- Nove dei 17 IPM italiani superano la capienza consentita.
- I detenuti negli IPM sono circa 600, in aumento dal 2023.
- Oltre il 60% dei detenuti ha meno di 18 anni.
- A Torino nel 2024 le spese per psicofarmaci sono aumentate del 64%.
La crisi dei sistemi custodialI minorili
Nell’ambito della giustizia minorile italiana si sta vivendo una fase estremamente delicata e sconvolgente, come rilevato da studi recenti. Per la prima volta nella storia nazionale gli Istituti Penali Minorili (IPM) affrontano l’imprescindibile problema del sovraffollamento. Il grido d’allerta è stato sollevato con grande insistenza poiché emerge una realtà che fino a non molto tempo addietro era ritenuta immune dalle problematiche strutturali tipiche delle prigioni destinate agli adulti. Secondo un’analisi approfondita diffusa nel mese di maggio 2025, risulta evidente come ben nove dei diciassette IPM manifestino livelli di affollamento superiori alla capienza consentita dalla legge vigente. In particolare emergono situazioni allarmanti negli istituti situati a Treviso, Milano (Cesare Beccaria) e Cagliari (Quartucciu): qui il numero dei giovani detenuti supera nettamente le soglie stabilite.
A sostegno delle suddette osservazioni ci sono anche dati freschi al 15 maggio 2025 forniti dal ministero della Giustizia attraverso il suo reparto dedicato alla giustizia minorile: attualmente risultano recluse circa seicento persone adolescenti o giovani adulti tra i quattordici e ventiquattro anni negli IPM dislocati in tutta Italia.
L’aumento significativo di questo numero costituisce una variazione sostanziale rispetto agli anni pregressi e segna una tendenza particolarmente accentuata dal termine del 2023. Tale incremento si rivela direttamente associato all’introduzione del decreto Caivano, normativa che ha apportato rilevanti modifiche nel trattamento dei crimini perpetrati dai minorenni.
Nelle disposizioni fondamentali di questa legge emergono due aspetti cruciali: aumento della severità delle pene per gli atti illeciti compiuti dai giovani e amplificazione nell’applicazione delle misure preventive – tra cui l’uso più sistematico della detenzione carceraria. Sebbene questa rigida legislazione sia giustificata dalla necessità di combattere la criminalità giovanile, essa ha generato effetti immediati ed evidenti sul panorama penale riguardante i minori: c’è stato infatti un repentino innalzamento nel numero totale degli individui detenuti. A luglio 2023, appena prima dell’effettiva implementazione della legge nel mese di novembre dello stesso anno, si contavano nei centri di detenzione per minori (IPM) circa 420 ragazzi detenuti; questo valore costituiva già una crescita rispetto ai precedenti 381 riscontrabili alla conclusione del 2022.
L’aumento a seicento registrato nel maggio del 2025 testimonia come il decreto Caivano abbia infuso nuova vita in un fenomeno già esistente, rendendo ancora più evidenti le criticità insite nel sistema.
Prevalentemente maschile è composto il gruppo giovanile carcerario (soltanto
30 sono ragazze); circa la metà risulta essere costituita da minorenni stranieri privi di assistenza familiare. Questi individui rappresentano una fascia particolarmente fragile sia per l’età anagrafica sia perché sprovvisti dell’appoggio necessario all’interno del nuovo contesto nazionale. Un aspetto degno di nota è l’aumento costante della proporzione dei detenuti con meno di
18 anni: attualmente formano oltre il
60% della popolazione presente negli Istituti Penali Minorili (IPM), contrariamente al
56% riscontrato nel
2023. Questo fenomeno contrasta nettamente con quanto previsto dal decreto Caivano stesso, secondo cui si permette lo spostamento degli adulti dai centri minorili alle strutture carcerarie destinate ai maggiorenni.
Tuttavia, i dati disponibili indicano chiaramente come l’incremento totale nelle presenze stia superando gli effetti dovuti a tali trasferimenti o suggeriscono altresì che queste operazioni non vengano effettuate con quella regolarità auspicata.
