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Lutto traumatico: perché la morte di Marco Chiaramonti ad Agrigento solleva interrogativi urgenti?

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  • La morte di Marco Chiaramonti, 10 anni dopo il fratello, scuote Agrigento.
  • Il lutto traumatico differisce da quello ordinario per la sua natura improvvisa.
  • Nel 2021, i decessi traumatici negli USA sono stati 306.086.
  • «Certi sguardi non sono una cosa che uno se la ingoia in un attimo. C'è qualcosa, lì dentro, che scotta di destino».
  • L'EMDR è uno strumento efficace per l'elaborazione del lutto[Associazione EMDR Italia].
  • De Leo Fund Onlus offre supporto psicologico gratuito dal 2007.
  • Alcuni studi stimano che la prevalenza del disturbo da lutto persistente complicato si attesti tra il 2,4 e il 4,8%.

L’orribile ed inaspettata scomparsa del cinquantenne Marco Chiaramonti, noto istruttore tanto nel tennis quanto nel padel, provocata da un incidente mortale lungo viale Emporium ad Agrigento invita alla considerazione approfondita su uno degli argomenti più pressanti della nostra società: il lutto traumatico. L’incedere delle indagini riguardanti le circostanze dell’accaduto rivela indizi preliminari legati alla presenza inquietante di una buca stradale come potenziale concausa dell’episodio fatale; tale elemento drammatizza ulteriormente questo evento già costellato da indicibili sofferenze. Risulta significativo osservare come Marco si spenga esattamente dieci anni dopo suo fratello Gabriele, anch’esso vittima prematura dello stesso destino nel 2015 in seguito ad un sinistro privo d’interferenze esterne. La reiterazione delle disgrazie all’interno della stessa famiglia scuote intensamente la comunità agrigentina evidenziando non soltanto la vulnerabilità intrinseca nell’esistenza umana dinanzi ad eventi imprevedibili ma sottolineando altresì l’urgenza critica nella revisione dei dispositivi psicologici e sanitari predisposti per assistere chi subisce danni collaterali – ovvero i congiunti delle vittime così come l’intera rete sociale colpita dalla tragedia.

Il dolore di Agrigento e la cicatrice del lutto traumatico

La notizia della morte di Marco Chiaramonti ha colpito Agrigento come un fulmine a ciel sereno. La città si è destata “incredula, attonita e tanto arrabbiata”, come riportato dalle cronache locali. Marco era una figura molto conosciuta e amata, un istruttore di tennis e padel che, nonostante il dramma vissuto con la perdita del fratello Gabriele nel 2015, manteneva un atteggiamento allegro e sorridente, intriso di un umorismo sarcastico che lo rendeva speciale. La ferita della scomparsa di Gabriele, all’età di 36 anni, avvenuta dopo un ricovero di circa venti giorni al Trauma Center dell’ospedale Villa Sofia di Palermo a seguito di un incidente a Lido Fiori di Menfi, non si era mai rimarginata del tutto. Marco stesso ricordava spesso il fratello sui social, postando foto e frasi che rivelavano la profondità del loro legame e il peso di un “destino” percepito come ineluttabile. Le parole da lui scritte nel 2015, “Certi sguardi non sono una cosa che uno se la ingoia in un attimo. C’è qualcosa, lì dentro, che scotta di destino”, risuonano oggi con una drammatica profezia.

La morte di Marco, che si è schiantato contro un albero mentre era in sella al suo scooter, presumibilmente a causa del dissesto del manto stradale, ha scatenato una reazione di profonda indignazione.

La rabbia dei cittadini si è riversata sulle “pessime condizioni del manto stradale di una strada super traffica

come il viale Emporium, sottolineando come la perdita di una vita umana a causa di una “buca” sia inaccettabile. Questa è una notizia che tocca non solo gli aspetti puramente cronachistici ma che ha profonde implicazioni nel campo della psicologia cognitiva, della psicologia comportamentale e della salute mentale. Il lutto traumatico, infatti, è una tipologia di lutto che si differenzia dal lutto “ordinario” per le modalità in cui avviene la perdita: improvvisa, inaspettata, violenta, spesso legata a eventi come incidenti stradali, suicidi, omicidi o catastrofi naturali. In questi casi, oltre al dolore intrinseco della perdita, si aggiungono elementi di shock, incredulità, rabbia e un senso di ingiustizia che possono rendere l’elaborazione del lutto estremamente complessa e prolungata. L’insieme dei lutti traumatici vissuti dalla famiglia Chiaramonti insieme all’impatto provocato nella comunità circostante fornisce una testimonianza tangibile delle difficoltà con cui gli individui e i gruppi affrontano esperienze così disastrose quando viene a mancare una rete sufficientemente robusta d’aiuto.

