Star Wars: Visions, come ‘Black’ esplora il trauma degli stormtrooper?

La galassia lontana, lontana torna a stupire non attraverso le saghe epiche a cui siamo abituati, ma esplorando territori narrativi inattesi e profondamente umani. Star Wars: Visions, la serie antologica animata che ha infranto le barriere del canone, lancerà il suo terzo volume il 29 ottobre 2025 su Disney+. Se le prime due stagioni ci hanno abituati a visioni audaci e stilisticamente diverse, questa nuova raccolta promette di spingersi ancora oltre, affrontando temi psicologici complessi attraverso l’occhio distintivo dell’animazione. La notizia che ha acceso i riflettori su questo Volume 3 è l’anteprima del cortometraggio “Black” al Festival Internazionale del Film d’Animazione di Annecy 2025, realizzato da David Production e firmato da Shinya Ohira.

“Black” si concentra su uno stormtrooper, figura quasi anonima e spesso bersaglio di ironia per la sua proverbiale scarsa mira, che diventa il fulcro di un’esplorazione intima e dolorosa. Il corto lo segue sulla Morte Nera nel momento stesso della sua distruzione: non un racconto di eroismo o fuga, ma un’immersione nella sua psiche tormentata, un flusso di coscienza che rievoca gli orrori della guerra. Immagini astratte e colori vivaci si mescolano a un commento musicale jazz, creando un’esperienza sensoriale inedita per gli standard di Star Wars. Questa scelta stilistica è funzionale a rappresentare il disturbo da stress post-traumatico (PTSD).

Nel corto, il contesto fantascientifico della distruzione di una megastruttura spaziale diventa il mezzo per esplorare il peso psicologico della guerra su chi la subisce in prima linea. Vedere il proprio passato di battaglie e assalti mescolarsi al presente di caos e distruzione, attraverso gli occhi di un soldato imperiale, rompe con la tradizionale rappresentazione quasi deumanizzata degli stormtrooper.

L’armatura e il peso del conflitto: una nuova prospettiva sullo stormtrooper

Storicamente, gli stormtrooper sono stati presentati come soldati fedeli e quasi intercambiabili al servizio dell’Imperatore Palpatine. L’iconica armatura bianca ha sempre contribuito a una percezione di mancanza di individualità. Tuttavia, “Black” offre una prospettiva alternativa, suggerendo che dietro l’elmetto ci sia un essere umano capace di sofferenza, paura e trauma. Questa esplorazione del costo umano della guerra rappresenta un passo avanti significativo nella saga.

Nel corso degli anni, il simbolo dello stormtrooper ha trasmesso uniformità e anonimato. Reclutati e addestrati nelle accademie imperiali, identificati da codici alfanumerici, gli stormtrooper incarnano l’adesione totalizzante ai valori imperiali. Varianti specializzate — dagli Snowtrooper ai Death Trooper — mantengono l’identità di strumento dell’Impero. In “Black”, invece, la distruzione imminente della Morte Nera diventa metafora dello stato mentale frammentato di un singolo soldato.

Star Wars: Visions dimostra così la propria capacità di innovare e di utilizzare il vasto universo narrativo per affrontare temi contemporanei con sensibilità e profondità inaspettate. È un promemoria che, anche in una galassia lontana, i costi umani della guerra sono reali e lasciano cicatrici profonde, anche sotto l’armatura più resistente.

L’arte come veicolo di espressione: immagini astratte e musica jazz

L’approccio di “Black” per rappresentare il PTSD si affida all’arte visiva e sonora, elevandola a veicolo di espressione del trauma interiore. Immagini astratte, colori che spuntano ovunque e musica jazz si discostano dallo stile tipico di Star Wars, dominato da orchestrazioni epiche e realismo visivo. L’astrazione visiva rende tangibile l’ineffabile, mentre il jazz, con improvvisazioni e dissonanze, riflette la natura imprevedibile del PTSD.

Questa fusione crea un’atmosfera unica, possibile solo all’interno di un progetto antologico non canonico. David Production e Shinya Ohira sfruttano la libertà concessa da Visions per esplorare il trauma bellico in modi che la narrativa principale non permetterebbe.

Riflessioni sul trauma e l’empatia nella galassia lontana, lontana

“Black” invita a riflettere sul trauma bellico e sulla nostra capacità di provare empatia verso chi lo subisce, indipendentemente dalla sua affiliazione. Concentrarsi sulla psiche di un soldato imperiale solleva questioni sulla deumanizzazione in guerra e sulle conseguenze psicologiche per tutti i partecipanti al conflitto.

A livello psicologico, il trauma può alterare profondamente la percezione della realtà. In “Black” ciò si manifesta attraverso immagini astratte e flusso di coscienza caotico. L’addestramento militare, studiato dalla psicologia comportamentale, potrebbe desensibilizzare i soldati alla violenza ma, paradossalmente, renderli più vulnerabili al PTSD. Il corto ci costringe a guardare oltre l’armatura bianca e a riconoscere la complessità dell’animo umano, anche in un contesto di conflitto estremo.

Nella sua storia, Star Wars ha spesso riflesso le preoccupazioni della nostra società. Esplorando il PTSD in uno stormtrooper, Visions arricchisce l’universo narrativo con una prospettiva inattesa e ci offre l’opportunità di riflettere sull’importanza di affrontare il trauma, sulla necessità di empatia e sulla responsabilità collettiva di comprendere il costo umano della guerra.