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Infortuni sul lavoro: l’ombra silenziosa della sindrome del sopravvissuto

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  • Nel Piceno gli incidenti sono passati da 504 a 511, i decessi raddoppiati.
  • In Lombardia il costo infortuni è di 3,9 miliardi di euro.
  • Le denunce di malattie professionali sono aumentate del 17,9%.

Le conseguenze che derivavano dagli infortuni durante l’attività lavorativa si manifestano in modo impercettibile, ma ciò non diminuisce la loro gravità. Esaminare questa sottile influenza negativa rappresenta un passo fondamentale per comprendere le sfide psicosociali affrontate da chi vive tali esperienze traumatiche. Non ci si può limitare a considerare solo gli aspetti fisici di queste contingenze; è essenziale tenere conto delle reazioni emotive che i lavoratori sviluppano in seguito agli incidenti, modificando così la loro interazione con l’ambiente professionale e personale circostante.

Gli incidenti sul lavoro rappresentano una piaga persistente nel panorama italiano, non solo in termini di vite spezzate e costi economici tangibili, ma anche per l’insidioso e spesso sottovalutato impatto psicologico che lasciano sui lavoratori coinvolti e sull’intero ambiente aziendale. I dati recenti delineano un quadro preoccupante: nel Piceno, ad esempio, in un solo anno gli incidenti sono passati da 504 a 511, e i decessi sono raddoppiati da 2 a 4. In Lombardia, il costo economico e sociale degli infortuni ha raggiunto i 3,9 miliardi di euro, con gli under 20 tra i più esposti. La provincia di Milano registra il numero più alto di denunce, superando le 23.000 unità, seguita da Brescia e Bergamo.

Nelle Marche, il primo trimestre del 2025 ha visto un ulteriore peggioramento, con un aumento di incidenti e decessi. A livello nazionale, il dato è ancora più drammatico: ogni giorno si contano tre morti sul lavoro. I numeri presentati non devono essere percepiti soltanto come mere statistiche; essi custodiscono narrazioni strazianti relative a famiglie disintegrate e individui marchiati per sempre da ferite sia fisiche che mentali.

Spesso i media pongono l’accento su misure preventive fisiche e aspetti strutturali della sicurezza senza investigare adeguatamente sulle ripercussioni psichiche durature. Tuttavia, è esattamente in questa sfera che emergono problematiche intricate quali il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e una sindrome relativamente poco nota ma ugualmente devastante: sindrome del sopravvissuto. Tali affezioni possono compromettere gravemente lo stato psico-fisico dei lavoratori interessati, incidendo sulla loro capacità di riappropriarsi della quotidianità normativa nelle interazioni sociali, oltreché nella prosecuzione delle rispettive carriere professionali. Ignorando questi elementi fondamentali o fornendo un sostegno insufficiente alle persone coinvolte nei traumi vissuti, può instaurarsi un circolo vizioso che porta a una cronicizzazione dell’esperienza traumatica stessa; le sue conseguenze personali sconfinano dunque nell’ambiente lavorativo più ampio, comprendente anche colleghi e familiari. Nell’anno corrente, il 2023, si è assistito a un significativo incremento nelle segnalazioni di malattie professionali, in particolare quelle associate a disturbi psichici e comportamentali. Le denunce hanno oltrepassato la soglia delle 22.000 unità, registrando un sorprendente incremento del 17,9% rispetto all’anno trascorso. Questo fenomeno rappresenta chiaramente una tendenza inquietante. [ANMIL]. Il costo umano, sociale ed economico di questa negligenza è immenso e spesso invisibile. Un clima lavorativo sano, come evidenziato da recenti studi, è correlato a una minore frequenza di infortuni, sottolineando il legame indissolubile tra sicurezza fisica e benessere psicologico.

L’intelligenza artificiale e l’analisi predittiva stanno emergendo come strumenti promettenti per migliorare la sicurezza, ad esempio attraverso dispositivi indossabili con sensori, ma l’implementazione tecnologica deve necessariamente essere affiancata da un’attenzione mirata all’aspetto umano e psicologico per essere realmente efficace. È imperativo che le aziende e il sistema normativo riconoscano la priorità assoluta del benessere mentale dei lavoratori, non solo come un obbligo etico, ma come un investimento fondamentale per la produttività e la sostenibilità a lungo termine.

La sindrome del sopravvissuto: un fardello invisibile nei contesti lavorativi traumatici

La sindrome del sopravvissuto è una condizione psicologica complessa e pervasiva che colpisce coloro che hanno vissuto eventi traumatici, come disastri, guerre o, in questo contesto, incidenti sul lavoro, mentre altri non ce l’hanno fatta. Sebbene sia stata formalmente riconosciuta nel XX secolo, le sue radici affondano in esperienze storiche profonde, come quelle dei sopravvissuti all’Olocausto. Successivamente, la ricerca sui veterani del Vietnam e gli studi sugli effetti psicologici degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 hanno contribuito ad ampliare la comprensione di questa sindrome, collegandola strettamente al disturbo da stress post-traumatico (PTSD).

