso, ma rinforza anche cicli viziosi di sensi di colpa e vergogna, alimentando ulteriormente la disregolazione emotiva.
Recentiche hanno evidenziato come l’alimentazione emotiva, definita come “fame nervosa” o “alimentazione da stress”, sia l’impulso a ingerire alimenti in risposta a emozioni spiacevoli, contribuendo ulteriormente al problema del sovrappeso e dell’obesità. Questi meccanismi evidenziano la necessità di approcci terapeutici che vadano oltre la semplice restrizione calorica, affrontando le radici psicologiche del problema [IPSICO].
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Il ruolo cruciale della psicologia cognitiva e comportamentale
Nel contesto dell’obesità e del sovrappeso, la psicologia cognitiva e comportamentale offre strumenti preziosi per comprendere e intervenire. Le distorsioni cognitive, come il pensiero “tutto o niente” (ad esempio, “se ho mangiato un biscotto, tanto vale svuotare la confezione”), o la catastrofizzazione (ad esempio, “non riuscirò mai a perdere peso”), possono sabotare qualsiasi tentativo di cambiamento. Riconoscere e ristrutturare questi schemi di pensiero disfunzionali è un passaggio fondamentale per promuovere un rapporto più sano con il cibo e con il proprio corpo.
La terapia cognitivo-comportamentale (TCC), ad esempio, si rivela particolarmente efficace nell’identificazione e nella modifica di questi schemi. Attraverso l’auto-osservazione, i pazienti imparano a riconoscere i trigger emotivi che scatenano l’alimentazione disfunzionale e a sviluppare strategie di coping più adattive. Questo include l’apprendimento di tecniche di rilassamento, la gestione dello stress, il miglioramento delle abilità di problem-solving e lo sviluppo di un’immagine corporea più positiva e realistica. In aggiunta, la ricerca ha chiaramente indicato che interventi quali la CBT-OB, acronimo di Terapia Comportamentale Cognitiva specifica per l’Obesità, rivestono un ruolo cruciale nella gestione delle difficoltà connesse all’obesità. Questo mette in luce il valore di un approccio integrato, capace di abbracciare tutte le sfaccettature del problema da affrontare. [Dalle Grave].
L’importanza di un ambiente favorevole non può essere sottovalutata. Un ambiente obesogenico non è solo quello che offre cibi spazzatura a ogni angolo, ma è anche quello che non supporta l’attività fisica, con carenze di spazi verdi, marciapiedi ben mantenuti e piste ciclabili.

Le politiche pubbliche giocano un ruolo essenziale nel creare un contesto che favorisca scelte di vita più sane. Questo include la regolamentazione della pubblicità di alimenti ad alto contenuto di zuccheri e grassi, la promozione dell’educazione alimentare nelle scuole e la creazione di infrastrutture che incoraggiano l’attività fisica. L’approccio adottato si configura come olistico e richiede di prendere in esame ogni individuo nel suo complesso contesto sociale, economico e culturale.
Diverse ricerche scientifiche hanno messo in luce come la disregolazione del meccanismo dello stress rappresenti una causa sostanziale: coloro che manifestano risposte anomale allo stress mostrano una maggiore propensione a dare vita a modelli alimentari disfunzionali. A tal proposito, numerosi studi hanno evidenziato come il cortisolo, noto per essere il principale ormone legato allo stress, influisca sull’aumento dell’appetito; tuttavia ciò non si limita al semplice incremento della fame ma comporta anche un cambio nelle scelte alimentari verso opzioni ad elevata densità calorica ed abbondanti di zuccheri e grassi—proprio quegli alimenti che l’industria gastronomica riesce a rendere estremamente accessibili.
Superare i traumi e ridefinire il benessere
Il percorso per superare i traumi e i problemi di peso è spesso tortuoso e richiede un approccio multidisciplinare. Le testimonianze di persone che hanno intrapreso questo viaggio sono una fonte preziosa di intuizioni e ispirazione. Molti sottolineano come il primo passo sia stato il riconoscimento del legame tra le proprie esperienze passate e il comportamento alimentare. Non si tratta semplicemente di “forza di volontà”, ma di comprendere e curare ferite più profonde.
