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Minori stranieri non accompagnati: perché aumenta l’uso di psicofarmaci?

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  • L'Ufficio USSM di Milano ha gestito 113 MSNA su un totale di 896 minori.
  • Crescita dell'88,3% degli MSNA rispetto all'anno precedente.
  • Aumento del 219% nell'uso di psicofarmaci all'IPM Beccaria tra il 2020 e il 2022.

La realtà rappresentata da questo fenomeno pone domande pressanti riguardo alle condizioni presenti per l’accoglienza e integrazione dei giovani interessati; essi portano con sé esperienze traumatiche che denotano vulnerabilità significative. L’anno corrente ha visto l’Ufficio del Servizio Sociale per i Minorenni (USSM) situato a Milano occuparsi degli 113 MSNA, su un totale complessivo pari a 896 minori. Ciò si traduce in una crescita impressionante dell’88,3%, rispetto all’anno precedente. Simultaneamente presso il Centro di Prima Accoglienza (CPA) milanese è emerso che la porzione dedicata ai MSNA è cresciuta dal 5,1%, durante il periodo 2018/19 fino ad arrivare a ben 20,6%, nell’intervallo temporale compreso tra il 2022 e il 2023. Questi dati non soltanto attestano una notevole espansione numerica ma segnalano altresì un’evoluzione nelle necessità e nelle caratteristiche intrinseche dei suddetti minori.

Profili e traumi dei MSNA: una realtà complessa

Virginia Suigo è una psicoterapeuta che coordina l’équipe degli specialisti del Minotauro associata ai Servizi della Giustizia minorile lombarda; ella mette in risalto le sostanziali differenze tra i profili dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) contemporanei rispetto a quelli passati. Diversamente da un tempo in cui molti adolescenti erano sostenuti da forti legami familiari e aspirazioni professionali concrete per un’integrazione efficace nella società italiana, oggi ci troviamo davanti a scenari decisamente più complessi e compromessi. Un cospicuo numero di questi ragazzi arriva sul suolo italiano portando con sé problemi comportamentali già esistenti o disturbi psichiatrici deterioratisi ulteriormente durante percorsi migratori spesso traumatizzanti. Le esperienze angosciose vissute includono immagini inquietanti delle atrocità nelle strutture libiche: paura intensa per la sopravvivenza individuale ed eventi drammaticamente estremizzati fanno parte integrante delle loro storie personali travagliate.
In aggiunta alla mancanza strutturale dell’investimento familiare si aggiungono difficoltà complesse legate al policonsumo di sostanze stupefacenti che ostacolano severamente qualsiasi tentativo d’inserimento sociale riuscito.
L’insufficienza nella disponibilità di mediatori culturali insieme a prolungamenti nelle accoglienze dove spesso non viene insegnata neanche la lingua italiana creano ulteriormente condizioni sfavorevoli per il futuro integrazionale.

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  • L'uso di psicofarmaci è una soluzione facile... 😔...
  • E se il problema fosse la nostra incapacità di accogliere...? 🤔...

L’uso di psicofarmaci negli Istituti Penali per Minorenni

L’incremento dell’impiego degli psicofarmaci nei contesti degli Istituti Penali per Minorenni, noto con l’acronimo IPM, sta suscitando notevole preoccupazione. A tal proposito, un rapporto elaborato da Antigone riguardo alla crisi persistente all’interno degli IPM – dopo la promulgazione del decreto Caivano datato 2 ottobre 2024 – rivela una strepitosa ascesa nella somministrazione dei suddetti farmaci. Non è trascurabile notare che all’IPM Beccaria si è assistito addirittura a un aumento paragonabile al 219%, nell’arco temporale compreso tra il 2020 e il 2022. Secondo vari specialisti del settore, questa evoluzione rappresenta una propensione verso soluzioni mediche superficiali nel fronteggiare problemi complessi , piuttosto che abbracciare le radici autentiche delle difficoltà giovanili. La pratica consistente nel ricorrere ai medicinali per regolare comportamenti da parte dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) rischia seriamente di generare spirali senza uscita; tali ragazzi potrebbero diventare sempre più ingestibili e ostacolare così tentativi futuri di reintegrazione sociale. Inoltre, le comunità educative sociali, risultando frequentemente carenti in professionalità essenziali quali psichiatri o infermieri specializzati, incontrano non poche difficoltà ad accogliere i minori reduci dagli IPM proprio per via delle sfide connesse alla gestione terapeutica e ai relativi comportamenti problematici.