L’indignazione dei residenti agrigentini, che si muove su uno spettro compreso fra tristezza intensa ed esasperazione, costituisce una nota dolente riguardo alle repercussioni psicologiche nel lungo periodo, originabili da tali calamità. Non si tratta solamente del lutto causato dall’assenza fisica di un singolo soggetto; piuttosto l’intera cornice narrativa dell’accaduto – incluse le percezioni relative alle sue origini – incide profondamente sul senso generale di sicurezza condiviso dalla comunità. La presenza rassicurante e allegra del giovane Marco, malgrado lo strazio provocato dal tragico evento della perdita del fraterno legame, testimonia una resistenza inaspettata davanti al dolore inaudito: tali episodi sottolineano nettamente quella vulnerabilità connaturata nell’esperienza umana. Queste vicende pongono domande urgenti circa la mitigazione degli eventi traumatici fatali, mettendo in risalto l’importanza cruciale di disporre di infrastrutture sicure. I numerosissimi messaggi espressivi giunti tramite le piattaforme social evidenziano non solo disperati sentimenti di lutto ma anche concretizzano ciò che è essenziale: ovvero quel sos vitale, emanante da una società stretta da timori quotidiani contro situazioni insidiose dove appare insufficiente o assente qualsiasi forma concreta di garanzia protettiva nei confronti dei cittadini stessi. La cronaca di Agrigento non è un caso isolato, ma riflette un problema più ampio che attraversa le città italiane, dove l’attenzione alla sicurezza stradale e alla manutenzione delle infrastrutture spesso viene posta solo dopo che si verificano eventi tragici. Questo ciclo di lutto, risentimento e richieste di giustizia è un segnale chiaro che il trauma subito dalla comunità è profondo e necessita di risposte concrete, tanto sul piano pratico quanto su quello emotivo e psicologico. La memoria dei fratelli Chiaramonti diventa così un monito, una richiesta silente, ma potente, di un futuro più sicuro e di un sostegno più robusto per coloro che affrontano una perdita così devastante.

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  • Inaccettabile morire così, la manutenzione stradale...😡...
  • Forse concentrandosi solo sull'emergenza fisica...🤔...

Protocolli di intervento post-traumatico in Italia: tra emergenza e supporto psicologico

Di fronte a eventi traumatici come quello che ha coinvolto Marco Chiaramonti, la risposta immediata e a lungo termine del sistema sanitario e sociale è fondamentale. In Italia, i protocolli di intervento per il paziente politraumatizzato si concentrano principalmente sulla gestione dell’emergenza fisica, seguendo linee guida internazionali come l’ATLS (Advanced Trauma Life Support) e l’ETC (European Trauma Course). Questi protocolli, come evidenziato dalla documentazione fornita da strutture ospedaliere italiane, si articolano in fasi ben definite: allertamento, accoglienza, diagnostica, monitoraggio e terapia. L’obiettivo primario è la stabilizzazione del paziente gravemente traumatizzato, agendo rapidamente sulle minacce immediate alla vita (Airway, Breathing, Circulation, Disability, Exposure/Environmental control) al fine di ridurre considerevolmente la mortalità e i danni secondari. Il GO-MRC (Grande Ospedale Metropolitano Reggio Calabria), ad esempio, delinea un “Protocollo del paziente politraumatizzato” che copre l’intero percorso dal Pronto Soccorso, dalla valutazione iniziale (indagine primaria e secondaria) alla stabilizzazione, all’eventuale imaging diagnostico (TC, RX, ecografia E-FAST) e all’intervento chirurgico d’urgenza. Ospedali designati come “centri traumatologici” dispongono di staff e procedure specializzate per offrire cure immediate a pazienti gravemente traumatizzati, un aspetto cruciale considerando che il trauma è la principale causa di morte tra 1 e 44 anni, con 306.086 decessi traumatici negli Stati Uniti nel 2021.