Il “senso di colpa del sopravvissuto” è un senso di colpa profondo e paralizzante per essere ancora in vita, o per aver avuto una “buona sorte”, quando altri hanno perso la vita. Questa sensazione può manifestarsi in contesti lavorativi ad alto rischio, come il settore edile o industriale, dove gli infortuni gravi e fatali sono purtroppo una realtà. Il lavoratore che scampa a un incidente in cui un collega perde la vita può sentirsi schiacciato da un senso di ingiustizia e dal rimpianto, convincendosi di non meritare la propria sorte.

I sintomi della sindrome del sopravvissuto sono vari e debilitanti. Al centro vi è un profondo e pervasivo senso di colpa, accompagnato dalla domanda irrisolta: “Perché io sono qui, mentre altri non ci sono più?”. Questa autocritica incessante può portare a convinzioni di indegnità e, in alcuni casi, a desideri di auto-punizione. Molti manifestano sintomi tipici del PTSD, come flashback intensi e ricorrenti dell’evento traumatico, incubi vividi, ansia persistente e depressione. Possono svilupparsi comportamenti di evitamento, portando il sopravvissuto a rifuggire persone, luoghi o situazioni che richiamano il trauma.

Tra gli altri sintomi soggettivi si annoverano la compensazione eccessiva, dove il tentativo di “riparare” un danno percepito può sfociare in comportamenti sproporzionati; un’autocritica severa e bassa autostima; disturbi del sonno e dolori fisici inspiegabili; ruminazione su pensieri negativi, che tengono la mente intrappolata nel ricordo dell’evento; irritabilità e rabbia, dirette verso sé stessi, i defunti o chiunque sia ritenuto responsabile. Un’indagine recentissima ha rivelato che più di un terzo del personale femminile ha vissuto il drammatico fenomeno dell’esaurimento psicofisico, comunemente noto come burnout, a causa delle violenze ricevute nell’ambiente lavorativo. Le conseguenze si manifestano attraverso sintomi diffusi come lo stress, l’ansia e la bassa autostima dovuta alla depressione. Questi problemi, non raramente, portano le donne costrette ad affrontarli a lasciare il proprio impiego. [Punto Sicuro].

“La Sindrome del sopravvissuto si manifesta attraverso una gamma di sintomi emotivi, cognitivi e comportamentali. Il nucleo è un profondo senso di colpa.”

Dal punto di vista comportamentale, si possono osservare abusi di alcol o droghe come tentativo di automedicazione, o un eccessivo perfezionismo e ossessiva attenzione alla sicurezza, nel disperato tentativo di dimostrare la propria dignità di sopravvissuti o di prevenire future tragedie. Anche le relazioni interpersonali ne risentono profondamente: i sopravvissuti possono isolarsi socialmente ed emotivamente, percependo il proprio dolore come un peso e temendo di non essere compresi. Questa solitudine autoimposta può portare alla perdita di legami preesistenti e alla difficoltà di crearne di nuovi.

La difficoltà a condividere apertamente i propri sentimenti genera fraintendimenti e tensioni, anche con i familiari, che possono trovarsi impreparati a offrire un sostegno efficace. L’aspetto lavorativo subisce anch’esso conseguenze profonde: i problemi di concentrazione, le inclinazioni alla ruminazione e i disturbi del sonno contribuiscono a ridurre drasticamente la produttività e l’efficienza. Tale situazione comporta frequentemente fenomeni di assenteismo, costringendo gli individui a prendere giorni di riposo o malattie per gestire le proprie lotte interne. È fondamentale notare che la sindrome del sopravvissuto si differenzia dal consueto senso di colpa; quest’ultimo rappresenta un’emozione temporanea da controllare al fine di promuovere il recupero, mentre la sindrome costituisce una condizione permanente ed esistenziale, intrinsecamente legata alla perpetua lotta per esistere quando altri non ce l’hanno fatta. Essa necessita quindi dell’intervento professionale specifico per essere affrontata efficacemente.

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Strategie di supporto psicologico e prevenzione nei luoghi di lavoro ad alto rischio

La gestione dei rischi psicosociali e dello stress lavoro-correlato è diventata una priorità indispensabile nei luoghi di lavoro, specialmente in quelli ad alto rischio. Un ambiente lavorativo sano non è solo quello dove si evitano infortuni fisici, ma anche dove il benessere mentale dei dipendenti è tutelato. La valutazione del rischio stress lavoro-correlato e la promozione del benessere organizzativo sono aspetti normativi in Italia, ma la loro implementazione richiede un approccio proattivo e sistemico che vada oltre la mera compliance.