Verso un’accoglienza più efficace e umana

In considerazione della dinamica complessità attuale, emerge l’urgenza fondamentale di rivedere le strategie relative all’accoglienza degli MSNA (Minori Stranieri Non Accompagnati). È imperativo strutturare programmi adeguati che si concentrino su piccoli gruppi gestiti da staff professionale adeguatamente addestrato; ciò richiede l’allocazione maggiore delle risorse necessarie e un approccio globale con misure specifiche focalizzate sulle peculiarità evolutive nonché sui traumi vissuti da tali individui giovani. Risulta altrettanto cruciale la partecipazione attiva degli educatori fungenti da interfaccia culturale tra il contesto d’origine degli adolescenti migranti affinché possano essere comprese pienamente le loro aspettative etologiche ed emotive alla luce delle circostanze vissute durante il percorso migratorio.
Un altro aspetto imprescindibile consiste nel combattere gli stereotipi negativi; occorre percepire gli MSNA non semplicemente come problematiche sociali emergenti ma piuttosto riconoscerli quale elemento potenzialmente vantaggioso per lo sviluppo socioeconomico nazionale.
Sottolineando tale punto si esprime anche Lamberto Bertolé, assessore al Welfare del Comune di Milano: secondo lui appare necessario eliminare disuguaglianze esistenti nella rete d’accoglienza presente sul territorio italiano onde assicurare una gestione più giusta ed estesa dell’assistenza ai minori non accompagnati.
Sono queste iniziative che possono efficacemente restituire a questi ragazzi opportunità genuine d’integrazione contribuendo così a voltare pagina verso nuove prospettive positive per l’intera comunità.

Un Nuovo Orizzonte: Investire nel Futuro dei MSNA

L’esperienza vissuta dai minori stranieri non accompagnati (MSNA) in Italia pone un interrogativo complesso che invita a riflettere su nuove pratiche d’accoglienza e modelli integrativi. È imprescindibile comprendere che dietro ogni statistica ci sono racconti intrisi di speranze, ma anche marcati da sofferenze indiscutibili. L’approccio alla problematica non dovrebbe limitarsi a gestire situazioni d’emergenza né tantomeno applicare soluzioni medicali alle problematiche evidenti; deve piuttosto abbracciare una visione integrale, personalizzata sulle specificità del singolo individuo.

L’insegnamento derivante dalla psicologia cognitiva sottolinea l’importanza della percezione nella nostra reattività emotiva ed azionale. In relazione ai MSNA è vitale esplorare come i traumi accumulati nel corso dell’emigrazione assieme alle difficoltà incontrate successivamente possano distorcere la loro visione del mondo circostante, alterando inevitabilmente anche le loro scelte future. L’implementazione all’interno della terapia della ristrutturazione cognitiva appare quindi cruciale per assistere questi giovani nella comprensione del proprio passato traumatizzante; ciò favorisce la trasformazione dei pensieri distruttivi in schemi più costruttivi e fornisce strumenti utili per far fronte ai frangenti della quotidianità con maggior resilienza.

Un concetto elaborato preso in prestito dalla psicologia transculturale, evidenzia quanto sia cruciale tenere in considerazione il contesto culturale da cui provengono i MSNA. Le norme sociali, assieme ai valori e alle convinzioni radicate nel Paese d’origine, potrebbero avere un impatto diretto sul loro modo di comportarsi nonché sulla modalità con cui si relazionano alla comunità italiana. Adottare un approccio interculturale capace di abbracciare le differenze culturali è essenziale; tale approccio dovrebbe favorire spazi per dialoghi costruttivi volti a incrementare la comprensione reciproca. In questo modo si potrebbe migliorare l’integrazione dei MSNA evitando al contempo manifestazioni di marginalizzazione o comportamenti devianti.

Ponderiamo: quali azioni possiamo intraprendere noi stessi e in qualità collettiva per garantire un avvenire favorevole a questi giovani? Come si può agire affinché superiamo quei pregiudizi e angosce che talvolta ci bloccano dal riconoscere pienamente la loro umanità oltre al notevole potenziale insito nelle loro personalità? La soluzione a tali interrogativi si presenta complessa ma risulta assolutamente necessaria se desideriamo costruire una comunità caratterizzata da maggiore equità e inclusione.


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