Tuttavia, accanto all’urgenza fisica, emerge prepotentemente la necessità di un supporto psicologico post-traumatico, che spesso non è integrato in modo sistematico nei protocolli di emergenza. Come sottolineato da recenti studi, i lutti traumatici possono avere conseguenze devastanti sulla salute mentale e fisica degli individui, portando a disturbi come il disturbo da lutto complicato e il PTSD (Post-Traumatic Stress Disorder) [Studi recenti: Shear, M. K. et al., 2016]. I materiali indicano l’esistenza di “Pronto Soccorso Psicotraumatologico” e l’utilizzo di metodologie come l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) con protocolli specifici per eventi traumatici. L’EMDR, secondo l’Associazione EMDR Italia, è stata dimostrata come uno strumento efficace per affrontare il trauma e facilitare l’elaborazione del lutto [Associazione EMDR Italia]. Tale contesto evidenzia un’aumentata consapevolezza, benché permangano incertezze riguardo alla diffusione capillare e alla fruibilità costante dei servizi lungo tutto l’iter terapeutico. In seguito alla fase critica dell’intervento medico iniziale, emerge con chiarezza l’importanza del fisioterapista nel mitigare le conseguenze negative causate dall’immobilizzazione; tuttavia,il supporto psicologico necessario a fronteggiare traumi emotivi ed esperienze dolorose resta spesso relegato all’intervento di organizzazioni estere o professionisti privati. La transizione da un modello puramente fisico-medicale verso un approccio più integrato ed olistico, che accolga anche le esigenze psichiche dei pazienti e delle loro famiglie, rappresenta dunque un notevole ostacolo all’interno della sanità pubblica italiana.

Nell’attuale modus operandi rispetto ai traumi in Italia risiede l’efficacia nell’affrontare le emergenze fisiche; tuttavia, sono palesi deficit nell’incorporamento sistematico degli aspetti legati al sostegno psicologico. Protocolli come START (Simple Triage And Rapid Treatment) e CESIRA (coscienza, emorragie, ecc.) prediligono operazioni rapide sull’identificazione della severità degli incidenti, oltre ad ottimizzare le risorse disponibili. Nonostante ciò,dettagli cruciali quali la necessità urgente di assistenza emotiva risultano frequentemente sottovalutati sia nei riguardi dei diretti interessati sia nei confronti dei loro familiari.” La carenza di strutture dedicate al Pronto Soccorso Psicotraumatologico nei vari ospedali o quantomeno nei centri dedicati ai traumi emerge come una difficile barriera, limitando così l’accessibilità delle cure rapide necessarie per affrontare il trauma psicologico. Sebbene l’approccio EMDR sia ampiamente riconosciuto nel trattamento del disturbo post-traumatico da stress, la sua attuazione rimane tutt’altro che uniforme e spesso non viene integrata nei protocolli standardizzati immediatamente successivi agli eventi traumatici. Tale situazione implica che le famiglie colpite da lutti improvvisi e drammatici, come quelli vissuti dai fratelli Chiaramonti, possano imbattersi in un vero e proprio intrigo burocratico e assistenziale, cercando con fatica l’aiuto degli esperti competenti. L’assenza di coordinamento fra i vari professionisti coinvolti – medici sanitari, infermieri specializzati e psicologi – durante le fasi acute della crisi provoca una notevole diminuzione dell’efficacia complessiva del processo terapeutico, contribuendo così allo sviluppo potenziale di problematiche psicologiche più complesse nel lungo periodo, quali il lutto patologico o il disturbo da stress post-traumatico. Per realizzare un miglioramento tangibile, è necessaria una revisione sistemica. Quest’ultima deve includere l’inserimento di psicologi esperti in trauma all’interno delle équipe d’emergenza, nonché l’implementazione di protocolli standardizzati mirati al supporto psicologico immediato. Tale assistenza dovrebbe estendersi oltre il paziente stesso e abbracciare anche i membri della famiglia, a partire dalle primissime fasi dell’accoglienza presso gli ospedali. Un simile approccio integrativo assicurerebbe un’assistenza più umana e completa, contribuendo ad alleviare il pesante fardello sperimentato da coloro che si trovano a dover affrontare un dolore profondamente intenso e imprevisto.