L’offerta di risorse di sostegno adeguate, inclusi servizi professionali di consulenza psicologica, è un “passo importante” verso la costruzione di una cultura aziendale che valorizzi la salute mentale. Le aziende possono trarre grande beneficio dall’implementazione di programmi di prevenzione e supporto, come quelli proposti da associazioni specializzate. Come sottolineato da recenti studi condotti dall’Università di Padova, è fondamentale adottare strategie integrate di supporto. Si dovrebbe promuovere un ambiente aziendale fondato sulla comprensione reciproca e sul dialogo aperto; in tale contesto, è cruciale che i lavoratori possano manifestare liberamente le loro difficoltà senza paura dell’emarginazione sociale.

Nel trattamento della sindrome del sopravvissuto è consuetudine combinare differenti approcci terapeutici: ad esempio, può essere impiegata la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), mirata alla ristrutturazione delle idee negative associate al trauma e ai sensi di colpa. Accanto a ciò si offre anche il sostegno in gruppo: uno spazio prezioso dove chi ha vissuto esperienze analoghe può confrontarsi e alleviare il proprio isolamento emotivo. In caso venga rilevata una presenza affiancante come l’abuso di sostanze o disturbi legati al sonno, si valutano terapie addizionali; talvolta è necessario implementare farmaci specifici.

Un elemento cruciale per affrontare questa condizione consiste nel comprendere che le emozioni quali il senso di colpa sono normali ma non devono governare l’esistenza dell’individuo. È fondamentale orientarsi verso una preparazione adeguata dei dirigenti circa gli aspetti relativi all’assistenza psicologica e occorre sforzarsi per sviluppare posti di lavoro che diano riconoscimento alla salute mentale come valore essenziale da preservare. L’inclusione degli psicologi nel processo di valutazione dei rischi e nella gestione delle emergenze psicologiche si rivela essenziale, potendo determinare un cambiamento significativo. Tale approccio permette non solo di affrontare le criticità con maggiore competenza, ma anche di sviluppare strategie efficaci per mitigare i fattori di rischio in contesti delicati. [Mindful Safety].

Riflessioni sull’importanza della psiche nei luoghi di lavoro

In un’epoca in cui la produttività e l’efficienza sono spesso elevate al rango di divinità aziendali, è facile trascurare il substrato più delicato e fondamentale su cui poggia ogni successo: la mente umana. Gli incidenti sul lavoro, con la loro cruda brutalità, ci ricordano che il corpo è vulnerabile, ma ancor di più lo è la psiche. Dal punto di vista della psicologia cognitiva, il trauma di un incidente può alterare profondamente i processi di pensiero, la memoria e l’attenzione. La mente, nel tentativo di proteggersi, può frammentare i ricordi, generarli in modo invasivo sotto forma di flashback o, al contrario, tentare di sopprimerli completamente, creando un “vuoto” che poi si riempie di ansia e ipervigilanza.

Dal canto suo, la psicologia comportamentale ci mostra come queste alterazioni cognitive si manifestino in comportamenti concreti: l’evitamento di luoghi o situazioni legate al trauma, l’isolamento sociale, l’adozione di meccanismi di coping disfunzionali come l’abuso di sostanze o il perfezionismo ossessivo. Questi non sono semplici “cattivi atteggiamenti”, ma risposte apprese – seppur maladattive – a un carico emotivo insostenibile. La sindrome del sopravvissuto, in particolare, ci offre una lente attraverso cui osservare una nozione avanzata: il concetto di colpa esistenziale. Non si tratta solo di “cosa avrei potuto fare”, ma di “perché io, e non gli altri?”.

Questa colpa va oltre il rimpianto per un’azione mancata; è una questione di identità, di un fardello morale e ontologico che può schiacciare l’individuo. Di fronte a queste complessità, dovremmo chiederci: stiamo facendo abbastanza per proteggere non solo il corpo, ma anche l’anima dei nostri lavoratori? È fondamentale che aziende, decisori politici e la società intera riconoscano che la salute mentale non è un lusso, ma una componente imprescindibile della sicurezza e del benessere.

Promuovere un ambiente di lavoro in cui la vulnerabilità è accettata, in cui il supporto psicologico è accessibile e privo di stigma, è un investimento non solo etico, ma anche strategico. Solo così potremo smettere di contare le morti e gli infortuni come mere statistiche, e iniziare a tutelare la pienezza delle vite, la loro dignità e la loro capacità di prosperare, anche dopo aver attraversato la tempesta.

Glossario:

  • Sindrome del sopravvissuto: un disturbo psicologico che colpisce le persone che hanno vissuto eventi traumatici, portandole a provare un intenso senso di colpa per essere ancora in vita.
  • PTSD (Disturbo da Stress Post-Traumatico): una condizione che può insorgere dopo aver vissuto o assistito a un evento traumatico, caratterizzata da flashback, ansia e incubi.

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