Le interviste con psicologi esperti in trauma e nutrizionisti rivelano l’importanza di un piano di trattamento personalizzato. Non esiste una “dieta magica” o una “soluzione rapida”. Il focus si sposta dalla restrizione calorica estrema al raggiungimento di un benessere psicofisico sostenibile. Questo include l’apprendimento dell’auto-compassione, il superamento della vergogna e del senso di colpa associati al peso, e lo sviluppo di nuove strategie per affrontare lo stress e le emozioni difficili.
Un aspetto fondamentale è il riconoscimento che il corpo non è il nemico, ma un messaggero di bisogni e stati emotivi. Numerose persone che hanno vissuto esperienze traumatiche tendono a costruire una relazione disfunzionale con il proprio corpo, considerato più come una sorgente di dolore o vergogna piuttosto che un veicolo per il benessere. Il viaggio verso la guarigione richiede un processo attivo volto alla riappropriazione della corporeità: fondamentale è l’ascolto attento delle esigenze fisiologiche relative alla fame e alla sazietà, unitamente all’abbandono dei giudizi severi nei propri confronti.
In aggiunta a ciò, si osserva uno sviluppo incoraggiante nella coscienza professionale degli operatori sanitari circa questo nesso essenziale. L’ambito della medicina relativa alla salute psicologica sta subendo trasformazioni significative: vi è ora un consenso crescente sul fatto che esista un legame indissolubile tra salute fisica e mentale. Medici generali, insieme ai vari specialisti, cominciano ad approfondire le storie personali legate ai traumi subiti dai pazienti in sovrappeso; così facendo promuovono approcci terapeutici integrati che comprendono assistenza psicologica oltre all’intervento nutrizionale ed eventualmente farmacologico quando necessario.
Una prospettiva integrata per il benessere duraturo
L’obesità e il sovrappeso nel panorama moderno non sono semplicemente il risultato di scelte individuali errate, ma piuttosto il culmine di una complessa interazione tra fattori ambientali, biologici e psicologici. La salute mentale, in questo contesto, emerge non solo come un co-fattore, ma spesso come una causa radicata e profonda. Il riconoscimento che traumi e stress cronico possono innescare o esacerbare comportamenti alimentari disfunzionali è una svolta essenziale, che sposta il focus dalla mera restrizione calorica a un approccio più olistico e umano.
Una nozione base di psicologia cognitiva applicabile a questo tema è il concetto di schema cognitivo. Gli schemi sono strutture mentali che utilizziamo per organizzare e interpretare le informazioni provenienti dal mondo. Dopo un trauma o un periodo di stress cronico, possono svilupparsi schemi maladattivi legati al cibo e al corpo, come “il cibo è il mio unico conforto” o “valgo solo se sono magro”. Questi schemi, spesso inconsci, guidano i comportamenti e le emozioni, rendendo difficile il cambiamento.
Glossario:
- Schema cognitivo: Struttura mentale che organizza e interpreta informazioni.
- Cortisol: Ormone dello stress prodotto in risposta ad emozioni e traumi.
- EMDR: Eye Movement Desensitization and Reprocessing, terapia per il trattamento del trauma.

La riflessione personale che emerge da questa analisi è profonda: quanto del nostro rapporto con il cibo e con il nostro corpo è influenzato da un desiderio inconscio di protezione, di controllo, o di conforto di fronte alle sfide della vita? Forse l’eccesso di peso non è solo una cifra sulla bilancia, ma un sintomo visibile di ferite invisibili. Forse, per guarire pienamente, dobbiamo imparare a guardare al di là della superficie, accogliendo la nostra vulnerabilità e cercando il supporto necessario per affrontare ciò che è stato represso o ignorato. Questo messaggio ci esorta a esercitare una maggiore auto-compassione, incoraggiando una diminuzione del giudizio personale e favorendo la costruzione di una relazione armoniosa con noi stessi. Si sottolinea l’importanza di adottare un approccio dolce e coeso nel prendersi cura del nostro stato globale, fondendo le dimensioni psichiche con quelle fisiche in un unico continuum vitale.
- Studio Johns Hopkins Medicine: correlazione tra cortisolo, obesità e traumi infantili.
- Approfondimento sul legame tra benessere psicologico e disturbi alimentari.
- Sito ufficiale Johns Hopkins Medicine, per approfondimenti sugli studi citati.
- Studio Johns Hopkins lega traumi infantili a rischio obesità in età adulta.