Il ruolo cruciale del supporto psicologico nel lutto improvviso

La perdita di una persona cara in modo improvviso, inaspettato e violento, come nel caso di un incidente stradale, genera un tipo di dolore che la psicologia definisce “lutto traumatico”. Questa tipologia di lutto è caratterizzata non solo dall’assenza della persona amata, ma anche dalla brutalità dell’evento e dall’assenza di un preavviso che possa preparare all’addio. Le conseguenze psicologiche possono essere devastanti e complesse, manifestandosi con shock, rabbia, sensi di colpa, incredulità, depressione, ansia e persino sintomi di disturbo post-traumatico da stress. Di fronte a questo scenario, il supporto psicologico diventa un pilastro fondamentale per aiutare gli individui ad elaborare il trauma e a reintegrare la perdita nella propria esistenza. Diverse organizzazioni in Italia si dedicano a fornire assistenza qualificata in questi frangenti.

La De Leo Fund Onlus, ad esempio, è un ETS (Ente del Terzo Settore) che dal 2007 offre supporto psicologico gratuito a chi ha subito un lutto traumatico a causa di incidenti stradali o sul lavoro, suicidi, omicidi, o catastrofi naturali. Fondata dopo la tragica perdita dei figli Nicola e Vittorio nel 2005, l’associazione è nata dal desiderio di trasformare il dolore personale in un aiuto concreto per altri, offrendo un ambiente sicuro ed empatico. I loro servizi includono una linea di assistenza telefonica (800-168-678, attiva dal lunedì al sabato dalle 8 alle 20), una Live-Chat gratuita e anonima, gruppi di Auto Mutuo Aiuto (GAMA) per condividere esperienze di perdita, e un forum online. Il team della De Leo Fund è composto da psicologi e psicoterapeuti specificamente formati sul tema del lutto traumatico, che offrono sostegno individuale e facilitano i gruppi di supporto.

Alcuni studi stimano che la prevalenza del disturbo da lutto persistente complicato si attesti tra il 2,4 e il 4,8% della popolazione, rendendo la consapevolezza e l’accesso a servizi di supporto vitale per la salute mentale di chi affronta tali calamità.

Allo stesso modo, realtà come VIDAS a Milano e FILE Fondazione Italiana di Leniterapia offrono sostegno al lutto attraverso incontri individuali con psicologi e partecipazione a GAMA. La Croce Rossa Italiana (CRI) mette a disposizione un servizio di supporto psicologico accessibile tramite il numero di pubblica utilità 1520, attivo dal lunedì al sabato. Anche l’associazione Assisto fornisce assistenza gratuita, inclusa quella psicologica, a chi ha subito un lutto per morte stradale o sul lavoro. Tutte queste iniziative evidenziano la crescente consapevolezza sull’importanza della salute mentale e sulla necessità di un supporto specializzato per affrontare le sfide uniche poste dal lutto traumatico. Non è solo questione di “superare il lutto”, ma di elaborarlo in modo sano, integrando il dolore e la perdita in un nuovo percorso di (ri)costruzione del significato della vita. La possibilità di incontrare altre persone che hanno vissuto esperienze simili in un GAMA, o di ricevere un sostegno individuale da professionisti empatici, può fare una differenza sostanziale nel percorso di guarigione, aiutando a mitigare il senso di isolamento e a percorrere i difficili sentieri del dolore con maggiore consapevolezza e accettazione. Questi servizi rappresentano un baluardo fondamentale per la salute mentale di chi subisce una perdita così crudele e inaspettata, agendo come una rete di sicurezza che mitiga gli effetti a lungo termine del trauma.

