Psicofarmaci online: come l’automedicazione mette a rischio la tua salute mentale

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  • Nel 2012, l'AIFA segnalava che il 50% dei farmaci online era falsificato.
  • Il 40% degli italiani è propenso ad acquistare farmaci online.
  • La mafia guadagna tra 50 e 200 miliardi con farmaci illegali.
  • Solo il 1,47% degli italiani ha comprato online cure antitumorali.
  • Il 44% minimizza i rischi dell'acquisto di farmaci online.
  • Solo il 53% riconosce le inserzioni fraudolente di farmaci.

L’ambiente virtuale offre una vasta gamma di opzioni che spaziano dall’accesso immediato alla fruibilità senza pari; tuttavia questo ha facilitato non solo canali ufficiali per l’acquisto dei farmaci da banco – riconosciuti in Italia dal luglio 2015 – ma ha altresì creato opportunità favorevoli a circuiti illegali e assai rischiosi. Già nel lontano 2012 era emerso il monito dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), che segnalava come ben il cinquanta percento delle sostanze farmacologiche disponibili sul mercato online fosse falsificato. Negli anni successivi la questione è rimasta irrisolta ed addirittura aggravata: sempre più cittadini italiani optano infatti per l’acquisto diretto su internet dei loro medicinali. Uno studio condotto dall’AIFA insieme all’Università Sapienza di Roma ha mostrato una tendenza marcata tra gli utenti a preferire questa modalità d’acquisto; più del quaranta percento degli intervistati risulta propenso verso tale scelta anche se non tutti hanno poi portato a termine l’acquisizione. Tale informazione diventa ulteriormente significativa quando confrontata con i dati sulla disponibilità legittima nel cyberspazio: questa è attualmente valutabile attorno allo 0,6%, come riportato dall’AIFA stessa. La disparità esistente fra il bisogno d’acquisto via web e l’offerta lecita svela un ampio settore d’ombra nel commercio illegale.

Stando ai dati forniti dal Nucleo Antisofisticazione dei Carabinieri, la mafia ha realizzato guadagni compresi fra i 50 e i 200 miliardi di euro negli ultimi anni tramite il traffico illecito riguardante medicinali: un’operazione commerciale ancora più fruttuosa rispetto al narcotraffico da cocaina. Originariamente orientata verso beni attinenti all’estetica o alla performance fisica – quali compresse per dimagrire e anabolizzanti – nonché trattamenti contro l’impotenza (tra gli articoli maggiormente cercati nella rete; frequentemente acquisiti senza parere medico per sfuggire all’imbarazzo associato a una visita in farmacia), questa malavita si è successivamente spinta verso terapie assai più sofisticate ed essenziali. Recenti inchieste hanno messo in luce come sul circuito clandestino siano disponibili anche innovativi medicinali destinati alla terapia dell’epatite C nonché determinati oncologici.

Uno degli aspetti particolarmente preoccupanti rilevati nello studio Fakeshare II – condotto dall’AIFA con oltre quattromila partecipanti provenienti da Italia, Spagna, Portogallo e Regno Unito – consiste nella constatazione che una modesta ma comunque rilevante quota del campione italiano (1,47%) abbia confessato di aver comprato online delle cure antitumorali. Il fenomeno in questione trova alimento nella marcata differenza di spesa tra i farmaci originali e quelli considerati equivalenti, questi ultimi commercializzati clandestinamente a cifre irrisorie e talvolta provenienti da aree caratterizzate da una diffusa pratica di contraffazione. La valutazione riguardante il grado di rischio operata dai cittadini risulta sorprendentemente ridotta: infatti, all’incirca il 44% dei partecipanti alla ricerca Fakeshare II ritiene opportuno acquistare medicamenti tramite canali online senza particolari scrupoli. Tale minimizzazione della minaccia costituisce un fattore chiave nel rafforzare la crescita dell’industria illegale; rapporti recenti mettono in luce come soltanto poco più della metà (53%) delle inserzioni correlate ai medicinali sia riconosciuta correttamente dagli utenti come legittima o fraudolenta, testimoniando così una preoccupante scarsa consapevolezza riguardo alle insidie relative agli acquisti non autorizzati.