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L’impatto del sovraffollamento sulla salute mentale e l’uso di psicofarmaci
Non si tratta semplicemente di una cifra; il sovraffollamento negli istituti penali minorili riflette una realtà complessa con effetti devastanti sulla quotidianità dei minori rinchiusi e sull’efficacia dell’intero sistema carcerario. Le restrizioni spaziali unite alla convivenza forzata portano a uno scenario caratterizzato da stress elevato che compromette seriamente il benessere psichico degli adolescenti detenuti. All’interno di tale situazione preoccupante si fa strada un ulteriore elemento critico:
l’accresciuta incidenza nell’impiego degli psicofarmaci. Diversi rapporti ed esperienze dirette hanno dimostrato come ci sia stata una crescente tendenza verso l’assunzione di tali medicamenti al fine di affrontare problematiche quali disagio emotivo, ansia intensa, aggressività elevata ed altri comportamenti problematici osservati tra i giovani internati.
Nelle strutture penitenziarie minorili emergono dati notevoli riguardo all’impiego degli psicofarmaci: ben documentate sono le crescite esponenziali della somministrazione soprattutto delle benzodiazepine e degli antipsicotici.
A titolo esemplificativo: a Torino nel 2024 le spese relative a questi farmaci hanno subito un incremento pari al 64% rispetto ai valori rilevati nel biennio precedente; mentre nella struttura situata a Nisida si riscontra addirittura un sorprendente aumento pari al 352% nell’arco triennale. A Pontremoli, si è superato il 1.000%. Il Beccaria di Milano ha mostrato un utilizzo di antipsicotici e benzodiazepine 8,3 volte superiore a quello di Bologna e 3,3 volte superiore a quello di Firenze nel 2023. Queste cifre suggeriscono che la somministrazione di psicofarmaci sta diventando una risposta diffusa, forse anche eccessiva, alle difficoltà gestionali e alle problematiche psicologiche dei giovani in un ambiente sovraffollato e privo di alternative adeguate.
Il ricorso agli psicofarmaci solleva importanti questioni etiche e cliniche. Mentre in alcuni casi il loro utilizzo può essere necessario per affrontare disturbi psichiatrici conclamati,
il rischio di un uso eccessivo o inappropriato a scopo di “contenimento” o “sedazione” è reale, soprattutto in un contesto in cui le risorse per interventi psicologici e educativi sono limitate. Secondo alcune testimonianze, in alcuni IPM si incontrano intere sezioni di ragazzi che appaiono sedati in orari che dovrebbero essere dedicati ad attività formative e rieducative.
Questo scenario, se confermato, indica una potenziale “medicalizzazione” del disagio giovanile in carcere, con il rischio di trascurare le cause profonde dei problemi comportamentali e di limitare le opportunità di crescita e cambiamento. Il legame tra sovraffollamento, stress psicologico e uso di psicofarmaci è complesso. In un ambiente con spazi ristretti, mancanza di privacy, tensione e limitazioni nelle attività, i giovani detenuti sono più vulnerabili allo sviluppo o all’aggravamento di problemi di salute mentale, tra cui ansia, depressione, aggressività, disturbi del sonno e comportamenti autolesionistici. In assenza di un supporto psicologico e psichiatrico adeguato e personalizzato, la somministrazione di farmaci può diventare la via più semplice e rapida per gestire le manifestazioni esteriori di questo disagio, senza però risolvere le questioni sottostanti. Sebbene questo metodo possa garantire un certo grado di
sollievo temporaneo, risulta inadeguato nel sostenere una vera e propria strategia di
rieducazione e promozione del
reinserimento sociale.
Alternative terapeutiche e percorsi rieducativi
Di fronte all’escalation di problemi di salute mentale e all’aumento dell’uso di psicofarmaci negli istituti penali minorili, emerge con forza la necessità di esplorare e potenziare alternative terapeutiche e percorsi rieducativi realmente efficaci. Il carcere, soprattutto per i giovani, dovrebbe rappresentare l’
extrema ratio, e in ogni caso, il tempo trascorso in detenzione dovrebbe essere orientato verso la crescita personale, l’acquisizione di nuove competenze e la preparazione per il reinserimento nella società.