L’elaborazione del lutto traumatico è un percorso che può durare anni e richiede interventi specialistici che vadano oltre il semplice “sostegno emotivo”. La ricerca in psicologia cognitiva e comportamentale ha dimostrato che il cervello, di fronte a un evento improvviso e violento, può reagire con meccanismi di difesa che, se da un lato proteggono dall’impatto immediato, dall’altro possono impedire un’elaborazione completa del trauma. Questo può portare a un lutto prolungato o complicato, caratterizzato da persistenti sintomi di separazione, disfunzione sociale, difficoltà a riprendere le attività quotidiane e una forte incapacità di accettare la realtà della perdita. La presenza di servizi come la De Leo Fund, VIDAS e FILE è essenziale non solo per offrire un ascolto, ma per implementare protocolli terapeutici specifici, che possono includere terapie cognitivo-comportamentali, terapia EMDR o terapia del lutto complicato. Tali modalità terapeutiche hanno l’obiettivo principale di rielaborare le memorie legate ai traumi, gestire le manifestazioni d’ansia e rabbia collegate alla situazione emotiva vissuta e ripensare in modo costruttivo ai pensieri negativi associati alla perdita. Un aspetto aggiuntivo significativo risiede nella disponibilità dei programmi GAMA; infatti, interagire con coetanei consente una forma efficace d’integrazione sociale, contribuendo così all’eliminazione dell’isolamento emozionale e permettendo agli individui coinvolti l’apprendimento reciproco delle strategie adattive nel fronteggiare tali esperienze sfidanti. Queste iniziative risultano particolarmente cruciali perché evidenziano la carenza dei servizi pubblici nell’affrontare concretamente le esigenze associate al lutto traumatico; una lacuna sostanziale viene dunque riempita dalle organizzazioni del terzo settore. È fondamentale riconoscere come condividere questo fardello pesante possa segnare una tappa essenziale nel percorso verso la remissione del dolore stesso. Ulteriormente significative sono anche le offerte gratuite fornite da queste associazioni: ciò risulta determinante in quanto il costo associato alle cure psicologiche può essere un gravoso freno per diverse famiglie già seguite da difficoltà economiche dovute al lutto subito. La disponibilità capillare e l’agevolazione dell’accesso a tali risorse si rivelano essenziali per garantire che chiunque necessiti possa ricevere assistenza in tempi brevi e con competenza. Ciò contribuisce a impedire il peggioramento dello stato psicologico ed incentiva una vera guarigione profonda, benché non possa mai essere completamente esente da tracce evidenti.

Guardando oltre il dolore: proposte per un futuro più resiliente

Il caso di Marco e Gabriele Chiaramonti è un tragico richiamo all’urgente necessità di migliorare i servizi di supporto post-traumatico in Italia. Sebbene l’eccellenza nell’emergenza medica sia un punto di forza, la gestione del lutto traumatico richiede un approccio integrato che vada oltre la mera stabilizzazione fisica, abbracciando la dimensione psicologica e sociale.

L’esperienza di associazioni come la De Leo Fund offre un esempio lampiante di come il sostegno psicologico possa essere un faro nel buio per chi affronta una perdita improvvisa e violenta.

Per costruire un futuro più resiliente, è imperativo che gli ospedali e i servizi di emergenza adottino protocolli di intervento post-traumatico che includano sistematicamente il supporto psicologico fin dalle prime fasi del trauma. Ciò implica la presenza di psicologi specializzati nelle équipes di pronto soccorso, pronti ad offrire un primo contatto e una valutazione del rischio di lutto complicato ai familiari delle vittime. Riguardo alla preparazione degli operatori medici e paramedici nella gestione del lutto così come nella comunicazione empatica si rivela un elemento imprescindibile; ciò consente loro non solo di trasmettere notizie sgradevoli con delicatezza ma anche di guidare le famiglie verso risorse competenti. Inoltre, risulta vitale che i servizi sanitari mentali pubblici siano adeguatamente dotati dei fondi necessari ed organizzati per erogare trattamenti mirati al lutto traumatico; pratiche terapeutiche quali la terapia cognitivo-comportamentale e l’EMDR devono essere rese disponibili senza indebite attese o spese economiche elevate. La sinergia tra settore pubblico ed enti no profit attraverso collaborazioni contrattuali può estendere notevolmente l’ambito delle prestazioni offerte, formando una rete solidale distribuita in maniera efficiente sull’intero territorio nazionale. Contestualmente, risulta indispensabile incrementare la consapevolezza sociale riguardo all’importanza dell’assistenza post-traumatica nonché promuovere una cultura che favorisca la richiesta d’aiuto psicologico nei periodi caratterizzati da intenso dolore. Campagne informative e programmi di educazione civica possono contribuire a destigmatizzare la salute mentale e a promuovere una cultura di solidarietà e cura reciproca.

