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Salute mentale in carcere: scopri i dati allarmanti e le soluzioni urgenti

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  • Il 44,25% dei detenuti usa sedativi e ipnotici.
  • Oltre il 50% dei detenuti milanesi soffre di disagio psichico.
  • A San Vittore, 1.115 detenuti per 748 posti disponibili.

La situazione nelle carceri italiane, come evidenziato dal Rapporto Antigone 2025, è allarmante. Un’alta percentuale di detenuti fa uso di sedativi, ipnotici, stabilizzanti dell’umore, antipsicotici o antidepressivi. Questo dato, che si attesta al 44,25% per sedativi e ipnotici e al 20,4% per le altre categorie di farmaci, solleva interrogativi urgenti sulla gestione della salute mentale in carcere. La direttrice del Dipartimento di Salute Mentale degli istituti di San Vittore, Bollate, Opera e Beccaria, Maria Paola Canevini, sottolinea come il confine tra uso terapeutico, abuso e misuso di farmaci sia particolarmente sfumato in questo contesto. L’abuso si verifica quando un farmaco viene assunto in eccesso o senza una motivazione clinica valida, spesso per scopi psicoattivi. Per contro, l’utilizzo improprio include ogni modalità di impiego non conforme, come prescrizioni prive di fondamento, richieste strumentali o un’assunzione difforme da quanto prescritto.

Le Cifre del Disagio Psichico in Carcere

Nei soli istituti milanesi, si stima che oltre il 50% dei detenuti presenti forme di disagio psichico, spesso associate a veri e propri disturbi psichiatrici. La necessità di posti letto per l’assistenza psichiatrica intensificata supera di gran lunga la disponibilità, evidenziando una grave carenza di risorse. Molti detenuti arrivano in carcere con storie traumatiche, dipendenze e disagio sociale, condizioni che si aggravano a causa del sovraffollamento. A San Vittore, ad esempio, ci sono 748 posti per 1.115 detenuti, mentre a Bollate i posti sono 1.267 per 1.389 detenuti. La situazione è simile a Opera, con 918 posti per 1.370 detenuti, e all’istituto Beccaria, la carenza di strutture riabilitative amplifica ulteriormente le difficoltà. In tempi recenti, si è assistito a un notevole incremento nella domanda e nell’utilizzo improprio di farmaci originariamente concepiti per l’epilessia, ma ora impiegati anche per trattare ansia o dolore, oltre a specifici oppiacei soggetti a prescrizione. Molti detenuti arrivano in carcere con terapie complesse, plurifarmacologiche e spesso poco giustificate, frutto di precedenti esperienze detentive o di prescrizioni territoriali non sempre aggiornate o corrette.

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  • Ma siamo sicuri che sia un problema di 'salute mentale' o... 🤔...
  • E se invece di sedativi, provassimo a considerare il carcere stesso... 😔...

Il Mercato Interno dei Farmaci e le Sfide Post-Scarcerazione

Un tema particolarmente delicato è l’esistenza di un “mercato interno” dei farmaci, dove alcuni psicofarmaci non vengono assunti, ma accantonati e poi scambiati, anche in modo organizzato. Questo avviene soprattutto se la somministrazione non è vigilata. Dopo la scarcerazione, i detenuti con problemi psichiatrici spesso non vengono seguiti adeguatamente. Il trasferimento ai servizi territoriali può rivelarsi estremamente arduo, specialmente per chi non possiede una residenza fissa, un codice fiscale o un Centro Psico Sociale di riferimento. È paradossale, in alcuni frangenti, che certe persone ricevano un’assistenza medica più completa durante la detenzione che una volta libere. La condizione è ancora più spinosa per i pazienti psichiatrici migranti. Distinguere tra uso legittimo e abuso di farmaci come gli oppiacei per il dolore o i farmaci per l’insonnia è una sfida complessa. In carcere, la qualità del sonno è spesso scarsa e le condizioni ambientali sono sfavorevoli, rendendo difficile valutare la reale necessità clinica rispetto a un uso strumentale. Oltre ai farmaci, un fenomeno emergente è l’inalazione di gas butano, ottenuto dalle bombolette da campeggio usate per cucinare, un’ulteriore via per stordirsi ed evadere mentalmente dalla detenzione.

Verso un Approccio Integrato e Umanitario

Per migliorare la situazione, è necessario un approccio multidisciplinare, con protocolli chiari e coordinamento tra istituzioni. È indispensabile una strategia che assicuri il diritto alla cura sia all’interno che all’esterno delle mura carcerarie, includendo percorsi di reinserimento assistiti. Diminuire l’abuso di sostanze farmacologiche in ambiente detentivo significa investire nella salute, nella dignità e nel reinserimento sociale. La Lombardia ha sviluppato un prontuario farmaceutico penitenziario, condiviso con la Regione, che permette di regolare la prescrivibilità di alcuni farmaci, limitando l’abuso strutturale e uniformando il territorio. Questo è un primo passo importante, ma è necessario fare di più per garantire la continuità assistenziale dopo la dimissione e per affrontare le cause profonde del disagio psichico in carcere.

Oltre le Sbarre: Un Imperativo Etico e Sociale

La situazione descritta solleva interrogativi profondi sulla nostra responsabilità collettiva nei confronti delle persone detenute. Non possiamo ignorare il fatto che il carcere, pur essendo un luogo di espiazione, deve anche essere un luogo di cura e riabilitazione. La salute mentale dei detenuti è un diritto fondamentale, e la sua tutela è un imperativo etico e sociale.

La psicologia cognitiva ci insegna che la percezione della realtà è influenzata dal contesto in cui ci troviamo. In carcere, l’isolamento, la mancanza di stimoli e la precarietà possono alterare la percezione del tempo e dello spazio, aumentando il rischio di disturbi mentali e dipendenze.

*Un concetto avanzato di psicologia comportamentale* ci suggerisce che l’ambiente carcerario può essere modificato per promuovere comportamenti positivi e ridurre quelli negativi. L’introduzione di attività riabilitative, la creazione di spazi verdi e la promozione di relazioni sociali sane possono contribuire a migliorare il benessere psicologico dei detenuti e a favorire il loro reinserimento nella società.

Riflettiamo: cosa possiamo fare, come individui e come società, per garantire che il carcere diventi un luogo di cura e riabilitazione, e non solo di punizione? Come possiamo superare i pregiudizi e le paure che ci impediscono di vedere i detenuti come persone che hanno bisogno di aiuto e di una seconda possibilità? La risposta a queste domande è fondamentale per costruire una società più giusta e inclusiva, dove nessuno viene lasciato indietro.


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