Attualmente, sembra che l’enfasi sia ancora troppo spostata verso l’aspetto punitivo e di “contenimento”. Testimonianze dirette evidenziano come la detenzione minorile stia progressivamente assomigliando a quella degli adulti, con un percepibile “stato di abbandono” che porta i ragazzi a trascorrere gran parte del tempo in cella senza svolgere attività significative. Questa mancanza di stimoli e opportunità formative e lavorative aggrava il disagio e riduce le possibilità di cambiamento. Tuttavia esistono modalità terapeutiche non farmacologiche che potrebbero fornire un supporto significativo ai giovani afflitti da problemi mentali. Diverse tipologie di
psicoterapia, come quelle cognitivo-comportamentali o interpersonali, nonché quella psicodinamica, si rivelano utili nel guidare gli adolescenti verso una comprensione approfondita delle radici comportamentali del loro disagio emotivo. Tali interventi promuovono anche lo sviluppo di abilità per affrontare le sfide quotidiane e offrono strumenti per processare eventuali esperienze traumatiche passate; ciò è particolarmente rilevante poiché i traumi vissuti durante l’infanzia contribuiscono frequentemente a orientamenti deviali nei singoli individui.
Infatti tali esperienze possono ricadere nella sfera carceraria manifestandosi attraverso serie difficoltà sia sul piano psicologico che su quello comportamentale.
A tal proposito interazioni riguardanti la rehabilitative psychology
– ovvero la psichiatria riabilitativa – & development psychology hanno assunto un’importanza cruciale nella facilitazione della maturazione individuale & social degli adolescenti dietro le sbarre. È altresì imprescindibile dedicarsi attivamente alla creazione e implementazione di opportunità educative & formative caratteristiche di elevata qualità.
L’apertura verso forme d’istruzione innovative quali corsi professionali, tattistiche artistiche nonché pratiche sportive, anche offerte attraverso impieghi produttivi dentro alle istituzioni stesse, rappresenta l’asse portante dei piani rieducativi operativi nel contesto penitenziario.
Le attività in questione non soltanto forniscono un’occupazione produttiva per il tempo libero, ma si rivelano essenziali nel potenziare l’autoefficacia, nello sviluppo delle competenze necessarie per affrontare sfide future e nella promozione della socializzazione all’interno di un ambiente stimolante. È indispensabile che vi sia una sinergia tra gli organismi carcerari, i servizi sanitari locali — ivi inclusi quelli dedicati alla salute mentale — e le organizzazioni operanti nel Terzo Settore al fine di instaurare una rete integrata capace di supportare adeguatamente i giovani reclusi. Tale rete deve assicurarsi che venga garantito accesso ad analisi psicologiche complete e individualizzate, così come opportunità per intraprendere interventi terapeutici sia singoli che collettivi; infine deve essere previsto il sostegno nei programmi volti al reinserimento sociale anche post-detenzione.
Riflessioni finali
L’attuale scenario degli
istituti penali minorili in Italia, segnato da una crescente emergenza di sovraffollamento accompagnata da una preoccupante diffusione dell’uso dei psicofarmaci, sollecita una profonda riflessione sul tipo di
giustizia minorile che intendiamo promuovere. La tendenza ad intensificare le sanzioni unite a strategie principalmente repressive – come indicano chiaramente i dati emersi dopo il decreto Caivano – risulta insufficiente nell’affrontare la complessità intrinseca ai fenomeni devianti giovanili.
A livello neurologico, si sa che il cervello degli adolescenti è ancora in fase evolutiva: particolarmente rilevanti sono le aree collegate al controllo degli impulsi e alla pianificazione futura, nonché alla valutazione critica del rischio. Questa maturazione incompleta li rende particolarmente vulnerabili ad azioni avventate e scelte poco razionali. Inoltre, situazioni estremamente stressanti e ostili come quelle sperimentate in istituti caratterizzati da forte affollamento possono accentuare tali limitazioni nelle capacità cognitive.
La medicina basata sulla salute mentale ci insegna l’importanza di interventi precoci e personalizzati per i giovani con disagio psichico, interventi che favoriscano lo sviluppo di meccanismi di difesa sani e resilienza.
Dopotutto,
la nostra Costituzione ci ricorda che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. Forse è tempo di rivedere l’idea di fondo e iniziare a lavorare seriamente verso modelli che rendano giustizia a questo principio fondamentale.
- IPM: Istituti Penali Minorili – strutture carcerarie destinate a giovani detenuti.
- decreto Caivano: provvedimento legislativo italiano che modifica il trattamento giuridico dei minori autori di reato.
- psicofarmaci: farmaci utilizzati per trattare disturbi psichiatrici e psicologici.