Infine, la riflessione sulle implicazioni legali e assicurative in caso di decesso per incidente stradale non deve essere trascurata. L’iter burocratico e le lunghe attese per risarcimenti possono aggiungere un ulteriore carico di stress psicologico sulle famiglie già provate dal lutto. Semplificare le procedure e offrire un supporto legale e amministrativo integrato può alleggerire una parte significativa di questo peso, permettendo ai familiari di concentrarsi sulla propria guarigione emotiva. Il “destino” che ha colpito due vite come quelle di Marco e Gabriele Chiaramonti non può essere accettato come una fatalità ineluttabile. È un monito per la società a rafforzare le proprie difese, non solo contro i pericoli tangibili del dissesto stradale, ma anche contro le insidie invisibili del trauma e del dolore. Solo così si potrà onorare la memoria di chi è stato perso e costruire una comunità più umana e resiliente.

Cari lettori, la storia di Marco e Gabriele Chiaramonti ci pone di fronte a una realtà del dolore che, sebbene tragica e specifica, risuona con l’esperienza umana universale della perdita. Quando la vita ci strappa via una persona cara in modo improvviso e violento, non è solo un “addio” che dobbiamo affrontare, ma un vero e proprio “sisma” emotivo che scuote le fondamenta della nostra esistenza. In psicologia cognitiva e comportamentale, chiamiamo questa esperienza lutto traumatico: è una tempesta che non solo rovescia il nostro mondo interiore, ma che lascia anche detriti di shock, rabbia e un profondo senso di ingiustizia. È diverso dal lutto atteso, dove c’è un tempo, sebbene breve, per prepararsi. Qui non c’è, e il nostro cervello fatica a comprendere, a dare un senso a ciò che è accaduto. La mente, infatti, cerca sempre schemi, coerenza, un filo logico che, in queste circostanze, sembra brutalmente spezzato. Questo disorientamento cognitivo può far sì che l’elaborazione del lutto si trasformi in un percorso irto di ostacoli, spesso solitario e frainteso.

Approfondendo una nozione più avanzata, possiamo parlare del “Modello della Doppia Processazione del Lutto” sviluppato da Stroebe e Schut. Questo modello suggerisce che l’individuo in lutto non si confronta con il dolore in modo lineare, ma oscilla continuamente tra due tipi di stressor: quelli orientati alla perdita (che riguardano l’elaborazione del lutto stesso, il ricordo del defunto, l’espressione del dolore) e quelli orientati al ripristino (che implicano l’adattamento alla vita senza la persona persa, la gestione di nuove sfide, lo sviluppo di nuove identità e ruoli). Nel lutto traumatico, questa oscillazione è spesso squilibrata: l’orientamento alla perdita può essere così intenso e pervasivo da impedire all’individuo di dedicarsi adeguatamente all’orientamento al ripristino. I pensieri intrusivi sull’evento traumatico, i flashback, l’evitamento di situazioni che richiamano la perdita, sono tutti meccanismi che, lungi dall’essere patologici in sé, se persistenti e incontrollati, possono ostacolare il processo di adattamento. La sfida, per chi subisce un lutto traumatico, e per chi lo supporta, è trovare un equilibrio in questa costante oscillazione, imparando a ‘dosare’ il confronto con il dolore e l’impegno nel riorganizzare la propria vita, pur mantenendo un legame significativo con la memoria di chi non c’è più. Il supporto psicologico in questi casi non è un lusso, ma un faro che aiuta a navigare in questa tempesta emotiva, offrendo strumenti per riconoscere e gestire le onde più impetuose e per trovare, pian piano, una nuova rotta. Chiedere aiuto, in momenti di tale intensità, non è un segno di debolezza, ma un gesto di profondo coraggio e di auto-cura.

Glossario:
  • Lutto Traumatico: dolore per la perdita di una persona cara per cause improvvise e violente, come incidenti o suicidi.
  • EMDR: Eye Movement Desensitization and Reprocessing, una terapia psicologica per trattare traumi.
  • PTSD: Post-Traumatic Stress Disorder, disturbo post-traumatico da stress.
  • GAMA: I Gruppi di Auto Mutuo Aiuto, spazi dedicati al sostegno reciproco, offrono l’opportunità ai partecipanti di condividere le proprie esperienze legate al lutto.

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