Fattori di rischio nel mercato dei farmaci online

Fattori psicologici e insidie della rete

Le motivazioni che spingono le persone verso l’automedicazione online sono molteplici e affondano le radici in complessi fattori psicologici e comportamentali. Al di là della ricerca di convenienza economica o della comodità intrinseca dell’acquisto a distanza, emerge un desiderio di aggirare i canali tradizionali di cura e consulto medico. L’esitazione o l’imbarazzo nel discutere di determinate condizioni o patologie con un professionista sanitario, in particolare per quanto riguarda disfunzioni sessuali o problemi di peso, spinge molti a cercare soluzioni “fai da te” nel vasto e anonimo ambiente del web.
Questa ricerca di discrezione, tuttavia, espone a rischi considerevoli, data l’elevatissima probabilità di imbattersi in prodotti contraffatti o di qualità non certificata. Un altro elemento psicologico rilevante è il fenomeno dei bias cognitivi. L’illusione di controllo, ad esempio, può portare gli acquirenti online a credere ingenuamente di poter distinguere un sito affidabile da uno illegale, semplicemente basandosi sull’aspetto grafico o sulle informazioni superficiali presenti. L’ottimismo irrealistico, invece, può indurre a sottovalutare i potenziali pericoli legati all’assunzione di farmaci non prescritti o di dubbia provenienza.

Questi bias sono abilmente sfruttati dalle strategie di marketing dei venditori illegali, che propongono “offerte imperdibili”, testimonianze fittize e un linguaggio accattivante per creare un senso di urgenza e opportunità. La possibilità di acquistare farmaci che richiedono obbligatoriamente la prescrizione medica senza tale requisito rappresenta un chiaro segnale di allarme, abilmente mascherato come un “semplice” risparmio di tempo o evitamento di burocrazia.

La vulnerabilità dei consumatori è accresciuta dalla mancanza di informazioni adeguate sui rischi specifici legati all’acquisto di farmaci online. La campagna di sensibilizzazione lanciata dall’AIFA cerca di colmare questa lacuna, evidenziando i campanelli d’allarme tipici dei siti illegali: l’assenza di indicazioni sull’origine dei farmaci, la spedizione di prodotti diversi da quelli ordinati, la mancanza di riferimenti di contatto e, naturalmente, la vendita di farmaci soggetti a prescrizione senza richiederla. È fondamentale sottolineare che, in Italia, la vendita online è limitata ai soli farmaci da banco, riconoscibili da un apposito bollino sull’imballaggio, e che i canali autorizzati devono esporre un logo comune validato dal Ministero della Salute. La propensione all’acquisto online è particolarmente elevata tra i giovani e gli adulti con un elevato livello di scolarizzazione, spesso proprio a causa di una fiducia eccessiva nelle proprie capacità di navigare nel web e identificare fonti affidabili. Questi “utenti esperti” possono anche agire come intermediari per amici e parenti, amplificando ulteriormente la portata del rischio.

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  • Sono preoccupato, comprare farmaci online è diventato un azzardo... 😥...
  • E se l'automedicazione online fosse una spia di un sistema sanitario... 🤔...

Implicazioni per la salute mentale pubblica

La possibilità di accedere senza alcuna supervisione ai farmaci psicotropi attraverso canali clandestini online costituisce una seria minaccia alla salute mentale collettiva. Tra i medicinali maggiormente ricercati nel contesto del mercato sommerso si annoverano ansiolitici e antidepressivi, frequentemente acquistati da persone che non sono state oggetto di valutazione clinica né possiedono le opportune ricette mediche. Tale pratica di automedicazione indiscriminata, priva della guida esperta necessaria, comporta potenziali rischi enormi. Innanzitutto, l’utilizzo di preparazioni falsificate implica il serio rischio che tali trattamenti risultino totalmente inefficaci; ciò porta ad aggravare i disturbi già presenti ed è causa ulteriore dei ritardi nella ricezione delle cure necessarie. Inoltre, il pericolo diventa ancora più rilevante nel caso si utilizzino sostanze contenenti dosaggi errati del principio attivo o addirittura contaminanti nocivi rispetto alle formulazioni autentiche previste dalla normativa sanitaria; tali circostanze possono causare reazioni avverse impreviste ed estremamente rischiose oppure indurre interazioni farmacologiche deleterie; in alcune situazioni limite si potrebbe perfino arrivare al decesso.

