- Giugno 2025: escursionista ferita sul sentiero 229, soccorso con elisoccorso.
- Nel 2022, 504 vittime in montagna, +13,5% rispetto l'anno prima.
- CBT efficace: il 70% dei pazienti riduce i sintomi.
I recenti episodi di incidenti occorsi sul Monte Cucco, un’area montana nota per i suoi sentieri e le attività all’aria aperta, non solo sottolineano i potenziali rischi intrinseci all’escursionismo, ma accendono i riflettori su un aspetto meno dibattuto: la possibile correlazione tra tali eventi e l’insorgenza o l’aggravamento di fobie ambientali specifiche, in particolare l’acrofobia, la paura dell’altezza. Analizzando gli eventi recenti, emergono diversi casi che meritano attenzione. Appena un mese fa, un’escursionista infortunatasi lungo il sentiero 229, che da Val di Ranco conduce verso Passo Porraia, ha richiesto l’intervento dell’elisoccorso del SASU, il Soccorso Alpino e Speleologico dell’Umbria. Questo episodio, avvenuto nel giugno 2025, si aggiunge a un altro verificatosi nel dicembre 2024, quando un giovane escursionista di 23 anni è stato tratto in salvo in seguito a un’emergenza sempre sul Monte Cucco.
Data | Descrizione dell’incidente | Intervento |
---|---|---|
Giugno 2025 | Escursionista ferita lungo il sentiero 229 a causa di una caduta | Intervento del SASU e dell’elisoccorso “Nibbio 01” |
Dicembre 2024 | Giovane escursionista di 23 anni salvato durante un’emergenza | Soccorso Alpino e Speleologico |
Aprile 2024 | Intervento per recupero di escursionisti dispersi | Vigili del Fuoco e SASU |
Risalendo ulteriormente indietro nel tempo, si registra un intervento dei Vigili del Fuoco di Gubbio in località Val di Ranco, nel comune di Sigillo, per recuperare due escursionisti scivolati in una scarpata. Sebbene gli incidenti menzionati non siano necessariamente legati in maniera diretta a manifestazioni fobiche, l’esposizione a situazioni potenzialmente pericolose in contesti elevati può innescare o intensificare reazioni d’ansia e paura, specialmente in soggetti predisposti. È fondamentale considerare che la montagna, con le sue altezze e i suoi sentieri a volte impervi, può rappresentare un terreno fertile per l’emergere di queste paure. Un evento traumatico legato all’altitudine, come una caduta o il ritrovamento in una situazione di pericolo, può agire da vero e proprio “trigger” per la comparsa di un disturbo fobico. Oltre agli incidenti legati all’escursionismo, è opportuno ricordare anche eventi tragici come quello del novembre 2019, sul medesimo Monte Cucco, che ha coinvolto un deltaplanista in un incidente mortale. Sebbene l’attività del deltaplano differisca dall’escursionismo, l’evento ribadisce la presenza di rischi in ambienti elevati e la potenziale risonanza emotiva che tali incidenti possono avere, anche a livello collettivo.
L’acrofobia: un’analisi psicologica
L’acrofobia, definita come la paura irrazionale dell’altezza, del vuoto o dell’idea di cadere, affonda le sue radici in complessi meccanismi psicologici. Contrariamente a una semplice vertigine, che è una reazione fisica al contesto elevato, l’acrofobia è una condizione psicologica più ampia, dominata dall’ansia. Le persone che ne soffrono sperimentano una diffusa sensazione di angoscia che si manifesta sia in situazioni di reale esposizione all’altezza, come su sentieri di montagna o balconi, sia nella mera immaginazione di tali scenari. Questa paura non si limita al timore della caduta in sé, ma spesso si collega a un contenuto comune anche nei disturbi ossessivi: la paura di perdere il controllo. Il Dr. Stefano Bordone, esperto nella gestione delle fobie, sottolinea che “la paura dell’altezza, pur essendo un istinto di difesa, può divenire disfunzionale quando inizia a limitare la qualità della vita”
“La reazione istintiva alla paura diventa patologica e limita la normale vita quotidiana” – Dr. Stefano Bordone. La manifestazione clinica dell’acrofobia si distingue per la presenza di sintomi quali il senso di panico, il terrore imminente, forti stati d’angoscia e frustrazione estrema durante l’esposizione a contesti elevati; tutti questi elementi sono solitamente accompagnati da ansia anticipatoria crescente. La paura legata all’altezza può essere vista come una naturale reazione istintiva e fisiologica, essenziale in parte per garantire la salvaguardia della vita umana. Nonostante ciò, nell’acrofobia questo tipo di risposta risulta eccessivo ed invasivo—imponendo restrizioni significative sulla vita quotidiana degli individui colpiti così come sulla loro capacità di affrontare esperienze ad altitudini elevate. Va notato con chiarezza che l’acrofobia appartiene alla categoria delle fobie specifiche: essa rappresenta infatti un timore intenso ed illogico verso determinati oggetti o situazioni precise e rientra nelle manifestazioni dei disturbi d’ansia. L’analisi approfondita della problematica necessita dunque un intervento specialistico focalizzato sulle alterazioni cognitive così come sui fattori comportamentali che sostengono questa forma fobica.