Da un’ottica comportamentale, la tendenza all’automedicazione tramite reti virtuali rinforza l’erroneo convincimento che sia possibile gestire disturbi complessi come ansia e depressione in modo autonomo senza coinvolgere professionisti sanitari qualificati nella cura della persona. Questo può portare a una cronicizzazione dei problemi di salute mentale e a una maggiore resistenza a cercare aiuto qualificato in futuro.

Secondo un recente rapporto dell’AIFA, il consumo di farmaci antidepressivi è aumentato sensibilmente nel 2023, evidenziando come l’accesso non controllato a questi farmaci online possa aggravare la situazione di molti individui

Le statistiche sul consumo di psicofarmaci in Italia, pur aggregate e non specificamente legate all’acquisto online illegale, dipingono un quadro di crescente utilizzo. Il Rapporto OsMed 2023, ad esempio, evidenzia come i derivati benzodiazepinici, sia ansiolitici che ipnotici-sedativi, siano la categoria terapeutica di classe C a maggiore spesa e a maggior consumo. Anche se i dati mostrano una leggera diminuzione rispetto al 2022, il consumo complessivo rimane elevato. Questo aumento generale dell’uso di psicofarmaci, unito alla crescente diffusione del mercato online illegale, crea un contesto di elevato rischio per la salute pubblica, rendendo indispensabili strategie di prevenzione mirate e un maggiore controllo delle attività online.

Riflessioni sulla cura di sé e il ruolo della conoscenza

L’approccio all’automedicazione, soprattutto per quanto riguarda gli psicofarmaci ottenuti attraverso fonti poco affidabili, pone interrogativi cruciali sulla nostra concezione del benessere. Analizzando il fenomeno attraverso una lente psicologica cognitiva, emerge chiaramente che l’abitudine ad optare per rimedi rapidi si traduce in una semplificazione errata dei complessi aspetti legati alle emozioni. Tale comportamento riflette una propensione ad utilizzare euristiche cognitive—ossia scorciatoie mentali—per affrontare problematiche che necessitano in verità dell’attenzione qualificata da parte dei professionisti. Esiste quindi il rischio concreto di sopravvalutare ciò che viene venduto come miracoloso sui portali online mentre si sminuiscono i possibili effetti collaterali; questo fenomeno trova supporto nelle teorie della psicologia comportamentale.

In materia di autodeterminazione nella salute mentale, è fondamentale considerare che essa non segue sempre una traiettoria prevedibile né intuitiva; al contrario, esige una profonda consapevolezza interiore e un’accettazione delle fragilità personali. La necessità dunque è quella di rivolgersi a esperti formati affinché ci accompagnino lungo percorsi spesso segnati da traumi o difficoltà emozionali significative. Questo scenario rende gli individui maggiormente predisposti a cedere alle illusioni proposte dai facili rimedi con presunte possibilità salvifiche immediate. Affrontare le difficoltà legate alla sofferenza psichica comporta una serie complessa e articolata d’interventi che superano ampiamente l’assunzione superficiale dei soli farmaci. Infatti, è frequentemente necessario immergersi nelle proprie esperienze personali, apprendere nuovi meccanismi per affrontare lo stress quotidiano e ricevere eventuale sostegno farmacologico attraverso una guida specializzata. Ci poniamo dunque questa questione: quanto impegno siamo realmente pronti a dedicare — tra cui tempo ed energia — anche se ciò comporta momenti d’imbarazzo — nella tutela della nostra salute mentale in maniera responsabile? L’accessibilità immediata ai farmaci tramite canali online può indurre erroneamente alla convinzione che si possa gestire autonomamente il percorso verso il benessere; tuttavia tale comodità rischia piuttosto di accrescere i potenziali pericoli. In tale scenario, la vera conoscenza va oltre il semplice riconoscimento dei rischi associati al commercio illecito; rappresenta piuttosto l’apprezzamento dell’importanza fondamentale dell’integrazione terapeutica della salute mentale centrata sulla connessione umana nella cura e su una comprensione esaustiva delle nostre condizioni psicofisiche.


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