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Il trattamento cognitivo-comportamentale e le fobie ambientali
Nel panorama dei trattamenti per le fobie specifiche, e in particolare per le fobie ambientali come l’acrofobia, la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) si afferma come l’intervento di prima scelta, dimostrando un’efficacia significativa. L’approccio terapeutico si articola in diverse fasi, mirate a sfidare e modificare i pensieri distorti e i comportamenti di evitamento che caratterizzano il disturbo. Una componente fondamentale della CBT è l’esposizione graduale, che prevede un confronto progressivo del paziente con lo stimolo fobico, in questo caso l’altezza, in un ambiente sicuro e controllato. Questa esposizione può avvenire in vivo, ovvero nella situazione reale, o attraverso tecniche di esposizione immaginativa o con l’ausilio della realtà virtuale, che riduce la necessità di esporsi a situazioni potenzialmente ansiogene nella vita di tutti i giorni. Accanto all’esposizione, un altro pilastro della CBT è la ristrutturazione cognitiva. Questa tecnica mira a identificare e modificare i pensieri irrazionali e catastrofici legati all’altezza (“Cadereò”, “Perderò il controllo”, “Mi succederà qualcosa di terribile”) che alimentano l’ansia. La CBT si concentra anche sull’insegnamento di strategie di gestione dell’ansia, come tecniche di rilassamento e respirazione diaframmatica, per aiutare il paziente a gestire le reazioni fisiologiche intense che accompagnano la paura.
Riflessioni conclusive: incidenti montani e benessere mentale
Esplorando gli incidenti avvenuti sul Monte Cucco insieme alla comprensione psicologica dell’acrofobia emerge un legame rilevante tra l’interazione con ambienti considerati potenzialmente pericolosi e il benessere mentale. In questa sede è possibile riscontrare come la disciplina psicoanalitica offra importanti spunti critici per comprendere il fenomeno. Un concetto fondamentale nella sfera della psicologia cognitiva è che il nostro modo di percepire ed interpretare eventi esterni ha ripercussioni significative sulle nostre emozioni e sui comportamenti. Anche se non siamo direttamente interessati da un incidente avvenuto sui monti, esso può manifestarsi nella nostra mente come una minaccia immediata alla nostra sicurezza; ciò risulta particolarmente vero nel caso si sia già soggetti ad ansie preesistenti riguardanti le altezze. Tale interpretazione potrebbe dar vita a una nuova fobia oppure intensificare quelle già esistenti. Dal punto di vista del comportamento umano, secondo gli studi prevalentemente condotti nella scienza del comportamento stesso, apprendiamo che le interazioni vissute personalmente oppure osservate hanno un impatto notevole sulla nostra attitudine verso determinati contesti. La testimonianza o anche solo avere notizie su incresciosi episodi alpini possono scatenare strategie evasive nei confronti delle escursioni o di altre attività altimetriche al fine di diminuire stati ansiosi indotti dall’esperienza percettiva attuale. Questo ciclo di evitamento consolida la fobia, impedendo un’elaborazione adattativa della paura. Spingendo oltre, una nozione avanzata, legata al campo della salute mentale e dei traumi, ci suggerisce che gli eventi traumatici o percepiti come tali possono lasciare un’impronta duratura sulla nostra psiche, anche senza soddisfare i criteri diagnostici completi per un disturbo post-traumatico da stress.
La “Montagnaterapia”, come approccio riabilitativo, suggerisce il potenziale terapeutico dell’ambiente montano stesso, se approcciato in modo sicuro e guidato. Tuttavia, questa potenziale virtù terapeutica può trasformarsi nel suo opposto per chi lotta con fobie ambientali. Di fronte a questi avvenimenti e alla comprensione delle dinamiche psicologiche sottese, sorge spontanea una riflessione personale: quanto siamo consapevoli delle sottili interazioni tra l’ambiente che ci circonda e il nostro benessere psicologico? Siamo in grado di riconoscere e affrontare le paure che ci limitano, specialmente quelle legate a esperienze comuni come l’esplorazione della natura? La risposta a queste domande non è solo individuale, ma interpella anche la necessità di una maggiore sensibilizzazione e di un accesso facilitato a risorse di supporto psicologico per coloro che sviluppano fobie in seguito a esperienze ambientali, affinché la bellezza e la sfida della montagna non si traducano in limitazioni invalicabili dettate dalla paura.
- Acrofobia: paura irrazionale delle altezze.
- Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT): metodo di trattamento psicoterapeutico per le fobie.
- Soccorso Alpino: organizzazione dedicata alle operazioni di salvataggio in montagna.